Atto Secondo
Deliziosa selva di cedri con il monte Parnaso nel prospetto, il quale contiene in se' la reggia della Virtù.
Scena prima
Cleopatra, Nireno
CLEOPATRA
Eseguisti, oh Niren, quanto t'imposi?
NIRENO
Adempito è il comando.
CLEOPATRA
Giunto è Cesare in corte?
NIRENO
Io ve'l condussi,
ed ei già a queste soglie il piè rivolge.
CLEOPATRA
Ma dimmi: è in pronto
la meditata scena?
Nireno
Infra le nubi
l'alta regina sfavilla;
ma che far pensi?
CLEOPATRA
Amore
già suggerì all'idea
stravagante pensier: ho già risolto,
sotto finte apparenze
far prigionier d'amor ch'il cor m'ha tolto.
NIRENO
A lui ti scoprirai?
CLEOPATRA
Non è ancor tempo.
NIRENO
Io che far deggio?
CLEOPATRA
Attendi
Cesare qui in dispare; indi lo guida
in questi alberghi, e poi lo guida ancora
colà nelle mie stanze e a lui dirai,
che per dargli contezza
di quanto dal suo re gli si contende,
pria che tramonti il sol Lidia l'attende.
(parte)
Scena seconda
Nireno, poi Cesare; Cleopatra (nelle vesti di Virtù)
NIRENO
Da Cleopatra apprenda
chi è seguace d'amor l'astuzie e frodi.
CESARE
(entra)
Dov'è, Niren, dov'è l'anima mia?
NIRENO
In questo loco in breve
verrà Lidia, signor.
(Qui s'ode vaga sinfonia di vari strumenti)
CESARE
Taci!
NIRENO
Che fia?
CESARE
Cieli, e qual delle sfere
scende armonico suon, che mi rapisce?
NIRENO
Avrà di selce il cor chi non languisce.
(S'ode nuovamente una sinfonia;
s'apre il Parnasso, e vedesi in trono la Virtù,
assistita dalle nove Muse)
CESARE
Giulio, che miri? e quando
con abisso di luce
scesero i Numi in terra?
CLEOPATRA
(nelle vesti di Virtù)
V'adoro, pupille,
saette d'amore,
le vostre faville
son grate nel sen.
Pietose vi brama
il mesto mio core,
ch'ogn'ora vi chiama
l'amato suo ben.
CESARE
Non ha in cielo il Tonante
melodia che pareggi un sì bel canto.
Vola, mio cor, al dolce incanto...
(Mentre Cesare corre a Cleopatra,
si chiude il Parnasso, e torna la scena come prima)
... e come?
Ah! che del mio gioir invido è il Nume!
NIRENO
Signor, udisti, e che ti par di Lidia?
CESARE
Virtù cotanta da Lidia possiede?
Ah! Che se già piangente
mi saettò tra le armi, io ben m'aveggio
che bellezza sì vaga
cantando lega, e lagrimando impiaga.
NIRENO
Signor, se amor t'accese,
non affligger, no, no; Lidia è cortese.
Anzi, se non t'è grave, ella t'attende
nelle sue stanze oror.
CESARE
Lidia mi brama?
NIRENO
Ed ella a Cleopatra
anche ti scorterà.
CESARE
Guidami tosto in seno al mio tesoro,
acciò che dolce rendo il mio martoro.
Se in fiorito ameno prato
l'augellin tra fiori e fronde
si nasconde,
fa più grato il suo cantar.
Se così Lidia vezzosa
spiega ancor notti canore,
più graziosa
fa ogni core innamorar.
Cambiamento
Giardino del serraglio,
dove corrisponde quello delle fiere
Scena terza
Cornelia, poi Achilla
(Cornelia, con piccola zappa nelle mani,
che vien coltivando i fiori)
CORNELIA
Deh. Piangete, oh mesti lumi,
già per voi non v'è più speme.
ACHILLA
(entra)
Bella, non lagrimare!
Canterà il tuo destin le crude tempre.
CORNELIA
Chi nacque a sospirar piange per sempre.
ACHILLA
Un consenso amoroso,
che tu presti ad Achilla,
può sottrarti al rigor di servitù.
CORNELIA
Olà! Così non mi parlar mai più.
(Vuol partire)
ACHILLA
Oh dio! ascolta; ove vai?
CORNELIA
Fuggo da te per non mirarti mai.
Scena quarta
I detti, Tolomeo
(mentre Cornelia fugge, incontra Tolomeo,
che la prende per la mano)
TOLOMEO
Bella, placa lo sdegno!
CORNELIA
Lasciami, iniquo re!
ACHILLA
Sire, qua mi portai,
per ammollir questa cruedel, che adoro.
TOLOMEO
Fu pietosa a' tuoi detti?
ACHILLA
Ella mi sprezza ognor, ed io mi moro.
TOLOMEO
(da se'):
(Respiro, oh ciel!)
Bella, lo sdegno ammorza!
(tira da parte Achilla)
Amico, e ben?
ACHILLA
Signor, oggi vedrai
Cesare estinto al suolo,
re vendicato, e regnator tu solo.
TOLOMEO
Parti, eseguisci, e spera; avrai in mercede
la tua crudel.
(da se'):
(Folle è costui se'l crede).
ACHILLA
(a Cornelia)
Se a me non sei crudele,
ognor sarà fedele
a te questo cor.
Ma se spietata sempre
ver me non cangi tempre,
aspetta sol rigor!
(parte)
TOLOMEO
Bella, cotanto aborri
chi ti prega d'amar?
CORNELIA
Un traditore
degno non è d'amor.
TOLOMEO
Tanto rigore?
Ma se un re ti bramasse?
CORNELIA
Sarei una furia in agitargli il core.
TOLOMEO
Possibil che in quel volto
non alberghi pietà? che in questo seno...
(stende la destra al seno di Cornelia,
che sdegnosa si ritira)
CORNELIA
Freni l'anima insana
lo stimolo del senso:
pensa che son Cornelia,. e son Romana.
(parte)
TOLOMEO
Tanto ritrosa a un re? perfida donna!
Forza userò, se non han luogo i prieghi,
e involarti saprò ciò ch'or mi nieghi.
Sì, spietata, il tuo rigore
sveglia l'odio in questo sen,
Giacché sprezzo questo core,
prova, infida, il mio velen!
(parte)
Scena quinta
Cornelia, poi Sesto
CORNELIA
(che rientra)
Su, che si tarda? or che partì il lascivo,
un generoso ardir l'onor mi salvi;
tra le fauci de' mostri
mi scaglierò da queste eccelse mura,
cibo sarò di fiere;
non paventa il morir un'alma forte.
Addio Roma, addio Sesto! Io corro a morte.
SESTO
(entra)
Ferma! che fai?
CORNELIA
Chi mi trattiene il passo?
SESTO
Madre!
CORNELIA
Madre? che veggio?
Figlio, Sesto, mio core!
Come qui ne venisti!
SESTO
Io, per sottrarti al regnato lascivo
di Niren con la scorta
quivi occulto mi trassi.
CORNELIA
Troppo è certo il periglio
in cui, figlio, t'esponi.
SESTO
Chi alla vendetta aspira
vita non cura, oh madre.
Sì cadrà Sesto, o cadrà il tiranno.
Scena sesta
I detti, Nireno
NIRENO
(entra)
Cornelia, infauste nove. Il re m'impone,
che tra le sue dilette io ti conduca.
CORNELIA
Oh dio!
SESTO
Numi, che sento?
NIRENO
Non vi turbate, no: unqua sospetto
a Tolomeo non fui; ambi verrete
là dove il re tiranno
è in preda alle lascivie;
colà Sesto nascoso
in suo potere avrà l'alta vendetta;
egli solo ed inerme
far non potrà difesa.
SESTO
Molto, molto ti devo.
CORNELIA
Assista il cielo una sì giusta impresa!
Cessa omai di sospirare!
Non è sempre irato il cielo
contro i miseri; suol fare
benché tardi, le vendette.
Il nocchier, s'irato è il mare,
mai non perde la speranza,
onde avvien che la costanza
la salute a lui promette.
(parte con Nireno)
SESTO
(solo)
Figlio non è, chi vendicar non cura
del genitor lo scempio.
Su dunque alla vendetta
ti prepara, alma forte,
e prima di morir altrui dà la morte!
L'angue offeso mai riposa,
se il veleno pria non spande
dentro il sangue all'offensor.
Così l'alma mia non osa
di mostrarsi altera e grande,
se non svelle l'empio cor.
(parte)
Cambiamento
Luogo di delizie
Scena settima
Cleopatra, poi Cesare
CLEOPATRA
Esser qui deve in breve
l'idolo del mio sen, Cesare amato;
ei sa che qui l'attende
Lidia sua, che l'adora;
per discoprir, se porta il sen piagato,
fingerò di dormir, porterò meco,
mascherato nel sonno, Amor ch'è cieco.
(si pone a sedere)
Venere bella,
per un istante,
Deh, mi concedi
le grazie tutte
del dio d'amor!
Tu ben prevedi
ch'il mio sembiante
dee far amante
d'un regio cor.
(finge di dormire)
CESARE
(entra)
Che veggio, oh Numi? il mio bel sol qui dorme?
Vaga Lidia, adorata,
ah! se di tanto incendio
che mi bolle nel seno,
ti penetrasse al cor qualche scintilla,
ben potresti sperar dalla tua sorte
d'essermi forse un dì sposa e consorte.
CLEOPATRA
(sporgendo)
Sposa? t'adorerò fino alla morte.
CESARE
Olà!
CLEOPATRA
Che ti conturbi?
CESARE
Una donzella,
serva di Cleopatra a tanto aspirar?
CLEOPATRA
Cesare, frena l'ire!
Giacché desta m'aborri,
perché m'abbi ad amar, torno a dormire.
(va per tornar al suo luogo)
Scena ottava
I detti, Curio, dopo congiurati (di dentro)
CURIO
(entra con spada impugnata)
Cesare, sei tradito.
CESARE
(snuda il brando)
Io tradito.
CLEOPATRA
Che sento?
CURIO
Mentr'io ver le tue stanze,
signor', t'attendo, odo di genti e spade
ripercosso fragor, ed una voce
gridar: Cesare mora, ed improvviso
a te ne volo, ad arrecar l'avviso.
CESARE
Così dunque in Egitto
regna la fellonia? Bella, rimanti;
sono infausti per noi cotesti lidi.
CLEOPATRA
Fermati, non partir, che tu m'uccidi.
CESARE
Lascia, Lidia!
CLEOPATRA
Che Lidia?
Io volerò al conflitto in tua difesa,
sino agli stessi abissi
scenderia Cleopatra.
(da se'):
(ohimè, che dissi?)
CESARE
Cleopatra?
CLEOPATRA
Sì.
CESARE
Dov'è?
CLEOPATRA
Cesare, volgi
in questo seno, e non altrove, il lampo
di quegli occhi che adoro:
Son Cleopatra, e non più Lidia in cambio.
CESARE
Sei Cleopatra?
CLEOPATRA
In breve
de' congiurati il temerario ardire
questo aspetto regal farà che cada;
torna al fianco, signor, quella tua spada!
(parte)
CESARE
Curio, a sì strani eventi
resto immobile sasso.
CURIO
Stupido son.
CESARE
Che udisti mai, cor mio?
Lidia è Cleopatra? e la spregiasti? Oh dio!
CLEOPATRA
(che frettolosa ritorna)
Fuggi, Cesare, fuggi!
Dalle regie tue stanze a questa fonte
volano i congiurati.
CESARE
Come! nemmen Cleopatra
valse a frenar sì perfido ardimento?
CLEOPATRA
La porpora reale
scudo non è bastante al tradimento.
CESARE
Vengano pure, ho core.
Cesar non sappe mai che sia timore.
CLEOPATRA
Oh dio! tu il mio cor mi struggi;
salvati, o mio bel sol! Cesare, fuggi!
CESARE
Al lampo dell'armi
quest'alma guerriera
vendetta farà.
Non fia che disarmi
la destra guerriera
che forza le dà.
(parte con Curio)
CONGIURATI
(di dentro):
Mora Cesare, mora!
CLEOPATRA
(sola)
Che sento? Oh dio! Morrà Cleopatra ancora.
Anima vil, che parli mai? Deh taci!
Avrò, per vendicarmi,
in bellicosa parte,
di Bellona in sembianza un cor di Marte.
Intanto, oh Numi, voi che il ciel reggete,
difendete il mio bene!
Ch'egli è del seno mio conforto e speme.
Se pietà di me non senti,
giusto ciel, io morirò.
Tu da pace a' miei tormenti,
o quest'alma spirerò.
Cambiamento
Camera nel serraglio
Scena nona
Tolomeo circondato dalle sue favorite,
Cornelia fra loro, poi Sesto
TOLOMEO
Belle dee di questo core,
voi portate il ciel nel volto,
non ha il ciel più bel splendore
di quel ch'avete in doppie stelle accolto.
Questo è luogo di pace,
onde il ferro depongo,
(pone la spada sopra una tavola)
che inutile ornamento
ora è questo in amor fiero stromento.
CORNELIA
(da se' ):
(Numi! che fia di me?)
TOLOMEO
Ma qui Cornelia?
Questo candido lin tu prendi in segno,
secondo il mio costume,
di colei che destino
al regio letto, alle notturne piume.
(Cornelia prende il fazzoletto,
e poi lo getta con sdegno)
SESTO
(entra, da se' ):
(Ora è il tempo, oh mia destra!
il proprio ferro
che uccise il genitore, l'empio trafigga).
Scena decima
I detti, Achilla
(mentre Sesto vuol prendere la spada di Tolomeo, vien sorpreso da Achilla, che entra in furia e la prende)
ACHILLA
Sire, prendi!
TOLOMEO
Che fia?
SESTO
(da se' ):
Stelle crudeli!
ACHILLA
Arma la man che non è tempo, o Sire,
di star fra vezzi in amorosa parte;
queste Veneri lascia, e vola a Marte!
TOLOMEO
Qual nemica la fortuna...
ACHILLA
Mentre io cerco di Cesare la strage,
s'avventa egli fra i nostri,
ma il numero di molti
alla virtù d'un solo al fin prevale;
fugge con Curio, e da balcon sublime
si scaglia d'improvviso in mezzo al porto,
ed io miro in un punto Curio sommerso,
e Cesare già morto.
CORNELIA
(da se'):
Cesare morto?
SESTO
(da se'):
Oh Numi!
ACHILLA
Or Cleopatra
vola al campo romano,
e delle trombe ai bellicosi carmi,
di Cesare in vedetta, corre co' suoi
contro il tuo campo all'armi.
TOLOMEO
D'una femmina imbelle
non pavento i furori.
ACHILLA
A te sol resta
che in premio di tant'opra
in isposa costei tu mi conceda.
TOLOMEO
Temerario! Beltà che non ha pari
d'un tradimento in guiderdon pretendi?
ACHILLA
Sire...
TOLOMEO
Ammutisci e parti!
Son re, e saprò premiarti.
ACHILLA
Il mio servir questa mercé riceve?
TOLOMEO
Olà!
ACHILLA
(da se'):
A chi fede non ha, fe' non si deve.
(parte)
TOLOMEO
Ciascuna si ritiri;
dopo breve soggiorno
vittorioso fra voi farò ritorno.
(parte con le favorite)
Scena undicesima
Sesto, Cornelia
SESTO
Ecco in tutto perduta
la speme di vendetta!
Ferro, inerme ti vedo;
io per non più soffrir morte a te chiedo.
(tira la spada per uccidersi)
CORNELIA
Ferma! che fai? se perverso il destino
fè vano il colpo, invan disperi, oh Sesto.
SESTO
Or che Cesare è estinto
che più sperar possiamo?
CORNELIA
Animo, ardire!
Niren già t'apre il passo; al campo vanni;
colà tu rivedrai l'empio tiranno,
e a lui fa poi mirar con alma forte,
che incontrar sai, non paventar la morte.
(parte)
SESTO
(solo)
Seguirò tanto con ignoto passo
ogn'orma del tiranno,
finché nel suo periglio
farò che cada esangue
del padre l'uccisor per man del figlio.
L'aure che spira
tiranno e fiero
egli non mertadi respirar.
Mi sveglia all'ira
quel cor severo,
sua morte solomi può placar.