Atto Secondo

Dov’è ora l’umile casetta tua così modesta e semplice colle sue stuoie colorate e i battenti di quercia, o piccola Iris ? La bianca siepe di biancospine fiorite ? Il sentiero coverto dal fiore delle scabbiose che conduce al rio ?
Dov’è la pace dei campi intorno e il silenzio ristoratore come il riposo della tua vallea entro all’ampia circolare distesa di monti e, in alto, la solenne maestà del Fousiyama ? Dove l’aria purissima ? Dove la luce libera ?
Tu ora giaci nel cuore affannoso della città gaudente ove più accelerato batte il palpito delle esistenze nelle diverse febbri che agitano le genti, quella della gloria, quella del piacere, quella del denaro. La più appariscente delle Case Verdi è ora la tua abitazione ; tu vi riposi sul rialzo di lacca ed oro di un fton ricchissimo, abbandonata la fragile persona alla stanchezza che ti ha affranto, e ti covre un velario trasparente come aria !
Tu sei nel Yoshiwara !
Qui, nella dolcissima ora del drago, non verrà il Sole a dissipare i piccoli sogni paurosi della tua infantile fantasia ! qui, nella misteriosa ora del cignale, non la luna scenderà a posarsi con te !
Qui, ricche stuoie a tessiture fantasiose impediscono alla luce di penetrarvi.
No, il Sole non penetra nelle Case Verdi ! Qui tutto è riflesso di metallo che scoppia a vivi e rapidi sfavilli dalle profumiere cesellate dove brucia esalando l’olio di camelia odorosa, dai vasi smaltati, dalle grandi chimere e mostri di smalto e cobalto che adornano la stanza.
Là, in un angolo, un bouddah ride, i piccoli occhi sfuggenti la enorme epa floscia giù a sfascio sul loto simbolico che gli fa da piedestallo.
Non la luce, non l’armonia del Sole ! Solo, su dalla tumultuante via, per le stuoie che la dimenticanza delle kamouro ha lasciato semiaperte, entra l’affannoso moto della vita cittadina, le strida dei merciaioli, le minacce dei samouraïs, le ansanti cadenze dei djin, i diversi idiomi dei dragomanni, la bestemmia e la risata. Presso al tuo letto, come spettri, stanno ancora le guèchas.
(Una guècha accosciata sussurra un “Anakomitasani” accompagnandosi al suono del sàmisen.)

▼KYOTO▲
(Cogliendo le guèchas in oziosa curiosità, le investe con voce concitata ma trattenuta, per non svegliare Iris.)
Là che ci fate
Ancora mascherate ?
O che siete de’ bonzi ?
E… stz !
(impedendo loro di parlare)
Tacete ! Silenzio !
Non voglio, appena desta,
Ch’abbia ricordi tristi,
Ognor dolori !
Tutta una festa, un giorno d’ori,
Di bronzi e fiore !
(sorpreso nel vedere aperta una della imposte)
Toh ! fuori spalancata è ancora l’impannata ?
(Vorrebbe gridare ma si ritiene.)
Silenzio, dico !
(fra i denti)
Rispondermi volete ?
Oh, le sfacciate !
Udite !
Dalla strada salgon
Le voci chiocce de la gente,
L’andare ed il venire
De’ djin correnti !
O che avete gli orecchi fatti in giada ?
Con tal baccano o chi può mai dormire ?
E chete ! Mogie !
(irritato)
Vostre voci acute son vespe,
Son cicale, son zanzare ! Mute,
Vi voglio mute e, se possibil,
Senza respirare !
(Va a chiudere l’imposta ; guardando nella strada vede un elegante norimon entrare nella casa.)
Toh ! Vien gente !
È Osaka in palanchino !
Giù tutti col migliore nostro inchino !
(Rapidamente tutti si inchinano quasi toccando colle fronti il suolo.)

▼OSAKA▲
(Entra con inusata vivacità, indirizzandosi a Kyoto.)
Ch’io vegga ov’è
La mousmè da li occhi
Simili a camelie !

▼KYOTO▲
(calmandolo)
La voce tua
Modula in suon più grave,
Come punta d’agave
Va ne li orecchi a chi posa !
(L’astuto taikomati mostra all’annoiato signore Iris addormentata.)
Riposa !
(allontanando brutalmente le guèchas, che scompaiono rapide)
Donne, vampiri della casa, via !
(Osaka e Kyoto si avvicinano al letto d’Iris.)

▼OSAKA▲
Sollevami il velario !

▼KYOTO▲
Parla piano !
(sollevando il velario)
Toh ! guardala !
È perfetta ! Non ti pare ?

▼OSAKA▲
Spande l’odor del loto,
La piccina !

▼KYOTO▲
Sogguarda a quella bocca porporina !

▼OSAKA▲
È ciliegia da cogliere e mangiare !
(Contempla Iris, poi si scosta insieme a Kyoto.)

▼KYOTO▲
Vedi che braccio !
E vedi un po’ che mano !

▼OSAKA▲
(con grande entusiasmo)
Créa in quegli occhi
Il lampo d’un desio,
Vibri in quegli occhi
Il senso, l’uman dio,
Una scintilla, un fuoco, una favilla
Che di piacer ne incendi la pupilla
E dimmi, come lei ne sai tu alcuna ?

▼KYOTO▲
Nessuna,
(con finta convinzione)
In fede mia, nessuna !

▼OSAKA▲
In questa noia matta
Ogni dì soddisfatta
E insoddisfatta, costei nel cuor
M’ha cacciata una spina di brama
Che m’affana !
Non è mousmè leziosa di città,
Ordigno fatto per la voluttà ;
Qui c’è l’anima !
(Torna presso il letto a guardare e lascia ricadere il velario sulla fanciulla addormentata, poi trae con sé lontano in disparte Kyoto onde il loro chiacchierio non risvegli Iris.)
Lunga lotta m’annoia ;
A ritrosie io mal m’adatto ;
S’ella resistesse ?

▼KYOTO▲
Abbi denaro e il
Paradiso è ovunque !
Comprendi tu ?

▼OSAKA▲
Parla un linguaggio chiaro !

▼KYOTO▲
Son fior le frasi,
Le parole foglie,
Ma il frutto è l’or
Che satolla le voglie.
Comprendi tu ?

▼OSAKA▲
Abborro tai proverbi !

▼KYOTO▲
Regali ! Doni appariscenti !
Ricchi ! Vistosi !
Mi comprendi ?
Larga mano !
Aperto borsellino !
Mi comprendi ?
Vesti ! Fiori ! Gioielli !
Mi comprendi ?

▼OSAKA▲
Oh, fauce ingorda !
Oh, fauce sazia mai !

▼KYOTO▲
Dapprima già ci vuol qualche moìna
Per rasciugar gli occhietti
Da le lacrime, poi…
Una nuora poi… diventa suocera !

▼OSAKA▲
E aggiungi, in oltre,
Il più fantasioso
E armonico linguaggio figurato…

▼KYOTO▲
(che ha osservato Iris, fa cenno ad Osaka di tacere)
Stz ! Desta è la piccina !
Vieni via !
Va a prepararti un romanzesco viso !
Porta gemme… regali !
Mi comprendi ?
(Escono cautamente.)

▼IRIS▲
(Si sveglia e guarda intorno a sè sorpresa.)
Ognora sogni,
Sogni e sogni…
Oh, il bel velario !
Oh, il lieve drappo
Tutto sparso d’iridi…
Or la mia veste è un velo
E ha trasparenze d’onda e di nube !
Or io cosi ho vergogna !
Non più le mie pianelle
In lacca nera ;
(alzandosi e camminando)
Ho sandali dorati,
E il piè vi posa
Così morbidamente
Che mi pare di camminar
Sopra un prato di piume !
(Ed ecco svolgersi nella mente trasognata dell’ingenua fanciulla le scene del teatrino, la danza delle guèchas e… il rapimento.)
Ecco ! Or ricordo !
Sì, Il Teatro ! Dhia !
La danza delle guèchas !
Il nero manto m’avvolge del Vampiro !
Ove son io ?
Morta son dunque
Sì, sono una morta !
(Guardando intorno più attentamente, mormora fra l’angoscia e la gioia.)
E questa casa bella
È il Paradiso ?
(Si ode un dolcissimo suono di sàmisen interno : Iris ascolta. Un sàmisen attira i suoi sguardi.)
Chi è morto tutto sa !
Diceva il bonzo !
(Prende il sàmisen.)
Mi voglio accompagnar l’Uta di Nániva !
“Sorge dal mar la Luna…
(tentando di accompagnarsi col sàmisen, ma dalle sue dita esce il più discordante e pazzo suono)
È luna piena…
Una giunca laggiù mi mena ;
Io vo coll’onda che mi porta.”
(interrompendo)
La voce canta
Ma il suon non l’accompagna !
(Getta indispettita l’istroment o, mentre riprende il suono interno dei sàmisen.)
Dicon di gran bugie
Nel mondo ai vivi !
Che da vivo non sa,
Non sa da morto.
(Si aggira curiosa e meravigliata ammirando i ricchi paraventi ed i preziosi dipinti. Vede pennelli e colori su di una tavola. Essa vi si accosta ed attratta dal mistero dei colori siede preso la tavola tentando di pingere. Vuole dipingere un fiore, ma invece n’esce un angue ; Iris getta indispettita il foglio di carta. Ed ora vorrebbe dipingere un cielo azzurro, ma le inesperte mani non riescono che a tracciare una macchia grigiastra. Sfiduciata, lascia cadere i pennelli.)
Io pingo… pingo,
Ma il mio pennello invano stendo,
Intingo !
Va la mia mano invano !
Invano, invano va la mia mano !
Io penso a un fiore,
E n’esce invece un’angue tutto terrore,
Tutto un rosso di sangue !
Se voglio un cielo,
Azzurro in mio pensiero,
È un fosco velo,
Un velo tinto in nero !
La fantasia con sé m’invola
E porta di casa mia a la picciola porta ;
Là la pupilla d’un cieco
Finalmente ha una scintilla,
Una favilla d’una luce rovente
Che fulge e brilla,
Ma  il lucer d’una lacrima
Che lentamente stilla !
(Accasciata, nasconde il viso tra le mani.)
In paradiso (han detto) non si piange !
Ed io di lacrime… ho i miei occhi pieni !
(Una cortina si solleva lentamente e Kyoto introduce Osaka. I due uomini si soffermano sul limitare della porta e guardando la fanciulla seduta davanti al tavolino dei colori.)

▼OSAKA▲
(parlando sottovoce a Kyoto)
A un cenno mio manda
Le vesti e i doni.

▼KYOTO▲
Sì, manderò !

▼OSAKA▲
Or quanto a te,
Inutil qui… va via !

▼KYOTO▲
A meraviglia !
Vo !
(Il taikomati scompare dietro la cortina, lasciando soli il giovane signore voluttuoso e l’ingenua mousmè.)
(Alle parole di Osaka Iris si volge sorpresa, gitta un grido e si ritrae paurosa. Osaka la arresta d’un gesto ammirativo.)

▼OSAKA▲
Oh, come al tuo sottile corpo s’aggira
E s’informa di te la flessuosa
Notturna vesta !
Senza posa lo sguardo ti rimira
Da capo a piè
E l’anima s’appaga nella sorpresa vaga,
Nel portento gentile di tua beltà
Che, in festa alta, trionfa in te.
(Osaka si avvicina sempre più ad Iris. Questa si ritrae ancor più, sorpresa e impaurita.)

▼IRIS▲
(Conosco questa voce !
Io già l’udii !
In ogni sua parola si rivela :
È la voce d’Jor !
È Jor ! È Jor !)

▼OSAKA▲
Perché il piede ritraggi
Se a te vicin
Mi porta il mio desìo ?
(Iris si ferma palpitante e Osaka le è vicino.)
Dentro a’ tuoi veli lascia lo sguardo mio
Disioso penetrare !
Io ne’ tuoi occhi veggo tutti i cieli !
Gli olezzi io bevo in te
Di tutti i maggi !
(Osaka accarezza la testa di Iris : questa chiude timorosa gli occhi. Al tocco del giovane gli spilloni cadono e disciolgono liberi i lunghi capelli che fluiscono giù per le spalle di Iris, ricoprendola come di un manto.)

▼OSAKA▲
(tuffando con voluttà le mani nei capelli d’Iris)
Ah, i tuoi capelli…
Son sì lunghi e tanti
Da incatenarti intorno…
Tutti gli uomini !
Tu m’incatena e per la via, mousmè,
D’ogni tua brama,
Deh, tu, mi mena !

▼IRIS▲
(incredula, quasi sorridendo e riannodandosi i capelli)
(Da niuno ho udito dirmi tante cosa.
Iris tanta bellezza ?
Niun lo crede !
M’ha detto un sol finor che son graziosa,
Il babbo mio,
Ch’è cieco e non mi vede !)

▼OSAKA▲
Il tuo corpo s’ingiglia
D’un candore più bianco del Fousiyama !
Bocca sana vermiglia !
Fresca fontana ove zampillan
Tutte le dolcezze
E tutte le carezze !
Ove il mio sangue vivo si ristora !
(Iris sorride nell’udire le parole entusiastiche di Osaka.)
Tu ridi ? Ridi ?
Ridi ! Ridi, ancora !

▼IRIS▲
(con timore e vergognosa)
(Ho fatto male a rider,
Ma non so se muovermi
O star ferma a sue parole,
Se fargli reverenza !
Gli dirò : “Signor !”
No ! “Re !” È poco…
“Figliuol del Sole !”)

▼OSAKA▲
Arrossi a mie parole ?
Non arrossir !
Lascia arrossire il sole ;
Egli ogni dì ha tramonti, tu ?
Sali, sali, altissima,
A le superbe aurore,
Ai superbi orizzonti del mio amore !

▼IRIS▲
Figlio del Sol !

▼OSAKA▲
(Dà una stridente risata. Iris si ritrae ancora, impaurita.)
Ah tu, fanciulla, ancor mi credi
Jor della Commedia ?
Or recito la Vita !
T’ho, in vesta d’istrion
Per farti mia, rapita.
Apri gli occhi, mousmè !
Vedi ed impara la Vita.
Il vero nome mio
Vuoi tu sapere ?
Ebben, mousmè,
Io mi chiamo : “Il Piacere !”

▼IRIS▲
(ricordando con accento di terror)
Un dì (ero piccina),
Al tempio vidi un bonzo
A un paravento tutto fatto a simboli,
Sciorinare il velame d’un mistero…
Era una plaga
D’un gran mare morto
Color del bronzo ;
E v’era un cielo
Rosso sì come sangue,
D’un rosso livido ;
E una gran spiaggia,
Una gran spiaggia morta
Di grigio e nero…
Una fanciulla giacèavi adagiata,
Scarne le membra,
Sparsi i capelli
E nella bocca un riso
Ch’era uno spasimo…
Su dal mar morto
Una gran piovra intanto
Il capo ergeva…
E la fanciulla col grande
Occhio falcato fuor guatava ;
Questa, domata a quel terror di sguardo,
Tutta affisava !
Su dal mar morto
I viscidi tentacoli
Moveva il mostro, e per le gambe,
Pei reni e per le spalle,
Poi per le chiome
E il fronte e gli occhi
E il petto esile ansante,
E per le braccia
La stringe e allaccia !
La stringe e allaccia in viso !
Essa sorride ognor !
Essa sorride e muor
Con un estremo spasimo
Che par un riso… essa sorride
E muor, e muor !
E il bonzo a voce forte :
“Quella piovra è il Piacere…
Quella piovra è la Morte !”
(Iris si lascia cadere ai piedi del giovane, piangendo e rimanendo accasciata dalla paura e dal dolore.)
Deh, ch’io torni a mio padre !

▼OSAKA▲
(con cinismo)
Son le fole dei bonzi
Spavaldi e ipocriti
Che all’alito d’un bacio
Si sburgiardano !
(A un cenno di Osaka le koumaro portano e stendono ai piedi di Iris stoffe, gioielli, ventagli, fiori.)

▼OSAKA▲
(sollevando Iris e stringendola a sé poco a poco)
Or dammi il braccio tuo,
Braccio di neve e avorio !
Intorno al collo così m’anoda !
Scogli i capelli !
(sciogliendole ancora una volta i capelli)
La testa bruna sovra il mio petto
Tu m’abbandona !
Cogli occhi, gli occhi miei…
Tu, ed io, labbra le labbra !
Vi scendo e tocco la dolce bocca !
(Osaka abbandona la sua bocca su quella di Iris quasi svenuta, mormorando e supplicando)
È questo il bacio !
(Iris, staccandosi da Osaka, rimane atterrita, poi prorompe in pianto.)

▼OSAKA▲
(guardandola, sorpreso)
Piangi ?

▼IRIS▲
Penso a mio padre !

▼OSAKA▲
Gli darò vesti e denaro !

▼IRIS▲
Io penso alla mia casa !

▼OSAKA▲
Palazzi avrai !

▼IRIS▲
Io penso al mio giardino !

▼OSAKA▲
Ne avrai d’immensi
E a serre ognora in fiore !

▼IRIS▲
Ma non sono i miei fior !

▼OSAKA▲
(annoiato e sdegnoso)
(È una pupattola !)
Nullo desio ti adesca
Di codesto splendore,
Vesti, ori ?
E il bacio è un’esca
Cui non morde il tuo cuore ?
Chiedi, fanciulla ! Brama !
Tu pur abbi un desio !

▼IRIS▲
Voglio il giardino mio !
Io voglio il mio giardino,
Colla sua siepe intorno,
La mia casetta bianca
Col mormorante rio,
Col suo villaggio a manca,
Con la vallata a prati,
Col sol che appena è giorno
Appar sugli elevati fianchi
Del Fousiyama e…
Mi chiama, mi chiama !
(Rimane immobile.)
(Kyoto accorre.)

▼OSAKA▲
(seccato, rivolgendosi a Kyoto)
Da un’ora essa m’attedia !
È pupa da commedia !
Pupa di legno ; or’ io mi sdegno !
Un mio consiglio, accetta !

▼KYOTO▲
(con finta sottomissione)
Ognora Kyoto impara !

▼OSAKA▲
(imitando Iris)
Torni alla sua casetta !

▼KYOTO▲
È questo il tuo consiglio ?
La espongo al Yoshiwara !

▼OSAKA▲
Fa’ pur !
Ahimè, che noia !
(Se ne va sbadigliando.)
Vo ! Sbadiglio !

▼KYOTO▲
(con astuzia parlando fra sé)
Colle piccine gran maestra è natura.
O moine o paura !
Osaka è giovin ; vede ratto,
E ratto ei vuole il suo desìo
Tradotto in fatto.
Esperienza e pazienza !
A me ! Vediam !
(Con occhio conoscitore osserva e studia attentamente Iris.)
Perfetta ! E in una vesta
Ancor più trasparente di codesta,
Come se indosso avesse a veste il nulla,
Vederete qual trionfo di fanciulla !
(Scegli una veste e fa cenno alle donne di vestirne Iris.)
Alla toeletta ! Olà !
(Le donne accorrono ; Iris impaurita vuol fuggire.)
(irritato)
Con me ritrosa ?
(imperioso)
Qui s’obbedisce ! Bada !
Per le putte cattive c’è la morte !
(Apre la parete a destra e mostra ad Iris un precipizio oscuro e fondo : Iris indietreggia impaurita.)
Chiamo il Vampiro
E fatta è la tua sorte !

▼IRIS▲
(implorando)
No, non fatemi male !

▼KYOTO▲
(rabbonito)
Non lo voglio !
(insinuante ; prende il pupo che nella commedia rappresentava Jor e lo porge ad Iris)
E se obbedisci, guarda !
È tuo !

▼IRIS▲
(Sorpresa, prende con gioia il pupo.)
È Jor !

▼KYOTO▲
(dietro le suoje, spiando nella via)
Annotta !
La gente dotta e ghiotta
D’ogni cosa vaga e rara
S’accalca e indaga !
Già arrossa di lumiere il Yoshiwara !
Oh, febbre del Piacere !
(Intanto le esperte donne cominciano ad abbigliare Iris, dietro un paravento.)
La parete sottile scorre e schiude
A uno sciame gentile di donne ignude !
Qualche altro Osaka certo passerà,
E in questa onesta rete di giovinezza incapperà !

▼IRIS▲
(Mentre l’abbigliano, Iris tutta intenta al pupo, si risovviene la dolcissima cantilena del dramma, e mentre la ripete, infantilmente lo fa agire.)
Apri la tua finestra !
Io sono il Sole !
Apri l’orecchio a mie dolci parole !
Apri l’anima tua alla fede e spera !
Jor ha ascoltata, o Dhia,
La tua preghiera !
Tu vuoi morir ?
Morir io ti farò,
Ma ti farò morir dal sol baciata,
Ed al paese eterno ti trarrò…
(Kyoto si allontana dalla veranda, ed osserva Iris completamente abbigliata.)
Ove, o fanciulla, tu sarai amata !

▼KYOTO▲
Vediam ! Così stai bene !
(Strappa ruvidamente il pupo ad Iris, e lo gitta in alto ; una guècha lo afferra a volo.)
Ha sonno il piccol Jor ;
Poniamolo a dormire !
Or ti conviene
Sovra la bocca un vago punto in or !
(Prende un pennello, e disegna un neo d’oro sulle labbra d’Iris.)
Così ! Vediam ove posarti…
In alto ! Ti voglio qui !
(Colloca Iris sulla veranda.)
Superbamente erette
Le divine tue forme !
Ed or vediam
Se la gente abbocca !
(alle guèchas)
Attente, streghe, attente, attente !
(colpo di mano)
(gridato)
Via le cortine !
(Le guèchas fanno scorrere rapidamente le mobili pareti. Si scorge la strada del Yoshiwara tutta affollata. L’improvvisa apparizione d’Iris attrae subito l’attenzione della folla, che prorompe in entusiasmo.)

▼LA FOLLA▲
Oh, meraviglia delle meraviglie !
(Kyoto, appoggiato alla veranda, osserva soddisfatto.)
La vaga figlia !
È rosa thea !
Fior di verbena !
Fior di vaniglia !
Fra le più vaghe figlie
O vaga meraviglia !
Giorno di rose e di viole !
Notte serena !
Parla, bella mousmè !
Udiamo l’armonia di tue parole !
Parla !
L’anima di desìa !
Sì, è rosa thea
E imbalsama davvero
Tutta una giovinezza !
Una carezza di questo fior
Darìa vita all’idea
D’uno spento pensiero !
Gemma pura di natura !
Parla, bella mousmè !
Parla ! Parla ! Parla ! Ah !

▼KYOTO▲
(esaltandosi di gioia e fregandosi le mani)
Son uomo di talento, sì o no ?
(Un norimon si fa largo nella folla ; ne esce Osaka, il quale vedendo Iris, respinge la folla, gridando furente, esaltato.)
Ve’ che furore !
Strana è la gente
In fregola d’amore.
Io ci guadagnerò a staia i riò!

▼OSAKA▲
Datemi il passo !

▼KYOTO▲
(È Osaka !)

▼OSAKA▲
Indietro ! Indietro !

▼KYOTO▲
(Eccolo ancor !
È pazzo !)

▼OSAKA▲
Indietro !

▼KYOTO▲
(Io godo !)

▼OSAKA▲
(Aggrappandosi, sale sulla veranda.)
Iris, son io !
Io sono Osaka, Jor…
Tutto sarò per te quel che vorrai !
Osaka può donarti gemme ed or
Quanto può darti Jor
Di luce o rati !
E qui or io
M’inchino innanzi a te,
Qui giù, qui giù nel fango !
Qui a’ tuoi piedi !
Curvo a’ tuoi piè,
Fanciulla,
Osaka vedi qui giù !
Qui giù nel fango !
Qui a’ tuoi piè !
Qui la pazzia prosterno
Del mio orgoglio
Che cieco e vil m’ha
Fatto a tue bellezze !
Iris ancor, ancor,
Dammi l’immenso ciel
Di tue carezze !
(Si slancia verso Iris ; ma Kyoto si frammette fra Osaka e la fanciulla.)

▼KYOTO▲
Osaka, io qui son servo
A tutto il pubblico !

▼OSAKA▲
(impetuosa e minacciando Kyoto)
Io primo fui che tal tesoro vidi !
Kyoto, la voglio ancor !
Io son pentito !
Ebben : chi gareggiar potrà con me ?
Dò tutto quel che chiedi,
Ladro, arpìa !
(con espansione)
Iris divina,
Deh, sii mia ! Iris !
(Appare nella folla il Cieco, accompagnato da due merciaiuoli.)

▼IL CIECO▲
Iris ?
Essa è qui dunque ?

▼IRIS▲
(Rimasta fino allora intontita, alla voce del padre sobbalza per la gran gioia.)
Sì, son io…
(protendendo le braccia verso il padre, mentre la folla sorpresa circonda curiosamente il Cieco)
Padre ! Son Iris !
Ah, qui vieni ! Qui !

▼LA FOLLA▲
Suo padre ? È un cieco !

▼IL CIECO▲
(implorando i circostanti ; la folla, presa subitamente da un senso di pietà, fa largo intorno al Cieco.)
Conducetemi sotto a la finestra…

▼LA FOLLA▲
Fate largo ! Fate largo !

▼IL CIECO▲
…ove sta la fanciulla svergognata !

▼LA FOLLA▲
Il passo ! Il passo !

▼KYOTO▲
(Sorpreso dall’apparizione del Cieco, urla per giustificarsi.)
Egli venduto m’ha la figlia sua !

▼IL CIECO▲
(imperioso)
Iris, rispondi ! Ove sei tu ?

▼IRIS▲
Qui, padre !

▼IL CIECO▲
(Guidato dalla voce della figlia, si avvicina, e raccogliendo manate di fango le scaglia contro la veranda : gran movimento di sorpresa nella folla)
To’, sul tuo viso !
To’, sovra il tuo fronte !
To’, nella bocca !
To’, ne tuoi occhi : fango !

▼LA FOLLA▲
Ah !
(La maledizione del padre rende Iris pazza di dolore, e respingendo tutti da sè, con improvviso slancio si precipita dalla finestra nell’abisso prima mostratole da Kyoto, prorompendo in un grido terribile.)

▼IRIS▲
Ah !

▼OSAKA▲
(che non arriva in tempo per salvare Iris, rimane terrorizzato alla finestra, davanti all’abisso)
Ah !

▼KYOTO▲
(le mani nei capelli)
Ah !

▼LA FOLLA▲
Ah !
Atto Secondo

Dov’è ora l’umile casetta tua così modesta e semplice colle sue stuoie colorate e i battenti di quercia, o piccola Iris? La bianca siepe di biancospine fiorite? Il sentiero coverto dal fiore delle scabbiose che conduce al rio?
Dov’è la pace dei campi intorno e il silenzio ristoratore come il riposo della tua vallea entro all’ampia circolare distesa di monti e, in alto, la solenne maestà del Fousiyama? Dove l’aria purissima? Dove la luce libera?
Tu ora giaci nel cuore affannoso della città gaudente ove più accelerato batte il palpito delle esistenze nelle diverse febbri che agitano le genti, quella della gloria, quella del piacere, quella del denaro. La più appariscente delle Case Verdi è ora la tua abitazione ; tu vi riposi sul rialzo di lacca ed oro di un fton ricchissimo, abbandonata la fragile persona alla stanchezza che ti ha affranto, e ti covre un velario trasparente come aria!
Tu sei nel Yoshiwara!
Qui, nella dolcissima ora del drago, non verrà il Sole a dissipare i piccoli sogni paurosi della tua infantile fantasia! qui, nella misteriosa ora del cignale, non la luna scenderà a posarsi con te!
Qui, ricche stuoie a tessiture fantasiose impediscono alla luce di penetrarvi.
No, il Sole non penetra nelle Case Verdi! Qui tutto è riflesso di metallo che scoppia a vivi e rapidi sfavilli dalle profumiere cesellate dove brucia esalando l’olio di camelia odorosa, dai vasi smaltati, dalle grandi chimere e mostri di smalto e cobalto che adornano la stanza.
Là, in un angolo, un bouddah ride, i piccoli occhi sfuggenti la enorme epa floscia giù a sfascio sul loto simbolico che gli fa da piedestallo.
Non la luce, non l’armonia del Sole! Solo, su dalla tumultuante via, per le stuoie che la dimenticanza delle kamouro ha lasciato semiaperte, entra l’affannoso moto della vita cittadina, le strida dei merciaioli, le minacce dei samouraïs, le ansanti cadenze dei djin, i diversi idiomi dei dragomanni, la bestemmia e la risata. Presso al tuo letto, come spettri, stanno ancora le guèchas.
(Una guècha accosciata sussurra un “Anakomitasani” accompagnandosi al suono del sàmisen.)

KYOTO
(Cogliendo le guèchas in oziosa curiosità, le investe con voce concitata ma trattenuta, per non svegliare Iris.)
Là che ci fate
Ancora mascherate?
O che siete de’ bonzi?
E… stz!
(impedendo loro di parlare)
Tacete! Silenzio!
Non voglio, appena desta,
Ch’abbia ricordi tristi,
Ognor dolori!
Tutta una festa, un giorno d’ori,
Di bronzi e fiore!
(sorpreso nel vedere aperta una della imposte)
Toh! fuori spalancata è ancora l’impannata?
(Vorrebbe gridare ma si ritiene.)
Silenzio, dico!
(fra i denti)
Rispondermi volete?
Oh, le sfacciate!
Udite!
Dalla strada salgon
Le voci chiocce de la gente,
L’andare ed il venire
De’ djin correnti!
O che avete gli orecchi fatti in giada?
Con tal baccano o chi può mai dormire?
E chete! Mogie!
(irritato)
Vostre voci acute son vespe,
Son cicale, son zanzare! Mute,
Vi voglio mute e, se possibil,
Senza respirare!
(Va a chiudere l’imposta ; guardando nella strada vede un elegante norimon entrare nella casa.)
Toh! Vien gente!
È Osaka in palanchino!
Giù tutti col migliore nostro inchino!
(Rapidamente tutti si inchinano quasi toccando colle fronti il suolo.)

OSAKA
(Entra con inusata vivacità, indirizzandosi a Kyoto.)
Ch’io vegga ov’è
La mousmè da li occhi
Simili a camelie!

KYOTO
(calmandolo)
La voce tua
Modula in suon più grave,
Come punta d’agave
Va ne li orecchi a chi posa!
(L’astuto taikomati mostra all’annoiato signore Iris addormentata.)
Riposa!
(allontanando brutalmente le guèchas, che scompaiono rapide)
Donne, vampiri della casa, via!
(Osaka e Kyoto si avvicinano al letto d’Iris.)

OSAKA
Sollevami il velario!

KYOTO
Parla piano!
(sollevando il velario)
Toh! guardala!
È perfetta! Non ti pare?

OSAKA
Spande l’odor del loto,
La piccina!

KYOTO
Sogguarda a quella bocca porporina!

OSAKA
È ciliegia da cogliere e mangiare!
(Contempla Iris, poi si scosta insieme a Kyoto.)

KYOTO
Vedi che braccio!
E vedi un po’ che mano!

OSAKA
(con grande entusiasmo)
Créa in quegli occhi
Il lampo d’un desio,
Vibri in quegli occhi
Il senso, l’uman dio,
Una scintilla, un fuoco, una favilla
Che di piacer ne incendi la pupilla
E dimmi, come lei ne sai tu alcuna?

KYOTO
Nessuna,
(con finta convinzione)
In fede mia, nessuna!

OSAKA
In questa noia matta
Ogni dì soddisfatta
E insoddisfatta, costei nel cuor
M’ha cacciata una spina di brama
Che m’affana!
Non è mousmè leziosa di città,
Ordigno fatto per la voluttà ;
Qui c’è l’anima!
(Torna presso il letto a guardare e lascia ricadere il velario sulla fanciulla addormentata, poi trae con sé lontano in disparte Kyoto onde il loro chiacchierio non risvegli Iris.)
Lunga lotta m’annoia ;
A ritrosie io mal m’adatto ;
S’ella resistesse?

KYOTO
Abbi denaro e il
Paradiso è ovunque!
Comprendi tu?

OSAKA
Parla un linguaggio chiaro!

KYOTO
Son fior le frasi,
Le parole foglie,
Ma il frutto è l’or
Che satolla le voglie.
Comprendi tu?

OSAKA
Abborro tai proverbi!

KYOTO
Regali! Doni appariscenti!
Ricchi! Vistosi!
Mi comprendi?
Larga mano!
Aperto borsellino!
Mi comprendi?
Vesti! Fiori! Gioielli!
Mi comprendi?

OSAKA
Oh, fauce ingorda!
Oh, fauce sazia mai!

KYOTO
Dapprima già ci vuol qualche moìna
Per rasciugar gli occhietti
Da le lacrime, poi…
Una nuora poi… diventa suocera!

OSAKA
E aggiungi, in oltre,
Il più fantasioso
E armonico linguaggio figurato…

KYOTO
(che ha osservato Iris, fa cenno ad Osaka di tacere)
Stz! Desta è la piccina!
Vieni via!
Va a prepararti un romanzesco viso!
Porta gemme… regali!
Mi comprendi?
(Escono cautamente.)

IRIS
(Si sveglia e guarda intorno a sè sorpresa.)
Ognora sogni,
Sogni e sogni…
Oh, il bel velario!
Oh, il lieve drappo
Tutto sparso d’iridi…
Or la mia veste è un velo
E ha trasparenze d’onda e di nube!
Or io cosi ho vergogna!
Non più le mie pianelle
In lacca nera ;
(alzandosi e camminando)
Ho sandali dorati,
E il piè vi posa
Così morbidamente
Che mi pare di camminar
Sopra un prato di piume!
(Ed ecco svolgersi nella mente trasognata dell’ingenua fanciulla le scene del teatrino, la danza delle guèchas e… il rapimento.)
Ecco! Or ricordo!
Sì, Il Teatro! Dhia!
La danza delle guèchas!
Il nero manto m’avvolge del Vampiro!
Ove son io?
Morta son dunque
Sì, sono una morta!
(Guardando intorno più attentamente, mormora fra l’angoscia e la gioia.)
E questa casa bella
È il Paradiso?
(Si ode un dolcissimo suono di sàmisen interno : Iris ascolta. Un sàmisen attira i suoi sguardi.)
Chi è morto tutto sa!
Diceva il bonzo!
(Prende il sàmisen.)
Mi voglio accompagnar l’Uta di Nániva!
“Sorge dal mar la Luna…
(tentando di accompagnarsi col sàmisen, ma dalle sue dita esce il più discordante e pazzo suono)
È luna piena…
Una giunca laggiù mi mena ;
Io vo coll’onda che mi porta.”
(interrompendo)
La voce canta
Ma il suon non l’accompagna!
(Getta indispettita l’istromento, mentre riprende il suono interno dei sàmisen.)
Dicon di gran bugie
Nel mondo ai vivi!
Che da vivo non sa,
Non sa da morto.
(Si aggira curiosa e meravigliata ammirando i ricchi paraventi ed i preziosi dipinti. Vede pennelli e colori su di una tavola. Essa vi si accosta ed attratta dal mistero dei colori siede preso la tavola tentando di pingere. Vuole dipingere un fiore, ma invece n’esce un angue ; Iris getta indispettita il foglio di carta. Ed ora vorrebbe dipingere un cielo azzurro, ma le inesperte mani non riescono che a tracciare una macchia grigiastra. Sfiduciata, lascia cadere i pennelli.)
Io pingo… pingo,
Ma il mio pennello invano stendo,
Intingo!
Va la mia mano invano!
Invano, invano va la mia mano!
Io penso a un fiore,
E n’esce invece un’angue tutto terrore,
Tutto un rosso di sangue!
Se voglio un cielo,
Azzurro in mio pensiero,
È un fosco velo,
Un velo tinto in nero!
La fantasia con sé m’invola
E porta di casa mia a la picciola porta ;
Là la pupilla d’un cieco
Finalmente ha una scintilla,
Una favilla d’una luce rovente
Che fulge e brilla,
Ma  il lucer d’una lacrima
Che lentamente stilla!
(Accasciata, nasconde il viso tra le mani.)
In paradiso (han detto) non si piange!
Ed io di lacrime… ho i miei occhi pieni!
(Una cortina si solleva lentamente e Kyoto introduce Osaka. I due uomini si soffermano sul limitare della porta e guardando la fanciulla seduta davanti al tavolino dei colori.)

OSAKA
(parlando sottovoce a Kyoto)
A un cenno mio manda
Le vesti e i doni.

KYOTO
Sì, manderò!

OSAKA
Or quanto a te,
Inutil qui… va via!

KYOTO
A meraviglia!
Vo!
(Il taikomati scompare dietro la cortina, lasciando soli il giovane signore voluttuoso e l’ingenua mousmè.)
(Alle parole di Osaka Iris si volge sorpresa, gitta un grido e si ritrae paurosa. Osaka la arresta d’un gesto ammirativo.)

OSAKA
Oh, come al tuo sottile corpo s’aggira
E s’informa di te la flessuosa
Notturna vesta!
Senza posa lo sguardo ti rimira
Da capo a piè
E l’anima s’appaga nella sorpresa vaga,
Nel portento gentile di tua beltà
Che, in festa alta, trionfa in te.
(Osaka si avvicina sempre più ad Iris. Questa si ritrae ancor più, sorpresa e impaurita.)

IRIS
(Conosco questa voce!
Io già l’udii!
In ogni sua parola si rivela :
È la voce d’Jor!
È Jor! È Jor!)

OSAKA
Perché il piede ritraggi
Se a te vicin
Mi porta il mio desìo?
(Iris si ferma palpitante e Osaka le è vicino.)
Dentro a’ tuoi veli lascia lo sguardo mio
Disioso penetrare!
Io ne’ tuoi occhi veggo tutti i cieli!
Gli olezzi io bevo in te
Di tutti i maggi!
(Osaka accarezza la testa di Iris : questa chiude timorosa gli occhi. Al tocco del giovane gli spilloni cadono e disciolgono liberi i lunghi capelli che fluiscono giù per le spalle di Iris, ricoprendola come di un manto.)

OSAKA
(tuffando con voluttà le mani nei capelli d’Iris)
Ah, i tuoi capelli…
Son sì lunghi e tanti
Da incatenarti intorno…
Tutti gli uomini!
Tu m’incatena e per la via, mousmè,
D’ogni tua brama,
Deh, tu, mi mena!

IRIS
(incredula, quasi sorridendo e riannodandosi i capelli)
(Da niuno ho udito dirmi tante cosa.
Iris tanta bellezza?
Niun lo crede!
M’ha detto un sol finor che son graziosa,
Il babbo mio,
Ch’è cieco e non mi vede!)

OSAKA
Il tuo corpo s’ingiglia
D’un candore più bianco del Fousiyama!
Bocca sana vermiglia!
Fresca fontana ove zampillan
Tutte le dolcezze
E tutte le carezze!
Ove il mio sangue vivo si ristora!
(Iris sorride nell’udire le parole entusiastiche di Osaka.)
Tu ridi? Ridi?
Ridi! Ridi, ancora!

IRIS
(con timore e vergognosa)
(Ho fatto male a rider,
Ma non so se muovermi
O star ferma a sue parole,
Se fargli reverenza!
Gli dirò : “Signor!”
No! “Re!” È poco…
“Figliuol del Sole!”)

OSAKA
Arrossi a mie parole?
Non arrossir!
Lascia arrossire il sole ;
Egli ogni dì ha tramonti, tu?
Sali, sali, altissima,
A le superbe aurore,
Ai superbi orizzonti del mio amore!

IRIS
Figlio del Sol!

OSAKA
(Dà una stridente risata. Iris si ritrae ancora, impaurita.)
Ah tu, fanciulla, ancor mi credi
Jor della Commedia?
Or recito la Vita!
T’ho, in vesta d’istrion
Per farti mia, rapita.
Apri gli occhi, mousmè!
Vedi ed impara la Vita.
Il vero nome mio
Vuoi tu sapere?
Ebben, mousmè,
Io mi chiamo : “Il Piacere!”

IRIS
(ricordando con accento di terror)
Un dì (ero piccina),
Al tempio vidi un bonzo
A un paravento tutto fatto a simboli,
Sciorinare il velame d’un mistero…
Era una plaga
D’un gran mare morto
Color del bronzo ;
E v’era un cielo
Rosso sì come sangue,
D’un rosso livido ;
E una gran spiaggia,
Una gran spiaggia morta
Di grigio e nero…
Una fanciulla giacèavi adagiata,
Scarne le membra,
Sparsi i capelli
E nella bocca un riso
Ch’era uno spasimo…
Su dal mar morto
Una gran piovra intanto
Il capo ergeva…
E la fanciulla col grande
Occhio falcato fuor guatava ;
Questa, domata a quel terror di sguardo,
Tutta affisava!
Su dal mar morto
I viscidi tentacoli
Moveva il mostro, e per le gambe,
Pei reni e per le spalle,
Poi per le chiome
E il fronte e gli occhi
E il petto esile ansante,
E per le braccia
La stringe e allaccia!
La stringe e allaccia in viso!
Essa sorride ognor!
Essa sorride e muor
Con un estremo spasimo
Che par un riso… essa sorride
E muor, e muor!
E il bonzo a voce forte :
“Quella piovra è il Piacere…
Quella piovra è la Morte!”
(Iris si lascia cadere ai piedi del giovane, piangendo e rimanendo accasciata dalla paura e dal dolore.)
Deh, ch’io torni a mio padre!

OSAKA
(con cinismo)
Son le fole dei bonzi
Spavaldi e ipocriti
Che all’alito d’un bacio
Si sburgiardano!
(A un cenno di Osaka le koumaro portano e stendono ai piedi di Iris stoffe, gioielli, ventagli, fiori.)

OSAKA
(sollevando Iris e stringendola a sé poco a poco)
Or dammi il braccio tuo,
Braccio di neve e avorio!
Intorno al collo così m’anoda!
Scogli i capelli!
(sciogliendole ancora una volta i capelli)
La testa bruna sovra il mio petto
Tu m’abbandona!
Cogli occhi, gli occhi miei…
Tu, ed io, labbra le labbra!
Vi scendo e tocco la dolce bocca!
(Osaka abbandona la sua bocca su quella di Iris quasi svenuta, mormorando e supplicando 🙂
È questo il bacio!
(Iris, staccandosi da Osaka, rimane atterrita, poi prorompe in pianto.)

OSAKA
(guardandola, sorpreso)
Piangi?

IRIS
Penso a mio padre!

OSAKA
Gli darò vesti e denaro!

IRIS
Io penso alla mia casa!

OSAKA
Palazzi avrai!

IRIS
Io penso al mio giardino!

OSAKA
Ne avrai d’immensi
E a serre ognora in fiore!

IRIS
Ma non sono i miei fior!

OSAKA
(annoiato e sdegnoso)
(È una pupattola!)
Nullo desio ti adesca
Di codesto splendore,
Vesti, ori?
E il bacio è un’esca
Cui non morde il tuo cuore?
Chiedi, fanciulla! Brama!
Tu pur abbi un desio!

IRIS
Voglio il giardino mio!
Io voglio il mio giardino,
Colla sua siepe intorno,
La mia casetta bianca
Col mormorante rio,
Col suo villaggio a manca,
Con la vallata a prati,
Col sol che appena è giorno
Appar sugli elevati fianchi
Del Fousiyama e…
Mi chiama, mi chiama!
(Rimane immobile.)
(Kyoto accorre.)

OSAKA
(seccato, rivolgendosi a Kyoto)
Da un’ora essa m’attedia!
È pupa da commedia!
Pupa di legno ; or’ io mi sdegno!
Un mio consiglio, accetta!

KYOTO
(con finta sottomissione)
Ognora Kyoto impara!

OSAKA
(imitando Iris)
Torni alla sua casetta!

KYOTO
È questo il tuo consiglio?
La espongo al Yoshiwara!

OSAKA
Fa’ pur!
Ahimè, che noia!
(Se ne va sbadigliando.)
Vo! Sbadiglio!

KYOTO
(con astuzia parlando fra sé)
Colle piccine gran maestra è natura.
O moine o paura!
Osaka è giovin ; vede ratto,
E ratto ei vuole il suo desìo
Tradotto in fatto.
Esperienza e pazienza!
A me! Vediam!
(Con occhio conoscitore osserva e studia attentamente Iris.)
Perfetta! E in una vesta
Ancor più trasparente di codesta,
Come se indosso avesse a veste il nulla,
Vederete qual trionfo di fanciulla!
(Scegli una veste e fa cenno alle donne di vestirne Iris.)
Alla toeletta! Olà!
(Le donne accorrono ; Iris impaurita vuol fuggire.)
(irritato)

Con me ritrosa?
(imperioso)
Qui s’obbedisce! Bada!
Per le putte cattive c’è la morte!
(Apre la parete a destra e mostra ad Iris un precipizio oscuro e fondo : Iris indietreggia impaurita.)
Chiamo il Vampiro
E fatta è la tua sorte!

IRIS
(implorando)
No, non fatemi male!

KYOTO
(rabbonito)
Non lo voglio!
(insinuante ; prende il pupo che nella commedia rappresentava Jor e lo porge ad Iris)
E se obbedisci, guarda!
È tuo!

IRIS
(Sorpresa, prende con gioia il pupo.)
È Jor!

KYOTO
(dietro le suoje, spiando nella via)
Annotta!
La gente dotta e ghiotta
D’ogni cosa vaga e rara
S’accalca e indaga!
Già arrossa di lumiere il Yoshiwara!
Oh, febbre del Piacere!
(Intanto le esperte donne cominciano ad abbigliare Iris, dietro un paravento.)
La parete sottile scorre e schiude
A uno sciame gentile di donne ignude!
Qualche altro Osaka certo passerà,
E in questa onesta rete di giovinezza incapperà!

IRIS
(Mentre l’abbigliano, Iris tutta intenta al pupo, si risovviene la dolcissima cantilena del dramma, e mentre la ripete, infantilmente lo fa agire.)
Apri la tua finestra!
Io sono il Sole!
Apri l’orecchio a mie dolci parole!
Apri l’anima tua alla fede e spera!
Jor ha ascoltata, o Dhia,
La tua preghiera!
Tu vuoi morir?
Morir io ti farò,
Ma ti farò morir dal sol baciata,
Ed al paese eterno ti trarrò…
(Kyoto si allontana dalla veranda, ed osserva Iris completamente abbigliata.)
Ove, o fanciulla, tu sarai amata!

KYOTO
Vediam! Così stai bene!
(Strappa ruvidamente il pupo ad Iris, e lo gitta in alto ; una guècha lo afferra a volo.)
Ha sonno il piccol Jor ;
Poniamolo a dormire!
Or ti conviene
Sovra la bocca un vago punto in or!
(Prende un pennello, e disegna un neo d’oro sulle labbra d’Iris.)
Così! Vediam ove posarti…
In alto! Ti voglio qui!
(Colloca Iris sulla veranda.)
Superbamente erette
Le divine tue forme!
Ed or vediam
Se la gente abbocca!
(alle guèchas)
Attente, streghe, attente, attente!
(colpo di mano)
(gridato)

Via le cortine!
(Le guèchas fanno scorrere rapidamente le mobili pareti. Si scorge la strada del Yoshiwara tutta affollata. L’improvvisa apparizione d’Iris attrae subito l’attenzione della folla, che prorompe in entusiasmo.)

LA FOLLA
Oh, meraviglia delle meraviglie!
(Kyoto, appoggiato alla veranda, osserva soddisfatto.)
La vaga figlia!
È rosa thea!
Fior di verbena!
Fior di vaniglia!
Fra le più vaghe figlie
O vaga meraviglia!
Giorno di rose e di viole!
Notte serena!
Parla, bella mousmè!
Udiamo l’armonia di tue parole!
Parla!
L’anima di desìa!
Sì, è rosa thea
E imbalsama davvero
Tutta una giovinezza!
Una carezza di questo fior
Darìa vita all’idea
D’uno spento pensiero!
Gemma pura di natura!
Parla, bella mousmè!
Parla! Parla! Parla! Ah!

KYOTO
(esaltandosi di gioia e fregandosi le mani)
Son uomo di talento, sì o no?
(Un norimon si fa largo nella folla ; ne esce Osaka, il quale vedendo Iris, respinge la folla, gridando furente, esaltato.)
Ve’ che furore!
Strana è la gente
In fregola d’amore.
Io ci guadagnerò a staia i riò!

OSAKA
Datemi il passo!

KYOTO
(È Osaka!)

OSAKA
Indietro! Indietro!

KYOTO
(Eccolo ancor!
È pazzo!)

OSAKA
Indietro!

KYOTO
(Io godo!)

OSAKA
(Aggrappandosi, sale sulla veranda.)
Iris, son io!
Io sono Osaka, Jor…
Tutto sarò per te quel che vorrai!
Osaka può donarti gemme ed or
Quanto può darti Jor
Di luce o rati!
E qui or io
M’inchino innanzi a te,
Qui giù, qui giù nel fango!
Qui a’ tuoi piedi!
Curvo a’ tuoi piè,
Fanciulla,
Osaka vedi qui giù!
Qui giù nel fango!
Qui a’ tuoi piè!
Qui la pazzia prosterno
Del mio orgoglio
Che cieco e vil m’ha
Fatto a tue bellezze!
Iris ancor, ancor,
Dammi l’immenso ciel
Di tue carezze!
(Si slancia verso Iris ; ma Kyoto si frammette fra Osaka e la fanciulla.)

KYOTO
Osaka, io qui son servo
A tutto il pubblico!

OSAKA
(impetuosa e minacciando Kyoto)
Io primo fui che tal tesoro vidi!
Kyoto, la voglio ancor!
Io son pentito!
Ebben : chi gareggiar potrà con me?
Dò tutto quel che chiedi,
Ladro, arpìa!
(con espansione)
Iris divina,
Deh, sii mia! Iris!
(Appare nella folla il Cieco, accompagnato da due merciaiuoli.)

IL CIECO
Iris?
Essa è qui dunque?

IRIS
(Rimasta fino allora intontita, alla voce del padre sobbalza per la gran gioia.)
Sì, son io…
(protendendo le braccia verso il padre, mentre la folla sorpresa circonda curiosamente il Cieco)
Padre! Son Iris!
Ah, qui vieni! Qui!

LA FOLLA
Suo padre? È un cieco!

IL CIECO
(implorando i circostanti ; la folla, presa subitamente da un senso di pietà, fa largo intorno al Cieco.)
Conducetemi sotto a la finestra…

LA FOLLA
Fate largo! Fate largo!

IL CIECO
…ove sta la fanciulla svergognata!

LA FOLLA
Il passo! Il passo!

KYOTO
(Sorpreso dall’apparizione del Cieco, urla per giustificarsi.)
Egli venduto m’ha la figlia sua!

IL CIECO
(imperioso)
Iris, rispondi! Ove sei tu?

IRIS
Qui, padre!

IL CIECO
(Guidato dalla voce della figlia, si avvicina, e raccogliendo manate di fango le scaglia contro la veranda : gran movimento di sorpresa nella folla)
To’, sul tuo viso!
To’, sovra il tuo fronte!
To’, nella bocca!
To’, ne tuoi occhi : fango!

LA FOLLA
Ah!
(La maledizione del padre rende Iris pazza di dolore, e respingendo tutti da sè, con improvviso slancio si precipita dalla finestra nell’abisso prima mostratole da Kyoto, prorompendo in un grido terribile.)

IRIS
Ah!

OSAKA
(che non arriva in tempo per salvare Iris, rimane terrorizzato alla finestra, davanti all’abisso)
Ah!

KYOTO
(le mani nei capelli)
Ah!

LA FOLLA
Ah!
最終更新:2022年01月15日 10:48