ATTO SECONDO


Scena Prima

(Alcina, Astolfo)

ALCINA
Tantè l’amor per variar d’oggetto
fa più dolce il gioire
nel fortunato ardor del nuovo affetto.

ASTOLFO
Talché Alcina egli è ver:
tocca penare al povero mio cor,
quand’altri gode.

ALCINA
Fonte perenne è il sol della sua luce,
e il sol della bellezza perenne è di sue gioie
e s’un ne gode ad altri non invola
il soave piacer del godimento.

ASTOLFO
Una donna incostante è un gran tormento!
Non ho più cor da sofferir quest'arti,
Con cui dividi amor.

ALCINA
Povero Astolfo!
Non hai più cor da sostenerle? Parti.

ASTOLFO
Ch'io mi parta da te? Troppo tenaci
Le mie ritorte son.

ALCINA
Resta, ma taci.

ASTOLFO
Ahi qual barbara legge imponi al core?
Dovrò vederti, infida,
Né il povero mio amor potrà lagnarsi?

ALCINA
Questa è la strada Astolfo
Per meritar gl'affetti miei. La sola
Sofferenza può un dì farti felice.

ASTOLFO
Comincia molto mal la mia fortuna!
Io t'amo, e t'amo, o bella
Col più tenero amor, col più costante,
Ch'accendesse giammai altr'alma amante.
E tu donna crudele...

ALCINA
Al vento spargi omai le tue querele.
Vorresti amor da me?
L'avrai, l'avrai;
Ma non sperar, che mai
Al solo solo foco
De tuoi languenti rai
Arda il mio cor:
T'inganni se lo credi,
Sei cieco, se non vedi,
Ch'io contenta non son
D'un solo amor.

Scena Seconda

(Astolfo, Bradamante)

ASTOLFO
Per qual donna incostante,
Crudele amore m'incatenasti il core?
Barbara ancor d'infedeltà ti vanti?
E' questa la mercede
Che doni in ricompensa alla mia fede?

BRADAMANTE
Forte campion: non ti vergogni ancora
Che una perfida donna ingannatrice
Te pur tenga d'amor nel laccio involto?
Scuoti il giogo crudel, vinci te stesso.

ASTOLFO
Veggio il mio danno espresso
Nel doppio infido cor d'Alcina ingrata.

BRADAMANTE
È una maga spietata,
Che con occulta infame forza (oh Dio)
Anco del mio Ruggier l'amor mi tolse,
Ma vendicar saprò l'oltraggio mio.

ASTOLFO
Protegga il cielo i tuoi disegni, e sia
La tua vendetta ancor vendetta mia.
Benché nasconda
La serpe in seno
Spietata, e immonda
Il rio veleno,
È men crudele
Dell'infedele
Che t'ingannò.
È pieni di frodi
Il Regno infido,
E in altro lido Io fuggirò.

Scena Terza

(Bradamante, Ruggiero, Orlando)

BRADAMANTE
Qui viene il mio Ruggier: resisti o core.

RUGGIERO
Stella d’amor
che il mattutino albore precedi
e messaggera sei del notturno orror
tornando in cielo,
diimi, sotto uman velo
vedesti mai maggior fede e beltà
di quella onde il mio bene adorno va?

BRADAMANTE
Del suo non vidi mai cuor più infedele.

RUGGIERO
Qui Olimpia delirante!
Lascia, o bella, i sospiri e le querele.

BRADAMANTE
Tempo già fu che anch’io bella e vezzosa
sembrava a l’empio cor che chiudi in seno.

RUGGIERO
Te lo ridico ancor, non son Bireno.

BRADAMANTE
Guarda ancora questi occhi.
Li conosci fellon?
Nel loro ardor di Bradamante
Vedi l'irato cor? Guardali bene:
Guardali traditor.

RUGGIERO
Non mi sovviene.

ORLANDO
(a Ruggiero)
Non ti sovviene la fé, mal cavaliero,
Che le giurasti.

RUGGIERO
Ahimé!

BRADAMANTE
L'aurato cerchio
Quest'è, che di tue fé mi dasti in pegno.
Miralo.

(gli dà l'anello che, passato in di lui mano, scioglie l'incanto)

RUGGIERO
Oh ciel! Qual velo
Mi si squarcia dagl'occhi?
O Bradamante, o sposa?

ORLANDO
Il sacro anello
Sciolse l'incanto, onde l'idea nascosa
Le rimaneva infin del tuo bel volto.

RUGGIERO
Mie dilette pupille, occhi sdegnosi,
Stelle irate d'amor, ah fulminate...

BRADAMANTE
Torna con questo anello,
Ruggiero, a rimirar d'Alcina il bello;
E se allora da te vien riamata
Ti perdono, e mi parto invendicata.

RUGGIERO
Deh, cor mio! Deh, mia vita!

BRADAMANTE
Taci non ti lagnar:
Taci non mi pregar.
Disperdi i pianti all'aure,
i prieghi al vento.
Bugiardo infido cor,
E menzognero ancor
Nel pentimento.

(Ruggiero, Orlando)

RUGGIERO
Qual terra ignota al sol, qual antro cieco
Mi asconde ai miei rimorsi? Io t'ho tradita
Bradamante mia vita.
Tornate al core o lagrime, e lavate
La macchia del mio errore.

ORLANDO
Macchia forzata
D'invontario error non passa al core.

RUGGIERO
Segna il volto però d'un gran rossore.

ORLANDO
Che d'ira generosa illustre figlio
L'altra virtù di nobil alma addita.
Consolati Ruggier; come si vede
Dopo un turbine rio,
Splender più chiara in ciel stella serena,
Così quell'alma irata
Tosto vedrai, da sdegni suoi placata.
Sorge irato nembo,
E la fatal tempesta,
Col mormorar dell'onde,
Ed agita, e confonde,
E cielo e mare.
Ma fugge in un baleno
L'orrida nube infesta,
E l'placido sereno
In cielo appare.

Scena Quarta

(Montuosa alpestre con alta e scoscesa rupe che si precipita e si trasforma in un’orrida caverna della quale in nessuna parte si vede l’uscita)

(Angelica, Medoro)

MEDORO
Da questi sassi?

ANGELICA
Sì, da questi sassi,
Scintillar deve il foco, onde la face
Accenderà Imeneo
A far delle nostr'alme una sol alma.

MEDORO
Ma Orlando, o ciel.

ANGELICA
Non paventar, che Orlando
Non ne vedrà la fiamma: in me confida,
E lasciami qui sola
A terminar del nostro amor la sorte.

MEDORO
Ah, ch'in partir timido e mesto il core,
È costretto a penar lungi al suo bello
Fra speranza, e timore.
Qual candido fiore
Che sorge nel prato
Rinasce nel core
La bella mia speme,
Poi torna a perir;
Son troppo felice
Se amarti mi lice
Ma l'anima amante
Fedele e costante
Lontan dal suo bene
Si sente languir.

(Medoro esce)

Scena Quinta

(Orlando e Angelica)

ANGELICA
Né giunge Orlando ancor?
Con la sua morte assicurar vuò la mia pace.
Qui l’importuno, cauta alma mia,
se vuoi goder.

ORLANDO
Mia bella eccomi: sospirosa m’accogli
Ancor? Favella; a qual rispetto mai
Per te si bada? V’ha periglio?
Vi son mostri o giganti?
Ho core, ho braccio, ho spada
Da vincerli per te.

ANGELICA
M’inorridisco al sol pensarvi: troppo
Mi costeria costando un tuo periglio
La capricciosa mia brama importuna.

ORLANDO
Questa è amorosa fé, quello è un bel core.
Chi vide mai più fortunato amore?
Dove dove fuggisti anima mia?
Torna deh torna o cara
E svelami tua brama,
O mi vedrai al tuo piede estinto.

ANGELICA
Ingegnoso crudel, perfine hai vinto.
Sulla rupe che vedi aregenteo vaso
Serba l'acque fatali,
Onde Medea del già cadente Esone
Fè rifiorir l'etade. Io lo vorrei.

ORLANDO
E valeva i tuoi sospir sì lieve brama?

ANGELICA
Vigile sempre a lor custodia è intento
Orribil mostro, e indomito dimora.

ORLANDO
Io il domerò.

ANGELICA
Noi fortunati allora
Potrem durando sempre in fior d'etade
Render eterni i nostri dolci affetti.

ORLANDO
Oh, soave sperar quanto m'alletti!

ANGELICA
Oh, Dio! T'amo e pavento...

ORLANDO
T'amo e sì gran vigore
Infonde nel mio sen, cara, il tuo amore,
Ch'ogni periglio io sfido:
La rupe io saglio, e il fiero mostro uccido.

Scena Sesta

ASTOLFO
Orlando, dov'è Orlando? Arresta il passo.

ANGELICA
Ah! Son scoperta.

ASTOLFO
A certa morte vassi
per l'infausto sentier.

ORLANDO
Tema al mio core?

ASTOLFO
Se certa morte allor,
virtù è il timore.

Scena Settima

(Orlando solo nella caverna)

ORLANDO
Precipizio ch'altrui morte saria
Raddoppia in me il vigor.
Mostro, mostro, ove sei?
Ti sfido esci; paventi
Uscirmi a fronte? A te la vita lascio;
Né dell'orrido teschio ornar pretendo;
Né dell'irsute cuoia i miei trionfi.
L'acque m'addita o quest'orribil speco
Di te covile io struggerò, e rapina
Farò di lor.

(Orlando entra nella grotta si chiude dietro di lui con grandi rocce)

VOCE DI DENTRO
Sei prigionier d'Alcina.

ORLANDO
Prigioniero! Chi parla?
Ho al fianco il brando,
Né l'insano tuo dir sgomenta Orlando.

(Guarda attorno, e non vede esservi uscita)

Qui donde uscir non scorgo;
Sassi orgogliosi intendo
Il muto favellar del vostro orrore.
Son tradito, il veggo, il so,
Ma al destin non cederò.

(Tenta di svellere i sassi)

Dure selci cedete:
In vano resistete
Alla scossa del mio braccio possente.

(Sevelle un sasso)

Un marmo ho già divelto: incerta luce
Nella cupa spelonca ora traluce.

(Fa nuovi sforzi)

Ingratissima Angelica. Il mio core
Presa lena maggior da' sdegni suoi
Giusto furor traspira.
Uscirò infida, ed il tuo nuovo amore
Calpesterò tutto dispetto, ed ira.
All'estrema mia possa
Altro sasso già cede: aperto è il passo.
Esce da tua prigione, Alcina, Orlando,
Dell'infame tuo Regno
A far scempio crudele, e memorando.

(Lascia la grotta)

Scena Ottava

(Bradamante, Ruggiero)

BRADAMANTE
Hai vinto alfine o mio pudico amore:
Ruggier mercé del prezioso anello
Vide il deforme aspetto,
Che nell'iniqua Alcina
A forza d'arti ignote altrui par bello.

RUGGIERO
Rimanti alle tue caccie e ai tuoi piaceri
Perfidissima Alcina.
Vanne, inganna altro core,
trova altro amore,
Ch'io gi' riscossa ho l'alma
Dall'indegno servaggio.

BRADAMANTE
E ben Ruggiero
La bellissima Alcina,
La novella deità del tuo cor come ti aggrada?

RUGGIERO
Quanto, oh quanto al tuo amore,
Quanto alla tua pietà deggio o mia bella!

BRADAMANATE
Vanne, vanne ad Alcina, io non son quella.

RUGGIERO
Forza crudel d'incanto
Discolpa del mio error, e mi difende.

BRADAMANTE
Va gentil cavaliero, ella ti attende.

RUGGIERO
Non ti basta il cordoglio
che mi tormenta il sen?

BRADAMANTE
Vendetta io voglio.

RUGGIERO
Ecco il dardo ecco il petto,
Ove amor già ferì co'gl'occhi tuoi
Ora con la tua man morte ferisca.
Oh felice morir, se m'è concesso
Per te...

BRADAMANTE
Mori crudel, ma in questo amplesso.

RUGGIERO
Che bel morirti in sen,
Mio dolce amato ben
Gioia dell'alma.
Amo gli sdegni tuoi
Se al cor ritorna poi
Sì bella calma.

BRADAMANTE
(sola)
Narrate i miei contenti,
frondi erbe e fiori,
antri, aure, venti.
Vinto ha già l’alma mia.
Il mio fido Ruggier tornò qual pria.
Se cresce un torrente con torbida piena
E rompe la sponda, altera si spande
Ne’ campi quell’onda
E freno non ha.
La gioa è sì grande che l’anima sente
Che il cor si risente e dentro se stesso
L’estremo piacere racchiuder non sa.

Scena Nona

(Campagna a' piedi d'un colle con boschetto alle parti, all'ombra de' quali vedesi apparecchio di vasellami, e la tazza nuziale d'i Angelica, e Medoro)

CORO
Al fragor de corni audaci
S'oda il colle ad echeggiar;
Ed al suon di casti baci
Venga Amore a trionfar.

MEDORO
Te gran Diva di Cipro alta, e possente,
Te faretrato amor, bevendo invoco,
E te Bromio festivo
Perché lieto, e giulivo
Per Angelica sempre arda il mio foco.

(Beve, poi presenta la tazza ad Angelica)

CORO
Gran Madra Venere
Gran nume Tespio
Gran Pare Libero
Odi i suoi voti.

ALCINA
Così da questi Dei
Si udisser per Ruggiero i voti miei.

ANGELICA
Te Citerea vezzosa,
Te dolcissimo amore!
Te Libero amoroso
La tazza nuzial vuotando invoco.
Quale è il dolce liquore
Tal sia, ma eterno sia
Per Medoro a me in sen mai sempre amante.

CORO
Diva dell'Espero
Fanciullo Idalio
Nume semeleo
Odi i suoi voti.

ALCINA
Così da questi dei
S'udissero per Ruggero i voti miei.
Alme felici io parto: ah, perdonate
Al mio timor, all'amor mio, se parto.
Mirate: anco in partir dispiega a voi
L'infelice cor mio gl'auguri suoi

(addita le iscrizioni)

"Vivan sempre amorosi
Angelica, e Medoro amanti, e sposi."
Così potessi anch'io
Goder coll'idol mio
La pace, che trovar non può'l mio cor.
Ma unito alla mia stella,
E perfida, e rubella
Sol tormenti minaccia il dio d'amor.

(esce)

Scena Decima

(Angelica e Medoro)

MEDORO
M’ha commosso a pietà.

ANGELICA
Lasciamo a lei de’ suoi martir
Le pene e in queste verdi pianticelle amene
Verghiamo noi le nostre gioie,
O caro.

MEDORO
Sì. Crescano le tenere corteccie,
e in loro il testimon del nostro ardore.

ANGELICA
E in ogni cor gentil servo d’amore
Brilli per noi lo spirto.
Io vergo quest’alloro.

MEDORO
Io questo mirto.

(Vergano con i dardi le cortecce degli alberi)

ANGELICA, MEDORO
Belle pianticelle crescete verdeggiate
Il nostro dolce amor e il nostro lieto amor
In voi serbate.

ANGELICA
Leggi nel verde alloro.

MEDORO
(legge)
Angelica qui fu sposa a Medoro.
Leggi il mirto amoroso.

ANGELICA
(legge)
Medoro qui d'Angelica fu sposo.

ANGELICA
Sei mia fiamma, e sei mio bene
Sei mio sole, e sei mio cor
In sue amabili catene
Ne restringa eterno amor.

MEDORO
Sei mia gioia, sei mia pace
Sei mia stella, e sei mio ben,
Quanto amabile è la face
Che mi accende il core in sen.

Scena Undicesima

ORLANDO
(solo, che giunge e vede partire Angelica e Medoro)
Ah sleale, ah spergiura,
Donna ingrata infedel cor traditore;
Del tuo malnato errore
Vengo a smorzar... oh ciel, che leggo?
Ahi lasso!
EVivan sempre amorosi,
Angelica, e Medoro amanti, e sposi".
Angelica, e Medoro amanti, e sposi?
Questa è la scure, la scure,
Ahimé, ch'il capo tronca alla mia speme.
Di Medoro il mio bene?
Sgorgate, o lagrime
A fonti, a rivi.
No, ch'è poco, a torrenti, a fiumi, a mari.
Arde Orlando, che Orlando?
Eh, Orlando è morto.
La sua donna ingratissima l'ha ucciso.
Io son lo spirto suo da lui diviso,
E son con l'ombra mia, che sol s'avanza
Esempio a chi in
amor pone speranza.

(Legge sopra l'alloro)

"Angelica qui fu sposa a Medoro".
Chi segnò quest'alloro!
Lo vergò di sua man la mia tiranna,
V'impresse di sua mano il mio martoro.
Amanti e sposi? oh Dei! Sposa a Medoro!
Vendetta, sì vendetta incontro amore;
Or n'ho trovato il modo,
Per cacciarmel dal sen
trarommi il core.
Io ti getto elmo, ed usbergo:
Ite o piastre e maglie al suolo.

(Legge nel mirto segnato da Medoro)

"Medoro qui d'Angelica fu sposo"!
A te mirto orgoglioso
Vò sfrondarti, schiantarti
Sino all'ultimo bronco,
Ed estirpar dalla radice il tronco.
Ho cento vanni al tergo
Ho duecent'occhi in fronte,
E nel furor che ho in sen
M'adiro almeno almen con mille cuori.
Sopra quei vanni io m'ergo
Volo dal piano al monte
Quelle pupille io miro:
Con tutti i cuor. Sospiro.
Occhi, vanni, furor, cuori, oh martoro!
Amanti, e sposi Angelica, e Medoro!
ATTO SECONDO


Scena Prima

(Alcina, Astolfo)

ALCINA
Tantè l’amor per variar d’oggetto
fa più dolce il gioire
nel fortunato ardor del nuovo affetto.

ASTOLFO
Talché Alcina egli è ver:
tocca penare al povero mio cor,
quand’altri gode.

ALCINA
Fonte perenne è il sol della sua luce,
e il sol della bellezza perenne è di sue gioie
e s’un ne gode ad altri non invola
il soave piacer del godimento.

ASTOLFO
Una donna incostante è un gran tormento!
Non ho più cor da sofferir quest'arti,
Con cui dividi amor.

ALCINA
Povero Astolfo!
Non hai più cor da sostenerle? Parti.

ASTOLFO
Ch'io mi parta da te? Troppo tenaci
Le mie ritorte son.

ALCINA
Resta, ma taci.

ASTOLFO
Ahi qual barbara legge imponi al core?
Dovrò vederti, infida,
Né il povero mio amor potrà lagnarsi?

ALCINA
Questa è la strada Astolfo
Per meritar gl'affetti miei. La sola
Sofferenza può un dì farti felice.

ASTOLFO
Comincia molto mal la mia fortuna!
Io t'amo, e t'amo, o bella
Col più tenero amor, col più costante,
Ch'accendesse giammai altr'alma amante.
E tu donna crudele...

ALCINA
Al vento spargi omai le tue querele.
Vorresti amor da me?
L'avrai, l'avrai;
Ma non sperar, che mai
Al solo solo foco
De tuoi languenti rai
Arda il mio cor:
T'inganni se lo credi,
Sei cieco, se non vedi,
Ch'io contenta non son
D'un solo amor.

Scena Seconda

(Astolfo, Bradamante)

ASTOLFO
Per qual donna incostante,
Crudele amore m'incatenasti il core?
Barbara ancor d'infedeltà ti vanti?
E' questa la mercede
Che doni in ricompensa alla mia fede?

BRADAMANTE
Forte campion: non ti vergogni ancora
Che una perfida donna ingannatrice
Te pur tenga d'amor nel laccio involto?
Scuoti il giogo crudel, vinci te stesso.

ASTOLFO
Veggio il mio danno espresso
Nel doppio infido cor d'Alcina ingrata.

BRADAMANTE
È una maga spietata,
Che con occulta infame forza (oh Dio)
Anco del mio Ruggier l'amor mi tolse,
Ma vendicar saprò l'oltraggio mio.

ASTOLFO
Protegga il cielo i tuoi disegni, e sia
La tua vendetta ancor vendetta mia.
Benché nasconda
La serpe in seno
Spietata, e immonda
Il rio veleno,
È men crudele
Dell'infedele
Che t'ingannò.
È pieni di frodi
Il Regno infido,
E in altro lido Io fuggirò.

Scena Terza

(Bradamante, Ruggiero, Orlando)

BRADAMANTE
Qui viene il mio Ruggier: resisti o core.

RUGGIERO
Stella d’amor
che il mattutino albore precedi
e messaggera sei del notturno orror
tornando in cielo,
diimi, sotto uman velo
vedesti mai maggior fede e beltà
di quella onde il mio bene adorno va?

BRADAMANTE
Del suo non vidi mai cuor più infedele.

RUGGIERO
Qui Olimpia delirante!
Lascia, o bella, i sospiri e le querele.

BRADAMANTE
Tempo già fu che anch’io bella e vezzosa
sembrava a l’empio cor che chiudi in seno.

RUGGIERO
Te lo ridico ancor, non son Bireno.

BRADAMANTE
Guarda ancora questi occhi.
Li conosci fellon?
Nel loro ardor di Bradamante
Vedi l'irato cor? Guardali bene:
Guardali traditor.

RUGGIERO
Non mi sovviene.

ORLANDO
(a Ruggiero)
Non ti sovviene la fé, mal cavaliero,
Che le giurasti.

RUGGIERO
Ahimé!

BRADAMANTE
L'aurato cerchio
Quest'è, che di tue fé mi dasti in pegno.
Miralo.

(gli dà l'anello che, passato in di lui mano, scioglie l'incanto)

RUGGIERO
Oh ciel! Qual velo
Mi si squarcia dagl'occhi?
O Bradamante, o sposa?

ORLANDO
Il sacro anello
Sciolse l'incanto, onde l'idea nascosa
Le rimaneva infin del tuo bel volto.

RUGGIERO
Mie dilette pupille, occhi sdegnosi,
Stelle irate d'amor, ah fulminate...

BRADAMANTE
Torna con questo anello,
Ruggiero, a rimirar d'Alcina il bello;
E se allora da te vien riamata
Ti perdono, e mi parto invendicata.

RUGGIERO
Deh, cor mio! Deh, mia vita!

BRADAMANTE
Taci non ti lagnar:
Taci non mi pregar.
Disperdi i pianti all'aure,
i prieghi al vento.
Bugiardo infido cor,
E menzognero ancor
Nel pentimento.

(Ruggiero, Orlando)

RUGGIERO
Qual terra ignota al sol, qual antro cieco
Mi asconde ai miei rimorsi? Io t'ho tradita
Bradamante mia vita.
Tornate al core o lagrime, e lavate
La macchia del mio errore.

ORLANDO
Macchia forzata
D'invontario error non passa al core.

RUGGIERO
Segna il volto però d'un gran rossore.

ORLANDO
Che d'ira generosa illustre figlio
L'altra virtù di nobil alma addita.
Consolati Ruggier; come si vede
Dopo un turbine rio,
Splender più chiara in ciel stella serena,
Così quell'alma irata
Tosto vedrai, da sdegni suoi placata.
Sorge irato nembo,
E la fatal tempesta,
Col mormorar dell'onde,
Ed agita, e confonde,
E cielo e mare.
Ma fugge in un baleno
L'orrida nube infesta,
E l'placido sereno
In cielo appare.

Scena Quarta

(Montuosa alpestre con alta e scoscesa rupe che si precipita e si trasforma in un’orrida caverna della quale in nessuna parte si vede l’uscita)

(Angelica, Medoro)

MEDORO
Da questi sassi?

ANGELICA
Sì, da questi sassi,
Scintillar deve il foco, onde la face
Accenderà Imeneo
A far delle nostr'alme una sol alma.

MEDORO
Ma Orlando, o ciel.

ANGELICA
Non paventar, che Orlando
Non ne vedrà la fiamma: in me confida,
E lasciami qui sola
A terminar del nostro amor la sorte.

MEDORO
Ah, ch'in partir timido e mesto il core,
È costretto a penar lungi al suo bello
Fra speranza, e timore.
Qual candido fiore
Che sorge nel prato
Rinasce nel core
La bella mia speme,
Poi torna a perir;
Son troppo felice
Se amarti mi lice
Ma l'anima amante
Fedele e costante
Lontan dal suo bene
Si sente languir.

(Medoro esce)

Scena Quinta

(Orlando e Angelica)

ANGELICA
Né giunge Orlando ancor?
Con la sua morte assicurar vuò la mia pace.
Qui l’importuno, cauta alma mia,
se vuoi goder.

ORLANDO
Mia bella eccomi: sospirosa m’accogli
Ancor? Favella; a qual rispetto mai
Per te si bada? V’ha periglio?
Vi son mostri o giganti?
Ho core, ho braccio, ho spada
Da vincerli per te.

ANGELICA
M’inorridisco al sol pensarvi: troppo
Mi costeria costando un tuo periglio
La capricciosa mia brama importuna.

ORLANDO
Questa è amorosa fé, quello è un bel core.
Chi vide mai più fortunato amore?
Dove dove fuggisti anima mia?
Torna deh torna o cara
E svelami tua brama,
O mi vedrai al tuo piede estinto.

ANGELICA
Ingegnoso crudel, perfine hai vinto.
Sulla rupe che vedi aregenteo vaso
Serba l'acque fatali,
Onde Medea del già cadente Esone
Fè rifiorir l'etade. Io lo vorrei.

ORLANDO
E valeva i tuoi sospir sì lieve brama?

ANGELICA
Vigile sempre a lor custodia è intento
Orribil mostro, e indomito dimora.

ORLANDO
Io il domerò.

ANGELICA
Noi fortunati allora
Potrem durando sempre in fior d'etade
Render eterni i nostri dolci affetti.

ORLANDO
Oh, soave sperar quanto m'alletti!

ANGELICA
Oh, Dio! T'amo e pavento...

ORLANDO
T'amo e sì gran vigore
Infonde nel mio sen, cara, il tuo amore,
Ch'ogni periglio io sfido:
La rupe io saglio, e il fiero mostro uccido.

Scena Sesta

ASTOLFO
Orlando, dov'è Orlando? Arresta il passo.

ANGELICA
Ah! Son scoperta.

ASTOLFO
A certa morte vassi
per l'infausto sentier.

ORLANDO
Tema al mio core?

ASTOLFO
Se certa morte allor,
virtù è il timore.

Scena Settima

(Orlando solo nella caverna)

ORLANDO
Precipizio ch'altrui morte saria
Raddoppia in me il vigor.
Mostro, mostro, ove sei?
Ti sfido esci; paventi
Uscirmi a fronte? A te la vita lascio;
Né dell'orrido teschio ornar pretendo;
Né dell'irsute cuoia i miei trionfi.
L'acque m'addita o quest'orribil speco
Di te covile io struggerò, e rapina
Farò di lor.

(Orlando entra nella grotta si chiude dietro di lui con grandi rocce)

VOCE DI DENTRO
Sei prigionier d'Alcina.

ORLANDO
Prigioniero! Chi parla?
Ho al fianco il brando,
Né l'insano tuo dir sgomenta Orlando.

(Guarda attorno, e non vede esservi uscita)

Qui donde uscir non scorgo;
Sassi orgogliosi intendo
Il muto favellar del vostro orrore.
Son tradito, il veggo, il so,
Ma al destin non cederò.

(Tenta di svellere i sassi)

Dure selci cedete:
In vano resistete
Alla scossa del mio braccio possente.

(Sevelle un sasso)

Un marmo ho già divelto: incerta luce
Nella cupa spelonca ora traluce.

(Fa nuovi sforzi)

Ingratissima Angelica. Il mio core
Presa lena maggior da' sdegni suoi
Giusto furor traspira.
Uscirò infida, ed il tuo nuovo amore
Calpesterò tutto dispetto, ed ira.
All'estrema mia possa
Altro sasso già cede: aperto è il passo.
Esce da tua prigione, Alcina, Orlando,
Dell'infame tuo Regno
A far scempio crudele, e memorando.

(Lascia la grotta)

Scena Ottava

(Bradamante, Ruggiero)

BRADAMANTE
Hai vinto alfine o mio pudico amore:
Ruggier mercé del prezioso anello
Vide il deforme aspetto,
Che nell'iniqua Alcina
A forza d'arti ignote altrui par bello.

RUGGIERO
Rimanti alle tue caccie e ai tuoi piaceri
Perfidissima Alcina.
Vanne, inganna altro core,
trova altro amore,
Ch'io gi' riscossa ho l'alma
Dall'indegno servaggio.

BRADAMANTE
E ben Ruggiero
La bellissima Alcina,
La novella deità del tuo cor come ti aggrada?

RUGGIERO
Quanto, oh quanto al tuo amore,
Quanto alla tua pietà deggio o mia bella!

BRADAMANATE
Vanne, vanne ad Alcina, io non son quella.

RUGGIERO
Forza crudel d'incanto
Discolpa del mio error, e mi difende.

BRADAMANTE
Va gentil cavaliero, ella ti attende.

RUGGIERO
Non ti basta il cordoglio
che mi tormenta il sen?

BRADAMANTE
Vendetta io voglio.

RUGGIERO
Ecco il dardo ecco il petto,
Ove amor già ferì co'gl'occhi tuoi
Ora con la tua man morte ferisca.
Oh felice morir, se m'è concesso
Per te...

BRADAMANTE
Mori crudel, ma in questo amplesso.

RUGGIERO
Che bel morirti in sen,
Mio dolce amato ben
Gioia dell'alma.
Amo gli sdegni tuoi
Se al cor ritorna poi
Sì bella calma.

BRADAMANTE
(sola)
Narrate i miei contenti,
frondi erbe e fiori,
antri, aure, venti.
Vinto ha già l’alma mia.
Il mio fido Ruggier tornò qual pria.
Se cresce un torrente con torbida piena
E rompe la sponda, altera si spande
Ne’ campi quell’onda
E freno non ha.
La gioa è sì grande che l’anima sente
Che il cor si risente e dentro se stesso
L’estremo piacere racchiuder non sa.

Scena Nona

(Campagna a' piedi d'un colle con boschetto alle parti, all'ombra de' quali vedesi apparecchio di vasellami, e la tazza nuziale d'i Angelica, e Medoro)

CORO
Al fragor de corni audaci
S'oda il colle ad echeggiar;
Ed al suon di casti baci
Venga Amore a trionfar.

MEDORO
Te gran Diva di Cipro alta, e possente,
Te faretrato amor, bevendo invoco,
E te Bromio festivo
Perché lieto, e giulivo
Per Angelica sempre arda il mio foco.

(Beve, poi presenta la tazza ad Angelica)

CORO
Gran Madra Venere
Gran nume Tespio
Gran Pare Libero
Odi i suoi voti.

ALCINA
Così da questi Dei
Si udisser per Ruggiero i voti miei.

ANGELICA
Te Citerea vezzosa,
Te dolcissimo amore!
Te Libero amoroso
La tazza nuzial vuotando invoco.
Quale è il dolce liquore
Tal sia, ma eterno sia
Per Medoro a me in sen mai sempre amante.

CORO
Diva dell'Espero
Fanciullo Idalio
Nume semeleo
Odi i suoi voti.

ALCINA
Così da questi dei
S'udissero per Ruggero i voti miei.
Alme felici io parto: ah, perdonate
Al mio timor, all'amor mio, se parto.
Mirate: anco in partir dispiega a voi
L'infelice cor mio gl'auguri suoi

(addita le iscrizioni)

"Vivan sempre amorosi
Angelica, e Medoro amanti, e sposi."
Così potessi anch'io
Goder coll'idol mio
La pace, che trovar non può'l mio cor.
Ma unito alla mia stella,
E perfida, e rubella
Sol tormenti minaccia il dio d'amor.

(esce)

Scena Decima

(Angelica e Medoro)

MEDORO
M’ha commosso a pietà.

ANGELICA
Lasciamo a lei de’ suoi martir
Le pene e in queste verdi pianticelle amene
Verghiamo noi le nostre gioie,
O caro.

MEDORO
Sì. Crescano le tenere corteccie,
e in loro il testimon del nostro ardore.

ANGELICA
E in ogni cor gentil servo d’amore
Brilli per noi lo spirto.
Io vergo quest’alloro.

MEDORO
Io questo mirto.

(Vergano con i dardi le cortecce degli alberi)

ANGELICA, MEDORO
Belle pianticelle crescete verdeggiate
Il nostro dolce amor e il nostro lieto amor
In voi serbate.

ANGELICA
Leggi nel verde alloro.

MEDORO
(legge)
Angelica qui fu sposa a Medoro.
Leggi il mirto amoroso.

ANGELICA
(legge)
Medoro qui d'Angelica fu sposo.

ANGELICA
Sei mia fiamma, e sei mio bene
Sei mio sole, e sei mio cor
In sue amabili catene
Ne restringa eterno amor.

MEDORO
Sei mia gioia, sei mia pace
Sei mia stella, e sei mio ben,
Quanto amabile è la face
Che mi accende il core in sen.

Scena Undicesima

ORLANDO
(solo, che giunge e vede partire Angelica e Medoro)
Ah sleale, ah spergiura,
Donna ingrata infedel cor traditore;
Del tuo malnato errore
Vengo a smorzar... oh ciel, che leggo?
Ahi lasso!
EVivan sempre amorosi,
Angelica, e Medoro amanti, e sposi".
Angelica, e Medoro amanti, e sposi?
Questa è la scure, la scure,
Ahimé, ch'il capo tronca alla mia speme.
Di Medoro il mio bene?
Sgorgate, o lagrime
A fonti, a rivi.
No, ch'è poco, a torrenti, a fiumi, a mari.
Arde Orlando, che Orlando?
Eh, Orlando è morto.
La sua donna ingratissima l'ha ucciso.
Io son lo spirto suo da lui diviso,
E son con l'ombra mia, che sol s'avanza
Esempio a chi in
amor pone speranza.

(Legge sopra l'alloro)

"Angelica qui fu sposa a Medoro".
Chi segnò quest'alloro!
Lo vergò di sua man la mia tiranna,
V'impresse di sua mano il mio martoro.
Amanti e sposi? oh Dei! Sposa a Medoro!
Vendetta, sì vendetta incontro amore;
Or n'ho trovato il modo,
Per cacciarmel dal sen
trarommi il core.
Io ti getto elmo, ed usbergo:
Ite o piastre e maglie al suolo.

(Legge nel mirto segnato da Medoro)

"Medoro qui d'Angelica fu sposo"!
A te mirto orgoglioso
Vò sfrondarti, schiantarti
Sino all'ultimo bronco,
Ed estirpar dalla radice il tronco.
Ho cento vanni al tergo
Ho duecent'occhi in fronte,
E nel furor che ho in sen
M'adiro almeno almen con mille cuori.
Sopra quei vanni io m'ergo
Volo dal piano al monte
Quelle pupille io miro:
Con tutti i cuor. Sospiro.
Occhi, vanni, furor, cuori, oh martoro!
Amanti, e sposi Angelica, e Medoro!
最終更新:2021年02月27日 08:44