ATTO TERZO
Ca' d'Oro
Scena prima
Una camera nella Ca' d'Oro
(Sera. Entra Alvise molto agitato.)
ALVISE
Sì! morir ella de'! Sul nome mio
scritta l'infamia impunemente avrà?
Chi un Badoer tradì
non può sperar pietà!…
Se ieri non la ghermì
nell'isola fatal questa mia man,
l'espiazion non fia tremenda meno!
Ieri un pugnal le avria squarciato il seno.
Oggi…un ferro non è…sarà un veleno!
(accennando alle sale contigue)
Là turbini e farnetichi
la gaia baraonda,
dell'agonia col gemito
la festa si confonda!
Ombre di mia prosapia,
non arrossite ancora!
Tutto la morte vendica,
anche il tradito onor!
Là del patrizio veneto
s'adempia al largo invito,
quivi il feral marito
provveda al proprio onor!
Fremete, o danze, o cantici!…
È un infedel che muor!
(Entra Laura in ricca veste da ballo.)
LAURA
Qui chiamata m'avete?
ALVISE
Pur che vi piaccia…
LAURA
Mio signor…
ALVISE
Sedete!
Bella così, madonna, io non v'ho mai veduta;
pur il sorriso è languido; perché ristarvi muta?
Dite: un gentil mistero v'è grave a me svelar,
o un qualche velo nero dovrò da me strappar?
LAURA
Dal vostro accento insolito cruda ironia traspira,
il labbro a grazia atteggiasi, ma fuor ne scoppia l'ira…
Mio nobile consorte, non vi comprendo ancora!
ALVISE
Pur d'abbassar la maschera, madonna, è questa l'ora.
LAURA
Che dite?
ALVISE
Giunta è l'ora! – ad altr'uomo rivolto,
donna infame, è il tuo primo sospir…
LAURA
Ad altr'uomo? Che dite?
ALVISE
Sì! Donna infame!
Ieri quasi t'ho colta in peccato.
LAURA
Dio! che ascolto!
ALVISE
Pur potesti salvarti e fuggir…
Col mio guanto t'ho oggi afferrato,
più non fuggi, – ti è d'uopo morir!
(La atterra violentemente.)
LAURA
(ai piedi di Alvise)
Morir! è troppo orribile!
Aver dinanzi il cielo…
e scender nelle tenebre
d'un desolato avel!
Senti! di sangue tiepido
in seno mi scorre un rivo,…
Perché, se piango e vivo,
dirmi: tu dei morir?
La morte è pena infame
anche a più gran fallir!
ALVISE
Invan tu piangi – invan tu speri,
Dio non ti può esaudir
In lui raccogli tuoi pensieri;
preparati a morir!
E già che ai nuovi imeni
l'anima tua sospira, o indocil sposa,
ten vieni e mira.
LAURA
Ove m'adduci?
(Alvise solleva la drapperia della camera attigua e indica un catafalco.)
ALVISE
Vieni! Questo è il talamo tuo!
LAURA
Ah!
UNA SERENATA
(sulla laguna)
La gaia canzone
fa l'eco languire
e l'ilare suono
si muta in sospir.
(Entra Gioconda e s'appiatta in fondo.)
ALVISE
(estraendo una fiala)
Prendi questo velen; e già che forte
tanto mi sembri ne' tuoi detti audaci,
con quelle labbra che succhiaron i baci,
suggi la morte.
Scampo non hai.
Odi questa canzon? Morir dovrai
pria ch'essa giunga all'ultima sua nota.
(Alvise esce; Gioconda accorre verso Laura, afferra il veleno che Laura ha tra le mani e le porge un'ampolla.)
SERENATA
(interna)
Con vago miraggio
riflette la luna
l'argenteo suo raggio
sull'ampia laguna
e in quel si sublima
riverbero pio,
patetica rima
creata da Dio.
GIOCONDA
A me quel filtro! A te codesto! Bevi!
LAURA
Gioconda, qui?
GIOCONDA
Previdi la tua sorte,
per salvarti mi armai, ti rassicura.
Quel narcotico è tal, che della morte
finge il letargo…Bevi! Angosciosi,
e brevi sono gl'istanti…
LAURA
Mi fai paura!
GIOCONDA
S'ei qui torna t'uccide.
LAURA
Atra agonia!
GIOCONDA
Per te prega quaggiù la madre mia,
nell'oratorio, i miei fidi cantor
son presso…ascolta.
LAURA
Orror!
Già la canzone muor!
GIOCONDA
Con essa muori!
T'è nota la condanna:
"Pria ch'essa giunga all'ultima sua nota…"
LAURA
Porgi! ho bevuto!
(Laura scompare nella camera mortuaria.)
GIOCONDA
La fiala a me! Gran Dio!
(Travasa il veleno d'Alvise nella fiala del sonnifero ed esce correndo. Entra Alvise che vede l'ampolla del veleno vuota.)
SERENATA
(interna)
Udite le blande
canzoni vagar,
il remo ci scande
gli accordi sul mar.
Ten va' serenata
per l'aura serena,
ten va' serenata
sull'onda incantata
ALVISE
Tutto è compiuto! Vuoto è il cristal.
(Entra nella cella funeraria, poi ritorna.)
SERENATA
(interna)
Udite le blande
canzoni vagar,
d'un'anima ignota
è l'eco fedel.
L'estrema sua nota
si perde nel ciel.
ALVISE
Vola su lei la morte.
(Esce Alvise e Gioconda ricompare.)
GIOCONDA
O madre mia, nell'isola fatale
frenai per te la sanguinaria brama
di rejetta rival. Or più tremendo
è il sacrifizio mio…
Io la salvo per lui, per lui che l'ama!
Scena seconda
Una sala della Ca' d'Oro
(Alvise è in una sontuosa sala, parata a festa, attigua alla cella funeraria. Entrano cavalieri, dame, maschere.)
ALVISE
Benvenuti messeri! Andrea Sagredo!
Erizzo, Loredan! Venier! Chi vedo
Isepo Barbarigo, a noi tornato
dalla pallida China! e il ben amato
cugino mio Partecipazio! O quanti
bei cavalieri!…Avanti, belle dame!
E voi, vispi cantori e maschere,
presto sciogliete le carole e i canti.
CORO
S'inneggi alla Ca' d'Oro
che intreccia ai rami d'oro
delle virtù l'allor
col mirto dell'amor.
ALVISE
Grazie vi rendo per le vostre laudi,
cortesi amici. A più leggiadri gaudi
ora v'invito. Ecco una mascherata
di vaghe danzatrici. – Ognuna è ornata
di bellezza e fulgore
e tutte in giro rappresentan l'ore.
S‘incominci la danza.
CORO
Prodigio! Incanto!
(Comincia la Danza delle Ore: Le Ore del Mattino, del Giorno, della Sera, e della Notte. Alla fine della danza entra Barnaba, trascinando la Cieca.)
BARNABA
Vieni!
CIECA
Lasciami! Ahimè!
CORO e ALVISE
La Cieca!
GIOCONDA
O madre!
ALVISE
(alla Cieca)
Qui che fai tu?
BARNABA
Nelle vietate stanze
io la sorpresi al maleficio intenta!
CIECA
Pregavo per chi muor!
CORO
Per chi muor? che di' tu?
(Si odono i rintocchi di una campana.)
Qual suon funèbre!
ENZO
(a Barnaba)
Un'agonia! per chi?
BARNABA
Per Laura!
ENZO
Per Laura! Orror!
Che più mi resta se quell'angiol muor?
ALVISE
E che? la gioia sparve!
Se gaio è Badoero,
chi ha fra gli ospiti suoi dritto al dolore?
ENZO
Io l'ho più ch'altri.
ALVISE
Tu? ma tu chi sei?
ENZO
(gettando la maschera)
Il tuo proscritto io sono, Enzo Grimaldo,
prence di Santafior! Patria e amore
tu m'hai rubato un dì…
Or compi il tuo delitto!
TUTTI
Audacia! Orror!
ALVISE
Barnaba, sul capo tuo rispondi,
del codardo insultator!
CORO
D'un vampiro fatal la man su noi passò
e in teda funeral ogni face mutò.
Un sinistro baglior le fronti illuminò,
no, gioia più regnar nella festa non può.
ENZO
O mia stella d'amor, o mio Nume fedel,
se rapita a me sei, ti raggiungo nel ciel!
GIOCONDA
O tortura crudel – inaudito martir!
Quanto ei l'ama!
CIECA
(a Barnaba)
Fatal delator!
BARNABA
Giuro al cielo, se ier quella rea ti salvò,
la vendetta oggimai sfuggirmi non può! Non può!
ENZO
Già ti veggo immota e smorta
tutta avvolta in bianco vel,
tu sei morta, tu sei morta,
angiol mio dolce e fedel!
Su di me piombi la scure,
s'apra il baratro fatal,
e mi guidin le torture
all'imene celestial.
GIOCONDA
Scorre il pianto a stilla a stilla
nel silenzio del dolor.
Piangi, o turgida pupilla,
mentre sanguina il mio cor.
BARNABA
(a Gioconda)
Cedi alfin, della mia mano
vedi qui l'opra fatal.
Mi paventa! Un genio arcano
mi trascina verso il mal.
GIOCONDA
Se lo salvi e adduci al lido,
laggiù presso al Redentor,
il mio corpo t'abbandono,
o terribile cantor
BARNABA
Disperato è questo dono,
pur lo accetta il tuo cantor.
Al destin spietato irrido,
pur d'averti sul mio cor.
CIECA
Le tue lagrime, o Gioconda,
che non versi sul mio cor?
Un amor non ti circonda
che sia pari a questo amor!
ALVISE
(a Enzo)
Nel fulgor di questa festa
mal venisti, o cavalier,
par che sia per te funesta
l'allegria dei Badoer!
Ma già appresto a' tuoi sgomenti
nuova scena di terror!
Tu saprai, se invan si attenti
del mio nome al puro onor!
CORO
Tristi eventi! Audacie orrende!
Spaventevole festin!
Come rapida discende
la valanga del destin!
ALVISE
Or tutti a me! La donna che fu mia
l'estremo oltraggio al nome mio recò!
(Alza le cortine della cella funeraria. Laura apparisce sul letto di morte. Enzo si slancia, brandendo il pugnale.)
Miratela! son io che spenta l'ho
ENZO
Carnefice!
CORO
Orror! orror!
(Gioconda corre verso Enzo che viene trascinato dalle guardie. Barnaba afferra per la mano la Cieca e la spinge entro una porta segreta.)