ATTO SECONDO


Scena Prima

(Orti palatini, corrispondenti gli appartamenti imperiali, con viali, spalliere di fiori e fontane continuate. Nel fondo caduta d’acque, e innanzi grotteschi e statue)

▼MASSIMO▲
Qual silenzio è mai questo! È tutto in pace
L’imperiale albergo. In oriente
Rosseggia il nuovo giorno:
E pur ancor d’intorno
Suon di voci non odo, alcun non miro.
Dovrebbe pure Emilio
Aver compito il colpo. Ei mi promise
Nel tiranno punir tutti i miei torti,
E pigro…

▼FULVIA▲
Ah, genitor!

▼MASSIMO▲
Figlia, che porti?

▼FULVIA▲
Che mai facesti?

▼MASSIMO▲
Io nulla feci.

▼FULVIA▲
Oh Dio!
Fu Cesare assalito. Io già comprendo
Donde nasce il pensier. Padre, tu sei
Che spingi a vendicarti
La man che l’assalì.

▼MASSIMO▲
Ma Cesare morì?

▼FULVIA▲
Pensa a salvarti.
Già di guerrieri e d’armi
Tutto il soggiorno è cinto.

▼MASSIMO▲
Dimmi se vive o se rimase estinto.

▼FULVIA▲
Nol so. Nulla di certo
Compresi nel timor.

▼MASSIMO▲
Sei pur codarda.
Vado a chiederlo io stesso.

(in atto di partire, s’incontra in Valentiniano)

Scena Seconda

(Valentiniano senza manto e senza lauro, con spada nuda er séguito di pretoriani, e detti)

▼VALENTINIANO▲
(parlando ad alcuni soldati, che partono)
Ogni via custodite ed ogni ingresso.

▼MASSIMO▲
(para sí)
Egli vive! Oh destin!

▼VALENTINIANO▲
Massimo, Fulvia,
Chi creduto l’avria?

▼MASSIMO▲
Signor, che avvenne?

▼VALENTINIANO▲
Ah! maggior fellonia mai non s’intese.

▼FULVIA▲
(fra sè)
Misero genitor!

▼MASSIMO▲
(fra sè)
Tutto comprese.

▼VALENTINIANO▲
Di chi deggio fidarmi? I miei più cari
M’insidiano la vita.

▼MASSIMO▲
(fra sè)
Ardir.

(a Valentiniano)

Come! E potrebbe
Un’anima sì rea trovarsi mai?

▼VALENTINIANO▲
Massimo, e pur si trova; e tu lo sai.

▼MASSIMO▲
Io!

▼VALENTINIANO▲
Sì; ma il Ciel difende
Le vite de’ monarchi. Emilio in vano
Trafiggermi sperò. Nel sonno immerso
Credea trovarmi, e s’ingannò. L’intesi
Del mio notturno albergo
L’ingresso penetrare. A’ dubbi passi,
Al tentar delle piume,
Previdi un tradimento. In piè balzai,
Strinsi un acciar; contro il fellon, che fugge,
Fra l’ombre i colpi affretto.
Accorre al grido
Stuol di custodi, e delle aperte logge
Mi veggo, al lume inaspettato e nuovo,
Sanguigno il ferro: il traditor non trovo.

▼MASSIMO▲
Forse Emilio non fu.

▼VALENTINIANO▲
La nota voce
Ben riconobbi al grido, onde si dolse
Allor che lo piagai.

▼MASSIMO▲
Ma per qual fine
Un tuo servo arrischiarsi al colpo indegno?

▼VALENTINIANO▲
Il servo lo tentò: d’altri è il disegno.

▼FULVIA▲
Oh Dio!

▼MASSIMO▲
Lascia ch’io vada in traccia del fellon.

(in atto di partire)

▼VALENTINIANO▲
Cura è di Varo:
Tu non partire.

▼MASSIMO▲
(fra sè)
Ah, son perduto!

(a Valentiniano)

Io forse Meglio di lui potrò…

▼VALENTINIANO▲
Massimo, amico,
Non lasciarmi così: se tu mi lasci,
Donde spero consiglio e donde aita?

▼MASSIMO▲
T’ubbidisco.

(para sí)

Io respiro.

▼FULVIA▲
(fra sè)
Io torno in vita.

▼MASSIMO▲
Ma chi del tradimento tu credi autor?

▼VALENTINIANO▲
Puoi dubitarne? In esso
Ezio non riconosci?
Ah! se mai posso
Convincerlo abbastanza, i giorni suoi
L’error mi pagheranno.

▼FULVIA▲
(fra sè)
Mancava all’alma mia quest’altro affanno.

▼MASSIMO▲
Io non so figurarmi
In Ezio un traditor. D’esserlo almeno
Non ha ragion. Benignamente accolto…
Applaudito da te… come avria core?…
È ben ver che l’amore,
L’ambizion, la gelosia, la lode
Contaminan talor d’altrui la fede.
Ezio amato si vede,
È pien d’una vittoria,
Arbitro è delle schiere…
Eh potrebbe scordarsi il suo dovere.

▼FULVIA▲
Tu lo conosci, ed in tal guisa, o padre,
Parli di lui?

▼MASSIMO▲
Son d’Ezio amico, è vero,
Ma suddito d’Augusto.

▼VALENTINIANO▲
E Fulvia tanto
Difende un traditore? Ah, che il sospetto
Del geloso mio cor vero diviene.

▼MASSIMO▲
Credi Fulvia capace
D’altro amor che del tuo?
T’inganni. In lei è pietà la difesa,
e non amore.
La minaccia, l’orrore
Di castigo e di morte
La fanno impietosir. Del sesso imbelle
La natia debolezza ancor non sai?

Scena Terza

▼VARO▲
Cesare, in vano il traditor cercai.

▼VALENTINIANO▲
Ma dove si celò?

▼VARO▲
La nostra cura
Non poté rinvenirlo.

▼VALENTINIANO▲
E deggio in questa
Incertezza restar? Di chi fidarmi?
Di chi temer? Stato peggior del mio
Vedeste mai?

▼MASSIMO▲
Ti rassicura. Un colpo,
Che a vuoto andò, del traditor scompone
Tutta la trama. Io cercherò d’Emilio;
Io veglierò per te. Del tutto ignoto
L’insidiator non è. Per tua salvezza
D’alcuno intanto assicurar ti puoi.

▼VALENTINIANO▲
(a Massimo)
D'eh, m’assistete: io mi riposo in voi.

Vi fida lo sposo,
Vi fida il regnante,
Dubbioso ed amante
La vita e l’amor.
Tu amico, prepara

(a Fulvia)

Soccorso ed aita:
Tu serbami, o cara,
Gli affetti del cor.

(parte con Varo e pretoriani)

Scena Quarta

▼FULVIA▲
E puoi d’un tuo delitto
Ezio incolpar! Chi ti consiglia, o padre?

▼MASSIMO▲
Folle! La sua ruina
È riparo alla mia: della vendetta
Mi agevola il sentier. S’ei resta oppresso,
Non ha difesa Augusto.
Or vedi quanto è necessaria a noi.
Troppo maggiore
D’un femminil talento
Questa cura saria: lasciane il peso
A chi di te più visse,
E più saggio è di te.

▼FULVIA▲
Dunque ti renda l’età più giusto ed il saper.

▼MASSIMO▲
Se tento
L’onor mio vendicar, non sono ingiusto:
E se lo fossi ancor, presa è la via,
Ed a ritrarne il piè tardi saria.

▼FULVIA▲
Non è mai troppo tardi, onde si rieda
Per le vie di virtù. Torna innocente
Chi detesta l’error.

▼MASSIMO▲
Posso una volta
Ottener che non parli? Al fin che brami?
Insegnar mi vorresti
Ciò che da me apprendesti? O vuoi ch’io serva
Al tuo debole amor? Fulvia, raffrena
I tuoi labbri loquaci,
E in avvenir non irritarmi e taci.

▼FULVIA▲
Ch’io taccia e non t’irriti, allor che veggio
Il monarca assalito,
Te reo del gran misfatto, Ezio tradito?
Lo tolleri chi può. D’ogni rispetto
O mi disciogli, o, quando
Rispettosa mi vuoi, cangia il comando.

▼MASSIMO▲
Ah, perfida! Conosco
Che vuoi sacrificarmi al tuo desio.
Va; dell’affetto mio,
Che nulla ti nascose, empia, t’abusa,
E, per salvar l’amante, il padre accusa.

Va! dal furor portata,
Palesa il tradimento;
Ma ti sovvenga, ingrata!
Il traditor qual è.
Scopri la frode ordita;
Ma pensa in quel momento
Ch’io ti donai la vita,
Che tu la togli a me.

(parte)

Scena Quinta

▼FULVIA▲
Che fo? Dove mi volgo? Egual delitto
È il parlare e il tacer. Se parlo, oh Dio!
Son parricida, e nel pensarlo io tremo.
Se taccio al giorno estremo
Giunge il mio bene. Ah! che all’idea funesta
S’agghiaccia il sangue, e intorno al cor s’arresta!
Ah, qual consiglio mai…
Ezio, dove t’inoltri? ove ten vai?

(vedendo Ezio)

▼EZIO▲
In difesa d’Augusto. Intesi…

▼FULVIA▲
Ah, fuggi!
In te del tradimento cade il sospetto.

▼EZIO▲
In me! Fulvia, t’inganni.
Ha troppe prove il Tebro
Della mia fedeltà. Chi seppe ogni altro
Superar con l’imprese,
Maggior d’ogni calunnia anche si rese.

▼FULVIA▲
Ma, se Cesare istesso il reo ti chiama,
S’io stessa l’ascoltai!

▼EZIO▲
Può dirlo Augusto,
Ma crederlo non può. S’anche un momento
Giungesse a dubitarne, ove si volga
Vede la mia difesa. Italia, il mondo,
La sua grandezza, il conservato impero
Rinfacciar gli saprà che non è vero.

▼FULVIA▲
So che la tua ruina
Vendicata saria; ma chi m’accerta
D’una pronta difesa? Ah! s’io ti perdo,
La più crudel vendetta
Della perdita tua non mi consola.
Fuggi, se m’ami; al mio timor t’invola.

▼EZIO▲
Tu, per soverchio affetto, ove non sono
Ti figuri i perigli.

▼FULVIA▲
E dove fondi questa tua sicurezza?
Forse nel tuo valore? Ezio, gli eroi
Son pur mortali, e il numero gli opprime.
Forse nel merto? Ah! che per questo, o caro,
Sventure io ti predico:
Il merto appunto è il tuo maggior nemico.

▼EZIO▲
La sicurezza mia, Fulvia, è riposta
Nel cor candido e puro,
Che rimorsi non ha; nell’innocenza,
Che paga è di se stessa; in questa mano,
Necessaria all’impero. Augusto al fine
Non è barbaro o stolto:
E, se perde un mio pari,
Conosce anche un tiranno
Qual dura impresa è ristorarne il danno.

Scena Sesta

▼FULVIA▲
Varo, che rechi?

▼EZIO▲
È salva di Cesare la vita? Al suo riparo
Può giovar l’opra mia? Che fa?

▼VARO▲
Cesare appunto a te m’invia.

▼EZIO▲
A lui dunque si vada.

▼VARO▲
Non vuol questo da te; vuol la tua spada.

▼EZIO▲
Come!

▼FULVIA▲
Il previdi!

▼EZIO▲
E qual follia lo mosse? E possibil sarà?

▼VARO▲
Così non fosse.
La tua compiango, amico,
E la sventura mia, che mi riduce
Un uffizio a compir contrario tanto
Alla nostra amicizia, al genio antico.

▼EZIO▲
Prendi: Augusto compiangi e non l’amico.

(gli dà la spada)

Recagli quell’acciaro
Che gli difese il trono:
Rammentagli chi sono,
E vedilo arrossir.

(a Fulvia)

E tu serena il ciglio,
Se l’amor mio t’è caro:
L’unico mio periglio
Sarebbe il tuo martìr.

(parte con guardie)

Scena Settima

▼FULVIA▲
Varo, se amasti mai, de’ nostri affetti
Pietà dimostra, e d’un oppresso amico
Difendi l’innocenza.

▼VARO▲
Or che m’è noto
Il vostro amor, la pena mia s’accresce,
E giovarvi io vorrei; ma troppo, oh Dio!
Ezio è di sé nemico: ei parla in guisa
Che irrita Augusto.

▼FULVIA▲
Il suo costume altero
È palese a ciascuno. Omai dovrebbe
Non essergli delitto. Al fin tu vedi
Che, se de’ merti suoi così favella,
Ei non è menzognero.

▼VARO▲
Qualche volta è virtù tacere il vero.
Se non lodo il suo fasto,
È segno d’amistà. Saprò per lui
Impiegar l’opra mia:
Ma voglia il Ciel che inutile non sia.

▼FULVIA▲
Non dir così. Niega agli afflitti aita
Chi dubbiosa la porge.

▼VARO▲
Egli è sicuro,
Sol che tu voglia. A Cesare ti dona,
E, consorte di lui, tutto potrai.

▼FULVIA▲
Che ad altri io voglia mai,
Fuor che ad Ezio, donarmi? Ah, non fia vero.

▼VARO▲
Ma, Fulvia, per salvarlo, in qualche parte
Ceder convien. Tu puoi l’ira d’Augusto
Sola placar. Non differirlo; e in seno
Se amor non hai per lui, fingilo almeno.

▼FULVIA▲
Seguirò il tuo consiglio,
Ma chi sa con qual sorte! È sempre un fallo
Il simulare. Io sento
Che vi ripugna il core.

▼VARO▲
In simil caso
Il fingere è permesso;
E poi non è gran pena al vostro sesso.

▼FULVIA▲
Quel fingere affetto,
Allor che non s’ama,
Per molti è diletto;
Ma «pena» la chiama
Quest’alma non usa
A fingere amor.
Mi scopre, m’accusa,
Se parla, se tace,
Il labbro, seguace
De’ moti del cor.

(parte)

Scena Ottava

▼VARO▲
Folle è colui che al tuo favor si fida,
Instabile Fortuna. Ezio, felice,
Della romana gioventù poc’anzi
Era oggetto all’invidia,
Misura ai voti; e in un momento poi
Così cangia d’aspetto,
Che dell’altrui pietà si rende oggetto.
Pur troppo, o Sorte infida,
Folle è colui che al tuo favor si fida.

Nasce al bosco in rozza cuna
Un felice pastorello,
E con l’aure di fortuna
Giunge i regni a dominar.
Presso al trono in regie fasce
Sventurato un altro nasce,
E fra l’ire della sorte
Va gli armenti a pascolar.

(parte)

Scena Nona

(Galleria di statue e di specchi, con sedili intorno fra’ quali uno innanzi a mano destra, capace di due persone. Gran balcone aperto in prospetto, dal quale vista di Roma)

▼ONORIA▲
Massimo, anch’io lo veggo; ogni ragione
Ezio condanna. Egli è rival d’Augusto:
Al suo merto, al suo nome
Crede il mondo soggetto. E poi che giova
Mendicarne argomenti? Io stessa intesi
Le sue minacce: ecco l’effetto. E pure,
Incredulo, il mio core
Reo non sa figurarlo e traditore.

▼MASSIMO▲
Oh virtù senza pari! È questo in vero
Eccesso di clemenza. E chi dovrebbe
Più di te condannarlo? Ei ti disprezza;
Ricusa quella mano
Contesa dai monarchi. Ogni altra avria…

▼ONORIA▲
Ah, dell’ingiuria mia
Non ragionarmi più. Quella mi punse
Nel più vivo del cor. Superbo! ingrato!
Allor che mel rammento,
Tutto il sangue agitar, Massimo, io sento.
Non già però ch’io l’ami, o che mi spiaccia
Di non essergli sposa…
Il grado offeso…
La gloria… l’onor mio…
Son le cagioni…

▼MASSIMO▲
Eh, lo conosco anch’io;
Ma nol conosce ognun. Sai che si crede
Più l’altrui debolezza che la virtude altrui.
La tua clemenza
Può comparire amor. Questo sospetto,
Solo con vendicarti
Puoi dileguar. Non aborrire al fine
Una giusta vendetta:
Tanta clemenza a nuovi oltraggi alletta.

▼ONORIA▲
Le mie private offese ora non sono
La maggior cura. Esaminar conviene
Del germano i perigli. Ezio s’ascolti,
Si trovi il reo. Potrebbe
Esser egli innocente.

▼MASSIMO▲
È vero; e poi
Potrebbe anche pentirsi;
La tua destra accettar…

▼ONORIA▲
La destra mia!
Eh non tanto se stessa Onoria oblia.
Se fosse quel superbo
Anche signor dell’universo intero,
Non mi speri ottener; mai non fia vero.

▼MASSIMO▲
Or ve’ com’è ciascuno
Facile a lusingarsi! E pure ei dice
Che ha in pugno il tuo voler, che tu l’adori,
Che a suo piacer dispone
D’Onoria innamorata;
Che, s’ei vuol, basta un guardo,
e sei placata.

▼ONORIA▲
Temerario! Ah! non voglio
Che lungamente il creda. Al primo sposo,
Che suddito non sia,
saprò donarmi.
Ei vedrà se mancarmi
Possan regni e corone;
E s’ei d’Onoria a suo piacer dispone.

(in atto di partire)

Scena Decima

▼VALENTINIANO▲
Onoria, non partir. Per mio riposo
Tu devi ad uno sposo,
Forse poco a te caro, offrir la mano.
Questi ci offese, è ver; ma il nostro stato
Assicurar dobbiamo. Ei ti richiede;
E al pacifico invito
Acconsentir conviene.

▼HONORIA▲
(fra sè)
Ezio è pentito

(a Valentiniano)

M’è noto il nome suo?

▼VALENTINIANO▲
Pur troppo. Ho pena,
Germana in profferirlo. Io dal tuo labbro
Rimproveri ne attendo. A me dirai
Ch’è un’anima superba,
Ch’è reo di poca fé, che son gli oltraggi
Troppo recenti: io lo conosco; e pure,
Rammentando i perigli,
È forza che a tal nodo io ti consigli.

▼ONORIA▲
(fra sè)
Rifiutarlo or dovrei; ma…

(a Valentiniano)

Senti. Al fine,
Se giova alla tua pace,
Disponi del mio cor come a te piace.

▼MASSIMO▲
Signore, il tuo disegno
Io non intendo. Ezio t’insidia, e pensi
Solamente a premiarlo?

▼VALENTINIANO▲
Ad Ezio io non pensai:
d’Attila io parlo.

▼ONORIA▲
(fra sè)
Oh inganno!

(forte)

Attila!

▼MASSIMO▲
E come?

▼VALENTINIANO▲
Un messaggier di lui
Me ne recò pur ora la richiesta in un foglio.
È questo un segno
Che il suo fasto mancò. Non è l’offerta
Vergognosa per te. Stringi uno sposo,
A cui servono i re: barbaro, è vero;
Ma che può, raddolcito dal tuo nobile amore,
La barbarie cangiar tutta in valore.

▼ONORIA▲
Ezio sa la richiesta?

▼VALENTINIANO▲
E che! Degg’io
Consigliarmi con lui?
Questo a che giova?

▼ONORIA▲
Giova per avvilirlo e perché meno
Necessario si creda:
Giova perché s’avveda
Che al popolo romano
Utile più d’ogni altra è questa mano.

▼VALENTINIANO▲
Egli il saprà; ma intanto
Posso del tuo consenso
Attila assicurar?

▼ONORIA▲
No: prima io voglio
Vederti salvo. Il traditor si cerchi,
Ezio favelli, e poi
Onoria spiegherà gli affetti suoi.

Fin che per te mi palpita
Timido in petto il cor,
Accendersi d’amor
Non sa quest’alma.
Nell’amorosa face
Qual pace ho da sperar,
Se comincio ad amar
Priva di calma?

(parte)

Scena Undicesima

▼VALENTINIANO▲
Olà, qui si conduca il prigionier.

(esce una comparsa, la quale, ricevuto l’ordine, parte)

Ne’ miei timori io cerco
Da te consiglio. Assicurarmi in parte
Potrà d’Attila il nodo?

▼MASSIMO▲
Anzi ti espone
A periglio maggior. Cerca il nemico
Sopir la cura tua, fingersi umano,
Avvicinarsi a te. Chi sa che ad Ezio
Non sia congiunto? Il temerario colpo
Gran certezza suppone. E poi t’è noto
Che ad Attila già vinto Ezio alla fuga
Lasciò libero il passo, e a te dovea
Condurlo prigioniero;
Ma non volle, e potea.

▼VALENTINIANO▲
Pur troppo è vero.

Scena Dodicesima

▼FULVIA▲
Augusto, ah, rassicura
I miei timori! È il traditor palese?
È in salvo la tua vita?

▼VALENTINIANO▲
E Fulvia ha tanta cura di me?

▼FULVIA▲
Puoi dubitarne? Adoro
In Cesare un amante, a cui fra poco
Con soave catena
Annodarmi dovrò.

(fra sè)

So dirlo appena.

▼MASSIMO▲
(fra sè)
Simula, o dice il ver?

▼VALENTINIANO▲
Se il mio periglio
Amorosa pietà ti desta in seno,
Grata al mio cor la sicurezza è meno.
Ma potrò lusingarmi della tua fedeltà?

▼FULVIA▲
Perfin ch’io viva,
De’ miei teneri affetti avrai l’impero.

(fra sè)

Ezio, perdona.

▼MASSIMO▲
(fra sè)
Io non comprendo il vero.

▼VALENTINIANO▲
Ah! se d’Ezio non era
La fellonia, saresti già mia sposa.
Ma cara alla sua vita
Costerà la tardanza.

▼FULVIA▲
Il gran delitto
Dovresti vendicar. Ma chi dall’ira
Del popolo, che l’ama,
Assicurar ci può? Pensaci, Augusto.
Per te dubbia mi rendo.

▼VALENTINIANO▲
Questo sol mi trattiene.

▼MASSIMO▲
(fra sè)
Or Fulvia intendo.

▼FULVIA▲
E se fosse innocente? Eccoti privo
D’un gran sostegno; eccoti esposto ai colpi
D’ignoto traditore;
Eccoti in odio… Ah, mi si agghiaccia il core!

▼VALENTINIANO▲
Volesse il Ciel che reo non fosse!
Ei vieneQui per mio cenno.

▼FULVIA▲
(fra sè)
Ah! che farò?

▼VALENTINIANO▲
Vedrai ne’ suoi detti qual è.

▼FULVIA▲
Lascia ch’io parta.
Col suo giudice solo meglio il reo parlerà.

▼VALENTINIANO▲
No, resta.

▼MASSIMO▲
(vedendo venire Ezio)
Augusto, Ezio qui giunge.

▼FULVIA▲
(fra sè)
Oh Dio!

▼VALENTINIANO▲
(a Fulvia)
T’assidi al fianco mio.

▼FULVIA▲
Come! Suddita io sono, e tu vorrai…

▼VALENTINIANO▲
Suddita non è mai
Chi ha vassallo il monarca.

▼FULVIA▲
Ah! non conviene…

▼VALENTINIANO▲
Non più: comincia ad avvezzarti al trono.
Siedi.

▼FULVIA▲
Ubbidisco.

(fra sè)

In qual cimento io sono!

(siede alla destra di Valentiniano)

Scena Tredicesima

▼EZIO▲
(nell’uscire, vedendo Fulvia, si ferma. Fra sè)
Stelle, che miro! In Fulvia
Come tanta incostanza!

▼FULVIA▲
(fra sè)
Resisti, anima mia.

▼VALENTINIANO▲
Duce, t’avanza.

▼EZIO▲
Il giudice qual è? Pende il mio fato
Da Cesare o da Fulvia?

▼VALENTINIANO▲
E Fulvia ed io
Siamo un giudice solo. Ella è sovrana,
Or che in lacci di sposo a lei mi stringo.

▼EZIO▲
(fra sè)
Donna infedel!

▼FULVIA▲
(fra sè)
Potessi dir che fingo!

▼VALENTINIANO▲
Ezio, m’ascolta, e a moderare impara,
Per poco almeno, il naturale orgoglio,
Che giovarti non può. Qui si cospira
Contro di me. Del tradimento autore
Ti crede ognun. Di fellonia t’accusa
Il rifiuto d’Onoria, il troppo fasto
Delle vittorie tue, l’aperto scampo
Ad Attila permesso, il tuo geloso
E temerario amor, le tue minacce,
Di cui tu sai che testimonio io sono.
Pensa a scolparti o a meritar perdono.

▼MASSIMO▲
(fra sè)
Sorte non mi tradir!

▼EZIO▲
Cesare, in vero
Ingegnoso è il pretesto. Ove s’asconde
Costui che t’assalì? Chi dell’insidia
Autor mi afferma? Accusator tu sei
Del figurato eccesso,
Giudice e testimonio a un tempo istesso.

▼FULVIA▲
(fra sè)
Oh Dio! si perde.

▼VALENTINIANO▲
(fra sè)
E soffrirò l’altero?

▼EZIO▲
Ma il delitto sia vero:
Perché si appone a me? Perché d’Onoria
La destra ricusai? Dunque ad Augusto
Serbai la libertà col mio sudore,
Perché a me la togliesse anche in amore?
È d’Attila la fuga che mi convince reo?
Dunque io dovea
Attila imprigionar, perché d’Europa
Tutte le forze e l’armi,
Senza il timor, che le congiunge a noi,
Si volgessero poi contro l’impero?
Cerca per queste imprese altro guerriero.
Son reo, perché conosco
Qual io mi sia, perché di me ragiono.
L’alme vili a se stesse ignote sono.

▼FULVIA▲
(para sí)
Partir potessi.

▼VALENTINIANO▲
Un nuovo fallo è questa temeraria difesa.
Altro t’avanza per tua discolpa ancor?

▼EZIO▲
Dissi abbastanza. Cesare, non curarti
Tutto il resto ascoltar, ch’io dir potrei.

▼VALENTINIANO▲
Che diresti?

▼EZIO▲
Direi che produce un tiranno
Chi solleva un ingrato.
Anche ai sovrani
Direi che desta invidia
De’ sudditi il valor; che a te dispiace
D’essermi debitor, che tu paventi
In me que’ tradimenti
Che sai di meritar, quando mi privi d’un cor…

▼VALENTINIANO▲
Superbo, a questo eccesso arrivi?

▼FULVIA▲
(fra sè)
Ahimè!

▼VALENTINIANO▲
Punir saprò…

▼FULVIA▲
Soffri, se m’ami, che Fulvia parta.
I vostri sdegni irrita l’aspetto mio.

(s’alza)

▼VALENTINIANO▲
No, non partir. Tu scorgi
Che mi sdegno a ragion. Siedi, e vedrai
Come un reo pertinace
A convincer m’accingo.

▼EZIO▲
(fra sè)
Donna infedel!

▼FULVIA▲
(torna a sedere. Fra sè)
Potessi dir che fingo!

▼MASSIMO▲
(fra sè)
Tutto fin or mi giova.

▼VALENTINIANO▲
Ezio, tu sei
D’ogni colpa innocente.
Invido Augusto
Di cotesta tua gloria, il tutto ha finto.
Solo un giudizio io chiedo
Dall’eccelsa tua mente. Al suo sovrano
Contrastando la sposa,
Il suddito è ribelle?

▼EZIO▲
E al suo vassallo,
Che il prevenne in amor, quando la tolga,
Il sovrano è tiranno?

▼VALENTINIANO▲
A quel che dici, dunque Fulvia t’amò?

▼FULVIA▲
(fra sè)
Che pena!

▼VALENTINIANO▲
(a Fulvia)
A lui togli, o cara, un inganno, e di’ s’io fui
Il tuo foco primiero,
Se l’ultimo sarò: spiegalo.

▼FULVIA▲
(a Valentiniano)
È vero.

▼EZIO▲
Ah perfida, ah spergiura! A questo colpo
Manca la mia costanza.

▼VALENTINIANO▲
(ad Ezio)
Vedi se t’ingannò la tua speranza.

▼EZIO▲
Non trionfar di me. Troppo ti fidi
D’una donna incostante. A lei la cura
Lascio di vendicarmi. Io mi lusingo
Che ‘l proverai.

▼FULVIA▲
(fra sè)
Né posso dir che fingo!

▼MASSIMO▲
(fra sè)
E Fulvia non si perde!

▼EZIO▲
In questo stato non conosco me stesso.
In faccia a lei
Mi si divide il cor.
Pena maggiore, Massimo,
da che nacqui, io non provai

▼FULVIA▲
(fra sè)
Io mi sento morir.

(s’alza piangendo e vuol partire)

▼VALENTINIANO▲
Fulvia, che fai?

▼FULVIA▲
Voglio partir, ché a tanti ingiusti oltraggi
Più non resisto.

▼VALENTINIANO▲
Anzi t’arresta, e siegui
A punirlo così.

▼FULVIA▲
No, te ne priego: Lascia ch’io vada.

▼VALENTINIANO▲
Io nol consento. Afferma
Per mio piacer di nuovo
Che sospiri per me, ch’io ti son caro,
Che godi alle sue pene…

▼FULVIA▲
Ma se vero non è;
s’egli è il mio bene!

▼VALENTINIANO▲
Che dici?

▼MASSIMO▲
(fra sè)
Ahimè!

▼EZIO▲
Respiro.

▼FULVIA▲
E sino a quando
Dissimular dovrò? Finsi fin ora,
Cesare, per placarti; Ezio innocente
Salvar credei.
Per lui mi struggo; e sappi
Ch’io non t’amo davvero, e non t’amai.
E se i miei labbri mai
Ch’io t’amo a te diranno,
Non mi credere, Augusto; allor t’inganno.

▼EZIO▲
Oh cari accenti!

▼VALENTINIANO▲
Ove son io! Che ascolto!
Qual ardir, qual baldanza!

▼EZIO▲
(a Valentiniano)
Vedi se t’ingannò la tua speranza.

▼VALENTINIANO▲
Ah temerario! ah ingrata! Olà, custodi,
Toglietemi d’avanti
Quel traditor. Nel carcere più orrendo
Serbatelo al mio sdegno.

▼EZIO▲
Il tuo furor del mio trionfo è segno.
Chi più di me felice? Io cederei
Per questa ogni vittoria.
Non t’invidio l’impero,
Non ho cura del resto:
È trionfo leggiero
Attila vinto, a paragon di questo.

Ecco alle mie catene,
Ecco a morir m’invio:

(a Valentiniano, accennando Fulvia)

Sì, ma quel core è mio;
Sì, ma tu cedi a me.
Caro mio bene, addio.
Perdona a chi t’adora:
So che t’offesi, allora
Ch’io dubitai di te.

(parte con le guardie)

Scena Quattordicesima

▼VALENTINIANO▲
Ingratissima donna, e quando mai
Io da te meritai questa mercede?
Vedi, amico, qual fede
La tua figlia mi serba?

▼MASSIMO▲
Indegna! e dove
Imparasti a tradir? Così del padre
La fedeltade imiti? E quando avesti
Questi esempi da me?

▼FULVIA▲
Lasciami in pace,
Padre; non irritarmi: è sciolto il freno.
Se m’insulti, dirò…

▼MASSIMO▲
Taci, o il tuo sangue…

▼VALENTINIANO▲
Massimo, ferma. Io meglio
Vendicarmi saprò. Giacché m’aborre,
Giacché le sono odioso,
Voglio per tormentarla esserle sposo.

▼FULVIA▲
Non lo sperar.

▼VALENTINIANO▲
Ch’io non lo speri? Infida,
Non sai quanto potrò…

▼FULVIA▲
Potrai svenarmi;
Ma per farmi temer debole or sei.
Han vinto ogni timore i mali miei.

La mia costanza
Non si sgomenta;
Non ha speranza,
Timor non ha.
Son giunta a segno
Che mi tormenta,
Più del tuo sdegno,
La tua pietà.

(parte)

Scena Quindicesima

▼MASSIMO▲
(fra sè)
Or giova il simular.

(A Valentiniano)

No, non sia vero
Che per vergogna mia viva costei.
Cesare, io corro a lei:
Voglio passarle il cor.

▼VALENTINIANO▲
T’arresta, amico.
S’ella muore, io non vivo.
Ancor potrebbe
Quell’ingrata pentirsi.

▼MASSIMO▲
Al tuo comando con pena ubbidirò.
Troppo a punirla il dover mi consiglia.

▼VALENTINIANO▲
Perché simile a te non è la figlia?

▼MASSIMO▲
Col volto ripieno
Di tanto rossore,
Più calma nel seno,
Più pace non ho.
Oh, quanti diranno
Che il perfido inganno
Dal suo genitore
La figlia imparò!

(parte)

Scena Sedicesima

▼VALENTINIANO▲
Sdegno, amor, gelosia, cure d’impero,
Che volete da me? Nemico e amante,
E timido e sdegnato a un punto io sono;
E intanto non punisco e non perdono.
Ah! lo so ch’io dovrei
Obliar quell’ingrata. Ella è cagione
D’ogni sventura mia. Ma di tentarlo
Neppure ardisco, e da una forza ignota
Così mi sento oppresso,
Che non desio di superar me stesso.
Che mi giova impero e soglio,
S’io non voglio uscir d’affanni,
S’io nutrisco i miei tiranni
Negli affetti del mio cor?
Che infelice al mondo io sia,
Lo conosco, è colpa mia;
Non è colpa dello sdegno,
Non è colpa dell’amor.
ATTO SECONDO


Scena Prima

Orti palatini, corrispondenti gli appartamenti imperiali, con viali, spalliere di fiori e fontane continuate. Nel fondo caduta d’acque, e innanzi grotteschi e statue

MASSIMO
Qual silenzio è mai questo! È tutto in pace
L’imperiale albergo. In oriente
Rosseggia il nuovo giorno:
E pur ancor d’intorno
Suon di voci non odo, alcun non miro.
Dovrebbe pure Emilio
Aver compito il colpo. Ei mi promise
Nel tiranno punir tutti i miei torti,
E pigro…

FULVIA
Ah, genitor!

MASSIMO
Figlia, che porti?

FULVIA
Che mai facesti?

MASSIMO
Io nulla feci.

FULVIA
Oh Dio!
Fu Cesare assalito. Io già comprendo
Donde nasce il pensier. Padre, tu sei
Che spingi a vendicarti
La man che l’assalì.

MASSIMO
Ma Cesare morì?

FULVIA
Pensa a salvarti.
Già di guerrieri e d’armi
Tutto il soggiorno è cinto.

MASSIMO
Dimmi se vive o se rimase estinto.

FULVIA
Nol so. Nulla di certo
Compresi nel timor.

MASSIMO
Sei pur codarda.
Vado a chiederlo io stesso.

in atto di partire, s’incontra in Valentiniano

Scena Seconda

Valentiniano senza manto e senza lauro, con spada nuda er séguito di pretoriani, e detti

VALENTINIANO
parlando ad alcuni soldati, che partono
Ogni via custodite ed ogni ingresso.

MASSIMO
para sí
Egli vive! Oh destin!

VALENTINIANO
Massimo, Fulvia,
Chi creduto l’avria?

MASSIMO
Signor, che avvenne?

VALENTINIANO
Ah! maggior fellonia mai non s’intese.

FULVIA
fra sè
Misero genitor!

MASSIMO
fra sè
Tutto comprese.

VALENTINIANO
Di chi deggio fidarmi? I miei più cari
M’insidiano la vita.

MASSIMO
fra sè
Ardir.

a Valentiniano

Come! E potrebbe
Un’anima sì rea trovarsi mai?

VALENTINIANO
Massimo, e pur si trova; e tu lo sai.

MASSIMO
Io!

VALENTINIANO
Sì; ma il Ciel difende
Le vite de’ monarchi. Emilio in vano
Trafiggermi sperò. Nel sonno immerso
Credea trovarmi, e s’ingannò. L’intesi
Del mio notturno albergo
L’ingresso penetrare. A’ dubbi passi,
Al tentar delle piume,
Previdi un tradimento. In piè balzai,
Strinsi un acciar; contro il fellon, che fugge,
Fra l’ombre i colpi affretto.
Accorre al grido
Stuol di custodi, e delle aperte logge
Mi veggo, al lume inaspettato e nuovo,
Sanguigno il ferro: il traditor non trovo.

MASSIMO
Forse Emilio non fu.

VALENTINIANO
La nota voce
Ben riconobbi al grido, onde si dolse
Allor che lo piagai.

MASSIMO
Ma per qual fine
Un tuo servo arrischiarsi al colpo indegno?

VALENTINIANO
Il servo lo tentò: d’altri è il disegno.

FULVIA
Oh Dio!

MASSIMO
Lascia ch’io vada in traccia del fellon.

in atto di partire

VALENTINIANO
Cura è di Varo:
Tu non partire.

MASSIMO
fra sè
Ah, son perduto!

a Valentiniano

Io forse Meglio di lui potrò…

VALENTINIANO
Massimo, amico,
Non lasciarmi così: se tu mi lasci,
Donde spero consiglio e donde aita?

MASSIMO
T’ubbidisco.

para sí

Io respiro.

FULVIA
fra sè
Io torno in vita.

MASSIMO
Ma chi del tradimento tu credi autor?

VALENTINIANO
Puoi dubitarne? In esso
Ezio non riconosci?
Ah! se mai posso
Convincerlo abbastanza, i giorni suoi
L’error mi pagheranno.

FULVIA
fra sè
Mancava all’alma mia quest’altro affanno.

MASSIMO
Io non so figurarmi
In Ezio un traditor. D’esserlo almeno
Non ha ragion. Benignamente accolto…
Applaudito da te… come avria core?…
È ben ver che l’amore,
L’ambizion, la gelosia, la lode
Contaminan talor d’altrui la fede.
Ezio amato si vede,
È pien d’una vittoria,
Arbitro è delle schiere…
Eh potrebbe scordarsi il suo dovere.

FULVIA
Tu lo conosci, ed in tal guisa, o padre,
Parli di lui?

MASSIMO
Son d’Ezio amico, è vero,
Ma suddito d’Augusto.

VALENTINIANO
E Fulvia tanto
Difende un traditore? Ah, che il sospetto
Del geloso mio cor vero diviene.

MASSIMO
Credi Fulvia capace
D’altro amor che del tuo?
T’inganni. In lei è pietà la difesa,
e non amore.
La minaccia, l’orrore
Di castigo e di morte
La fanno impietosir. Del sesso imbelle
La natia debolezza ancor non sai?

Scena Terza

VARO
Cesare, in vano il traditor cercai.

VALENTINIANO
Ma dove si celò?

VARO
La nostra cura
Non poté rinvenirlo.

VALENTINIANO
E deggio in questa
Incertezza restar? Di chi fidarmi?
Di chi temer? Stato peggior del mio
Vedeste mai?

MASSIMO
Ti rassicura. Un colpo,
Che a vuoto andò, del traditor scompone
Tutta la trama. Io cercherò d’Emilio;
Io veglierò per te. Del tutto ignoto
L’insidiator non è. Per tua salvezza
D’alcuno intanto assicurar ti puoi.

VALENTINIANO
a Massimo
D'eh, m’assistete: io mi riposo in voi.

Vi fida lo sposo,
Vi fida il regnante,
Dubbioso ed amante
La vita e l’amor.
Tu amico, prepara

a Fulvia

Soccorso ed aita:
Tu serbami, o cara,
Gli affetti del cor.

parte con Varo e pretoriani

Scena Quarta

FULVIA
E puoi d’un tuo delitto
Ezio incolpar! Chi ti consiglia, o padre?

MASSIMO
Folle! La sua ruina
È riparo alla mia: della vendetta
Mi agevola il sentier. S’ei resta oppresso,
Non ha difesa Augusto.
Or vedi quanto è necessaria a noi.
Troppo maggiore
D’un femminil talento
Questa cura saria: lasciane il peso
A chi di te più visse,
E più saggio è di te.

FULVIA
Dunque ti renda l’età più giusto ed il saper.

MASSIMO
Se tento
L’onor mio vendicar, non sono ingiusto:
E se lo fossi ancor, presa è la via,
Ed a ritrarne il piè tardi saria.

FULVIA
Non è mai troppo tardi, onde si rieda
Per le vie di virtù. Torna innocente
Chi detesta l’error.

MASSIMO
Posso una volta
Ottener che non parli? Al fin che brami?
Insegnar mi vorresti
Ciò che da me apprendesti? O vuoi ch’io serva
Al tuo debole amor? Fulvia, raffrena
I tuoi labbri loquaci,
E in avvenir non irritarmi e taci.

FULVIA
Ch’io taccia e non t’irriti, allor che veggio
Il monarca assalito,
Te reo del gran misfatto, Ezio tradito?
Lo tolleri chi può. D’ogni rispetto
O mi disciogli, o, quando
Rispettosa mi vuoi, cangia il comando.

MASSIMO
Ah, perfida! Conosco
Che vuoi sacrificarmi al tuo desio.
Va; dell’affetto mio,
Che nulla ti nascose, empia, t’abusa,
E, per salvar l’amante, il padre accusa.

Va! dal furor portata,
Palesa il tradimento;
Ma ti sovvenga, ingrata!
Il traditor qual è.
Scopri la frode ordita;
Ma pensa in quel momento
Ch’io ti donai la vita,
Che tu la togli a me.

parte

Scena Quinta

FULVIA
Che fo? Dove mi volgo? Egual delitto
È il parlare e il tacer. Se parlo, oh Dio!
Son parricida, e nel pensarlo io tremo.
Se taccio al giorno estremo
Giunge il mio bene. Ah! che all’idea funesta
S’agghiaccia il sangue, e intorno al cor s’arresta!
Ah, qual consiglio mai…
Ezio, dove t’inoltri? ove ten vai?

vedendo Ezio

EZIO
In difesa d’Augusto. Intesi…

FULVIA
Ah, fuggi!
In te del tradimento cade il sospetto.

EZIO
In me! Fulvia, t’inganni.
Ha troppe prove il Tebro
Della mia fedeltà. Chi seppe ogni altro
Superar con l’imprese,
Maggior d’ogni calunnia anche si rese.

FULVIA
Ma, se Cesare istesso il reo ti chiama,
S’io stessa l’ascoltai!

EZIO
Può dirlo Augusto,
Ma crederlo non può. S’anche un momento
Giungesse a dubitarne, ove si volga
Vede la mia difesa. Italia, il mondo,
La sua grandezza, il conservato impero
Rinfacciar gli saprà che non è vero.

FULVIA
So che la tua ruina
Vendicata saria; ma chi m’accerta
D’una pronta difesa? Ah! s’io ti perdo,
La più crudel vendetta
Della perdita tua non mi consola.
Fuggi, se m’ami; al mio timor t’invola.

EZIO
Tu, per soverchio affetto, ove non sono
Ti figuri i perigli.

FULVIA
E dove fondi questa tua sicurezza?
Forse nel tuo valore? Ezio, gli eroi
Son pur mortali, e il numero gli opprime.
Forse nel merto? Ah! che per questo, o caro,
Sventure io ti predico:
Il merto appunto è il tuo maggior nemico.

EZIO
La sicurezza mia, Fulvia, è riposta
Nel cor candido e puro,
Che rimorsi non ha; nell’innocenza,
Che paga è di se stessa; in questa mano,
Necessaria all’impero. Augusto al fine
Non è barbaro o stolto:
E, se perde un mio pari,
Conosce anche un tiranno
Qual dura impresa è ristorarne il danno.

Scena Sesta

FULVIA
Varo, che rechi?

EZIO
È salva di Cesare la vita? Al suo riparo
Può giovar l’opra mia? Che fa?

VARO
Cesare appunto a te m’invia.

EZIO
A lui dunque si vada.

VARO
Non vuol questo da te; vuol la tua spada.

EZIO
Come!

FULVIA
Il previdi!

EZIO
E qual follia lo mosse? E possibil sarà?

VARO
Così non fosse.
La tua compiango, amico,
E la sventura mia, che mi riduce
Un uffizio a compir contrario tanto
Alla nostra amicizia, al genio antico.

EZIO
Prendi: Augusto compiangi e non l’amico.

gli dà la spada

Recagli quell’acciaro
Che gli difese il trono:
Rammentagli chi sono,
E vedilo arrossir.

a Fulvia

E tu serena il ciglio,
Se l’amor mio t’è caro:
L’unico mio periglio
Sarebbe il tuo martìr.

parte con guardie

Scena Settima

FULVIA
Varo, se amasti mai, de’ nostri affetti
Pietà dimostra, e d’un oppresso amico
Difendi l’innocenza.

VARO
Or che m’è noto
Il vostro amor, la pena mia s’accresce,
E giovarvi io vorrei; ma troppo, oh Dio!
Ezio è di sé nemico: ei parla in guisa
Che irrita Augusto.

FULVIA
Il suo costume altero
È palese a ciascuno. Omai dovrebbe
Non essergli delitto. Al fin tu vedi
Che, se de’ merti suoi così favella,
Ei non è menzognero.

VARO
Qualche volta è virtù tacere il vero.
Se non lodo il suo fasto,
È segno d’amistà. Saprò per lui
Impiegar l’opra mia:
Ma voglia il Ciel che inutile non sia.

FULVIA
Non dir così. Niega agli afflitti aita
Chi dubbiosa la porge.

VARO
Egli è sicuro,
Sol che tu voglia. A Cesare ti dona,
E, consorte di lui, tutto potrai.

FULVIA
Che ad altri io voglia mai,
Fuor che ad Ezio, donarmi? Ah, non fia vero.

VARO
Ma, Fulvia, per salvarlo, in qualche parte
Ceder convien. Tu puoi l’ira d’Augusto
Sola placar. Non differirlo; e in seno
Se amor non hai per lui, fingilo almeno.

FULVIA
Seguirò il tuo consiglio,
Ma chi sa con qual sorte! È sempre un fallo
Il simulare. Io sento
Che vi ripugna il core.

VARO
In simil caso
Il fingere è permesso;
E poi non è gran pena al vostro sesso.

FULVIA
Quel fingere affetto,
Allor che non s’ama,
Per molti è diletto;
Ma «pena» la chiama
Quest’alma non usa
A fingere amor.
Mi scopre, m’accusa,
Se parla, se tace,
Il labbro, seguace
De’ moti del cor.

parte

Scena Ottava

VARO
Folle è colui che al tuo favor si fida,
Instabile Fortuna. Ezio, felice,
Della romana gioventù poc’anzi
Era oggetto all’invidia,
Misura ai voti; e in un momento poi
Così cangia d’aspetto,
Che dell’altrui pietà si rende oggetto.
Pur troppo, o Sorte infida,
Folle è colui che al tuo favor si fida.

Nasce al bosco in rozza cuna
Un felice pastorello,
E con l’aure di fortuna
Giunge i regni a dominar.
Presso al trono in regie fasce
Sventurato un altro nasce,
E fra l’ire della sorte
Va gli armenti a pascolar.

parte

Scena Nona

Galleria di statue e di specchi, con sedili intorno fra’ quali uno innanzi a mano destra, capace di due persone. Gran balcone aperto in prospetto, dal quale vista di Roma

ONORIA
Massimo, anch’io lo veggo; ogni ragione
Ezio condanna. Egli è rival d’Augusto:
Al suo merto, al suo nome
Crede il mondo soggetto. E poi che giova
Mendicarne argomenti? Io stessa intesi
Le sue minacce: ecco l’effetto. E pure,
Incredulo, il mio core
Reo non sa figurarlo e traditore.

MASSIMO
Oh virtù senza pari! È questo in vero
Eccesso di clemenza. E chi dovrebbe
Più di te condannarlo? Ei ti disprezza;
Ricusa quella mano
Contesa dai monarchi. Ogni altra avria…

ONORIA
Ah, dell’ingiuria mia
Non ragionarmi più. Quella mi punse
Nel più vivo del cor. Superbo! ingrato!
Allor che mel rammento,
Tutto il sangue agitar, Massimo, io sento.
Non già però ch’io l’ami, o che mi spiaccia
Di non essergli sposa…
Il grado offeso…
La gloria… l’onor mio…
Son le cagioni…

MASSIMO
Eh, lo conosco anch’io;
Ma nol conosce ognun. Sai che si crede
Più l’altrui debolezza che la virtude altrui.
La tua clemenza
Può comparire amor. Questo sospetto,
Solo con vendicarti
Puoi dileguar. Non aborrire al fine
Una giusta vendetta:
Tanta clemenza a nuovi oltraggi alletta.

ONORIA
Le mie private offese ora non sono
La maggior cura. Esaminar conviene
Del germano i perigli. Ezio s’ascolti,
Si trovi il reo. Potrebbe
Esser egli innocente.

MASSIMO
È vero; e poi
Potrebbe anche pentirsi;
La tua destra accettar…

ONORIA
La destra mia!
Eh non tanto se stessa Onoria oblia.
Se fosse quel superbo
Anche signor dell’universo intero,
Non mi speri ottener; mai non fia vero.

MASSIMO
Or ve’ com’è ciascuno
Facile a lusingarsi! E pure ei dice
Che ha in pugno il tuo voler, che tu l’adori,
Che a suo piacer dispone
D’Onoria innamorata;
Che, s’ei vuol, basta un guardo,
e sei placata.

ONORIA
Temerario! Ah! non voglio
Che lungamente il creda. Al primo sposo,
Che suddito non sia,
saprò donarmi.
Ei vedrà se mancarmi
Possan regni e corone;
E s’ei d’Onoria a suo piacer dispone.

in atto di partire

Scena Decima

VALENTINIANO
Onoria, non partir. Per mio riposo
Tu devi ad uno sposo,
Forse poco a te caro, offrir la mano.
Questi ci offese, è ver; ma il nostro stato
Assicurar dobbiamo. Ei ti richiede;
E al pacifico invito
Acconsentir conviene.

HONORIA
fra sè
Ezio è pentito

a Valentiniano

M’è noto il nome suo?

VALENTINIANO
Pur troppo. Ho pena,
Germana in profferirlo. Io dal tuo labbro
Rimproveri ne attendo. A me dirai
Ch’è un’anima superba,
Ch’è reo di poca fé, che son gli oltraggi
Troppo recenti: io lo conosco; e pure,
Rammentando i perigli,
È forza che a tal nodo io ti consigli.

ONORIA
fra sè
Rifiutarlo or dovrei; ma…

a Valentiniano

Senti. Al fine,
Se giova alla tua pace,
Disponi del mio cor come a te piace.

MASSIMO
Signore, il tuo disegno
Io non intendo. Ezio t’insidia, e pensi
Solamente a premiarlo?

VALENTINIANO
Ad Ezio io non pensai:
d’Attila io parlo.

ONORIA
fra sè
Oh inganno!

forte

Attila!

MASSIMO
E come?

VALENTINIANO
Un messaggier di lui
Me ne recò pur ora la richiesta in un foglio.
È questo un segno
Che il suo fasto mancò. Non è l’offerta
Vergognosa per te. Stringi uno sposo,
A cui servono i re: barbaro, è vero;
Ma che può, raddolcito dal tuo nobile amore,
La barbarie cangiar tutta in valore.

ONORIA
Ezio sa la richiesta?

VALENTINIANO
E che! Degg’io
Consigliarmi con lui?
Questo a che giova?

ONORIA
Giova per avvilirlo e perché meno
Necessario si creda:
Giova perché s’avveda
Che al popolo romano
Utile più d’ogni altra è questa mano.

VALENTINIANO
Egli il saprà; ma intanto
Posso del tuo consenso
Attila assicurar?

ONORIA
No: prima io voglio
Vederti salvo. Il traditor si cerchi,
Ezio favelli, e poi
Onoria spiegherà gli affetti suoi.

Fin che per te mi palpita
Timido in petto il cor,
Accendersi d’amor
Non sa quest’alma.
Nell’amorosa face
Qual pace ho da sperar,
Se comincio ad amar
Priva di calma?

parte

Scena Undicesima

VALENTINIANO
Olà, qui si conduca il prigionier.

esce una comparsa, la quale, ricevuto l’ordine, parte

Ne’ miei timori io cerco
Da te consiglio. Assicurarmi in parte
Potrà d’Attila il nodo?

MASSIMO
Anzi ti espone
A periglio maggior. Cerca il nemico
Sopir la cura tua, fingersi umano,
Avvicinarsi a te. Chi sa che ad Ezio
Non sia congiunto? Il temerario colpo
Gran certezza suppone. E poi t’è noto
Che ad Attila già vinto Ezio alla fuga
Lasciò libero il passo, e a te dovea
Condurlo prigioniero;
Ma non volle, e potea.

VALENTINIANO
Pur troppo è vero.

Scena Dodicesima

FULVIA
Augusto, ah, rassicura
I miei timori! È il traditor palese?
È in salvo la tua vita?

VALENTINIANO
E Fulvia ha tanta cura di me?

FULVIA
Puoi dubitarne? Adoro
In Cesare un amante, a cui fra poco
Con soave catena
Annodarmi dovrò.

fra sè

So dirlo appena.

MASSIMO
fra sè
Simula, o dice il ver?

VALENTINIANO
Se il mio periglio
Amorosa pietà ti desta in seno,
Grata al mio cor la sicurezza è meno.
Ma potrò lusingarmi della tua fedeltà?

FULVIA
Perfin ch’io viva,
De’ miei teneri affetti avrai l’impero.

fra sè

Ezio, perdona.

MASSIMO
fra sè
Io non comprendo il vero.

VALENTINIANO
Ah! se d’Ezio non era
La fellonia, saresti già mia sposa.
Ma cara alla sua vita
Costerà la tardanza.

FULVIA
Il gran delitto
Dovresti vendicar. Ma chi dall’ira
Del popolo, che l’ama,
Assicurar ci può? Pensaci, Augusto.
Per te dubbia mi rendo.

VALENTINIANO
Questo sol mi trattiene.

MASSIMO
fra sè
Or Fulvia intendo.

FULVIA
E se fosse innocente? Eccoti privo
D’un gran sostegno; eccoti esposto ai colpi
D’ignoto traditore;
Eccoti in odio… Ah, mi si agghiaccia il core!

VALENTINIANO
Volesse il Ciel che reo non fosse!
Ei vieneQui per mio cenno.

FULVIA
fra sè
Ah! che farò?

VALENTINIANO
Vedrai ne’ suoi detti qual è.

FULVIA
Lascia ch’io parta.
Col suo giudice solo meglio il reo parlerà.

VALENTINIANO
No, resta.

MASSIMO
vedendo venire Ezio
Augusto, Ezio qui giunge.

FULVIA
fra sè
Oh Dio!

VALENTINIANO
a Fulvia
T’assidi al fianco mio.

FULVIA
Come! Suddita io sono, e tu vorrai…

VALENTINIANO
Suddita non è mai
Chi ha vassallo il monarca.

FULVIA
Ah! non conviene…

VALENTINIANO
Non più: comincia ad avvezzarti al trono.
Siedi.

FULVIA
Ubbidisco.

fra sè

In qual cimento io sono!

siede alla destra di Valentiniano

Scena Tredicesima

EZIO
nell’uscire, vedendo Fulvia, si ferma. Fra sè
Stelle, che miro! In Fulvia
Come tanta incostanza!

FULVIA
fra sè
Resisti, anima mia.

VALENTINIANO
Duce, t’avanza.

EZIO
Il giudice qual è? Pende il mio fato
Da Cesare o da Fulvia?

VALENTINIANO
E Fulvia ed io
Siamo un giudice solo. Ella è sovrana,
Or che in lacci di sposo a lei mi stringo.

EZIO
fra sè
Donna infedel!

FULVIA
fra sè
Potessi dir che fingo!

VALENTINIANO
Ezio, m’ascolta, e a moderare impara,
Per poco almeno, il naturale orgoglio,
Che giovarti non può. Qui si cospira
Contro di me. Del tradimento autore
Ti crede ognun. Di fellonia t’accusa
Il rifiuto d’Onoria, il troppo fasto
Delle vittorie tue, l’aperto scampo
Ad Attila permesso, il tuo geloso
E temerario amor, le tue minacce,
Di cui tu sai che testimonio io sono.
Pensa a scolparti o a meritar perdono.

MASSIMO
fra sè
Sorte non mi tradir!

EZIO
Cesare, in vero
Ingegnoso è il pretesto. Ove s’asconde
Costui che t’assalì? Chi dell’insidia
Autor mi afferma? Accusator tu sei
Del figurato eccesso,
Giudice e testimonio a un tempo istesso.

FULVIA
fra sè
Oh Dio! si perde.

VALENTINIANO
fra sè
E soffrirò l’altero?

EZIO
Ma il delitto sia vero:
Perché si appone a me? Perché d’Onoria
La destra ricusai? Dunque ad Augusto
Serbai la libertà col mio sudore,
Perché a me la togliesse anche in amore?
È d’Attila la fuga che mi convince reo?
Dunque io dovea
Attila imprigionar, perché d’Europa
Tutte le forze e l’armi,
Senza il timor, che le congiunge a noi,
Si volgessero poi contro l’impero?
Cerca per queste imprese altro guerriero.
Son reo, perché conosco
Qual io mi sia, perché di me ragiono.
L’alme vili a se stesse ignote sono.

FULVIA
para sí
Partir potessi.

VALENTINIANO
Un nuovo fallo è questa temeraria difesa.
Altro t’avanza per tua discolpa ancor?

EZIO
Dissi abbastanza. Cesare, non curarti
Tutto il resto ascoltar, ch’io dir potrei.

VALENTINIANO
Che diresti?

EZIO
Direi che produce un tiranno
Chi solleva un ingrato.
Anche ai sovrani
Direi che desta invidia
De’ sudditi il valor; che a te dispiace
D’essermi debitor, che tu paventi
In me que’ tradimenti
Che sai di meritar, quando mi privi d’un cor…

VALENTINIANO
Superbo, a questo eccesso arrivi?

FULVIA
fra sè
Ahimè!

VALENTINIANO
Punir saprò…

FULVIA
Soffri, se m’ami, che Fulvia parta.
I vostri sdegni irrita l’aspetto mio.

s’alza

VALENTINIANO
No, non partir. Tu scorgi
Che mi sdegno a ragion. Siedi, e vedrai
Come un reo pertinace
A convincer m’accingo.

EZIO
fra sè
Donna infedel!

FULVIA
torna a sedere. Fra sè
Potessi dir che fingo!

MASSIMO
fra sè
Tutto fin or mi giova.

VALENTINIANO
Ezio, tu sei
D’ogni colpa innocente.
Invido Augusto
Di cotesta tua gloria, il tutto ha finto.
Solo un giudizio io chiedo
Dall’eccelsa tua mente. Al suo sovrano
Contrastando la sposa,
Il suddito è ribelle?

EZIO
E al suo vassallo,
Che il prevenne in amor, quando la tolga,
Il sovrano è tiranno?

VALENTINIANO
A quel che dici, dunque Fulvia t’amò?

FULVIA
fra sè
Che pena!

VALENTINIANO
a Fulvia
A lui togli, o cara, un inganno, e di’ s’io fui
Il tuo foco primiero,
Se l’ultimo sarò: spiegalo.

FULVIA
a Valentiniano
È vero.

EZIO
Ah perfida, ah spergiura! A questo colpo
Manca la mia costanza.

VALENTINIANO
ad Ezio
Vedi se t’ingannò la tua speranza.

EZIO
Non trionfar di me. Troppo ti fidi
D’una donna incostante. A lei la cura
Lascio di vendicarmi. Io mi lusingo
Che ‘l proverai.

FULVIA
fra sè
Né posso dir che fingo!

MASSIMO
fra sè
E Fulvia non si perde!

EZIO
In questo stato non conosco me stesso.
In faccia a lei
Mi si divide il cor.
Pena maggiore, Massimo,
da che nacqui, io non provai

FULVIA
fra sè
Io mi sento morir.

s’alza piangendo e vuol partire

VALENTINIANO
Fulvia, che fai?

FULVIA
Voglio partir, ché a tanti ingiusti oltraggi
Più non resisto.

VALENTINIANO
Anzi t’arresta, e siegui
A punirlo così.

FULVIA
No, te ne priego: Lascia ch’io vada.

VALENTINIANO
Io nol consento. Afferma
Per mio piacer di nuovo
Che sospiri per me, ch’io ti son caro,
Che godi alle sue pene…

FULVIA
Ma se vero non è;
s’egli è il mio bene!

VALENTINIANO
Che dici?

MASSIMO
fra sè
Ahimè!

EZIO
Respiro.

FULVIA
E sino a quando
Dissimular dovrò? Finsi fin ora,
Cesare, per placarti; Ezio innocente
Salvar credei.
Per lui mi struggo; e sappi
Ch’io non t’amo davvero, e non t’amai.
E se i miei labbri mai
Ch’io t’amo a te diranno,
Non mi credere, Augusto; allor t’inganno.

EZIO
Oh cari accenti!

VALENTINIANO
Ove son io! Che ascolto!
Qual ardir, qual baldanza!

EZIO
a Valentiniano
Vedi se t’ingannò la tua speranza.

VALENTINIANO
Ah temerario! ah ingrata! Olà, custodi,
Toglietemi d’avanti
Quel traditor. Nel carcere più orrendo
Serbatelo al mio sdegno.

EZIO
Il tuo furor del mio trionfo è segno.
Chi più di me felice? Io cederei
Per questa ogni vittoria.
Non t’invidio l’impero,
Non ho cura del resto:
È trionfo leggiero
Attila vinto, a paragon di questo.

Ecco alle mie catene,
Ecco a morir m’invio:

a Valentiniano, accennando Fulvia

Sì, ma quel core è mio;
Sì, ma tu cedi a me.
Caro mio bene, addio.
Perdona a chi t’adora:
So che t’offesi, allora
Ch’io dubitai di te.

parte con le guardie

Scena Quattordicesima

VALENTINIANO
Ingratissima donna, e quando mai
Io da te meritai questa mercede?
Vedi, amico, qual fede
La tua figlia mi serba?

MASSIMO
Indegna! e dove
Imparasti a tradir? Così del padre
La fedeltade imiti? E quando avesti
Questi esempi da me?

FULVIA
Lasciami in pace,
Padre; non irritarmi: è sciolto il freno.
Se m’insulti, dirò…

MASSIMO
Taci, o il tuo sangue…

VALENTINIANO
Massimo, ferma. Io meglio
Vendicarmi saprò. Giacché m’aborre,
Giacché le sono odioso,
Voglio per tormentarla esserle sposo.

FULVIA
Non lo sperar.

VALENTINIANO
Ch’io non lo speri? Infida,
Non sai quanto potrò…

FULVIA
Potrai svenarmi;
Ma per farmi temer debole or sei.
Han vinto ogni timore i mali miei.

La mia costanza
Non si sgomenta;
Non ha speranza,
Timor non ha.
Son giunta a segno
Che mi tormenta,
Più del tuo sdegno,
La tua pietà.

parte

Scena Quindicesima

MASSIMO
fra sè
Or giova il simular.

A Valentiniano

No, non sia vero
Che per vergogna mia viva costei.
Cesare, io corro a lei:
Voglio passarle il cor.

VALENTINIANO
T’arresta, amico.
S’ella muore, io non vivo.
Ancor potrebbe
Quell’ingrata pentirsi.

MASSIMO
Al tuo comando con pena ubbidirò.
Troppo a punirla il dover mi consiglia.

VALENTINIANO
Perché simile a te non è la figlia?

MASSIMO
Col volto ripieno
Di tanto rossore,
Più calma nel seno,
Più pace non ho.
Oh, quanti diranno
Che il perfido inganno
Dal suo genitore
La figlia imparò!

parte

Scena Sedicesima

VALENTINIANO
Sdegno, amor, gelosia, cure d’impero,
Che volete da me? Nemico e amante,
E timido e sdegnato a un punto io sono;
E intanto non punisco e non perdono.
Ah! lo so ch’io dovrei
Obliar quell’ingrata. Ella è cagione
D’ogni sventura mia. Ma di tentarlo
Neppure ardisco, e da una forza ignota
Così mi sento oppresso,
Che non desio di superar me stesso.
Che mi giova impero e soglio,
S’io non voglio uscir d’affanni,
S’io nutrisco i miei tiranni
Negli affetti del mio cor?
Che infelice al mondo io sia,
Lo conosco, è colpa mia;
Non è colpa dello sdegno,
Non è colpa dell’amor.
最終更新:2022年09月23日 07:42