ATTO TERZO


Scena Prima

(Atrio delle carceri con cancelli di ferro in prospetto, che conducono a diverse prigioni. Guardie a vista su la porta de’ detti cancelli)

▼ONORIA▲
(alle guardie)
Ezio qui venga.
È questa gemma il segno

(fra sè)

Del cesareo volere. Il suo periglio
Mi fa più amante; e la pietà, ch’io sento
Nel vederlo infelice,
Tal fomento è all’amor, ch’io non so come
Si forma nel mio petto
Di due diversi affetti un solo affetto.
Eccolo. Oh, come altero,
Come lieto s’avanza!
O quell’alma è innocente, o non è vero
Che immagine dell’alma è la sembianza.

(esce Ezio da uno de’ cancelli, presso de’ quali restano le guardie)

▼EZIO▲
Questi del tuo germano
Son, principessa, i doni. Avresti mai
Potuto immaginarlo? In pochi istanti
Tutto cangiò per me. Cinto d’allori
Del giorno al tramontar tu mi vedesti;
E poi co’ lacci intorno
Tu mi rivedi all’apparir del giorno.

▼ONORIA▲
Ezio, qualunque nasce alle vicende
Della sorte è soggetto. Il primo esempio
Dell’incostanza sua, duce, non sei.
L’ingiustizia di lei
Tu potresti emendar. Per mia richiesta
Cesare l’ira sua tutta abbandona:
T’ama, ti vuole amico,
e ti perdona.

▼EZIO▲
E il crederò?

▼ONORIA▲
Sì. Né domanda Augusto
Altra emenda da te che il suo riposo.
Del tentativo ascoso
Scopri la trama, e appieno
Libero sei. Può domandar di meno?

▼EZIO▲
Non è poca richiesta. Ei vuol ch’io stesso
M’accusi per timore. Ei vuole a prezzo
Dell’innocenza mia
Generoso apparir. Sa la mia fede,
Prova rossor nell’oltraggiarmi a torto;
Perciò mi vuole o delinquente o morto.

▼ONORIA▲
Dunque con tanto fasto
Lo sdegno tuo giustificar non dei;
E, se innocente sei, placide, umìli
Sian le tue scuse. A lui favella in modo
Che non possa incolparti,
Che non abbia coraggio a condannarti.

▼EZIO▲
Onoria, per salvarmi
Ad esser vile io non appresi ancora.

▼ONORIA▲
Ma sai che corri a morte?

▼EZIO▲
E ben, si mora!
Non è il peggior de’ mali
Al fin questo morir; ci toglie almeno
Dal commercio de’ rei.

▼ONORIA▲
Pensar dovresti
Che per la patria tua poco vivesti.

▼EZIO▲
Il viver si misura
Dall’opre e non dai giorni. Onoria, i vili,
Inutili a ciascuno,
a sé mal noti,
Cui non scaldò di bella gloria il foco,
Vivendo lunga età vissero poco.
Ma coloro che vanno
Per l’orme ch’io segnai,
Vivendo pochi dì, vissero assai.

▼ONORIA▲
Se di te non hai cura,
Abbila almen di me.

▼EZIO▲
Che dici?

▼ONORIA▲
Io t’amo:
Più tacerlo nol so. Quando mi veggo
A perderti vicina, i torti oblio;
Ed è poca difesa
Alla mia debolezza il fasto mio.

▼EZIO▲
Onoria, e tu sei quella
Che umiltà mi consigli?
In questa guisa
Insuperbir mi fai. Potessi almeno,
Come i tuoi pregi ammiro, amarti ancora!
D'eh, consenti ch’io mora. Ezio piagato
Per altro stral ti viverebbe ingrato.

▼ONORIA▲
Viva ingrato, mi renda
D’ogni speranza priva,
Mi sprezzi pur, mi sia crudel; ma viva.
E se pur la tua vita
Aborrisci così, perché m’è cara,
Cerca almeno una morte
Che sia degna di te. Coll’armi in pugno
Mori vincendo; onde t’invidi il mondo,
Non ti compianga.

▼EZIO▲
O in carcere o fra l’armi,
Ad altri insegnerò come si mora.
Farò invidiarmi in questo stato ancora.

Guarda pria se in questa fronte
Trovi scritto alcun delitto,
E dirai che la mia sorte
Desta invidia e non pietà.
Bella prova è d’alma forte
L’esser placida e serena,
Nel soffrir l’ingiusta pena
D’una colpa che non ha.

(rientra nelle carceri, accompagnato dalle guardie)

Scena Seconda

▼ONORIA▲
Oh Dio, chi ‘l crederebbe! Al fato estremo
Egli lieto s’appressa;
io gelo e tremo.

▼VALENTINIANO▲
E ben, da quel superbo
Che ottenesti, o germana?

▼ONORIA▲
Io nulla ottenni.

▼VALENTINIANO▲
Già lo predissi. Eh si punisca. Omai
È viltade il riguardo.

▼ONORIA▲
E pur non posso
Crederlo reo. D’alma innocente è segno
Quella sua sicurezza.

▼VALENTINIANO▲
Anzi è una prova
Del suo delitto. Il traditor si fida
Nell’aura popolar. Vuo’ che s’uccida.

▼ONORIA▲
Meglio ci pensa. Ezio è peggior nemico
Forse estinto che vivo.

▼VALENTINIANO▲
E che far deggio?

▼ONORIA▲
Cerca vie di placarlo: il suo segreto
Sveller da lui senza rigor procura.

▼VALENTINIANO▲
E qual via non tentai?

▼ONORIA▲
La più sicura.
Ezio, per quel ch’io vedo
È debole in amor: per questa parte
Assalirlo conviene. Ei Fulvia adora:
Offrila all’amor suo; cedila ancora.

▼VALENTINIANO▲
Quanto è facile, Onoria,
A consigliare altrui fuor del periglio!

▼ONORIA▲
Signor, nel mio consiglio io ti propongo
Un esempio a seguir.
Sappi che amante
Io sono al par di te, né perdo meno:
Fulvia è la fiamma tua, per Ezio io peno.

▼VALENTINIANO▲
E l’ami?

▼ONORIA▲
Sì. Nel consigliarti or vedi
Se facile son io, come tu credi.

▼VALENTINIANO▲
Ma troppo ad eseguir duro consiglio
Mi proponi, o germana.

▼ONORIA▲
Il tuo coraggio, la tua virtù faccia arrossir la sorte.
Una donna t’insegna ad esser forte.

▼VALENTINIANO▲
Oh Dio!

▼ONORIA▲
Vinci te stesso. I tuoi vassalli
Apprendano qual sia D’Augusto il cor…

▼VALENTINIANO▲
Non più: Fulvia m’invia:
Facciasi questo ancor. Se tu sapessi
Che sforzo è il mio, quanto il cimento è duro…

▼ONORIA▲
Dalla mia pena il tuo dolor misuro:
Ma soffrilo. Nel duolo
Pur è qualche piacer non esser solo.

Peni tu per un’ingrata,
Un ingrato adoro anch’io:
È il tuo fato eguale al mio;
È nemico ad ambi Amor.
Ma, s’io nacqui sventurata
Se per te non v’è speranza,
Sia compagna la costanza,
Come è simile il dolor.

(parte)

Scena Terza

▼VALENTINIANO▲
Olà! Varo si chiami.

(una comparsa esce, e parte per eseguire il comando)

A questo eccesso
Della clemenza mia se il reo non cede,
Un momento di vita Più lasciargli non vuo’.

▼VARO▲
Cesare.

▼VALENTINIANO▲
Ascolta.
Disponi i tuoi più fidi
Di questo loco in su l’oscuro ingresso;
E se al mio fianco appresso
Ezio non è, s’io non gli son di guida,
Quando uscir lo vedrai, fa che s’uccida.

▼VARO▲
Ubbidirò. Ma sai
Qual tumulto destò d’Ezio l’arresto?

▼VALENTINIANO▲
Tutto m’è noto. A questo
Già Massimo provvede.

▼VARO▲
È ver, ma temo…

▼VALENTINIANO▲
Eh! taci: adempi il cenno, e fa che il colpo
Cautamente succeda. Udisti?

▼VARO▲
Intesi.

(parte)

▼VALENTINIANO▲
(alle guardie de’ cancelli)
Il prigionier qui rieda.

(per se stesso)

Tacete, o sdegni miei:
l’odio sepolto resti nel cor,
non comparisca in volto.

Con le procelle in seno
Sembri tranquillo il mar;
E un zeffiro sereno
Col placido spirar
Finga la calma.
Ma, se quel cor superbo
L’istesso ancor sarà,
Vi lascio in libertà,
Sdegni dell’alma.

Scena Quarta

▼MASSIMO▲
Signor, tutto sedai. D’Ezio la morte
A tuo piacere affretta:
Roma t’applaude; ogni fedel l’aspetta.

▼VALENTINIANO▲
Ma che vuoi? Mi si dice
Che un barbaro, che un empio,
Che un incauto son io. Gli esempi altrui
Seguitar mi conviene.

▼MASSIMO▲
Come! Perché?

▼VALENTINIANO▲
T’accheta: Ezio già viene.

Scena Quinta

(Ezio incatenato esce dai cancelli, e detti)

▼MASSIMO▲
(fra sè)
Chi mai lo consigliò!

▼EZIO▲
Dal carcer mio
Richiamato, io credei
D’incamminarmi ad un supplizio ingiusto:
Ma ne incontro un peggior; rivedo Augusto.

▼VALENTINIANO▲
(fra sè)
Che audace!

(Ad Ezio)

Ezio, fra noi
Più d’odio non si parli. Io vengo amico:
Il mio rigor detesto; E voglio…

▼EZIO▲
Io so che vuoi: m’è noto il resto.
Onoria ti prevenne; il tutto intesi.
S’altro a dirmi non hai,
Torno alla mia prigion; seco parlai.

▼VALENTINIANO▲
Non potea dirti Onoria
Quanto offrirti vogl’io.

▼EZIO▲
Lo so; mel disse:
Che la mia libertà, che il primo affetto,
Che l’amistà d’Augusto i doni sono.

▼VALENTINIANO▲
Ma non disse il maggior.

Scena Sesta

▼VALENTINIANO▲
(accennando Fulvia)
Vedi qual dono.

▼EZIO▲
Fulvia!

▼MASSIMO▲
(fra sè)
Che mai sarà! L’alma s’agghiaccia.

▼FULVIA▲
Da Fulvia che si vuol?

▼VALENTINIANO▲
Che ascolti e taccia.

(ad Ezio)

Ti sorprende l’offerta. Ella è sì grande,
Che crederla non sai, ma temi in vano:
La promisi: l’affermo; ecco la mano.

▼EZIO▲
A qual prezzo però mi si concede
D’esserne possessor?

▼VALENTINIANO▲
Poco si chiede.
Tu sei reo per amor: chi visse amante
Facilmente ti scusa.
Altro non bramo che un ingenuo parlar.
Tutto il disegno svelami,
te ne priego, acciò non viva
Cesare più co’ suoi timori intorno.

▼EZIO▲
(a Fulvia)
Addio, mia vita: alla prigione io torno.

▼VALENTINIANO▲
(fra sè)
E il soffro?

▼FULVIA▲
(fra sè)
Ahimè!

▼VALENTINIANO▲
(ad Ezio)
Senti. E lasciar tu vuoi,
stinato a tacer, Fulvia, che tanto
Fedel ti corrisponde?
Parla.

(fra sè)

Né meno il traditor risponde.

▼MASSIMO▲
(fra sè)
Quanti perigli!

▼VALENTINIANO▲
Ezio, m’ascolti? Intendi
Che parlo a te? Son tali i detti miei,
Che un reo, come tu sei, debba sprezzarli?

▼EZIO▲
Quando parli così, meco non parli.

▼VALENTINIANO▲

Eh! si risolva.

(forte)

Olà, custodi!

▼FULVIA▲
(a Valentiniano)
Ah! prima
Lo sdegno tuo contro di me si volga.

▼VALENTINIANO▲
(a Fulvia)
Né puoi tacere?

(a le guardie)

Il prigionier si sciolga.

(si tolgono le catene ad Ezio)

▼EZIO▲
Come!

▼FULVIA▲
(fra sè)
Che veggio!

▼MASSIMO▲
(fra sè)
Oh stelle!

▼VALENTINIANO▲
Al fin conosco che innocente tu sei.
Tanta costanza
Nel ricusar la sospirata sposa,
No, che un reo non avrebbe.
Ezio, mi pento
Del mio rigore: emenderanno i doni
Le ingiuste offese de’ sospetti miei.
Vanne; Fulvia è già tua; libero sei.

▼FULVIA▲
(fra sè)
Felice me!

▼EZIO▲
La prima volta è questa
Ch’io mi confondo, e con ragion. Chi mai
Un monarca rivale a questo segno
Generoso sperò! La tua diletta
Mi cedi, e non rammenti!…

▼VALENTINIANO▲
Omai t’affretta.
Impaziente attende
Roma di rivederti. A lei ti mostra:
Dilegua il suo timor. Tempo non manca
A’ reciprochi segni
D’affetto, d’amistà.

▼EZIO▲
Del fasto mio
Or, Cesare, arrossisco; e tanto dono…

▼VALENTINIANO▲
Ezio, va pur: conoscerai qual sono.

▼EZIO▲
Se la mia vita
Dono è d’Augusto,
Il freddo Scita,
L’Etiope adusto
Al piè di Cesare
Piegar farò.
Perché germoglino
Per te gli allori,
Mi vedrai spargere
Nuovi sudori;
Saprò combattere,
Morir saprò.

(parte)

Scena Settima

▼VALENTINIANO▲
(fra sè)
Va pur, te n’avvedrai.

▼MASSIMO▲
(fra sè)
Perdo ogni speme.

▼FULVIA▲
Generoso monarca, il Ciel ti renda
Quella felicità che rendi a noi.
I benefìci tuoi
Sempre rammenterò. Lascia che intanto
Su quell’augusta mano un bacio imprima.

▼VALENTINIANO▲
No, Fulvia: attendi prima
Che sia compìto il dono: ancor non sai
Quanto ogni voto avanza,
Quanto il dono è maggior di tua speranza.

▼MASSIMO▲
Cesare, che facesti? Ah, questa volta
T’ingannò la pietade.

▼VALENTINIANO▲
E pur vedrai
Che giova la pietà, ch’io non errai.
Ogni cura, ogni tema
Terminata sarà.

▼MASSIMO▲
Qual pace acquisti,
Se torna in libertà?

Scena Ottava

▼VALENTINIANO▲
Varo, eseguisti?

▼VARO▲
Eseguito è il tuo cenno:
Ezio morì.

▼FULVIA▲
Come! che dici?

▼VARO▲
(a Valentiniano)
Al varco
L’attesero i miei fidi: ei venne; e prima
Che potesse temerne, il sen trafitto
Si vide; sospirò, cadde fra loro.

▼MASSIMO▲
(fra sè)
Oh sorte inaspettata!

▼FULVIA▲
Oh Dio! mi moro.

(si appoggia ad una scena, coprendosi il volto)

▼VALENTINIANO▲
(a Varo)
Corri; l’esangue spoglia
Nascondi ad ogni sguardo: ignota resti
D’Ezio la morte ad ogni suo seguace.

▼VARO▲
Sarà legge il tuo cenno.

(parte)

▼VALENTINIANO▲
E Fulvia tace?
Or è tempo che parli. E perché mai
«Generoso monarca» or non mi dice?

▼FULVIA▲
(come sopra)
Ah, tiranno! Io vorrei…
Sposo infelice!

▼MASSIMO▲
Un primo sfogo al suo dolore ingiusto
Lascia, o signor.

Scena Nona

▼ONORIA▲
Liete novelle, Augusto.

▼VALENTINIANO▲
Che reca Onoria? Il volto suo ridente
Felicità promette.

▼ONORIA▲
Ezio è innocente.

▼VALENTINIANO▲
Come?

▼ONORIA▲
Emilio parlò. L’empio ministro
Nelle mie stanze io ritrovai celato,
Già vicino a morir.

▼MASSIMO▲
(fra sè)
Son disperato.

▼VALENTINIANO▲
Nelle tue stanze?

▼ONORIA▲
Sì. Da te ferito,
La scorsa notte ivi s’ascose. Intesi
Dal labbro suo ch’Ezio è innocente. Augusto,
Non mentisce chi more.

▼VALENTINIANO▲
E l’alma rea,
Che gli commise il colpo,
Almen ti palesò?

▼ONORIA▲
Mi disse: ‘È quella
Che a Cesare è più cara, e che da lui
Fu oltraggiata in amor.’

▼VALENTINIANO▲
Ma il nome?

▼ONORIA▲
Emilio
A dirlo si accingea, tutta su i labbri
L’anima fuggitiva egli raccolse;
Ma l’estremo sospiro il nome involse.

▼VALENTINIANO▲
Oh sventura!

▼MASSIMO▲
(fra sè)
Oh periglio!

▼FULVIA▲
(a Valentiniano)
Or di’, tiranno,
S’era infido il mio sposo,
Se fu giusto il punirlo. Or che mi giova
Che tu il pianga innocente? Or chi la vita,
Empio! gli renderà?

▼ONORIA▲
Fulvia, che dici?
Ezio morì?

▼FULVIA▲
Sì, principessa. Ah! Fuggi dal barbaro germano:
egli è una fiera che si pasce di sangue,
E di sangue innocente. Ognun si guardi;
Egli ha vinto i rimorsi; orror non sente
Della sua crudeltà, gloria non cura:
Pur la tua vita, Onoria, è mal sicura.

▼ONORIA▲
Ah, inumano! E potesti…

▼VALENTINIANO▲
Onoria, oh Dio!
Non insultarmi: io lo conosco, errai;
Ma di pietà son degno
Più che d’accuse. Il mio timor consiglia.
Son questi i miei più cari: in qual di loro
Cercherò il traditor,
s’io non gli offesi?

▼ONORIA▲
Chi mai non offendesti? Il tuo pensiero
Il passato raccolga, e non si scordi
Di Massimo la sposa, i folli amori,
L’insidiata onestà.

▼MASSIMO▲
(fra sè)
Come salvarmi!

▼VALENTINIANO▲
E dovrò figurarmi
Che i benefìci miei meno ei rammenti
Che un giovanil trasporto?

▼ONORIA▲
E ancor non sai
Che l’offensore oblia,
Ma non l’offeso, i ricevuti oltraggi?

▼FULVIA▲
(fra sè)
Ecco il padre in periglio.

▼VALENTINIANO▲
Ah! che pur troppo
Tu dici il ver; ma che farò?

▼ONORIA▲
Consigli or pretendi da me? Se fosti solo
A fabbricarti il danno,
Solo al riparo tuo pensa, o tiranno.

(parte)

Scena Decima

▼MASSIMO▲
Cesare, alla mia fede
Troppo ingrato sei tu, se ne sospetti.

▼VALENTINIANO▲
Ah! che d’Onoria ai detti
Dal mio sonno io mi desto:
Massimo, di scolparti il tempo è questo.
Fin che il reo non si trova,
Il reo ti crederò.

▼MASSIMO▲
Perché? Qual fallo?
Sol perché Onoria il dice?
Che ingiustizia è la tua!

▼FULVIA▲
(fra sè)
Padre infelice!

▼VALENTINIANO▲
Giusto è il timor. Disse morendo Emilio
Che il traditor m’è caro,
Ch’io l’offesi in amor: tutto conviene,
Massimo, a te. Se tu innocente sei,
Pensa a provarlo: assicurarmi intanto
Di te vogl’io.

▼FULVIA▲
(fra sè)
M’assista il Ciel!

▼VALENTINIANO▲
Qual altro insidiar mi potea?
Olà!

▼FULVIA▲
Barbaro, ascolta: io son la rea.
Io commisi ad Emilio
La morte tua. Quella son io, che tanto
Cara ti fui per mia fatal sventura.
Io, perfido! son quella
Che oltraggiasti in amor, quando ad Onoria
Offristi il mio consorte. Ah! se nemici
Non eran gli astri a’ desiderii miei,
Vendicata sarei,
Regnerebbe il mio sposo; il mondo e Roma
Non gemerebbe oppressa
Da un cor tiranno e da una destra imbelle.
Oh sognate speranze! oh avverse stelle!

▼MASSIMO▲
(fra sè)
Ingegnosa pietade!

▼VALENTINIANO▲
Io mi confondo.

▼FULVIA▲
(fra sè)
Il genitor si salvi,
e pera il mondo.

▼VALENTINIANO▲
Tradimento sì reo pensar potesti?
Eseguirlo, vantarlo?

▼FULVIA▲
Ezio innocente
Morì per colpa mia: non vuo’ che mora
Innocente, per Fulvia, il padre ancora.

▼VALENTINIANO▲
Massimo è fido almeno.

▼MASSIMO▲
Adesso, Augusto,
Colpevole son io. Se quell’indegna
Tanto obliar la fedeltà poteo,
Nell’error della figlia il padre è reo.
Puniscimi, assicura
I giorni tuoi col mio morir. Potrebbe
Il naturale affetto,
Che per la prole in ogni petto eccede,
Del padre un dì contaminar la fede.

▼VALENTINIANO▲
A suo piacer la sorte
Di me disponga: io m’abbandono a lei.
Son stanco di temer. Se tanto affanno
La vita ha da costar, no, non la curo.
Nelle dubbiezze estreme
Per mancanza di speme io m’assicuro.

Per tutto il timore
Perigli m’addita.
Si perda la vita,
Finisca il martire;
È meglio morire
Che viver così.
La vita mi spiace,
Se il fato nemico
La speme, la pace,
L’amante, l’amico
Mi toglie in un dì.

(parte)

Scena Undicesima

▼MASSIMO▲
Partì una volta. Io per te vivo, o figlia
Io respiro per te. Con quanta forza
Celai fin or la tenerezza! Ah, lascia,
Mia speme, mio sostegno,
Cara difesa mia, che al fin t’abbracci.

(vuole abbracciar Fulvia)

▼FULVIA▲
Vanne, padre crudel.

▼MASSIMO▲
Perché mi scacci?

▼FULVIA▲
Tutte le mie sventure
Io riconosco in te. Basta ch’io seppi,
Per salvarti, accusarmi.
Vanne; non rammentarmi
Quanto per te perdei,
Qual son io per tua colpa, e qual tu sei.

▼MASSIMO▲
E contrastar pretendi al grato genitor
questo d’affetto testimonio verace? Vieni…

(vuole abbracciarla)

▼FULVIA▲
Ma per pietà lasciami in pace.
Se grato esser mi vuoi, stringi quel ferro:
Svenami, o genitor. Questa mercede
Col pianto in su le ciglia
Al padre, che salvò, chiede una figlia.

▼MASSIMO▲
Tergi le ingiuste lagrime;
Dilegua il tuo martirio,
Ché, s’io per te respiro,
Tu regnerai per me.
Di raddolcirti io spero
Questo penoso affanno
Col dono d’un impero,
Col sangue d’un tiranno,
Che delle nostre ingiurie
Punito ancor non è.

(parte)

Scena Dodicesima

▼FULVIA▲
Misera, dove son! L’aure del Tebro
Son queste ch’io respiro?
Per le strade m’aggiro
Di Tebe e d’Argo; o dalle greche sponde
Di tragedie feconde,
Vennero a questi lidi
Le domestiche Furie
Della prole di Cadmo e degli Atridi?
Là d’un monarca ingiusto
L’ingrata crudeltà m’empie d’orrore:
D’un padre traditore
Qua la colpa m’agghiaccia;
E lo sposo innocente ho sempre in faccia.
Oh immagini funeste!
Oh memorie! oh martirio!
Ed io parlo, infelice, ed io respiro?

Ah! non son io che parlo,
È il barbaro dolore,
Che mi divide il core,
Che delirar mi fa.
Non cura il ciel tiranno
L’affanno in cui mi vedo:
Un fulmine gli chiedo,
E un fulmine non ha.

(parte)

Scena Tredicesima

(Campidoglio antico, con popolo)

▼MASSIMO▲
Inorridisci, o Roma:
D’Attila lo spavento, il duce invitto,
Il tuo liberator cadde trafitto.
E chi l’uccise?
Ah! l’omicida ingiusto fu l’invidia d’Augusto.
Ecco in qual guisa premia un tiranno.
Or che farà di noi
Chi tanto merto opprime? Ah! vendicate,
Romani, il vostro eroe. La gloria antica
Rammentatevi omai: da un giogo indegno
Liberate la patria, e difendete
Dai vicini perigli
L’onor, la vita, le consorti e i figli.

(in atto di partire)

▼VARO▲
Massimo, ferma: e qual desio ribelle,
Qual furor ti consiglia?

▼MASSIMO▲
Varo, t’accheta, o al mio pensier t’appiglia.
Chi vuol salva la patria
Stringa il ferro e mi segua.

(tutti snudan la spada accennando il Campidoglio)

Ecco il sentiero,
Onde avrà libertà
Roma e l’impero.

(parte, seguìto da tutti, verso il Campidoglio)

▼VARO▲
Che indegno! Egli la morte
D’un innocente affretta,
E poi Roma solleva alla vendetta.
Va pur: forse il disegno
A chi lo meditò sarà funesto:
Va, traditor… Ma qual tumulto è questo?

(s’ode brevissimo strepito di trombe e timpani)

Già risonar d’intorno a Campidoglio io sento
Di cento voci e cento
Lo strepito guerrier.
Che fo? Si vada, e sia
Stimolo all’alma mia
Il debito d’amico,
Di suddito il dover.

(parte)

Scena Quattordicesima

(Si vedono scendere dal Campidoglio, combattendo, le guardie imperiali coi sollevati. Siegue zuffa, la quale terminata, esce Valentiniano senza manto, con spada rotta, difendendosi da due congiurati; e poi Massimo colla spada alla mano, indi Fulvia)

▼VALENTINIANO▲
(a Massimo)
Ah, traditori! Amico,
Soccorri il tuo signor.

▼MASSIMO▲
Fermate! Io voglio il tiranno svenar.

▼FULVIA▲
(si frappone)
Padre, che fai?

▼MASSIMO▲
Punisco un empio.

▼VALENTINIANO▲
È questa di Massimo la fede?

▼MASSIMO▲
Assai fin ora
Finsi con te. Se il mio comando Emilio
Mal eseguì, per questa man cadrai.

▼VALENTINIANO▲
Ah, iniquo!

▼FULVIA▲
Al sen d’Augusto
Non passerà quel ferro,
Se me di vita il genitor non priva.

▼MASSIMO▲
Cesare morirà.

Scena Ultima

(Ezio e Varo con spade nude, popolo e soldati; indi Onoria e detti)

▼EZIO, VARO▲
Cesare viva.

▼FULVIA▲
Ezio!

▼VALENTINIANO▲
Che veggo!

▼MASSIMO▲
Oh sorte!

(getta la spada)

▼ONORIA▲
È salvo Augusto?

▼VALENTINIANO▲
(accenna Ezio)
Vedi chi mi salvò!

▼ONORIA▲
(ad Ezio)
Duce, qual nume
Ebbe cura di te?

▼EZIO▲
Di Varo amico il zelo e la pietà.

▼VALENTINIANO▲
Come?

▼VARO▲
Eseguita
Finsi di lui la morte: io t’ingannai;
Ma in Ezio il tuo liberator serbai.

▼FULVIA▲
Provvida infedeltà!

▼EZIO▲
Permette il Cielo
Che tu debba i tuoi giorni,
Cesare, a questa mano,
Che credesti infedel. Vivi: io non curo
Maggior trionfo; e, se ti resta ancora
Per me qualche dubbiezza in mente accolta,
Eccomi prigioniero un’altra volta.

▼VALENTINIANO▲
Anima grande, eguale
Solamente a te stessa! In questo seno
Della mia tenerezza,
Del pentimento mio ricevi un pegno:

(accenna Fulvia)

Eccoti la tua sposa.
Onoria al nodo d’Attila si prepari:
io so che lieta la tua man
generosa a Fulvia cede.

▼ONORIA▲
È poco il sacrificio a tanta fede.

▼EZIO▲
Oh contento!

▼FULVIA▲
Oh piacer!

▼EZIO▲
Concedi, Augusto, la salvezza di Varo,
Di Massimo la vita ai nostri prieghi.

▼VALENTINIANO▲
A tanto intercessor nulla si nieghi.

▼CORO▲
Della vita nel dubbio cammino
Si smarrisce l’umano pensier.
L’innocenza è quell’astro divino,
Che rischiara fra l’ombre il sentier.
ATTO TERZO


Scena Prima

Atrio delle carceri con cancelli di ferro in prospetto, che conducono a diverse prigioni. Guardie a vista su la porta de’ detti cancelli

ONORIA
alle guardie
Ezio qui venga.
È questa gemma il segno

fra sè

Del cesareo volere. Il suo periglio
Mi fa più amante; e la pietà, ch’io sento
Nel vederlo infelice,
Tal fomento è all’amor, ch’io non so come
Si forma nel mio petto
Di due diversi affetti un solo affetto.
Eccolo. Oh, come altero,
Come lieto s’avanza!
O quell’alma è innocente, o non è vero
Che immagine dell’alma è la sembianza.

esce Ezio da uno de’ cancelli, presso de’ quali restano le guardie

EZIO
Questi del tuo germano
Son, principessa, i doni. Avresti mai
Potuto immaginarlo? In pochi istanti
Tutto cangiò per me. Cinto d’allori
Del giorno al tramontar tu mi vedesti;
E poi co’ lacci intorno
Tu mi rivedi all’apparir del giorno.

ONORIA
Ezio, qualunque nasce alle vicende
Della sorte è soggetto. Il primo esempio
Dell’incostanza sua, duce, non sei.
L’ingiustizia di lei
Tu potresti emendar. Per mia richiesta
Cesare l’ira sua tutta abbandona:
T’ama, ti vuole amico,
e ti perdona.

EZIO
E il crederò?

ONORIA
Sì. Né domanda Augusto
Altra emenda da te che il suo riposo.
Del tentativo ascoso
Scopri la trama, e appieno
Libero sei. Può domandar di meno?

EZIO
Non è poca richiesta. Ei vuol ch’io stesso
M’accusi per timore. Ei vuole a prezzo
Dell’innocenza mia
Generoso apparir. Sa la mia fede,
Prova rossor nell’oltraggiarmi a torto;
Perciò mi vuole o delinquente o morto.

ONORIA
Dunque con tanto fasto
Lo sdegno tuo giustificar non dei;
E, se innocente sei, placide, umìli
Sian le tue scuse. A lui favella in modo
Che non possa incolparti,
Che non abbia coraggio a condannarti.

EZIO
Onoria, per salvarmi
Ad esser vile io non appresi ancora.

ONORIA
Ma sai che corri a morte?

EZIO
E ben, si mora!
Non è il peggior de’ mali
Al fin questo morir; ci toglie almeno
Dal commercio de’ rei.

ONORIA
Pensar dovresti
Che per la patria tua poco vivesti.

EZIO
Il viver si misura
Dall’opre e non dai giorni. Onoria, i vili,
Inutili a ciascuno,
a sé mal noti,
Cui non scaldò di bella gloria il foco,
Vivendo lunga età vissero poco.
Ma coloro che vanno
Per l’orme ch’io segnai,
Vivendo pochi dì, vissero assai.

ONORIA
Se di te non hai cura,
Abbila almen di me.

EZIO
Che dici?

ONORIA
Io t’amo:
Più tacerlo nol so. Quando mi veggo
A perderti vicina, i torti oblio;
Ed è poca difesa
Alla mia debolezza il fasto mio.

EZIO
Onoria, e tu sei quella
Che umiltà mi consigli?
In questa guisa
Insuperbir mi fai. Potessi almeno,
Come i tuoi pregi ammiro, amarti ancora!
D'eh, consenti ch’io mora. Ezio piagato
Per altro stral ti viverebbe ingrato.

ONORIA
Viva ingrato, mi renda
D’ogni speranza priva,
Mi sprezzi pur, mi sia crudel; ma viva.
E se pur la tua vita
Aborrisci così, perché m’è cara,
Cerca almeno una morte
Che sia degna di te. Coll’armi in pugno
Mori vincendo; onde t’invidi il mondo,
Non ti compianga.

EZIO
O in carcere o fra l’armi,
Ad altri insegnerò come si mora.
Farò invidiarmi in questo stato ancora.

Guarda pria se in questa fronte
Trovi scritto alcun delitto,
E dirai che la mia sorte
Desta invidia e non pietà.
Bella prova è d’alma forte
L’esser placida e serena,
Nel soffrir l’ingiusta pena
D’una colpa che non ha.

rientra nelle carceri, accompagnato dalle guardie

Scena Seconda

ONORIA
Oh Dio, chi ‘l crederebbe! Al fato estremo
Egli lieto s’appressa;
io gelo e tremo.

VALENTINIANO
E ben, da quel superbo
Che ottenesti, o germana?

ONORIA
Io nulla ottenni.

VALENTINIANO
Già lo predissi. Eh si punisca. Omai
È viltade il riguardo.

ONORIA
E pur non posso
Crederlo reo. D’alma innocente è segno
Quella sua sicurezza.

VALENTINIANO
Anzi è una prova
Del suo delitto. Il traditor si fida
Nell’aura popolar. Vuo’ che s’uccida.

ONORIA
Meglio ci pensa. Ezio è peggior nemico
Forse estinto che vivo.

VALENTINIANO
E che far deggio?

ONORIA
Cerca vie di placarlo: il suo segreto
Sveller da lui senza rigor procura.

VALENTINIANO
E qual via non tentai?

ONORIA
La più sicura.
Ezio, per quel ch’io vedo
È debole in amor: per questa parte
Assalirlo conviene. Ei Fulvia adora:
Offrila all’amor suo; cedila ancora.

VALENTINIANO
Quanto è facile, Onoria,
A consigliare altrui fuor del periglio!

ONORIA
Signor, nel mio consiglio io ti propongo
Un esempio a seguir.
Sappi che amante
Io sono al par di te, né perdo meno:
Fulvia è la fiamma tua, per Ezio io peno.

VALENTINIANO
E l’ami?

ONORIA
Sì. Nel consigliarti or vedi
Se facile son io, come tu credi.

VALENTINIANO
Ma troppo ad eseguir duro consiglio
Mi proponi, o germana.

ONORIA
Il tuo coraggio, la tua virtù faccia arrossir la sorte.
Una donna t’insegna ad esser forte.

VALENTINIANO
Oh Dio!

ONORIA
Vinci te stesso. I tuoi vassalli
Apprendano qual sia D’Augusto il cor…

VALENTINIANO
Non più: Fulvia m’invia:
Facciasi questo ancor. Se tu sapessi
Che sforzo è il mio, quanto il cimento è duro…

ONORIA
Dalla mia pena il tuo dolor misuro:
Ma soffrilo. Nel duolo
Pur è qualche piacer non esser solo.

Peni tu per un’ingrata,
Un ingrato adoro anch’io:
È il tuo fato eguale al mio;
È nemico ad ambi Amor.
Ma, s’io nacqui sventurata
Se per te non v’è speranza,
Sia compagna la costanza,
Come è simile il dolor.

parte

Scena Terza

VALENTINIANO
Olà! Varo si chiami.

una comparsa esce, e parte per eseguire il comando

A questo eccesso
Della clemenza mia se il reo non cede,
Un momento di vita Più lasciargli non vuo’.

VARO
Cesare.

VALENTINIANO
Ascolta.
Disponi i tuoi più fidi
Di questo loco in su l’oscuro ingresso;
E se al mio fianco appresso
Ezio non è, s’io non gli son di guida,
Quando uscir lo vedrai, fa che s’uccida.

VARO
Ubbidirò. Ma sai
Qual tumulto destò d’Ezio l’arresto?

VALENTINIANO
Tutto m’è noto. A questo
Già Massimo provvede.

VARO
È ver, ma temo…

VALENTINIANO
Eh! taci: adempi il cenno, e fa che il colpo
Cautamente succeda. Udisti?

VARO
Intesi.

parte

VALENTINIANO
alle guardie de’ cancelli
Il prigionier qui rieda.

per se stesso

Tacete, o sdegni miei:
l’odio sepolto resti nel cor,
non comparisca in volto.

Con le procelle in seno
Sembri tranquillo il mar;
E un zeffiro sereno
Col placido spirar
Finga la calma.
Ma, se quel cor superbo
L’istesso ancor sarà,
Vi lascio in libertà,
Sdegni dell’alma.

Scena Quarta

MASSIMO
Signor, tutto sedai. D’Ezio la morte
A tuo piacere affretta:
Roma t’applaude; ogni fedel l’aspetta.

VALENTINIANO
Ma che vuoi? Mi si dice
Che un barbaro, che un empio,
Che un incauto son io. Gli esempi altrui
Seguitar mi conviene.

MASSIMO
Come! Perché?

VALENTINIANO
T’accheta: Ezio già viene.

Scena Quinta

Ezio incatenato esce dai cancelli, e detti

MASSIMO
fra sè
Chi mai lo consigliò!

EZIO
Dal carcer mio
Richiamato, io credei
D’incamminarmi ad un supplizio ingiusto:
Ma ne incontro un peggior; rivedo Augusto.

VALENTINIANO
fra sè
Che audace!

Ad Ezio

Ezio, fra noi
Più d’odio non si parli. Io vengo amico:
Il mio rigor detesto; E voglio…

EZIO
Io so che vuoi: m’è noto il resto.
Onoria ti prevenne; il tutto intesi.
S’altro a dirmi non hai,
Torno alla mia prigion; seco parlai.

VALENTINIANO
Non potea dirti Onoria
Quanto offrirti vogl’io.

EZIO
Lo so; mel disse:
Che la mia libertà, che il primo affetto,
Che l’amistà d’Augusto i doni sono.

VALENTINIANO
Ma non disse il maggior.

Scena Sesta

VALENTINIANO
accennando Fulvia
Vedi qual dono.

EZIO
Fulvia!

MASSIMO
fra sè
Che mai sarà! L’alma s’agghiaccia.

FULVIA
Da Fulvia che si vuol?

VALENTINIANO
Che ascolti e taccia.

ad Ezio

Ti sorprende l’offerta. Ella è sì grande,
Che crederla non sai, ma temi in vano:
La promisi: l’affermo; ecco la mano.

EZIO
A qual prezzo però mi si concede
D’esserne possessor?

VALENTINIANO
Poco si chiede.
Tu sei reo per amor: chi visse amante
Facilmente ti scusa.
Altro non bramo che un ingenuo parlar.
Tutto il disegno svelami,
te ne priego, acciò non viva
Cesare più co’ suoi timori intorno.

EZIO
a Fulvia
Addio, mia vita: alla prigione io torno.

VALENTINIANO
fra sè
E il soffro?

FULVIA
fra sè
Ahimè!

VALENTINIANO
ad Ezio
Senti. E lasciar tu vuoi,
stinato a tacer, Fulvia, che tanto
Fedel ti corrisponde?
Parla.

fra sè

Né meno il traditor risponde.

MASSIMO
fra sè
Quanti perigli!

VALENTINIANO
Ezio, m’ascolti? Intendi
Che parlo a te? Son tali i detti miei,
Che un reo, come tu sei, debba sprezzarli?

EZIO
Quando parli così, meco non parli.

VALENTINIANO

Eh! si risolva.

forte

Olà, custodi!

FULVIA
a Valentiniano
Ah! prima
Lo sdegno tuo contro di me si volga.

VALENTINIANO
a Fulvia
Né puoi tacere?

a le guardie

Il prigionier si sciolga.

si tolgono le catene ad Ezio

EZIO
Come!

FULVIA
fra sè
Che veggio!

MASSIMO
fra sè
Oh stelle!

VALENTINIANO
Al fin conosco che innocente tu sei.
Tanta costanza
Nel ricusar la sospirata sposa,
No, che un reo non avrebbe.
Ezio, mi pento
Del mio rigore: emenderanno i doni
Le ingiuste offese de’ sospetti miei.
Vanne; Fulvia è già tua; libero sei.

FULVIA
fra sè
Felice me!

EZIO
La prima volta è questa
Ch’io mi confondo, e con ragion. Chi mai
Un monarca rivale a questo segno
Generoso sperò! La tua diletta
Mi cedi, e non rammenti!…

VALENTINIANO
Omai t’affretta.
Impaziente attende
Roma di rivederti. A lei ti mostra:
Dilegua il suo timor. Tempo non manca
A’ reciprochi segni
D’affetto, d’amistà.

EZIO
Del fasto mio
Or, Cesare, arrossisco; e tanto dono…

VALENTINIANO
Ezio, va pur: conoscerai qual sono.

EZIO
Se la mia vita
Dono è d’Augusto,
Il freddo Scita,
L’Etiope adusto
Al piè di Cesare
Piegar farò.
Perché germoglino
Per te gli allori,
Mi vedrai spargere
Nuovi sudori;
Saprò combattere,
Morir saprò.

parte

Scena Settima

VALENTINIANO
fra sè
Va pur, te n’avvedrai.

MASSIMO
fra sè
Perdo ogni speme.

FULVIA
Generoso monarca, il Ciel ti renda
Quella felicità che rendi a noi.
I benefìci tuoi
Sempre rammenterò. Lascia che intanto
Su quell’augusta mano un bacio imprima.

VALENTINIANO
No, Fulvia: attendi prima
Che sia compìto il dono: ancor non sai
Quanto ogni voto avanza,
Quanto il dono è maggior di tua speranza.

MASSIMO
Cesare, che facesti? Ah, questa volta
T’ingannò la pietade.

VALENTINIANO
E pur vedrai
Che giova la pietà, ch’io non errai.
Ogni cura, ogni tema
Terminata sarà.

MASSIMO
Qual pace acquisti,
Se torna in libertà?

Scena Ottava

VALENTINIANO
Varo, eseguisti?

VARO
Eseguito è il tuo cenno:
Ezio morì.

FULVIA
Come! che dici?

VARO
a Valentiniano
Al varco
L’attesero i miei fidi: ei venne; e prima
Che potesse temerne, il sen trafitto
Si vide; sospirò, cadde fra loro.

MASSIMO
fra sè
Oh sorte inaspettata!

FULVIA
Oh Dio! mi moro.

si appoggia ad una scena, coprendosi il volto

VALENTINIANO
a Varo
Corri; l’esangue spoglia
Nascondi ad ogni sguardo: ignota resti
D’Ezio la morte ad ogni suo seguace.

VARO
Sarà legge il tuo cenno.

parte

VALENTINIANO
E Fulvia tace?
Or è tempo che parli. E perché mai
«Generoso monarca» or non mi dice?

FULVIA
come sopra
Ah, tiranno! Io vorrei…
Sposo infelice!

MASSIMO
Un primo sfogo al suo dolore ingiusto
Lascia, o signor.

Scena Nona

ONORIA
Liete novelle, Augusto.

VALENTINIANO
Che reca Onoria? Il volto suo ridente
Felicità promette.

ONORIA
Ezio è innocente.

VALENTINIANO
Come?

ONORIA
Emilio parlò. L’empio ministro
Nelle mie stanze io ritrovai celato,
Già vicino a morir.

MASSIMO
fra sè
Son disperato.

VALENTINIANO
Nelle tue stanze?

ONORIA
Sì. Da te ferito,
La scorsa notte ivi s’ascose. Intesi
Dal labbro suo ch’Ezio è innocente. Augusto,
Non mentisce chi more.

VALENTINIANO
E l’alma rea,
Che gli commise il colpo,
Almen ti palesò?

ONORIA
Mi disse: ‘È quella
Che a Cesare è più cara, e che da lui
Fu oltraggiata in amor.’

VALENTINIANO
Ma il nome?

ONORIA
Emilio
A dirlo si accingea, tutta su i labbri
L’anima fuggitiva egli raccolse;
Ma l’estremo sospiro il nome involse.

VALENTINIANO
Oh sventura!

MASSIMO
fra sè
Oh periglio!

FULVIA
a Valentiniano
Or di’, tiranno,
S’era infido il mio sposo,
Se fu giusto il punirlo. Or che mi giova
Che tu il pianga innocente? Or chi la vita,
Empio! gli renderà?

ONORIA
Fulvia, che dici?
Ezio morì?

FULVIA
Sì, principessa. Ah! Fuggi dal barbaro germano:
egli è una fiera che si pasce di sangue,
E di sangue innocente. Ognun si guardi;
Egli ha vinto i rimorsi; orror non sente
Della sua crudeltà, gloria non cura:
Pur la tua vita, Onoria, è mal sicura.

ONORIA
Ah, inumano! E potesti…

VALENTINIANO
Onoria, oh Dio!
Non insultarmi: io lo conosco, errai;
Ma di pietà son degno
Più che d’accuse. Il mio timor consiglia.
Son questi i miei più cari: in qual di loro
Cercherò il traditor,
s’io non gli offesi?

ONORIA
Chi mai non offendesti? Il tuo pensiero
Il passato raccolga, e non si scordi
Di Massimo la sposa, i folli amori,
L’insidiata onestà.

MASSIMO
fra sè
Come salvarmi!

VALENTINIANO
E dovrò figurarmi
Che i benefìci miei meno ei rammenti
Che un giovanil trasporto?

ONORIA
E ancor non sai
Che l’offensore oblia,
Ma non l’offeso, i ricevuti oltraggi?

FULVIA
fra sè
Ecco il padre in periglio.

VALENTINIANO
Ah! che pur troppo
Tu dici il ver; ma che farò?

ONORIA
Consigli or pretendi da me? Se fosti solo
A fabbricarti il danno,
Solo al riparo tuo pensa, o tiranno.

parte

Scena Decima

MASSIMO
Cesare, alla mia fede
Troppo ingrato sei tu, se ne sospetti.

VALENTINIANO
Ah! che d’Onoria ai detti
Dal mio sonno io mi desto:
Massimo, di scolparti il tempo è questo.
Fin che il reo non si trova,
Il reo ti crederò.

MASSIMO
Perché? Qual fallo?
Sol perché Onoria il dice?
Che ingiustizia è la tua!

FULVIA
fra sè
Padre infelice!

VALENTINIANO
Giusto è il timor. Disse morendo Emilio
Che il traditor m’è caro,
Ch’io l’offesi in amor: tutto conviene,
Massimo, a te. Se tu innocente sei,
Pensa a provarlo: assicurarmi intanto
Di te vogl’io.

FULVIA
fra sè
M’assista il Ciel!

VALENTINIANO
Qual altro insidiar mi potea?
Olà!

FULVIA
Barbaro, ascolta: io son la rea.
Io commisi ad Emilio
La morte tua. Quella son io, che tanto
Cara ti fui per mia fatal sventura.
Io, perfido! son quella
Che oltraggiasti in amor, quando ad Onoria
Offristi il mio consorte. Ah! se nemici
Non eran gli astri a’ desiderii miei,
Vendicata sarei,
Regnerebbe il mio sposo; il mondo e Roma
Non gemerebbe oppressa
Da un cor tiranno e da una destra imbelle.
Oh sognate speranze! oh avverse stelle!

MASSIMO
fra sè
Ingegnosa pietade!

VALENTINIANO
Io mi confondo.

FULVIA
fra sè
Il genitor si salvi,
e pera il mondo.

VALENTINIANO
Tradimento sì reo pensar potesti?
Eseguirlo, vantarlo?

FULVIA
Ezio innocente
Morì per colpa mia: non vuo’ che mora
Innocente, per Fulvia, il padre ancora.

VALENTINIANO
Massimo è fido almeno.

MASSIMO
Adesso, Augusto,
Colpevole son io. Se quell’indegna
Tanto obliar la fedeltà poteo,
Nell’error della figlia il padre è reo.
Puniscimi, assicura
I giorni tuoi col mio morir. Potrebbe
Il naturale affetto,
Che per la prole in ogni petto eccede,
Del padre un dì contaminar la fede.

VALENTINIANO
A suo piacer la sorte
Di me disponga: io m’abbandono a lei.
Son stanco di temer. Se tanto affanno
La vita ha da costar, no, non la curo.
Nelle dubbiezze estreme
Per mancanza di speme io m’assicuro.

Per tutto il timore
Perigli m’addita.
Si perda la vita,
Finisca il martire;
È meglio morire
Che viver così.
La vita mi spiace,
Se il fato nemico
La speme, la pace,
L’amante, l’amico
Mi toglie in un dì.

parte

Scena Undicesima

MASSIMO
Partì una volta. Io per te vivo, o figlia
Io respiro per te. Con quanta forza
Celai fin or la tenerezza! Ah, lascia,
Mia speme, mio sostegno,
Cara difesa mia, che al fin t’abbracci.

vuole abbracciar Fulvia

FULVIA
Vanne, padre crudel.

MASSIMO
Perché mi scacci?

FULVIA
Tutte le mie sventure
Io riconosco in te. Basta ch’io seppi,
Per salvarti, accusarmi.
Vanne; non rammentarmi
Quanto per te perdei,
Qual son io per tua colpa, e qual tu sei.

MASSIMO
E contrastar pretendi al grato genitor
questo d’affetto testimonio verace? Vieni…

vuole abbracciarla

FULVIA
Ma per pietà lasciami in pace.
Se grato esser mi vuoi, stringi quel ferro:
Svenami, o genitor. Questa mercede
Col pianto in su le ciglia
Al padre, che salvò, chiede una figlia.

MASSIMO
Tergi le ingiuste lagrime;
Dilegua il tuo martirio,
Ché, s’io per te respiro,
Tu regnerai per me.
Di raddolcirti io spero
Questo penoso affanno
Col dono d’un impero,
Col sangue d’un tiranno,
Che delle nostre ingiurie
Punito ancor non è.

parte

Scena Dodicesima

FULVIA
Misera, dove son! L’aure del Tebro
Son queste ch’io respiro?
Per le strade m’aggiro
Di Tebe e d’Argo; o dalle greche sponde
Di tragedie feconde,
Vennero a questi lidi
Le domestiche Furie
Della prole di Cadmo e degli Atridi?
Là d’un monarca ingiusto
L’ingrata crudeltà m’empie d’orrore:
D’un padre traditore
Qua la colpa m’agghiaccia;
E lo sposo innocente ho sempre in faccia.
Oh immagini funeste!
Oh memorie! oh martirio!
Ed io parlo, infelice, ed io respiro?

Ah! non son io che parlo,
È il barbaro dolore,
Che mi divide il core,
Che delirar mi fa.
Non cura il ciel tiranno
L’affanno in cui mi vedo:
Un fulmine gli chiedo,
E un fulmine non ha.

parte

Scena Tredicesima

Campidoglio antico, con popolo

MASSIMO
Inorridisci, o Roma:
D’Attila lo spavento, il duce invitto,
Il tuo liberator cadde trafitto.
E chi l’uccise?
Ah! l’omicida ingiusto fu l’invidia d’Augusto.
Ecco in qual guisa premia un tiranno.
Or che farà di noi
Chi tanto merto opprime? Ah! vendicate,
Romani, il vostro eroe. La gloria antica
Rammentatevi omai: da un giogo indegno
Liberate la patria, e difendete
Dai vicini perigli
L’onor, la vita, le consorti e i figli.

in atto di partire

VARO
Massimo, ferma: e qual desio ribelle,
Qual furor ti consiglia?

MASSIMO
Varo, t’accheta, o al mio pensier t’appiglia.
Chi vuol salva la patria
Stringa il ferro e mi segua.

tutti snudan la spada accennando il Campidoglio

Ecco il sentiero,
Onde avrà libertà
Roma e l’impero.

parte, seguìto da tutti, verso il Campidoglio

VARO
Che indegno! Egli la morte
D’un innocente affretta,
E poi Roma solleva alla vendetta.
Va pur: forse il disegno
A chi lo meditò sarà funesto:
Va, traditor… Ma qual tumulto è questo?

s’ode brevissimo strepito di trombe e timpani

Già risonar d’intorno a Campidoglio io sento
Di cento voci e cento
Lo strepito guerrier.
Che fo? Si vada, e sia
Stimolo all’alma mia
Il debito d’amico,
Di suddito il dover.

parte

Scena Quattordicesima

Si vedono scendere dal Campidoglio, combattendo, le guardie imperiali coi sollevati. Siegue zuffa, la quale terminata, esce Valentiniano senza manto, con spada rotta, difendendosi da due congiurati; e poi Massimo colla spada alla mano, indi Fulvia

VALENTINIANO
a Massimo
Ah, traditori! Amico,
Soccorri il tuo signor.

MASSIMO
Fermate! Io voglio il tiranno svenar.

FULVIA
si frappone
Padre, che fai?

MASSIMO
Punisco un empio.

VALENTINIANO
È questa di Massimo la fede?

MASSIMO
Assai fin ora
Finsi con te. Se il mio comando Emilio
Mal eseguì, per questa man cadrai.

VALENTINIANO
Ah, iniquo!

FULVIA
Al sen d’Augusto
Non passerà quel ferro,
Se me di vita il genitor non priva.

MASSIMO
Cesare morirà.

Scena Ultima

Ezio e Varo con spade nude, popolo e soldati; indi Onoria e detti

EZIO, VARO
Cesare viva.

FULVIA
Ezio!

VALENTINIANO
Che veggo!

MASSIMO
Oh sorte!

getta la spada

ONORIA
È salvo Augusto?

VALENTINIANO
accenna Ezio
Vedi chi mi salvò!

ONORIA
ad Ezio
Duce, qual nume
Ebbe cura di te?

EZIO
Di Varo amico il zelo e la pietà.

VALENTINIANO
Come?

VARO
Eseguita
Finsi di lui la morte: io t’ingannai;
Ma in Ezio il tuo liberator serbai.

FULVIA
Provvida infedeltà!

EZIO
Permette il Cielo
Che tu debba i tuoi giorni,
Cesare, a questa mano,
Che credesti infedel. Vivi: io non curo
Maggior trionfo; e, se ti resta ancora
Per me qualche dubbiezza in mente accolta,
Eccomi prigioniero un’altra volta.

VALENTINIANO
Anima grande, eguale
Solamente a te stessa! In questo seno
Della mia tenerezza,
Del pentimento mio ricevi un pegno:

accenna Fulvia

Eccoti la tua sposa.
Onoria al nodo d’Attila si prepari:
io so che lieta la tua man
generosa a Fulvia cede.

ONORIA
È poco il sacrificio a tanta fede.

EZIO
Oh contento!

FULVIA
Oh piacer!

EZIO
Concedi, Augusto, la salvezza di Varo,
Di Massimo la vita ai nostri prieghi.

VALENTINIANO
A tanto intercessor nulla si nieghi.

CORO
Della vita nel dubbio cammino
Si smarrisce l’umano pensier.
L’innocenza è quell’astro divino,
Che rischiara fra l’ombre il sentier.
最終更新:2022年09月23日 07:41