ATTO PRIMO
INTRODUZIONE
Scena I
Stanze Reali. Una statua di Apollo nella stanza.
Admeto indisposto nel letto, che dorme.
Ballo di Larve con stili sanguinosi in mano.
Admeto si leva in furia dal letto e dice.
RECITATIVO
ADMETO
Orride larve! E che da me volete?
Perchè Admeto fuggite? Ah! Sì voi siete,
che turbate la mente,
e da voi non risente che un affanno penoso:
Crude! Non avrò mai dunque riposo?
Se volete, ch'io muora, io morirò; ma che!
Voi non potete farmi morir senza turbar la quiete?
Sì, sì: di ferro armate, sanguinolenti,
e crude tornate, omai tornate.
Ma! Oh Dio! Ch'io già vi sento
che di pietade ignude non volete,
che cessi il mio tormento.
L'etra si scuota,
e con fulminea fiamma fenda la terra,
e nel suo cupo letto ov'è de'sogni il regno,
là vi ritrovi, e là vi squarci il petto.
Così almeno potrò, se il cor si sface già
che morir degg'io, morir in pace.
(Va di nuovo a posarsi)
ARIOSO
Chiudetevi miei lumi
In un perpetuo oblio,
Così col morir mio
Toglietemi alle pene eterni Numi.
(Entra Orindo.)
RECITATIVO
ORINDO
Sire, l'invitto Alcide a tè m'invia;
prima del suo partire
la tua destra real baciar desia.
ADMETO
Venga l'eroe, ma prima dimmi:
Trasimede che fà?
ORINDO
Delira per dipinta bellezza.
ADMETO
Dunque anch'egli è in tormenti?
ORINDO
Al par di te, Signore.
ADMETO
Sai la bella qual sia?
ORINDO
Da vicin mai non vidi l'effigie di colei,
per cui sospira. Sire, Alcide qui giunge.
Scena II
RECITATIVO
ERCOLE
A bastanza onorato nella tua Regia fui,
Tessalo Sire; già costretto a partire
io sono, Admeto, dove mi chiama il fato;
duolmi sol di lasciarti tormentato dal
duol trà queste piume.
ADMETO
Il tuo affetto cortese m'incatena, e ad
amarti il cor mi muove.
Quando partir risolvi?
ERCOLE
Al nuovo giorno.
ADMETO
Pria d'uscir dalla Reggia
pregoti far di nuovo a me ritorno.
ERCOLE
E verrò ad avvisarti, ove m'invio.
Brama d'immortal gloria mi punge il cor
più che non fece un guardo della mia Iole,
o di Cupido il dardo.
ARIA
La gloria solo
Che ogn'or bramai
Destò il valor
Non la beltà.
Frà mostri e orrori,
Se il piè portai,
Ciò non fù amor,
Non fù pietà.
(Parte.)
Scena III
RECITATIVO
ORINDO
Consolati, Signor,
ecco che viene Alceste la Regina
col suo aspetto al temprar del cor le pene.
ADMETO
Ahimè, Regina!
ALCESTE
Sire, mio Re, mio ben, mio sposo!
ADMETO
Oh, duolo tormentoso! Soccorretemi, oh Dei!
ALCESTE
Son i martiri tuoi tormenti miei. Soccorri,
Apoll', soccorri all'acerbe mie pene!
Tu che tra' Numi solo, fisico immortal sei,
sana il mio duolo!
LA STATUA (APOLLO)
Risanarti non puoi, se alcun per te non muore
de' più prossimi tuoi.
ADMETO
Stravagante portento!
ALCESTE
Deh, rallegrati, Admeto! Già che per me
la sorte apre alla tua salute il ciel le porte.
ADMETO
Sen' lasci al ciel la cura, e non si tema.
(Si addormenta.)
ORINDO
Perchè il Nume ...
ALCESTE
Ti acqueta! Chiuse ha il Rè le palpebre in
dolce oblio. Vi sarà chi per te morrà, ben mio.
ARIA
Luci care, addio, posate!
Stelle amate,
Sì, dormite,
Né stupite
Risvegliate che sarete
Se voi più non mi vedrete!
Ci vedremo negli Elisi,
E divisi
Torneremo a riunirsi
Col fruirsi
Fra quell'anime beate,
Luci care, addio, posate.
SINFONIA PASTORALE
Scena IV
Un bosco. Antigona ed Meraspe, ambi due da pastori.
RECITATIVO
ANTIGONA
Admeto traditor, iniquo amante.
Per la tua rotta fede
entro d'un letto infermo a languir
ti condanna il gran Tonante:
Admeto traditor, iniquo amante.
A che chiedermi al padre in tua sposa reale,
se ingannar mi volevi,
perfidissimo Rege, e disleale?
Ma Laomendonte, oh Dio,
la tua morte compiango, e il viver mio.
Del famoso Ilion l'alta caduta
le Regie pompe in veste umil mi muta.
MERASPE
Dà tregua, o Principessa,
ai sospiri del core, a' tuoi lamenti;
e desta nel tuo sen dolce conforto.
ANTIGONA
Meraspe, oh Dio! Il genitore è morto!
MERASPE
Chi contradir può mai ciò che il Ciel vuole?
ANTIGONA
Or procuriamo intanto, per dar qualche
sollievo a' miei tormenti d'introdurci Reggia;
Ma se alcun ti richiede nuova dell'esser mio,
cela il mio trono; dì che tua figlia, e pastorella sono.
MERASPE
Farò quanto m'imponi; alfin tu spera,
che non sempre fia sorte a noi severa!
ARIA
ANTIGONA
Spera allor che in mar turbato
Il nocchier vede il periglio,
E consiglio
Al suo scampo cerca ogn'or;
Ma se poi dal vento irato
Fra gli scogli a furia è spinto,
Egli è vinto,
E l'ardir gli manca, e il cor.
Scena V
Parte interiore del giardino.
Alceste con stile in mano con seguito
di damigelle velate che piangono.
RECITATIVO
ALCESTE
Non lagrimate o miei seguaci;
al meno la pace non turbate, a questo seno!
Per l'amato consorte che languendo sen giace,
a me convien morir, datevi pace!
ARIA
Farò così più bella
la bella fede mia,
la mia constanza
se vita porgo a quello
ch'è vita all'alma mia
ch'è mia speranza.
ARIA
Spera sì, mio caro bene,
Ch'io per te voglio morir;
Avran fine le tue pene,
Avrà fine il tuo soffrir.
(Parte.)
Scena VI
Ercole, Admeto con Guardie.
ARIA
ADMETO
Cangiò d'aspetto
Il crudo fato,
E nel mio petto
È già rinato
Tutto il piacer.
Io più non sento
Pene e tormento
Or che il mio seno
Torna a goder.
RECITATIVO
ERCOLE
Quanto ch'io goda Admeto del tuo felice
stato sallo il ciel, sallo il fato,
che per te destinò giorno sì lieto.
ADMETO
Ercole, dal tuo aspetto vienmi in questo momento
raddoppiata la gioia, ed il contento.
VOCE DI DENTRO
Oh barbaro destino!
ORINDO DI DENTRO
Oh caso fiero!
VOCE ED ORINDO
Colpo crudo e severo!
ADMETO
Quali voci son queste? Udisti, Ercole?
ERCOLE
Udii, flebili e meste risuonar alte strida.
Scena VII
RECITATIVO
ORINDO
Oh come spesso o Sire,
congiunti van con l'allegrezza il pianto:
rio turbine improviso di lacrimoso evento turba
in corte il seren d'ogni contento.
ADMETO
Narrami, oh Dio, che di funesto apporti.
ORINDO
Ciò che per gran dolor muta la lingua
raccontarti non può,
mira e del pianto apri le fonti a gli occhi.
(Qui s'apre il proscenio, e si vede presso una fonte
Alceste svenata col ferro nel petto.)
ADMETO
Oh Dei! Che veggio?
ERCOLE
Oh Cieli!
ORINDO
Leggi su questo foglio prima del suo morire
quali note amorose per te scritte lasciò.
ADMETO
Che leggo? Ahi, lasso!
"Adorato Consorte,
per dar a te salute a me dò morte."
Toglietemi da gli occhi così tragico oggetto,
o fidi amici; toglietemi la vita e con essa
involate il mio tormento!
ERCOLE
Deh, ricordati, Admeto, che al dominio
nascesti, e alle corone.
(Si chiude il proscenio.)
ADMETO
Ercole, il mio dolor, fatto tiranno,
sforza l'anima, e il core a tributargli
acerbo pianto e affanno.
ERCOLE
Se Rè tu sei, da invitto domina del tuo cor
l'alto dolore!
ADMETO
Da tua robusta mano sol conforto n'attendo,
invitto Alcide: Tu che il varco chiudesti all'oceano,
tu che col tergo fosti stabile appoggio
alle cadenti sfere,
e Teseo liberasti dal baratro infernal,
tu solo puoi dall'Erebo profondo
trarne libera Alceste a mondo.
ERCOLE
Vedi, s'io t'amo, o Sire;
voglio per consolarti scender a Dite,
e in quella Reggia accesa
in tal giorno tentar sì dura impresa.
(Parte.)
ARIA
ADMETO
Un lampo è la speranza,
Fa lume, è ver, ma poi
Quel lume ancor a noi
Ben spesso offende,
Un ben con lei s'avanza
Ma se non resta al cor
Un più crudel dolor
Di nuovo accende.
Scena VIII
Un bosco. Antigona, e poi Meraspe
RECITATIVO
ANTIGONA
Meraspe, ancor della città non torna,
ed io fra queste selve vado ramingo
in compagnia di belve.
(Entra Meraspe.)
MERASPE
Dà tregua, oh Principessa,
ai sospiri del cor, a' tuoi lamenti,
odi quai lieti avvisi dalla cittade
in questo dì t'apporto.
ANTIGONA
E che nuove son queste?
MERASPE
È sano Admeto, e s'è svenata Alceste.
ANTIGONA
La cagion?
MERASPE
Non l'intesi.
ANTIGONA
Ciò fia ver? Come il sai?
MERASPE
Così per la città parla tutta la gente;
spera, spera, chisà,
or che vedovo è il Re,
che col mirarti non ritorni ad amarti.
ANTIGONA
Colà dunque n'andiamo.
MERASPE
Ci vieta il gir più oltre turba di cacciatori,
che vien da quella parte.
ANTIGONA
Ritiriamci in disparte.
Scena IX
Trasimede col ritratto di Antigona in mano,
e Cacciatori, che lo seguono.
SINFONIA
RECITATIVO
TRASIMEDE
Cara Antigona amata,
dal pennello animata,
ad onta della morte, io pur t'adoro.
MERASPE
Trasimede è costui.
ANTIGONA
Ben lo conobbi.
MERASPE
Di te il principe acceso? Buon mezzo affè
per introdurti in corte.
ANTIGONA
Lascia a me oprar.
MERASPE
T'assista amica sorte.
(Si avanzano.)
TRASIMEDE
Ahimè! Numi! Che miro?
Di costei nel sembiante stupefatto ravviso
d'Antigona l'immago, e il proprio viso.
MERASPE
Va cauta nel celarti.
ANTIGONA
Taci, non dubitar.
TRASIMEDE
Tu, dunque vivi, Antigona, mia vita,
sospirato mio ben, mio cor, mia luce?
ANTIGONA
Che vaneggi, Signor? Non ti conosco:
di questo folto bosco povera abitatrice,
figlia son io di quel pastor, che miri.
TRASIMEDE
Più che le luci affiso,
in quel tuo vago viso ingannato ne resto.
ANTIGONA
Signor, qual tu ti sia?
TRASIMEDE
Prencipe sono.
ANTIGONA
E come tal t'inchino.
TRASIMEDE
Questi ossequi ricuso da te Antigona mia.
Lasso! Che dico! Scusami, pastorella,
io son deluso. Qual è dunque il tuo nome?
ANTIGONA
Rosilda.
TRASIMEDE
E tu?
MERASPE
Fidalbo.
TRASIMEDE
Già che avezza tu sei a trattar con le piante,
se col tuo genitore alla corte verrai,
tu del giardin real l'assunto avrai.
MERASPE
Figlia, non ricusar sì buon partito.
ANTIGONA
Aggradisco l'invito.
TRASIMEDE
(ad uno de' suoi seguaci, il quale parte.)
E tu raccogli in tanto
gli sparsi cacciatori qui d'intorno
chè alla Reggia io ritorno.
MERASPE
Signor, se quindi parti
sarem tosto alla Reggia ad inchinarti.
ARIA
TRASIMEDE
Se l'arco avessi e i strali,
direi che in forma umana
Venuta sia Diana
Al saettar le belve.
Se non, dimmi, mortali
O bella Ninfa i lumi,
Se nacquero fra i Numi,
O pur fra queste selve.
(Parte.)
Scena X
Antigona e Meraspe.
RECITATIVO
ANTIGONA
Non potrà meglio il fato
il Prence aver guidato in questo bosco.
MERASPE
Non sì tosto lo vidi,
che io conobbi, e ti conobbe ancora.
ANTIGONA
Il ritratto vagheggia,
e somiglianza in me più l'innamora;
ma il crudo Admeto, o Dio! per me vorrei
che così rispondesse a' voti miei.
MERASPE
Spera; la speme nostra è quasi in porto:
Non ti stancar, fa cuore,
dopo gli affanni ancor viene il conforto.
ARIA
ANTIGONA
Sen' vola lo sparvier
Per ogni estraneo lido,
Spiando in ogni nido
Se potrà mai veder
Preda novella.
S'egli la trova poi
Con forza e con vigor
Rivolge i vanni suoi
Sopra di quella.