ATTO PRIMO
SCENA I
Deliziosa campagna. alla sinistra, in poca lontananza, scorgesi Bassano.
Cavalieri, Dame, vassalli, vengono ad incontrare il Conte di Salinguerra.
CORO:
Di vermiglia, amabil luce
appar tremula sull'onda
una stella che ne adduce,
vinte l'ombre, un lieto dì.
Par che ogn'astro a lei davante
fugga e timido s'asconda:
è la stella che il sembiante
d'Amatunzia in ciel vestì.
Guidati propizio genio a noi;
in questo suolo il gaudio
spargere ancor tu puoi;
scorran di guerra i turbini
per l'itale città,
al fortunato talamo
la pace arriderà.
RICCARDO:
Son fra voi! Già sorto è il giorno
che affrett‚ i desir miei:
questi plausi a me d'intorno,
questi voti io devo a lei,
a lei sola che m'invita
alle gioie dell'amor.
CORO:
Oh felici! omai compita
è la speme d'ogni cor.
RICCARDO:
Già parmi udire il fremito
degl'invidi nemici!
Le balde lor cervici
protrate al suol vedrò.
Oh! chi vi salva al turbine
dei Salinguerra offesi?
Ad Ezzelino ascesi, gli stolti abbatterò.
CORO:
Vieni fra lieti plausi
ove t'attende amor,
vedrai più bello fulgere
degli avi lo splendor.
SCENA II
Leonora
LEONORA:
Ah, sgombro è il loco alfin! L'insana gioia
all'abborrite torri
porta la turba de' vassalli, e intanto
almen qui tace delle nozze il canto!...
Nozze? ...Con altra donna?
Inaspettata io pur sarovvi!...anch'io
reco a quell'ara il giuramento mio.
Oh padre! Di qual duolo
cagion ti fia quest'infelice, quando
lunge dal patrio suolo
di te indegna l'udrai? Ma vendicato
sarà l'oltraggio, e questo
è il giorno in cui la mia vendetta appresto.
Sotto il paterno tetto
un angiol m'apparia
radiante nell'aspetto
d'amore e di beltà.
Di speme a me nudria
il core innamorato . . .
Ah! Mi tradì l'ingrato,
tolto ogni gioia ei m'ha.
Oh, potessi nel mio core
soffocar l'immenso amore!
D'innocenza al primo giorno,
oh, potessi ritornar!
Io sognavo allor Cherùbi
su dorate e bianche nubi;
ora i triboli e lo scorno,
ora il pianto e il sospirar.
(Si allontana verso l'abitato)
SCENA III
Oberto
OBERTO:
Oh patria terra, alfin io ti rivedo,
terra sì cara e desiata! Ognora
in sul lido ospital, che m'accogliea,
sempre di te la mente si pascea!
Triste cagion mi scorge,
patria diletta, a te . . . Di nuovo pianto
vengo a bagnarti, o dolce suol natio,
poi dovrò dirti un'altra volta addio!
Se lo scritto fatal della sorella
non mi tragge in inganno,
dovrebbe esser qui giunta. Ahi lasso! E dove
trovar ti debbo, o figlia ingrata! . . . io fremo . . .
Forse al padre segnasti il giorno estremo!
SCENA IV
Leonora, Oberto
LEONORA:
Al cader della notte
denno le nozze incominciar! Ben sia!
In fosca luce avvolta,
potrò meglio al castello
recarmi inosservata . . . Oh ciel! . . . chi vedo! . . .
OBERTO:
Qual voce! . . . è dessa!
LEONORA:
Tu! . . . padre!
OBERTO:
Son io!
LEONORA:
In qual luogo il rivedo, eterno Iddio!
OBERTO:
Guardami! Sul mio ciglio
vedi del duol le impronte!
Nell'impudica fronte
sculto il terror ti sta!
Non ti bastò il periglio
d'un padre sventurato . . .
L'onore hai tu macchiato
di sua cadente età.
LEONORA:
Padre! Mi strazii l'anima . . .
Quel guardo mi spaventa!
O vendicata, o spenta
la figlia tua sarà.
A una tradita e misera
dona un amplesso, o padre . . .
Ten prega in ciel la madre,
gioia nel ciel ne avrà.
OBERTO:
La madre tua? . . .
LEONORA:
Dal cielo
vede il mio pianto e geme!
OBERTO:
Vede il tuo fallo e freme . . .
Taci, ti scosta, va!
LEONORA:
Del tuo favor soccorrimi,
ciel, che agli afflitti arridi!
Or che a me presso il guidi,
salvami il genitor!
OBERTO:
Del braccio tuo soccorrimi,
ciel, che agli oppressi arridi!
Io venni a questi lidi
vindice dell'onor!
Odi! In quell'alte torri
il seduttor si cela . . .
Ivi il delitto svela;
lavi l'infamia, o mora . . .
Ti fia concesso allora
del padre tuo l'amor.
LEONORA:
Sì! Fra quell'alte torri
la voce mia risuoni!
Piombi sull'ara e tuoni
spavento allo spergiuro . . .
Rimeritarmi io giuro
del padre mio l'amor.
OBERTO:
Un amplesso ricevi, o pentita;
ti fia pegno al perdono promesso.
Ma se infamia anteponi alla vita,
fia l'estremo che ottieni da me!
LEONORA:
Affidata del padre all'amplesso
di me stessa mi sento maggiore;
se l'infamia antepongo all'onore,
fia l'estremo che ottengo da te.
(Partono verso Bassano)
SCENA V
Magnifica sala nel palazzo di Ezzelino.
CORO:
Fidanzata avventurosa,
vieni a noi col tuo fedel!
Sembri l'alba che di rosa
piange, adorna e schiara il ciel.
Qual d'Eugania sulle spalle
nivea falda, hai puro il cor;
a te il giglio della valle
cede il vanto nel candor.
E' del cielo il tuo bel viso
un'imagine quaggiù;
sul tuo labbro sta il sorriso,
e nel core la virtù.
SCENA VI
Cuniza, Riccardo, Imelda, Coro
CUNIZA:
Basta, basta, o fedeli! In questo giorno
del vostro amor novelle prove io vedo!
Ve ne compensi il ciel! Ite, fra poco
a me vi chiamerò.
RICCARDO:
Cuniza, ah, parmi
che in sì bel giorno un velo
copra tua vaga fronte.
CUNIZA:
Ah, invan lo celo!
Il pensier d'un amore felice
sembra un sogno, mio bene, per me!
Ma spiegar quanto il core mi dice
Questa gioia che il petto m'innonda,
è commista a un arcana timor,
e mi par che una voce profonda
lamentosa mi suoni nel cor.
RICCARDO:
Nuovo di per te splenda sereno,
ah, distruggi ogni vano timor!
Una voce ti sorga nel seno
che ti parli di gioia e d'amor!
Presso all'ara un'imagin funesta
non recare in tal giorno con te;
se una triste memoria ti resta,
fia sorgente d'affanno per me.
CUNIZA:
Ah, perdona!
RICCARDO:
Consoli un sorriso
chi tuo sposo in brev'ora sarà.
Far il timore e la speme diviso
questo core spiegarsi non sa!
CUNIZA:
Pari a un sogno che non dura
sono, il credi, i dubbi miei.
RICCARDO:
Ti rinfranca, t'assicura,
senza te morir vorrei! . . .
Questa mano omai ritorni
la tua gioia, la tua calma;
un sol core, una sol'alma
or di noi si formerà.
Scorreranno i nostri giorni
come limpido ruscello,
finchè morte dall'avello
nostre salme chiederà.
(Partono)
SCENA VII
Imelda, Leonora
IMELDA:
Alta cagione adunque
nel castello ti guida? . . .
LEONORA:
E tal che assai la suora d'Ezzelino
interesse ne avrà.
IMELDA:
Fa cor, straniera!
Attendi in questo loco . . .
Verrà la principessa a te fra poco.
LEONORA:
Ah, perchè tanto in petto
ora mi balzi, o cor? . . . Il padre mio
là celato m'ascolta! . . . Il suo perdono
meritarmi saprò . . . Dinanzi all'empio
me non vegga tremante.
M'assisti, o cielo, nel tremendo istante!
CUNIZA:
Bella straniera, che richiedi?
LEONORA:
Fama di tue virtudi al tuo cospetto or guida
un'infelice.
CUNIZA:
Franco parla.
LEONORA:
Ebbene . . .
D'un misero la figlia
vedi dinanzi a te; d'Oberto forse
il nome non t'è ignoto.
CUNIZA:
Ah! D'Oberto il nemico? . . .
LEONORA:
Somesso parla . . . In queste mura il piede
meco egli reca.
CUNIZA:
Nel castello? Oh cielo!
LEONORA:
Ira lo spinse ad un partito estremo . . .
Già ti sta presso . . .
CUNIZA:
Egli?
LEONORA:
Lo vedi!
CUNIZA:
(Io tremo!)
SCENA IX
Oberto e dette
OBERTO:
Son io stesso! A te davanti!
vedi, o donna, un infelice;
se pietà sperar mi lice,
io la spero dal tuo cor.
D'aspro fato io son lo scherno,
ma l'onor serbava illeso;
or tradito, villipeso
m'è da un vile anco l'onor.
CUNIZA:
Ciel, che fèsti! . . . A qual periglio
I tuoi giorni, incauto, esponi?
Che mi chiedi? Di', proponi,
ove il possa lo farò.
LEONORA:
Tutto puoi, lo puoi tu sola! . . .
Ma il tuo cor sarà trafitto,
se il colpevole e il delitto
io fremendo svelerò.
CUNIZA:
(Qual presagio il cor m'agghiaccia!)
Parla dunque.
OBERTO:
A lei s'aspetta!
a te poi la mia vendetta,
od al brando affiderò.
LEONORA:
Mentì nome, mentì spoglie,
mi promise eterno amore;
ebbe impero sul mio core,
poi spergiuro mi tradì . . .
Tutto, tutto, e pace e onore
un indegno mi rapì.
OBERTO:
Altra donna! . . .
CUNIZA:
Ciel! . . . chi è dessa?
Il suo nome? . . .
LEONORA:
Sei tu stessa!
OBERTO:
Salinguerra è il traditor!
CUNIZA:
Ciel! . . . Riccardo! . . . Oh, quale orror!
OBERTO:
Su quella, fronte impressa
la verità tu vedi.
Se agli occhi tuoi non credi,
credilo al mio furor.
Ho d'Ezzelino infranta
la dura legge, e meco
in questa terra io reco
un fido brando ancor.
CUNIZA:
Tempra gli acerbi detti,
l'ira fervente acqueta;
a perigliosa meta
essa condur ti può .
Scherno non sei tu sola
d'un infelice affetto . . .
Ma vendicarlo, o in petto
spegnerlo, ben saprò.
LEONORA:
Oh generosa! Un ferro
io ti piantai nel seno.
A te l'indegno almeno
tolto l'onor non ha.
Ben tu potresti odiarlo . . .
Ma disperata io sono!
Io merto il tuo perdono,
merto la tua pietà.
CUNIZA:
Quanto mi costi! . . .
LEONORA:
Il credo.
CUNIZA:
Quanto ne soffro! . . .
OBERTO:
Il so!
CUNIZA:
Sul ciglio mio . . .
LEONORA:
Lo vedo . . .
Il pianto già spuntò.
CUNIZA:
Ma fia l'estremo, o misera,
che bagna le mie gote.
Ira il mio cor percote,
sul traditor cadrà.
OBERTO e LEONORA:
Ah sì! L'estrema lagrima
scorre sulle tue gote;
l'ira che il cor percote
sul traditor cadrà.
(Cuniza conduce Oberto in una vicina stanza)
CUNIZA:
A me gli amici!
SCENA X
Riccardo, Imelda, Cavalieri, Dame e detti
CUNIZA: (A Riccardo, additando Eleonora)
Mira!
RICCARDO:
(Io gelo! Avvampo d'ira!)
CUNIZA:
Mirala!
RICCARDO:
Ebben! . . . l'amai,
spergiura la trovai.
LEONORA:
Ti conosco in questo istante:
di te degna è l'empia accusa!
Fui tradita, fui delusa,
e insultata or sono ancor.
TUTTI:
(Infelice! Nel sembiante
ha lo strazio del dolor!)
OBERTO:
Chi d'insultarla ardisce?
LEONORA:
(Oh cielo!)
CUNIZA:
(Ei si tradisce!)
RICCARDO:
(Il padre!)
CUNIZA:
(Ah, troppo osò!)
TUTTI:
Oberto!!
OBERTO:
Sì, son io.
TUTTI:
Chi lo condusse?
OBERTO:
Un Dio i passi miei guidò.
TUTTI:
A quell'aspetto un fremito
per ogni fibra io sento!
Egli è scoperto, e spento
sul patrio suol cadrà.
OBERTO:
A quell'aspetto un fremito
in ogni fibra io sento!
Io morirò, ma spento
meco quel vil cadrà!
OBERTO:
Non basta una vittima - a questo codardo.
e il padre e la figlia - vilmente egli uccide,
rapisce l'onore, - insulta, deride . . .
Oh stolto! Una spada - so cingere ancor!
RICCARDO:
All'onta rispondere - m'udresti, o vegliardo,
se all'ira che m'agita - la piena schiudessi;
se in cor pietade - di te non avessi,
mostrarti il sentiero - potrei dell'onor!
LEONORA:
Sentiero a te incognito - è quel del gagliardo!
L'onore non celasi - ha sempre un sembiante.
Oppressa, oltraggiata, - tradita, a te innante
mi vedi, o superbo, nè senti rossor?
CUNIZA:
Già l'alma pascevasi - d'un giuro bugiardo,
aprivasi ai guadii - d'un tenero affetto!
Ma vincer gl'inganni - saprò del mio petto,
in odio mutarsi - già sento l'amor!
IMELDA e CORO:
Oh cielo, non toglierci - l'amico tuo sguardo!
Gli sdegni s'acquetino, e pace ne arrida!
Se un cor fu spergiuro, - se un'anima infida,
quell'alma punisci, punisci quel cor!