ATTO II
Scena Prima
(Prigione)
ANTONIO
(additando il carcere di Ninetta)
In quell'orrendo carcere rinchiusa
Geme la poveretta! Ah chi potria
Del misero suo stato
Non sentire pietà? Cara fanciulla,
Io vo' cercare almeno
D'alleviare i tuoi strazi. - Ehi, mia signora
(Antonio dice queste ultime parole aprendo la porta del carcere di Ninetta, e chiamandola dalla soglia)
NINETTA
(di dentro)
Ahimè!
ANTONIO
Deh! Non temete:
Sono Antonio; sorgete...
(entrando nel carcere),
Venite qui,
(uscendo dal carcere colla Ninetta per mano)
Venite
A respirare, ed a godere almeno
Un po' di luce.
NINETTA
Ah quanto vi son grata!
Scena Seconda
NINETTA
Conoscete voi Pippo?
ANTONIO
Il servo...
NINETTA
Appunto.
Se poteste, di grazia,
Farlo tosto avvertito
Ch'io gli vorrei parlar?
ANTONIO
Uhm! Non saprei...
Vedrem... Procureremo...
(S'ode battere alla porta)
Chi va là?
GIANNETTO
Apritemi!
NINETTA
Qual voce!
ANTONIO
Che volete?
(osservando per lo sportello)
Voi qui, signor Giannetto?
NINETTA
Giannetto!
GIANNETTO
Vi scongiuro,
Apritemi.
ANTONIO
Impossibile.
NINETTA
(prendendo affettuosamente per mano Antonio)
Ah mio benefattor!
ANTONIO
(fra sè)
E chi potrebbe resister mai?
(alla Ninetta affettando serietà)
Restate. -
(fra sè)
Infin che male c'è?
(apre a Giannetto)
Signore, entrate.
Scena Terza
ANTONIO
(riceve da Giannetto una moneta, e si ritira per la porta onde quegli è entrato)
Oh troppe grazie!
GIANNETTO
(stringendole la mano)
Cara!
NINETTA
Ed è pur vero?
Ah dunque ancora tu non m'hai del tutto
Abbandonata!
GIANNETTO
Abbandonarti? Oh cielo!
Tu sì m'abbandonavi allor... Che dico?
No, no, perdona... io non lo credo... E pure...
Ah, se caro ti sono,
Se veder non mi vuoi morir d'affanno,
Ah togli i dubbi miei,
M'apri il tuo cor, dimmi se rea tu sei.
NINETTA
(con dignità)
Sono innocente.
GIANNETTO
E perché dunque, o cara,
Non ti discolpi?
NINETTA
Perché nulla io posso
Addurre in mia difesa.
Tacer m'è forza, se tradir non voglio
Chi già dall'empia sorte
È percosso abbastanza.
GIANNETTO
Ma sperar non poss'io?...
NINETTA
Vana speranza!
GIANNETTO
(fra sè)
Più non so che pensar! -
(a Ninetta)
Ah mia Ninetta,
Tu sei perseguitata:
Il Podestà crudele
La tua sentenza affretta! Tu conosci
Il rigor delle leggi. Ah! se non parli,
Se il tuo fatale arcano
A nasconder ti ostini,... io tremo! Forse
In questo giorno istesso... Oh giorno orrendo!
NINETTA
Condannata sarò... Non più! T'intendo.
Forse un dì conoscerete
La mia fede, il mio candore:
Piangerete il vostro errore;
Ma quel pianto io non vedrò:
Là fra l'ombre allor sarò!
GIANNETTO
Taci, taci; tu mi fai
L'alma in sen gelar d'orrore.
(fra sè)
No la colpa in sì bel core,
No, ricetto aver non può.
Ed io perderla dovrò!
NINETTA, GIANNETTO
No che la morte istessa
Tanto non fa penar!
Troppo è quest'alma oppressa
Non posso respirar.
Scena Quarta
ANTONIO
(a Giannetto)
O mio signor, partite:
Il Podestà sen viene.
GIANNETTO
(alla Ninetta)
Idolo mio!
NINETTA
(a Giannetto)
Mio bene!
ANTONIO
(alla Ninetta)
E voi tornate al carcere.
NINETTA, GIANNETTO
Crudel necessità!
GIANNETTO
Parto; ma per salvarti
Tutto farò, ben mio.
Spera frattanto.
NINETTA, GIANNETTO
Addio !
Che barbaro dolor!
Più non resisto, o Dio!
Sento mancarmi il cor .
GIANNETTO
O cielo, rendimi
Il caro ben
NINETTA
O cielo rendimi
Al caro ben.
NINETTA, GIANNETTO
O scaglia un fulmine
Che m'arda il sen.
(Giannetto esce; la Ninetta ritorna nel suo carcere)
Scena Quinta
ANTONIO
Ah, destino crudel! Ma perché mai
Tanto rigore questa volta ostenta
Il Podestà?.. No, mormorar non voglio:
Ma qui certo s'asconde un qualche imbroglio.
IL PODESTÀ
Antonio? - Conducetemi
La prigioniera. - No, non fia mai vero
Che a tollerare io m'abbia
Sprezzi e rifiuti.
(ad Antonio che ha condotto la Ninetta)
Andate. -
(fra sè)
All'arte. -
(alla Ninetta)
Orsù, mia povera Ninetta,
T'accosta. A te mi guida
Tenerezza e pietà. Più non rammento
I tuoi torti con me: vorrei salvarti;
Ma come mai, se tutto
Rea ti condanna?
NINETTA
Io rea!
E creder lo potete?
IL PODESTÀ
Ah sì, pur troppo!
NINETTA
Tutto, è vero, congiura a danno mio;
Ma, lo sanno gli Dei, rea non son io.
IL PODESTÀ
E bene, io spero ancor. Tutto tu puoi,
Amabile Ninetta,
Aspettarti da me. Sì, non temere;
Voglio quest'oggi istesso
Toglierti di prigione.
NINETTA
O mio signore,
Se non mi promettete
Che intero mi sarà reso l'onore,
E innanzi agli occhi altrui
Sciolta ritornerò d'ogni sospetto,
Voglio qui rimaner.
IL PODESTÀ
Te lo prometto.
Sì per voi, pupille amate,
Tutto, tutto far desio,
Ma per me, tu pur, ben mio
Qualche cosa devi far.
NINETTA
Chi m'aiuta?
IL PODESTÀ
Sta' tranquilla,
E t'affida a chi t'adora:
Io salvar ti posso ancora
Se t'arrendi al mio pregar.
NINETTA
No giammai.
IL PODESTÀ
Paventa, ingrata!
CORO DI GUARDIE
(di fuori)
Ah Ninetta sventurata!
IL PODESTÀ
(con trasporto)
Quali accenti! Un solo amplesso...
CORO
(entrando)
Radunato è il gran consesso;
Manca solo il Podestà.
(A queste voci esce fuori Antonio, il qual si tiene in disparte)
IL PODESTÀ
(fra sè)
Oh mia sorte maledetta! -
(alle guardie)
Ho capito; vengo in fretta. -
(alla Ninetta)
Hai sentito? e ancora adesso...
NINETTA
Sì, vi replico lo stesso.
IL PODESTÀ
Ma la morte?
NINETTA
Non la temo.
IL PODESTÀ
Vanne, indegna; ci vedremo:
Quell'orgoglio alfin cadrà.
Udrai la sentenza,
Perdon chiederai;
Ma invan pregherai,
Ma tardi sarà.
CORO, ANTONIO
(fra sè)
Oh ciel, che fia mai!
Sospetto mi dà.
IL PODESTÀ
In odio e furore
Cangiato è l'amore.
Pietà nel mio petto
Più luogo non ha.
(In questo punto s'ode da lontano il suono de' tamburi qui s'annunzia al popolo che s'apre la sessione del Tribunale)
CORO
Udiste?
IL PODESTÀ
Vi seguo.
CORO
È questo l'avviso.
IL PODESTÀ
(alla Ninetta)
E bene?
NINETTA
Ho deciso.
IL PODESTÀ
(fra sè)
Qual sorte l'attenda
L'ingrata non sa.
(parte)
CORO, ANTONIO
(fra sè)
Quel torbido aspetto paura mi fa.
(Il coro parte insieme col Podestà)
NINETTA
Ah, barbaro oggetto,
T'invola di qua!
Scena Sesta
ANTONIO
Podestà, Podestà! tu me l'hai fatta.
Le cose questa volta
In regola non vanno.
Ah piaccia al cielo!...
PIPPO
(ad Antonio)
Chiamar voi mi faceste.
(vedendo la Ninetta e correndo verso di lei)
Ah, cara amica!
NINETTA
(a Pippo)
Ho bisogno di te.
ANTONIO
(a Ninetta)
Poche parole,
Vedete: io vo frattanto
A far la sentinella.
(via)
PIPPO
In ciò che posso,
Quel poco ch'io possiedo,
Volentieri ve l'offro.
NINETTA
(togliendosi frattanto dal collo la croce)
Ah no, mio Pippo,
Abusarmi non voglio
Del tuo buon cuor! Solo ti chiedo in presto
Tre scudi, che andrai tosto
A portare là dove
Or ti dirò. Questa mia croce in pegno...
PIPPO
Adagio, adagio. Dove
Portar debbo il denaro?
NINETTA
Hai tu presente
Quel grande castagno che si trova dietro
Al vicin colle?...
PIPPO
E che scavato è in modo
Che un uom vi si potrebbe
Quasi, quasi appiattar...
NINETTA
Sì, quello appunto.
Là dentro ti scongiuro
Di riporre il denaro innanzi sera.
PIPPO
(meravigliato)
Dentro il vecchio castagno!...
NINETTA
Sì; ma che niun ti vegga.
PIPPO
(in atto di partire)
Siamo intesi.
NINETTA
Ma Pippo? E questa croce
Che ti scordavi!
PIPPO
Io non mi scordo nulla;
Tenetela, vi prego.
NINETTA
Se la ricusi, non accetto anch'io
L'offerta tua.
PIPPO
Vi sfido.
Ora che so quello che fare io debbo,
Nessun più mi trattiene.
(come sopra)
È pure un gran piacere il far del bene!
NINETTA
(trattenendolo)
Deh pensa che domani,
Oggi fors'anco, non sarà più mio
Quest'ornamento!
PIPPO
Ohibò! Non lo credete:
Esser non può, mel dice il cor:...
tenete.
NINETTA
E ben, per mia memoria
La serberai tu stesso:
Non hai più scuse adesso
Di rifiutarla ancor.
PIPPO
(baciando la croce)
Pegno adorato, ah sempre
Con Pippo tu starai:
Compagno mio sarai
Fin che mi batte il cor.
NINETTA, PIPPO
(fra sè)
Mi cadono le lagrime;
M'opprime il suo dolor!
Un'anima sì tenera
Mi fia presente ognor.
NINETTA
A mio nome, deh consegna
Questo anello al mio Giannetto.
PIPPO
Tanta fede, eguale affetto
Ah veduto mai non ho!
NINETTA
Digli insieme che lui solo
Fino all'ultimo sospiro;
Ma non dirgli che il mio duolo...
Questo core... Ah ch'io deliro!
Il mio ben più non vedrò.
PIPPO
Per carità, cessate!
(in atto di partire)
Sì, sì... Non dubitate...
Tutto farò... dirò.
NINETTA
Non t'obliar.
PIPPO
(vivamente commosso)
Che dite!
Sapete chi son io.
NINETTA
Povero Pippo Addio!...
PIPPO
Addio!...
(fra sè)
Se ancor qui resto
Mi scoppia in seno il cor.
NINETTA
L'ultimo istante è questo
Che ci vediamo ancor.
PIPPO
(fra sè)
Vedo in quegli occhi il pianto
Ma ve' che piango anch'io!
NINETTA
(fra sè)
Vedo in quegli occhi il pianto;
E la cagion son io.
NINETTA, PIPPO
(fra sè)
Dove si trova, oh Dio!
Un più sincero amor?
Addio!... Se ancor qui resto,
Mi scoppia in seno il cor.
(Ninetta entra nel suo carcere, e Pippo se ne parte)
Scena Settima
(Stanza terrena in casa di Fabrizio, come nell'Atto Primo)
LUCIA
Infelice Ninetta!... Ed è poi certo
Ch'ella sia rea? Qual dubbio!... Il tempo, il luogo,
Le prove, i testimoni, è ver,
La colpa sua fanno evidente
Ma pure, chi sa mai? Forse è innocente.
Scena Ottava
(entra Fernando)
LUCIA
Chi è? - Fernando! oh Dio!
FERNANDO
Mia cara amica
Che nessuno ci ascolti! - Ov'è Ninetta?
LUCIA
Ninetta!... Deh fuggite!
(piange)
FERNANDO
Ma che vuol dir quel pianto?
LUCIA
Ah non m'interrogate!
FERNANDO
Voi mi fate gelar!...
(fra sè)
Entro il castagno
Ancor non pose... Un nero
Presentimento... Che pensare?..
(alla Lucia)
E bene,
Che fa? Deh rispondete!
LUCIA
Ah se sapeste...
Accusata di furto...
FERNANDO
La mia figlia?
LUCIA
Sì, dessa.
FERNANDO
Come?.. Esser non può. Seguite.
LUCIA
Innanzi al tribunale
Forse in questo momento
È giudicata.
FERNANDO
Eterni Dei, che sento!
Accusata di furto... oh, rossore!
Condannata, punita mia figlia?...
Ah qual nube m'ingombra le ciglia!
Freddo il sangue mi piomba sul cor.
Condannata!... Ah si vada, si cerchi...
Ma che fo?... Son confuso, perplesso:
Se mi scopro, oh Dio! perdo me stesso;
Se più tardo, ella forse... Oh spavento!...
Che cimento! che fiero dolor!
(riscuotendosi)
Ah lungi il timore!
Si tenti la sorte:
Coraggio, mio core
Si sprezzi la morte:
La figlia diletta
Si corra a salvar.
Coraggio, mio core;
Vo' tutto arrischiar.
(esce precipitosamente)
LUCIA
Sventurato Fernando!... Ed io pur sono
Di tanto duolo la cagione! Ah possa
A' voti miei secondo
Allontanare il ciel sì ria tempesta!
L'unica grazia ch'io domando, è questa.
(parte)
Scena Nona
(Sala del Tribunale nella Podesteria. Pretore, giudici, un usciere; il Podestà, Giannetto; Fabrizio; popolo; guardie alle porte. I giudici sono assisi sui loro sedil; in mezzo ad essi è il Pretore, innanzi al quale è collocato un tavolino. Il Podestà presente alla sessione, occupa una sedia a parte. - Da un lato si vede il popolo spettatore, fra cui si distinguono Giannetto e Fabrizio. - All'alzarsi della tenda, si vede l'usciere che va raccogliendo i voti nell'urna. Una musica tetra annunzia questo terribile momento. L'usciere, raccolti i voti, consegna l'urna al Pretore, il quale, trovato che tutte le palle sono nere, esclama)
IL PRETORE
A pieni voti è condannata.
GIANNETTO
Oh Cielo,
E tu lo soffri?
IL PRETORE
Zitto!
FABRIZIO
(a Giannetto)
Abbi prudenza!
IL PRETORE
(all'usciere, che parte subito)
Venga la rea.
(ad uno dei giudici)
Stendete la sentenza.
I GIUDICI
Tremate, o popoli,
A tale esempio!
Questo è di Temide
L'augusto tempio:
Diva terribile,
Inesorabile
Che in lance pondera
L'umano oprar:
Il giusto libera,
Protegge e vendica;
Ma sempre il fulmine
Sovra il colpevole
Giunge a scagliar.
Scena Decima
(Ninetta e detti. Ninetta entra accompagnata da alcune guardie che subito si ritirano e preceduta dall'usciere, il quale le indica il luogo ove ella debba fermarsi)
IL PRETORE
Infelice donzella,
Omai più non vi resta
Che sperare nel ciel.
(facendosi dare la sentenza dal giudice che l'ha stesa)
Signor, porgete
"Considerando che la nominata
Ninetta Villabella è rea convinta
Di domestico furto; a pieni voti,
Ed a tenor delle vigenti leggi,
Il regio Tribunale
La condanna alla pena capitale."
TUTTI
(fuorché il Pretore ed i Giudici)
Ahi qual colpo!... Già d'intorno
Ulular la morte ascolto:
in ogni già dipinto volto
nel suo miro il duolo ed il terror!
GIANNETTO
(slanciandosi verso i giudici)
Aspettate; sospendete:
Voi punite un'innocente
Un arcano, ah non sapete!
La meschina chiude in cor.
TUTTI
(eccetto il Pretore ed i Giudici)
Un arcano!
I GIUDICI
(alla Ninetta)
E ben, parlate.
NINETTA
Rispettate il mio silenzio.
GIANNETTO
Ah Ninetta!
PIPPO, FABRIZIO
Palesate.
NINETTA
Non crescete il mio dolor!
IL PODESTÀ
(fra sè)
Maledico il mio furor.
GIANNETTO, FABRIZIO
Mi si spezza a brani il cor!
I GIUDICI
(alle guardie)
Ella tace: e ben, sia tratta al supplizio.
Scena Undicesima
FERNANDO
(che entra impetuosamente)
Ah no! Fermate .
NINETTA
Voi qui, padre?
GIANNETTO, FABRIZIO, IL PODESTÀ
Chi vegg'io?
FERNANDO
(a' giudici)
Vengo a voi col sangue mio
La mia figlia a liberar.
NINETTA
(fra sè)
Infelice! Possa il cielo
I suoi giorni almen serbar!
FERNANDO
I miei sforzi ed il mio zelo
Possa il cielo coronar!
GIANNETTO, FABRIZIO
Oh coraggio! Possa il cielo
Tanto zelo secondar!
IL PODESTÀ
(alzatosi)
Signori; è quello, è quello
Il disertor che preme:
Ecco gl'indizi, e insieme
Vi troverete l'ordine
Di farlo imprigionar!
(consegna al Pretore un foglio)
I GIUDICI
Guardie.
NINETTA, GIANNETTO, FABRIZIO
Gran Dio!
I GIUDICI
Fermatelo.
(Le guardie circondano Fernando)
NINETTA, GIANNETTO, FABRIZIO
Oh cielo! E fia pur vero?
FERNANDO
Son vostro prigioniero;
Il capo mio troncate:
Ma il sangue risparmiate
D'un innocente vittima
Che non si sa scolpar.
I GIUDICI
La sentenza è pronunziata;
Più nessun la può cambiar.
FERNANDO
Ma dunque?...
I GIUDICI
L'uno in carcere,
E l'altra sul patibolo.
La legge è inalterabile;
Il reo perir dovrà.
NINETTA, GIANNETTO, FERNANDO
FABRIZIO IL PODESTÀ
Che abisso di pene!
Mi perdo, deliro.
Più fiero martiro
L'Averno non ha.
Un padre, una figlia
Tra' ceppi, alla scure!...
A tante sciagure
Chi mai reggerà!
I GIUDICI
Guardie, olà.
FABRIZIO, GIANNETTO
Più non poss'io tollerar...
FABRIZIO, GIANNETTO
FERNANDO, IL PODESTÀ
Son fuor di me!
NINETTA
Che faceste, padre mio!
Per voi solo io vado a morte;
E voi stesso alle ritorte
Volontario offrite il piè.
FERNANDO
Che dicesti?
FERNANDO, GIANNETTO, FABRIZIO
Parla; spiegati.
I GIUDICI
Via, si tronchi ogni dimora;
Alla carcere, al supplizio.
NINETTA
(in atto di volere da lui un amplesso)
Ah mio padre, in pria ch'io mora!...
FERNANDO
Figlia! -
(ai satelliti che lo trattengono)
Barbari, lasciatemi.
I GIUDICI
(ai satelliti, i quali fanno subito per strascinar via Ninetta e Fernando)
Eseguite.
NINETTA, FERNANDO
Oh Dio, soccorso!
GIANNETTO, FABRIZIO
Ah Ninetta!
IL PODESTÀ
(fra sè)
Qual rimorso!
NINETTA
Mio Giannetto! mio Fabrizio!
I GIUDICI
(ai satelliti)
Alla carcere; al supplizio.
TUTTI
(fuorché il Pretore ed i Giudici)
Ah neppur l'estremo amplesso!
Questa è troppa crudeltà.
Sino il pianto è negato al mio ciglio
Entro il seno s'arresta il sospir.
Dio possente, mercede, consiglio!
Tu m'aita il mio fato a soffrir.
I GIUDICI, IL PODESTÀ
(fra sè)
Ah già il pianto mi spunta sul ciglio!
Tanto strazio mi fa impietosir.
Ma la legge non ode consiglio;
Noi dobbiamo alla legge ubbidir.
(Le guardie dall'una parte conducono Fernando alla carcere dall'altra la Ninetta al luogo del supplizio. Il Pretore, i giudici ed il Podestà si ritirano. Tutti gli altri partono costernati.)
Scena Dodicesima
(Piazza del villaggio. Alla destra dello spettatore si vede il campanile ed una parte della chiesa: verso la cima del campanile sporge in fuori un piccolo ponte ad uso di far delle riparazioni. - Alla sinistra è collocata la porta maggiore della podesteria. Al di là della podesteria c'è una contrada, e dirimpetto un'altra che mette dietro alla chiesa. Parimenti alla sinistra, si vede una piccola porta, che è quella dell'orto della casa di Fabrizio)
LUCIA
(uscendo dalla chiesa)
Ora mi par che il core
Sia meno oppresso.
Ah, se benigno il Cielo
Le preci udì dell'alma mia pentita
No, l'infelice non sarà punita.
A questo seno
Resa mi fia;
Qual figlia mia
Io l'amerò
Saprò corregger
I miei trasporti,
Gli antichi torti
Riparerò.
(entra nella propria casa per la porta dell'orto)
Scena Tredicesima
ERNESTO
Che razza di villaggio!
Neppure un cane che additar mi possa
L'abitazion di questo Podestà,
E quella di Fabrizio... Ah spero bene
Di ritrovarvi ancora
Il mio caro Fernando. Oh quanta gioia
Ei proverà vedendo
Il suo fedele Ernesto, ed ascoltando
La felice notizia!... - Il ciel ti arrida,
O clemente mio Re, che la sua grazia
Col tuo nome segnasti!
(Si vede arrivar Pippo dal fondo della piazza)
Ah finalmente
Ecco un uomo: egli certo saprà dirmi...
(a Pippo)
Amico, una parola: ov'è la casa
Del Podestà?
PIPPO
La casa sua? Guardate:
Laggiù, dopo il palazzo
C'è una contrada; entrate: alla sinistra
La prima porta.
ERNESTO
E quella di Fabrizio?
PIPPO
Dopo breve tratto
Vien essa; ed è la quarta appunto.
ERNESTO
Grazie.
(parte)
Scena Quattordicesima
PIPPO
Ora che nel castagno
Ho riposto il denaro, veder bramo
Quanto mi avanza ancor. -
(siede sovra una panchina di sasso presso l'orto di Fabrizio, e conta il suo denaro)
Sono più ricco
Di quel che mi credeva... Ah questa lira,
Nuova di zecca me la diè Ninetta
Un certo giorno;... dunque a parte: insieme
Tu starai colla croce.
(mette a parte la lira, e in questo momento compare la gazza sulla porta dell'orto.)
Ah brutta diavola,
Che fai lì? Se ti colgo...
GIORGIO
Con chi l'hai?
PIPPO
(alzandosi, e raccogliendo il denaro)
Con quella gazza infame.
Oh! ecco Antonio.
(ad Antonio)
E ben, che nuove abbiamo?
E la Ninetta?
ANTONIO
(piangendo)
Ahimè! Tutto è finito.
PIPPO
Podestà scellerato!
(Qui, la gazza discende sulla panchina, rapisce la lira messa in disparte e se ne vola sul campanile)
GIORGIO
(additandogli la gazza)
Oh guarda, guarda.
PIPPO
Briccona! E giustamente
Rubarmi la moneta
Che tanto mi premeva. - Ah birba, birba!
Eccola là sul ponte. Oh se potessi
Arrampicarmi, forse
Troverei la mia lira. Vo' provarmi.
ANTONIO
Andiamo insiem.
PIPPO
Gazzaccia maledetta!
(Pippo e Antonio corrono via)
GIORGIO
Ah, ahà, non correr tanto che ti aspetta.
Scena Quindicesima
(Ninetta in mezzo alla gente d'arme; contadini, e Giorgio che s'è ritirato in un angolo e ch'esprime il suo dolore. Alcuni satelliti fanno riparo alla calca de' contadini nel fondo; Ninetta in mezzo ad altre genti d'arme discende dalla gradinata della podesteria e s'avvia lentamente verso la contrada che gira dietro alla chiesa; essa è preceduta e seguita dagli abitatori del villaggio)
CORO
Infelice, sventurata
Ti rassegna alla tua sorte
No, crudel non è la morte
Quando è termine al martir.
NINETTA
(soffermandosi davanti alla chiesa)
Deh tu reggi in tal momento
Il mio cor, pietoso Iddio!
Deh proteggi il padre mio,
E ti basti il mio morir!
(ai satelliti)
Or guidatemi alla morte
Si finisca di soffrir.
CORO, GIORGIO
Ah farebbe la sua sorte
Anche un sasso intenerir!
(La Ninetta prosegue il suo cammino, seguita dal popolo, e ben tosto si toglie agli sguardi degli spettatori. - Terminata la funebre marcia, Giorgio attraversa la scena lentamente e costernato)
Scena Sedicesima
PIPPO
(sul ponte del campanile, tirando a sé qualche cosa da un buco in cui egli aveva intruso il braccio. Intanto la gazza è volata via)
Giorgio, Giorgio? oh me felice!
GIORGIO
E così, che cosa è stato?
PIPPO
Tutto, tutto ho ritrovato:
Guarda, guarda;
(mostrandogli la posata)
Avvisa, grida. -
ANTONIO
Non lasciamola ammazzar!
GIORGIO
Sei tu pazzo?
PIPPO, ANTONIO
(vedendo da lungi il convoglio, e gridando a tutta voce)
Olà, fermate;
Dove andate? cosa fate?
Non mi vogliono ascoltar.
PIPPO
Inumani, andrò ben io...
(Pippo e Antonio rientrano nel campanile)
GIORGIO
Ti compiango, amico mio:
Il cervello se n'è andato.
(Pippo e Antonio suonano una campana a tutta forza)
Che fracasso indiavolato!
Oh che pazzo da legar!
GIANNETTO
(uscendo precipitosamente dall'orto)
Che vuol dir?
FABRIZIO, LUCIA
(idem, e dietro loro alcuni famigli)
Che cosa avvenne?
ANTONIO, PIPPO
(ricomparendo sul ponte)
Innocente è la Ninetta!
TUTTI
(fuorché Pippo e Antonio)
Innocente!
PIPPO, ANTONIO
Innocentissima!
PIPPO
Il cucchiaio, la forchetta,
La mia lira, è tutto qua.
ANTONIO
Quella gazza maledetta
Fu la ladra.
LUCIA, GIANNETTO
FABRIZIO, GIORGIO
Giusto cielo!
LUCIA, GIANNETTO, FABRIZIO
GIORGIO, CORO
Caso eguale non si dà.
PIPPO
Padrona, spiegate
Il vostro grembiale.
(Pippo getta giù la posata nel grembiale della Lucia)
GIANNETTO, FABRIZIO
È mirate:
(l'uno prende subitamente la forchetta, e l'altro il cucchiaio, che mostrano alla Lucia)
GIANNETTO, FABRIZIO, CORO
Il colpo fatale corriamo a impedir.
LUCIA, PIPPO, ANTONIO, GIORGIO
Il colpo fatale correte a impedir.
(Fabrizio e Giannetto, colla posata, corrono via, e dietro ad essi i famigli. - Pippo e Antonio rientrano nel campanile e suonano di nuovo a martello)
Scena Diciassettesima
IL PODESTÀ
Che scampanare è questo!
Che cosa è mai successo?
LUCIA
(correndogli incontro)
Del mio piacer l'eccesso
Non vi saprei spiegar.
IL PODESTÀ
Io non capisco niente.
LUCIA
La povera Ninetta pur troppo era innocente.
(a Giorgio e al Podestà)
Ah cari amici miei,
Andiamola a incontrar.
GIORGIO
Andiamola a incontrar.
IL PODESTÀ
Mi sembra di sognar.
(Mentre la Lucia insieme con Giorgio fa per incamminarsi, s'ode di lontano una scarica di fucili. - Pippo ed Antonio sul campanile stanno osservando attentamente verso la campagna)
LUCIA
Ah! qual rimbombo! Oh Dei!
È morta, è morta.
(s'abbandona svenuta tra le braccia di Giorgio)
IL PODESTÀ
Oh cielo!
Qual fremito! qual gelo
Mi piomba sovra il cor!
PIPPO, ANTONIO
Io la vedo! Viene, viene!.
Qual trionfo! Oh benedetta!
CORO
(di dentro)
Viva, viva la Ninetta,
La sua fede, il suo candor!
IL PODESTÀ, GIORGIO
Oh che sento!
GIORGIO
(alla Lucia che s'è riscossa)
Avete udito?
ALCUNI FAMIGLI, ANTONIO, PIPPO
Viene, viene: non temete.
LUCIA
Dite il vero?
ANTONIO, PIPPO, I FAMIGLI
La vedrete.
IL PODESTÀ
Ma lo sparo?
ANTONIO, PIPPO, I FAMIGLI
Fu allegria.
ANTONIO, PIPPO, I FAMIGLI
Ecco, ecco!
Scena Diciottesima
(I suddetti, Ninetta, Fabrizio, Giannetto abitanti, genti d'arme; e poscia Ernesto con Fernando. La Ninetta è assisa sopra un carro adornato all'infretta di rami e di fiori, e tratto da alcuni contadini. Giannetto, Fabrizio ed altri contadini le fanno corteggio. Diversi contadinelli si arrampicano qua e là per vedere)
LUCIA
(correndo incontro alla Ninetta)
Figlia mia!
GIANNETTO
(leggendo ciò che sta scritto in una carta ch'egli consegna al Podestà)
"Si rilasci la Ninetta."
Questa è mano del Pretor.
LUCIA, GIANNETTO, FABRIZIO
Quando meno il cor l'aspetta
Sembra il giubilo maggior.
IL PODESTÀ
(fra sè)
Quanto costa una vendetta!
Di rimorsi ho pieno il cor.
GIORGIO, PIPPO, ANTONIO, CORO
Viva, viva la Ninetta
La sua fede, il suo candor!
(Pippo e Antonio discendono dal campanile)
NINETTA
Queste grida di letizia
Danno tregua al mio tormento:
Ma il mio cor non è contento;
Ma con voi, miei fidi amici
No, gioir non posso ancor!
LUCIA, GIANNETTO, FABRIZIO
Mia Ninetta, che mai dici?
È svanito ogni timor.
NINETTA
No, no!... Dov'è mio padre?...
Nessun risponde: oh Dio!
FERNANDO
(comparendo improvvisamente accompagnato da Ernesto)
Cor mio, sì, vive, e a te sen vola;
(abbracciando la figlia)
Sempre con te sarà.
NINETTA
Ah padre! Or sì che oblio
Tutti i passati guai:
Ah che perfetta è omai
La mia felicità!
TUTTI
(fuorché il Podestà)
Ah chi provato ha mai egual felicità!
IL PODESTÀ
(accennando a Fernando)
Ma in che modo fu costui
Dal suo carcer liberato?
FERNANDO
Per un ordine firmato
Dal monarca mio signor.
(Ernesto ne fa testimonianza co' suoi cenni)
TUTTI
(fuorché il coro e il Podestà)
Viva il Principe adorato
Che sol regna coll'amor!
IL PODESTÀ
(fra sè)
Son confuso, strabiliato;
Di me stesso sento, orror.
CORO
(additando il Podestà)
È confuso, strabiliato,
E già cambia di color.
NINETTA
E il buon Pippo? Non lo vedo.
PIPPO
(accorrendo verso la Ninetta, la quale gli fa grande accoglienza; dietro ad esso viene Antonio)
Cara amica, sono qua.
LUCIA
(unendo la mano di Ninetta con quella di Giannetto)
Mia Ninetta, ecco il tuo sposo.
NINETTA, FERNANDO, GIANNETTO
Oh momento avventuroso!
LUCIA
Ma perdona alla Lucia!
(Ninetta e Giannetto l'abbracciano)
FABRIZIO
Brava, brava moglie mia!
NINETTA, GIANNETTO
Ah mio ben, fra tanto giubilo
Sento il cor dal sen balzar.
TUTTI
(fuorché il Podestà)
Una scena così tenera
Fa di gioia lagrimar.
IL PODESTÀ
(fra sè)
Una scena così tenera
Mi costringe a lagrimar.
NINETTA, GIANNETTO
FERNANDO, PIPPO
Ecco cessato il vento
Placato il mare infido:
Salvi siam giunti al lido;
Alfin respira il cor.
IL PODESTÀ
(fra sè)
Sordo sussurra il vento,
Minaccia il mare infido:
Tutti son giunti al lido;
lo son fra l'onde ancor.
TUTTI
(fuorché il Podestà)
In gioia ed in contento
Cangiato è il mio timor.
IL PODESTÀ
(fra sè)
D'un tardo pentimento
pavento, oh Dio, l'orror!