ATTO PRIMO


Sinfonia

Scena 1

(Gran pianura, in distanza veduta di collina praticabile, sopra la sommità della quale casa pastorale, con porta e finestra; in maggior distanza veduta di villaggio In fondo, alcuni albori.)

CORO DI CACCIATORI
Salva, salva, o Dea de' boschi,
lo splendor della Castiglia,
salva lei, che a te somiglia
in bellezza, ed onestà.
Tu la madre al figlio rendi,
e ad un Re la sua metà.

Scena 2

(La Regina, vestita da cacciatrice con asta insanguinata, con seguito e Corrado.)

REGINA
Allegri, o miei vassalli;
eccovi il fausto segno di mia vittoria;
grande il periglio fu, di gran valore al mio
braccio fu d'uopo; estinta al fine
giace l'orribil belva,
ch'empia di strage e di terror la selva.

Se di lugubri strida
suonar le valli e i monti,
or di festose grida si faccian risuonar.

CORO DI CACCIATORI
Suoni pur di grati evviva
ogni riva ed ogni sponda,
e risponda da ogni speco
facil eco al nostro amor.
Viva l'astro d'Aragona,
ch'or corona il suo valor.

REGINA
Andiam, miei fidi,
e ristoriamci un poco
della lunga fatica;
ma dov'è il figlio mio?

CORRADO
Dietro i vestigi vostri
il magnanimo Prence
spronò il destrier,
quando il cinghial feroce
da voi vide inseguito.
Ma qualcuno s'inoltra:
eccolo!

Scena 3

(I suddetti e entra il Principe con fretta.)

PRINCIPE
Perchè mai nel sen, perchè,
cara madre ognor per te
palpitarmi il cor dovrà?

REGINA
Perchè mai nel sen, perchè,
caro figlio, ognor per me
palpitarti il cor dovrà?

CORRADO
Perchè mai nel sen, perchè,
gran Regina, ognor per te
palpitarci il cor dovrà?

I TRE
Deh, conserva a chi t'adora
una vita al ciel si cara

REGINA
Meco godi, amato figlio,
e discaccia il tuo timor.

PRINCIPE, CORRADO
In te vive il figlio ancora,
in te vive il genitor.

REGINA
Su via, mio caro figlio,
discacciate l'affanno; al gran cimento
è ver molto sudai; ma uccisa al fine
la formidabil fiera
la gloria accrebbe de' trionfi miei.

(Si vede venir da lontano Lilla, affannata)

Ma chi giù di quel luogo a questa volta
move rapido il passo?

PRINCIPE
Una fanciulla
a me rassembra, e di gentil sembiante.

CORRADO
Affannosa ed ansante,
real donna, a me par.

Scena 4

REGINA
Chi cerchi?

LILLA
La Re gi na

REGINA
Io son la stessa.

(S'inginocchia)

LILLA
Ah, pieta de merce de soccorso!
dal timor dal tormen to dal corso
son si stanca che il fiato mi manca
ed ho lena d'appena parlar.

REGINA
Sorgi, calma l'affanno,
e quel che brami
esponi, o giovin bella,
e l'otterrai.

PRINCIPE
(A Corrado)
Amico, hai vista mai
fanciulla più gentile di costei?

CORRADO
Non ha beltà la Spagna uguale a lei.

LILLA
Signora, al regio piede
per implorar pietà mi guida amore:
il più vago pastore
delle nostre contrade amato m'ama,
in sposa ei mi brama, e se uguaglianza
di costume, di stato, e di desio
può nodo marital render felice,
un più fasto imeneo sperar non lice.

REGINA
E chi potrebbe opporsi
ad affetto sì bello?

LILLA
Un barbaro fratello,
che sol per vanità
la mia destra promise al Podestà.

REGINA
Il tuo amante dov'è?

LILLA
Da questo loco
allontanato, sia ventura od arte,
lasciò spazio frattanto al fratel mio
di tentar che per forza io dia la mano
a l'odiato da me brutto villano!
E se da quella stanza ov'ei mi chiuse
con disperato ardire
dal balcone saltando io non fuggìa,
del vil bifolco già preda sarei,
e il mio caro Lubin perduto avrei.

REGINA
Calma l'affanno,
Lilla vezzosa,
sarai sua sposa,
fidati in me.
Bella ti vedo,
saggia ti credo;
sarà, se l'ami,
degno di te.

Figlio, vo' a riposarmi. Or voi, Corrado,
voi che siate sua guida al nostro tetto,
alla vostra prudenza io la commetto.

CORO
Suoni pur di grati evviva, ecc.

(La Regina parte col suo seguito.)

Scena 5

(Corrado, il Principe, e Lilla.)

PRINCIPE
Amico, mi consolo
che sei fatto
custode di fanciulle.

CORRADO
Signor, dell'età mia
è per me questo un infelice indizio.

(Fra sè)

è un idolo costei; ci vuol giudizio.

PRINCIPE
Oh quanto volontieri
con te mi cangierei
per esser io guardiano di costei.
Venite qui, ragazza.

LILLA
Signor

PRINCIPE
Avvicinatevi,
non abbiate paura.

CORRADO
(Fra sè)
Che modestia, che grazia,
che figura!
Se mi scappa mio danno.

PRINCIPE
Il vostro nome?

LILLA
Lilla, a' comandi suoi.

PRINCIPE
Oh che bel nome!
E bello come voi.

LILLA
Grazie alla sua bontà.

PRINCIPE
Perchè vi ritirate?
Datemi la manina.

(Vuol prenderla per mano.)

LILLA
Oh mi perdoni,
sono nubile ancora e son villana,
e non la diedi ancora a chi che sia.

PRINCIPE
Sentite; se io v'amassi
amereste voi me?

CORRADO
(Fra sè)
L'affare si fa serio.

LILLA
Io no.

PRINCIPE
Perchè?

LILLA
Perchè amo il mio Lubin.

PRINCIPE
E non potreste amarne due?

LILLA
Fanciulle di contado
non han questa virtù.
Signore, io vado.

(In atto di partire.)

PRINCIPE
Perchè tal fretta?

CORRADO
Prence, ella ha ragione.
La Regina ci attende al noto loco.

PRINCIPE
Andate, andate, io pur verrò tra poco.

(Corrado e Lilla partono.)

Più bianca di giglio,
più fresca di rosa,
bell'occhio, bel ciglio,
vivace, graziosa.
La mano a un villano
la Lilla darà?
Almen, crude stelle,
non fossi chi sono
ma val più d'un trono
sì rara beltà.

(Parte.)

Scena 6

(Strada, collinetta da un lato, casa rustica con porta e finestra, che mette nella strada; in fondo alcuni alberi.)

(Ghita e Tita entrano disputando)

GHITA
Un briccone senza core
no, non voglio più sposar.

TITA
Un'ingrata senza amore
no, non voglio maritar.

GHITA
Far d'occhietto a tutte quante.

TITA
Far con tutti la galante!

GHITA
Ir girando tutta notte!

TITA
Ir con Mengo in quelle grotte!

GHITA
Dar a Berta il mio cappello!

TITA
Dir a Cecco ch'è più bello!

AMBI
Son azioni da birboni
e non s'hanno a sopportar.

TITA
Non dir più ch'io sono Tita
se non cavo a te quegli occhi.

GHITA
Non dir più che io son la Ghita
se non graffio a te l'orecchio.

TITA
Villanaccia!

GHITA
Villanaccio!

TITA
Taci brutta!

GHITA
Taci brutto,
assassino!.

TITA
Malandrina.

AMBI
Esser vuol la mia rovina
mi vuol far precipitar.

Scena 7

(Il suddetti, entra il Podestà, poi Lubino.)

PODESTÀ
E così, miei padroni,
non volete finir, queste questioni?
Un bel esempio inver date alla Lilla,
s'anco il dì delle nozze, e vostre e mie,
fate tali pazzie.

TITA
Parlate con la Ghita,
che fa pensar sì mal de' fatti suoi.

GHITA
Anzi ditelo a Tita,
che lo scandalo sol nasce da lui.

(Entra Lubino, che non vede gli altri attori che dopo l'aria)

LUBINO
Lilla mia dove sei gita?
Lilla bella dove sei?
Non t'asconder, o mia vita,
o bel sol degli occhi miei.
Senza te non posso vivere,
morirò senza di te.
Dove sei, mia cara Lilla?
Lilla cara, vieni a me.

Siete qui scellerati? alfin vi trovo,
alfin v'ho nelle mani.
Or dite, iniqui,
la mia Lilla dov'è?

PODESTÀ
E dove stà?

GHITA
Guarda che fai Lubin

LUBINO
Ah perfido, furfante!
Mori per le mie mani.

(Prende per il collo il Podestà.)

PODESTÀ
Gente!

GHITA
Aiuto!

TITA
Pietà! Misericordia!

LUBINO
Per voi geme il mio ben!

GHITA
Eh! Lubino, dico;
non conosci la Ghita,
l'amica tua?
Calmati, guarda, ascolta.

LUBINO
Ah, ditemi una volta,
dov'è la sposa mia
O sollevo il villaggio,
o do foco alla casa,
o vi spacco la testa!

PODESTÀ
Che demonio infernal!

GHITA
Che bestia è questa?

TITA
(Parla nascondendosi dietro la Ghita)
Io, io la sfacciatella
rinchiusi in quella stanza,
perché ardisce d'opporsi al voler mio,
e finalmente suo fratel son io.

LUBINO
Fratello, no, carnefice tu sei!
Ah, vanne a terra, indegna porta!
invano s'opporrebbe l'inferno
a questa mano!

(Ghita giù la porta ed entra in casa)

Scena 8

(Tita, il Podestà, e Ghita.)

TITA
Già per sola tua colpa
nascon tutti i malanni.

GHITA
Io, cosa c'entro
nelle vostre pazzie?

TITA
Se non mi trattenevi
colle tue frenesie,
a quest'ora ei la Lilla
avria sposata!

GHITA
Se non ti difendevi
dietro le spalle mie,
ei ti facea del cranio
una frittata!

PODESTÀ
Non volete, o ragazzi,
una volta finir di fare i pazzi?

(S'ode internamente un grande strepito.)

GHITA
O cieli! Udite!

LUBINO
O Lilla, Lilla mia, mia cara Lilla...

GHITA
Che strepito! che gridi!
che fracasso è mai questo?

TITA
Quel marrano
mi smantella la casa!

LUBINO
Ah, Lilla, Lilla

GHITA
Partiam, per carità, che s'ei qui
torna, preveggo un precipizio.

PODESTÀ
Lasciate pur, gli farem far giudizio.

Or se pericolo
di star qui trovi,
verso quel culmine
rapido movi,
o tra quegli arbori
di dense frondi
stattene tacito
ovver t'ascondi,
là dove imboscasi
quel picciol speco,
e quando sortono
se Lilla è seco,
stando lontano
per un lunghissimo
tiro di mano,
sempre guardandoli
li dèi seguir.

(Tita parte)

Tu Ghitta vattene
franca all'albergo,
in l'uscio serrati
poi dietro il tergo,
ch'io per la ripida
strada, ma breve,
vo' a dar cert'ordini,
come si deve,
e quando avisoti
del mio ritorno,
col rauco fremito
di tromba e corno,
dove si trovano
volami a dir.
Presto, che crescere
sento il tumulto!
Ah, il temerario
per tale insulto
in una carcere
vo' far morir.

(Ghita e il Podestà partono.)

Scena 9

(Lubino solo dalla finestra, da cui pende un velo.)

LUBINO
Dov'è dunque il mio ben? già son fuggiti
Barbari, al tradimento
aggiungete lo scherno?
Ma raggiunger si provi.

(salta giù dalla finestra)

Qual uom, qual Dio potrebbe
trattener l'ire mie? stelle! che miro?
Il velo non è questo
della mia Lilla bella?
Forse la meschinella
ne' moti della sua disperazione
saltò giù dal balcone e il molle viso
e le tenere membra ahi chi sa quale
soffrirò oltraggio ad ambi due fatale.
Non è vano il sospetto,
la camera rinchiusa
il balcon spalancato... il velo appeso
ah se questo adivenne, a tutti io giuro
i Numi dell'abisso e a quei del Cielo
di farne di coloro
nuovo, tremendo, temerario scempio;
qual fui d'amor, sarò d'atrocia esempio.

Vo' da l'infami viscere
strappar agli empi il cor.
Vo' farli a brani, a brani,
e dar per cibo ai cani
l'ossa e le carni lor.

(S'avvolge il velo al braccio.)

E tu, su questo braccio,
rimani, o infausto segno,
e se giammai nell'anima
langue l'usato sdegno,
porgi alimento ed esca
che accresca il mio furor.

(Va per partire, ma vede Tita nascosto dietro un albero in qualche distanza)

Scena 10

LUBINO
Indarno ti nascondi; il giusto Cielo
in mano mi ti manda.

(Afferra Tita per i crini)

TITA
Ohimè! Son morto!

LUBINO
Su quel capo ribaldo
il mio sdegno cadrà; con questo cerro

(Svelle un grosso ramo, e si mette in atto di accoppar Tita, la Ghita sopravviene e trattien il colpo.)

GHITA
Oh Dei! Ferma, Lubino!

(Entra il Podestà con seguito di ministri di giustizia.)

PODESTÀ
Ecco lo sgherro.
Animo, assicuratevi

LUBINO
Traditori

TITA
Bravissimo, cognato.

PODESTÀ
Tenetelo e legatelo sì stretto
ch'egli non muova più piedi, nè mani.

LUBINO
Tu mi vendica, o ciel, con questi cani.

(Parte Lubino tra i Ministri, il Podestà, e Tita, cui la Ghita trattiene.)

Scena 11

GHITA
Oh, povero Lubino! Tita

TITA
Lasciami andar.

GHITA
Tita, m'ascolta!
Sai che tua suora Lilla
è l'idol della villa,
sai ch'ella ama Lubino, ed egli lei,
e ostinato ti sei
a voler ch'ella pigli il Podestà?

TITA
O crepar, o pigliarlo
E di cosa hai paura?

GHITA
Oggi alla caccia
s'attende la Regina;
se alcuno la previen contra di te,
cosa sarà di me?

TITA
E a te che importa?
Non son io più un briccone, un assassino?

GHITA
No, se' il mio bene,
il caro mio sposino.

Purchè tu m'ami,
purchè sia mio,
sempre vogl'io
te solo amar.
Se un po' di rabbia
teco mi viene,
parlo per bene
lo puoi pensar.
Ma è poi di paglia
tutto il mio foco,
e poco, poco
mi suol durar.
In un momento
di mele torno
e in questo giorno
l'hai da provar.
Dammi l'anello,
Tita mio bello,
dammelo caro,
non indugiar.
Allor conoscere
potrai la Ghita,
che bella vita
vogliam passar.

(Parte.)

Scena 12

(Tita solo)

TITA
Da ridere mi vien quand'odo dire
che bisogna star forte
quando la donna cede.
Io non son così bravo, e allorché vedo
la mia Ghita che piange e che vien meco
colla buona maniera,
se fossi più arrabbiato d'un leone
cado giù qual babbione,
un agnello divento, anzi un coniglio,
nè già la Ghita sol, ma ogni altra donna
far può meco lo stesso;
che grande amico anch'io son del bel sesso.

In quegli anni in cui solea
ir le capre a pascolar,
mio bisnonno mi dicea,
ch'era un uom di grandi affar:
"Figlio mio, la donna è foco,
guarda ben, non t'accostar".
Io ripien de' detti suoi
per paura d'abbrucciarmi,
donne mie lontan da voi
procurava di restar.
Ma l'istinto naturale
superò l'educazion,
e trovai che male, male
predicava quel buffon.
Qual farfalla, pian pianino,
pria cercai girarvi intorno:
poi mi feci più vicino
ed osai toccarvi un giorno,
e sentendo che la pelle
delle dita tenerelle
non abbruccia, ma diletta,
volli far per voi vendetta
con amarvi e rispettarvi
e con darvi questo cor.
Non credete?... non credete?
Alle prove, o donne care,
tutto, tutto io voglio fare
per provarvi un vero amor.

(Parte)
ATTO PRIMO


Sinfonia

Scena 1

(Gran pianura, in distanza veduta di collina praticabile, sopra la sommità della quale casa pastorale, con porta e finestra; in maggior distanza veduta di villaggio In fondo, alcuni albori.)

CORO DI CACCIATORI
Salva, salva, o Dea de' boschi,
lo splendor della Castiglia,
salva lei, che a te somiglia
in bellezza, ed onestà.
Tu la madre al figlio rendi,
e ad un Re la sua metà.

Scena 2

(La Regina, vestita da cacciatrice con asta insanguinata, con seguito e Corrado.)

REGINA
Allegri, o miei vassalli;
eccovi il fausto segno di mia vittoria;
grande il periglio fu, di gran valore al mio
braccio fu d'uopo; estinta al fine
giace l'orribil belva,
ch'empia di strage e di terror la selva.

Se di lugubri strida
suonar le valli e i monti,
or di festose grida si faccian risuonar.

CORO DI CACCIATORI
Suoni pur di grati evviva
ogni riva ed ogni sponda,
e risponda da ogni speco
facil eco al nostro amor.
Viva l'astro d'Aragona,
ch'or corona il suo valor.

REGINA
Andiam, miei fidi,
e ristoriamci un poco
della lunga fatica;
ma dov'è il figlio mio?

CORRADO
Dietro i vestigi vostri
il magnanimo Prence
spronò il destrier,
quando il cinghial feroce
da voi vide inseguito.
Ma qualcuno s'inoltra:
eccolo!

Scena 3

(I suddetti e entra il Principe con fretta.)

PRINCIPE
Perchè mai nel sen, perchè,
cara madre ognor per te
palpitarmi il cor dovrà?

REGINA
Perchè mai nel sen, perchè,
caro figlio, ognor per me
palpitarti il cor dovrà?

CORRADO
Perchè mai nel sen, perchè,
gran Regina, ognor per te
palpitarci il cor dovrà?

I TRE
Deh, conserva a chi t'adora
una vita al ciel si cara

REGINA
Meco godi, amato figlio,
e discaccia il tuo timor.

PRINCIPE, CORRADO
In te vive il figlio ancora,
in te vive il genitor.

REGINA
Su via, mio caro figlio,
discacciate l'affanno; al gran cimento
è ver molto sudai; ma uccisa al fine
la formidabil fiera
la gloria accrebbe de' trionfi miei.

(Si vede venir da lontano Lilla, affannata)

Ma chi giù di quel luogo a questa volta
move rapido il passo?

PRINCIPE
Una fanciulla
a me rassembra, e di gentil sembiante.

CORRADO
Affannosa ed ansante,
real donna, a me par.

Scena 4

REGINA
Chi cerchi?

LILLA
La Re gi na

REGINA
Io son la stessa.

(S'inginocchia)

LILLA
Ah, pieta de merce de soccorso!
dal timor dal tormen to dal corso
son si stanca che il fiato mi manca
ed ho lena d'appena parlar.

REGINA
Sorgi, calma l'affanno,
e quel che brami
esponi, o giovin bella,
e l'otterrai.

PRINCIPE
(A Corrado)
Amico, hai vista mai
fanciulla più gentile di costei?

CORRADO
Non ha beltà la Spagna uguale a lei.

LILLA
Signora, al regio piede
per implorar pietà mi guida amore:
il più vago pastore
delle nostre contrade amato m'ama,
in sposa ei mi brama, e se uguaglianza
di costume, di stato, e di desio
può nodo marital render felice,
un più fasto imeneo sperar non lice.

REGINA
E chi potrebbe opporsi
ad affetto sì bello?

LILLA
Un barbaro fratello,
che sol per vanità
la mia destra promise al Podestà.

REGINA
Il tuo amante dov'è?

LILLA
Da questo loco
allontanato, sia ventura od arte,
lasciò spazio frattanto al fratel mio
di tentar che per forza io dia la mano
a l'odiato da me brutto villano!
E se da quella stanza ov'ei mi chiuse
con disperato ardire
dal balcone saltando io non fuggìa,
del vil bifolco già preda sarei,
e il mio caro Lubin perduto avrei.

REGINA
Calma l'affanno,
Lilla vezzosa,
sarai sua sposa,
fidati in me.
Bella ti vedo,
saggia ti credo;
sarà, se l'ami,
degno di te.

Figlio, vo' a riposarmi. Or voi, Corrado,
voi che siate sua guida al nostro tetto,
alla vostra prudenza io la commetto.

CORO
Suoni pur di grati evviva, ecc.

(La Regina parte col suo seguito.)

Scena 5

(Corrado, il Principe, e Lilla.)

PRINCIPE
Amico, mi consolo
che sei fatto
custode di fanciulle.

CORRADO
Signor, dell'età mia
è per me questo un infelice indizio.

(Fra sè)

è un idolo costei; ci vuol giudizio.

PRINCIPE
Oh quanto volontieri
con te mi cangierei
per esser io guardiano di costei.
Venite qui, ragazza.

LILLA
Signor

PRINCIPE
Avvicinatevi,
non abbiate paura.

CORRADO
(Fra sè)
Che modestia, che grazia,
che figura!
Se mi scappa mio danno.

PRINCIPE
Il vostro nome?

LILLA
Lilla, a' comandi suoi.

PRINCIPE
Oh che bel nome!
E bello come voi.

LILLA
Grazie alla sua bontà.

PRINCIPE
Perchè vi ritirate?
Datemi la manina.

(Vuol prenderla per mano.)

LILLA
Oh mi perdoni,
sono nubile ancora e son villana,
e non la diedi ancora a chi che sia.

PRINCIPE
Sentite; se io v'amassi
amereste voi me?

CORRADO
(Fra sè)
L'affare si fa serio.

LILLA
Io no.

PRINCIPE
Perchè?

LILLA
Perchè amo il mio Lubin.

PRINCIPE
E non potreste amarne due?

LILLA
Fanciulle di contado
non han questa virtù.
Signore, io vado.

(In atto di partire.)

PRINCIPE
Perchè tal fretta?

CORRADO
Prence, ella ha ragione.
La Regina ci attende al noto loco.

PRINCIPE
Andate, andate, io pur verrò tra poco.

(Corrado e Lilla partono.)

Più bianca di giglio,
più fresca di rosa,
bell'occhio, bel ciglio,
vivace, graziosa.
La mano a un villano
la Lilla darà?
Almen, crude stelle,
non fossi chi sono
ma val più d'un trono
sì rara beltà.

(Parte.)

Scena 6

(Strada, collinetta da un lato, casa rustica con porta e finestra, che mette nella strada; in fondo alcuni alberi.)

(Ghita e Tita entrano disputando)

GHITA
Un briccone senza core
no, non voglio più sposar.

TITA
Un'ingrata senza amore
no, non voglio maritar.

GHITA
Far d'occhietto a tutte quante.

TITA
Far con tutti la galante!

GHITA
Ir girando tutta notte!

TITA
Ir con Mengo in quelle grotte!

GHITA
Dar a Berta il mio cappello!

TITA
Dir a Cecco ch'è più bello!

AMBI
Son azioni da birboni
e non s'hanno a sopportar.

TITA
Non dir più ch'io sono Tita
se non cavo a te quegli occhi.

GHITA
Non dir più che io son la Ghita
se non graffio a te l'orecchio.

TITA
Villanaccia!

GHITA
Villanaccio!

TITA
Taci brutta!

GHITA
Taci brutto,
assassino!.

TITA
Malandrina.

AMBI
Esser vuol la mia rovina
mi vuol far precipitar.

Scena 7

(Il suddetti, entra il Podestà, poi Lubino.)

PODESTÀ
E così, miei padroni,
non volete finir, queste questioni?
Un bel esempio inver date alla Lilla,
s'anco il dì delle nozze, e vostre e mie,
fate tali pazzie.

TITA
Parlate con la Ghita,
che fa pensar sì mal de' fatti suoi.

GHITA
Anzi ditelo a Tita,
che lo scandalo sol nasce da lui.

(Entra Lubino, che non vede gli altri attori che dopo l'aria)

LUBINO
Lilla mia dove sei gita?
Lilla bella dove sei?
Non t'asconder, o mia vita,
o bel sol degli occhi miei.
Senza te non posso vivere,
morirò senza di te.
Dove sei, mia cara Lilla?
Lilla cara, vieni a me.

Siete qui scellerati? alfin vi trovo,
alfin v'ho nelle mani.
Or dite, iniqui,
la mia Lilla dov'è?

PODESTÀ
E dove stà?

GHITA
Guarda che fai Lubin

LUBINO
Ah perfido, furfante!
Mori per le mie mani.

(Prende per il collo il Podestà.)

PODESTÀ
Gente!

GHITA
Aiuto!

TITA
Pietà! Misericordia!

LUBINO
Per voi geme il mio ben!

GHITA
Eh! Lubino, dico;
non conosci la Ghita,
l'amica tua?
Calmati, guarda, ascolta.

LUBINO
Ah, ditemi una volta,
dov'è la sposa mia
O sollevo il villaggio,
o do foco alla casa,
o vi spacco la testa!

PODESTÀ
Che demonio infernal!

GHITA
Che bestia è questa?

TITA
(Parla nascondendosi dietro la Ghita)
Io, io la sfacciatella
rinchiusi in quella stanza,
perché ardisce d'opporsi al voler mio,
e finalmente suo fratel son io.

LUBINO
Fratello, no, carnefice tu sei!
Ah, vanne a terra, indegna porta!
invano s'opporrebbe l'inferno
a questa mano!

(Ghita giù la porta ed entra in casa)

Scena 8

(Tita, il Podestà, e Ghita.)

TITA
Già per sola tua colpa
nascon tutti i malanni.

GHITA
Io, cosa c'entro
nelle vostre pazzie?

TITA
Se non mi trattenevi
colle tue frenesie,
a quest'ora ei la Lilla
avria sposata!

GHITA
Se non ti difendevi
dietro le spalle mie,
ei ti facea del cranio
una frittata!

PODESTÀ
Non volete, o ragazzi,
una volta finir di fare i pazzi?

(S'ode internamente un grande strepito.)

GHITA
O cieli! Udite!

LUBINO
O Lilla, Lilla mia, mia cara Lilla...

GHITA
Che strepito! che gridi!
che fracasso è mai questo?

TITA
Quel marrano
mi smantella la casa!

LUBINO
Ah, Lilla, Lilla

GHITA
Partiam, per carità, che s'ei qui
torna, preveggo un precipizio.

PODESTÀ
Lasciate pur, gli farem far giudizio.

Or se pericolo
di star qui trovi,
verso quel culmine
rapido movi,
o tra quegli arbori
di dense frondi
stattene tacito
ovver t'ascondi,
là dove imboscasi
quel picciol speco,
e quando sortono
se Lilla è seco,
stando lontano
per un lunghissimo
tiro di mano,
sempre guardandoli
li dèi seguir.

(Tita parte)

Tu Ghitta vattene
franca all'albergo,
in l'uscio serrati
poi dietro il tergo,
ch'io per la ripida
strada, ma breve,
vo' a dar cert'ordini,
come si deve,
e quando avisoti
del mio ritorno,
col rauco fremito
di tromba e corno,
dove si trovano
volami a dir.
Presto, che crescere
sento il tumulto!
Ah, il temerario
per tale insulto
in una carcere
vo' far morir.

(Ghita e il Podestà partono.)

Scena 9

(Lubino solo dalla finestra, da cui pende un velo.)

LUBINO
Dov'è dunque il mio ben? già son fuggiti
Barbari, al tradimento
aggiungete lo scherno?
Ma raggiunger si provi.

(salta giù dalla finestra)

Qual uom, qual Dio potrebbe
trattener l'ire mie? stelle! che miro?
Il velo non è questo
della mia Lilla bella?
Forse la meschinella
ne' moti della sua disperazione
saltò giù dal balcone e il molle viso
e le tenere membra ahi chi sa quale
soffrirò oltraggio ad ambi due fatale.
Non è vano il sospetto,
la camera rinchiusa
il balcon spalancato... il velo appeso
ah se questo adivenne, a tutti io giuro
i Numi dell'abisso e a quei del Cielo
di farne di coloro
nuovo, tremendo, temerario scempio;
qual fui d'amor, sarò d'atrocia esempio.

Vo' da l'infami viscere
strappar agli empi il cor.
Vo' farli a brani, a brani,
e dar per cibo ai cani
l'ossa e le carni lor.

(S'avvolge il velo al braccio.)

E tu, su questo braccio,
rimani, o infausto segno,
e se giammai nell'anima
langue l'usato sdegno,
porgi alimento ed esca
che accresca il mio furor.

(Va per partire, ma vede Tita nascosto dietro un albero in qualche distanza)

Scena 10

LUBINO
Indarno ti nascondi; il giusto Cielo
in mano mi ti manda.

(Afferra Tita per i crini)

TITA
Ohimè! Son morto!

LUBINO
Su quel capo ribaldo
il mio sdegno cadrà; con questo cerro

(Svelle un grosso ramo, e si mette in atto di accoppar Tita, la Ghita sopravviene e trattien il colpo.)

GHITA
Oh Dei! Ferma, Lubino!

(Entra il Podestà con seguito di ministri di giustizia.)

PODESTÀ
Ecco lo sgherro.
Animo, assicuratevi

LUBINO
Traditori

TITA
Bravissimo, cognato.

PODESTÀ
Tenetelo e legatelo sì stretto
ch'egli non muova più piedi, nè mani.

LUBINO
Tu mi vendica, o ciel, con questi cani.

(Parte Lubino tra i Ministri, il Podestà, e Tita, cui la Ghita trattiene.)

Scena 11

GHITA
Oh, povero Lubino! Tita

TITA
Lasciami andar.

GHITA
Tita, m'ascolta!
Sai che tua suora Lilla
è l'idol della villa,
sai ch'ella ama Lubino, ed egli lei,
e ostinato ti sei
a voler ch'ella pigli il Podestà?

TITA
O crepar, o pigliarlo
E di cosa hai paura?

GHITA
Oggi alla caccia
s'attende la Regina;
se alcuno la previen contra di te,
cosa sarà di me?

TITA
E a te che importa?
Non son io più un briccone, un assassino?

GHITA
No, se' il mio bene,
il caro mio sposino.

Purchè tu m'ami,
purchè sia mio,
sempre vogl'io
te solo amar.
Se un po' di rabbia
teco mi viene,
parlo per bene
lo puoi pensar.
Ma è poi di paglia
tutto il mio foco,
e poco, poco
mi suol durar.
In un momento
di mele torno
e in questo giorno
l'hai da provar.
Dammi l'anello,
Tita mio bello,
dammelo caro,
non indugiar.
Allor conoscere
potrai la Ghita,
che bella vita
vogliam passar.

(Parte.)

Scena 12

(Tita solo)

TITA
Da ridere mi vien quand'odo dire
che bisogna star forte
quando la donna cede.
Io non son così bravo, e allorché vedo
la mia Ghita che piange e che vien meco
colla buona maniera,
se fossi più arrabbiato d'un leone
cado giù qual babbione,
un agnello divento, anzi un coniglio,
nè già la Ghita sol, ma ogni altra donna
far può meco lo stesso;
che grande amico anch'io son del bel sesso.

In quegli anni in cui solea
ir le capre a pascolar,
mio bisnonno mi dicea,
ch'era un uom di grandi affar:
"Figlio mio, la donna è foco,
guarda ben, non t'accostar".
Io ripien de' detti suoi
per paura d'abbrucciarmi,
donne mie lontan da voi
procurava di restar.
Ma l'istinto naturale
superò l'educazion,
e trovai che male, male
predicava quel buffon.
Qual farfalla, pian pianino,
pria cercai girarvi intorno:
poi mi feci più vicino
ed osai toccarvi un giorno,
e sentendo che la pelle
delle dita tenerelle
non abbruccia, ma diletta,
volli far per voi vendetta
con amarvi e rispettarvi
e con darvi questo cor.
Non credete?... non credete?
Alle prove, o donne care,
tutto, tutto io voglio fare
per provarvi un vero amor.

(Parte)


最終更新:2017年07月04日 17:19