ATTO SECONDO


Scena 1

(Camera rustica.)

LUBINO
Andiam, caro Tita.

TITA
Andiam, Lubin mio.

LUBINO
A Lilla

TITA
A la Ghita

LUBINO, TITA
Comprare vogl'io.

TITA
Un nastro

LUBINO
Un anello

TITA
Le fibbie

LUBINO
Il cappello

LUBINO, TITA
E il fiore più bello
ch'io possa trovar.
Andiam pria ch'il giorno
più oscuro diventi.
Oh, come contenti
vogliamo cenar.

Scena 2

(Entrano Lilla e Ghita)

LILLA
Lubin!

GHITA
Tita!

LUBINO, TITA
Che vuoi?

LILLA
Parti?

GHITA
Vai via?

LUBINO, TITA
Parto, e torno a momenti,
o gioia mia.

(Partono.)

Scena 3

LILLA
Cos'è tal novità?

GHITA
Lascia che vadano;
di cosa importantissima
io ti deggio parlar.

(Lascia si rimanere soli)

Posso teco spiegarmi
con plena libertà?

LILLA
Cioè?

GHITA
Senti, l'Infante
è di te innamorato,
e se a me credi,
la tua fortuna è fatta!

LILLA
Come? Mi prendi tu
per qualche matta?

GHITA
Fai meco la smorfiosa?

LILLA
Fo' quello che far deve
onesta sposa.
Non sai ch'io amo
il mio Lubino?

GHITA
Amalo. Tienti la fede tua,
tienti il tuo core;
in materia d'amore,
a un Prence non si dà né cor, né fede.

LILLA
Cosa dunque?

GHITA
Parole!

LILLA
Parole?

GHITA
Sì, parole. Con lui stesso parlai;
questa catena, preziosissimo dono,
da recarti ei mi diede,
ed a me diede una borsa di doppie
sol perch'io te ne parli.

LILLA
Tienti la tua catena, e dì al tuo Prence
che finisca una volta
di così infastidirmi.
Io non accetto doni,
io Principi non voglio, amo Lubino.

GHITA
Non perdere sorella, un'occasion sì bella!
Almen, pensaci su;
da te non chiedo
se non che tu l'accolga
con un po' di maniera,
che finga, che lusinghi, che prometta
finché siamo ben ricche.

LILLA
Ed ingannarlo perché dovrei così?

GHITA
Per castigarlo!

LILLA
Castigarlo perchè?

GHITA
Ti par picciol delitto
tentar una ragazza appena sposa?
e tentarla con cosa?
Con quattrini!

LILLA
Ma tu, giovane ancora, e contadina,
dove apprendesti mai cose sì belle?

GHITA
Tutto quello ch'io parlo
ogni donna lo sa senza impararlo.

Colla flemma che tu vedi,
con quest'aria di bontà,
saprei far quel che non credi
e che fan nella città.
Fra saprei la spasimante
senza mai sentir amore
e di pietra avendo il core,
dimostrare altrui pietà.
Saprei passare
dal pianto al riso,
saprei cangiare
l'aria del viso,
all'improvviso
mutar colore,
far che mi palpiti
con arte il core,
tutto promettere,
conceder poco,
dir no con grazia,
dir sì per gioco,
ed altre simile
bagatelluccie,
con quell'eccetera
ch'io non vo' dir.
Femmine amabili
non vi lagnate,
in questo secolo
voi siete nate;
per ben dagli uomini
farvi sentir.

(Parte.)

LILLA
Femmine amabili
non vi fidate,
in ogni secolo
voi siete nate;
per ben dagli uomini
farvi istruir.

(Parte.)

Scena 4

(Corrado solo, poi la Ghita.)

CORRADO
(Entrando)
Io spero che la Ghita
abbia dato l'assalto alla fortezza;
Io non son senza speme Or che ceda
la Lilla a me sol preme.
Ceda pur a l'Infante;
purché a sentir l'amante ella s'avvezzi
che la prima caduta
è sempre la difficile Vien Ghitta
Ebben, che c'è di nuovo?

GHITA
Io non ho visto
femmina più ostinata di costei.

CORRADO
Ma la catena?

GHITA
È nulla.

CORRADO
E l'oro?

GHITA
Nulla affatto.

CORRADO
Guarda, figliuola mia, che cervel matto!
Tu però non stancarti,
Ghita mia, di adoprarti.
Donna sollecitata
è mezzo guadagnata;
parla, prega, prometti,
incoraggisci, istruisci, lusinga

GHITA
Ma signore, questa vostra premura
questo foco ci mancherebbe poco
ch'io credessi voi stesso
di Lilla innamorato.

CORRADO
Ah, che ti pare?
Amare un uom par mio?
Corrado amare?

Osserva questo crine,
ch'è fatto omai d'argento,
il curvo collo osserva,
la voce e l'andamento
che indebolisce e snerva
il peso dell'età.
Fui già d'amor seguace
or son d'amor nemico,
amo la bella pace
e la tranquillità.
Conosco i danni miei,
sì pazzo non sarei
di por mai speme in femmina,
ch'un vecchio amar non sa.

(ride)

Malandrina, tu ridesti,
e lo so che tu sapresti
diventar d'un orso amante
per contante o per bontà.

(Ghita sola.)

GHITA
Questi signori in somma
credon coi lor quattrini
di comprar tutto il mondo

(Parte.)

Scena 5

(Atrio terreno. La Regina e il Principe col suo seguito.)

REGINA
E perché non veggio l'usata gioia
rider nel volto dell'amato figlio?

PRINCIPE
Se voi mel permettete,
questa sera vorrei di Lilla e Ghita
veder anch'io le nozze.

REGINA
Andate, o figlio,
tra le gioie innocenti
di quelle buone genti
ritornerà la calma al vostro seno.

(Viene il Podestà coi villani, che portano doni del paese alla Regina.)

PODESTÀ
(Fra sè)
Tornerà, tornerà, lo spero, almeno.

REGINA
Ma qual di cetre e di viole io sento
suonar per l'aria pastoral concento?

CORO
Di campagne, di montagne,
di spelonche, di pendici,
innocenti e abitatrici
vengon ora al regio piè.
Vengon qui per adorarti,
per recarti un picciol dono,
scorte sono da l'amore,
dal candore di lor fè.

PODESTÀ
Perdono, alma Regina,
all'ardir di costoro, al loro affetto,
all'ardente lor brama invan m'opposi,
invano contrastai;
dalla campagna fero appena ritorno
al rustico soggiorno
che chieser di veder la lor Regina,
ed insieme col core offrirle tutti,
poi che meglio non han, fior, latte e frutti.

REGINA
Oh care, i doni accetto,
son grata al vostro affetto; e perché sia
la compiacenza mia nota alla villa
lo rechi il buon Lisargo a Ghita e a Lilla.

PODESTÀ, CORRADO
Che generosità!

REGINA
Voi gite, o figlio, ed insieme con essi
passate pur la notte in festa e in gioco.
La virtù va onorata in ogni loco.

CORO
Di campagne, di montagne, ecc.

(Partono, meno la Regina)

Scena 6

(La Regina sola.)

REGINA
Chi mai diria che
in questi rozzi tetti,
e sotto queste pastorali spoglie
tanta virtù, tanta onestà s'accoglie!
O felici abituri, o piagge amiche,
di riposo e di pace alberghi veri.
Quanto mai volentieri
la vostr'aura io respiro,
e se il destino m'avesse
dato in sorte di vivere a me stessa,
ingrato e vile mi fora ogni altro dono,
e con voi cengerei la reggia e il trono.

Ah, perché formar non lice
ad ogni alma il suo destino,
ch'io per voi vivrei felice
tra i piacer di libertà?
E tra i semplici diletti
dei pastori dell'armento
troverebbe il cor contento
quel riposo ch'or non ha.
Ah, non erano le selve
destinate per le belve!
Là si trova, là si prova
la mortal felicità.

(Parte.)

Scena 7

(Entrano il Principe e Corrado, ambedue con lunghi tabarri)

PRINCIPE
E possibil sarà che una villana
resista ai desir miei, resista a tanti
allettamenti di promesse, e doni?
Ah, tu ben sai ch'io doman
partir debbo. Or che mi resta
da far in una notte?

CORRADO
In una notte
si fan le belle cose

PRINCIPE
Mi raccomando a te.

CORRADO
Dal canto mio, il possibil farò

PRINCIPE
Ma che dirian di me se mi servissi
d'un mezzo così vile?

CORRADO
Un amoroso inganno colpa non è
Andiam un poco alle porte di Lilla;
ivi Signore, qualche cosa accadrà.
Sempre fui persuaso che l'uom
si debba porre in mano al caso.

(Parte.)

PRINCIPE
Oh Ciel che duro passo è mai questo per me!
Sentir mi pare una voce nel cor,
che mi rinfacci la debolezza mia.
Dunque un Infante, un figlio d'Isabella,
da una vile serrana ora è costretto
a mendicare affetto,
e a mendicarlo, ahimè!, con un inganno!
A qual varco mi traggi, amor tiranno.

Seguir degg'io chi fugge?
Chi mi disprezza amar?
Saprò scacciar dal petto
il mio funesto affetto,
saprò aborrir la perfida
che ride al mio penar.
Saprò, ma intanto il core
langue nel suo dolore
e della mia speranza
comincio a dubitar.
Stelle ingrate, avversi Dei!
Che volete ancor da me?
Son confuso, son oppresso,
non intendo più me stesso.
A' miei mali una speranza
pur m'avanza ancora in te.

Scena 8

(Strada, da un lato la casa di Tita, dall'altro alberi. Lilla sola, poi Ghita sulla porta, senza essere veduta.)

LILLA
La notte s'avvicina,
e ancor non veggio il mio sposo venir.
Lubino! In questo giorno
così poco tu brami
di star con lei che t'ama
e tu tant'ami?

GHITA
(fra sè)
Che diavolo vuol dir
che non vien Tita?
Sta a veder che il birbante
avrà trovata una novella amante.

LILLA
(Sospira.)
Ahimè!

GHITA
(Non veduta dalla Lilla.)
Questa è la Lilla:
La conosco ai sospiri.
Lilla, che fai qui sola?

LILLA
Mi diverto.

GHITA
Ma so che meglio si divertiria
se avesse Lubinetto in compagnia.

LILLA
Sì, sì, lasciam gli scherzi.
Or che ne dici di questo lor tardar?

(Si vedono in distanza alcuni pastori.)

GHITA
Infatti vedi tornar dal campo
alcuni pastorelli, chieggiam un po'
se nuova hanno di quelli.

LILLA, GHITA
Villanelle che volgete
lieto il passo al caro tetto,
per pietà non mel tacete
se vedeste il mio diletto,
ahi, ahi, prima d'andar via
ahi, che pena, che dolor!
Brunetto/vermiglio è il suo viso
è nero/biondo il capel,
e un vago sorriso
lo rende più bel.
Ah, tutte sen vanno,
risposta non ho!
Invidia n'avranno di cosa io lo so.

Scena 9

(Entrano il Principe e Corrado. E notte scura)

PRINCIPE
Eccola; al buio ancora
riconosce il mio core il suo tesoro.
Avviciniamci a lei.
Non ammettono indugi i voti miei.

CORRADO
Lasciate fare a me!

LILLA
Ghita mia, ritiriamci,
la notte si fa scura.

GHITA
E di cosa hai paura?

LILLA
Che so io?
Con questo tuo bizzarro Principino
io temo sempre d'inquietar Lubino.

CORRADO
(sottovoce)
Ha seco la cognata.

PRINCIPE
(sottovoce)
Non serve, è nostra amica

(Alterando la voce e nascondendosi col mantello)

Lilla!

CORRADO
(Corrado fa lo stesso.)
Ghita!

LILLA
Questo mi par Lubino.

GHITA
E questo Tita.

CORRADO
(Fra sè)
Secondiamo l'equivoco.

GHITA
(Piano alla Lilla.)
Son essi senza fallo.
Sposo mio!

LILLA
Mio Lubin!

GHITA
Parla!

LILLA
Non ti nascondere!

GHITA, LILLA
Ah tu segui, furbetto,
a non rispondere!

Dammi la cara mano,
abbracciami, mio cor,
tu se' il mio dolce amor,
non mi rispondi?

PRINCIPE, CORRADO
Son/È de' begli occhi tuoi
il fido adorator,
un misero che muor
se nol secondi.

LILLA, GHITA
Cieli! Quest'è l'Infante /Corrado!

PRINCIPE
Non mi fuggir mio bene.

PRINCIPE, CORRADO
Conforto alle mie/sue pene
io/ei spero/a sol da te.

LILLA
Ah, se Lubino or viene!

GHITA
Ah, se mai Tita viene!

LILLA, GHITA
Che mai sarà di me?

(Entrano Lubino e Tita)

TITA
Mi par di sentir gente.

LUBINO
Lilla!

TITA
Ghita!

PRINCIPE, CORRADO, LILLA, GHITA
Gli sposi, oh Dei!

(Le due spose lasciano il Principe e Corrado, e s'accostano ai loro sposi.)

LILLA, GHITA
Son qui ben mio.

LUBINO, TITA
Qui sei? E teco ancor chi v'è?

LILLA, GHITA
Son questi contadini,
che tornan dal lavoro.

(Il Principe e Corrado si allontanano.)

LUBINO, TITA
E a voi così vicini?
Sì uniti a voi perchè?
Barbare gelosie,
la pure gioie mie cessate di turbar.

PRINCIPE, CORRADO
(Stanno di dietro)
(Fra loro)
Mettamci qui in disparte
e stiamo ad osservar.

LILLA, GHITA
Sai che te solo adoro,
di me non dubitar.

PRINCIPE, CORRADO
Ah, nel momento stesso
in cui sperai/sperò ristoro
per sempre il mio/suo tesoro
io vedomi/vedesi involar

LUBINO, TITA
Ah, se m'inganna Lilla/Ghita,
l'idolo del cor mio!
Di chi si deve, o Dio!,
quest'anima fidar?

LILLA, GHITA
Ah, s'io Lubino/se il mio Tita inganno
l'idolo del cor mio!
Di chi deve o Dio
un'anima fidar?

(Partano tutti, meno il Principe.)

Scena 10

PRINCIPE
Di qual rigido marmo
ha dunque il core,
questa barbara tigre in volto umano?
Quanto finora invano e promesse
e lusinghe e querele e sospiri, infelice versai!
Quale strade intentate, o Dio!, lasciai!
Potea per una ingrata avvilirmi di più?
Fuggirmi, odiarmi, rifiutarmi, schernirmi!
Ah, ch'io dovrei, abborrire
quell'empia, e di me stesso
vergognarmi con me
per tale eccesso.

Perchè farla, eterni Dei,
tanto bella agli occhi miei?
O perchè non farla ancor
che capace sia d'amor!
Abborrir vorrei l'ingrata
nè mi sento odio sì forte.
Ma una rea che mi da morte
è la Dea di questo cor.
ATTO SECONDO


Scena 1

(Camera rustica.)

LUBINO
Andiam, caro Tita.

TITA
Andiam, Lubin mio.

LUBINO
A Lilla

TITA
A la Ghita

LUBINO, TITA
Comprare vogl'io.

TITA
Un nastro

LUBINO
Un anello

TITA
Le fibbie

LUBINO
Il cappello

LUBINO, TITA
E il fiore più bello
ch'io possa trovar.
Andiam pria ch'il giorno
più oscuro diventi.
Oh, come contenti
vogliamo cenar.

Scena 2

(Entrano Lilla e Ghita)

LILLA
Lubin!

GHITA
Tita!

LUBINO, TITA
Che vuoi?

LILLA
Parti?

GHITA
Vai via?

LUBINO, TITA
Parto, e torno a momenti,
o gioia mia.

(Partono.)

Scena 3

LILLA
Cos'è tal novità?

GHITA
Lascia che vadano;
di cosa importantissima
io ti deggio parlar.

(Lascia si rimanere soli)

Posso teco spiegarmi
con plena libertà?

LILLA
Cioè?

GHITA
Senti, l'Infante
è di te innamorato,
e se a me credi,
la tua fortuna è fatta!

LILLA
Come? Mi prendi tu
per qualche matta?

GHITA
Fai meco la smorfiosa?

LILLA
Fo' quello che far deve
onesta sposa.
Non sai ch'io amo
il mio Lubino?

GHITA
Amalo. Tienti la fede tua,
tienti il tuo core;
in materia d'amore,
a un Prence non si dà né cor, né fede.

LILLA
Cosa dunque?

GHITA
Parole!

LILLA
Parole?

GHITA
Sì, parole. Con lui stesso parlai;
questa catena, preziosissimo dono,
da recarti ei mi diede,
ed a me diede una borsa di doppie
sol perch'io te ne parli.

LILLA
Tienti la tua catena, e dì al tuo Prence
che finisca una volta
di così infastidirmi.
Io non accetto doni,
io Principi non voglio, amo Lubino.

GHITA
Non perdere sorella, un'occasion sì bella!
Almen, pensaci su;
da te non chiedo
se non che tu l'accolga
con un po' di maniera,
che finga, che lusinghi, che prometta
finché siamo ben ricche.

LILLA
Ed ingannarlo perché dovrei così?

GHITA
Per castigarlo!

LILLA
Castigarlo perchè?

GHITA
Ti par picciol delitto
tentar una ragazza appena sposa?
e tentarla con cosa?
Con quattrini!

LILLA
Ma tu, giovane ancora, e contadina,
dove apprendesti mai cose sì belle?

GHITA
Tutto quello ch'io parlo
ogni donna lo sa senza impararlo.

Colla flemma che tu vedi,
con quest'aria di bontà,
saprei far quel che non credi
e che fan nella città.
Fra saprei la spasimante
senza mai sentir amore
e di pietra avendo il core,
dimostrare altrui pietà.
Saprei passare
dal pianto al riso,
saprei cangiare
l'aria del viso,
all'improvviso
mutar colore,
far che mi palpiti
con arte il core,
tutto promettere,
conceder poco,
dir no con grazia,
dir sì per gioco,
ed altre simile
bagatelluccie,
con quell'eccetera
ch'io non vo' dir.
Femmine amabili
non vi lagnate,
in questo secolo
voi siete nate;
per ben dagli uomini
farvi sentir.

(Parte.)

LILLA
Femmine amabili
non vi fidate,
in ogni secolo
voi siete nate;
per ben dagli uomini
farvi istruir.

(Parte.)

Scena 4

(Corrado solo, poi la Ghita.)

CORRADO
(Entrando)
Io spero che la Ghita
abbia dato l'assalto alla fortezza;
Io non son senza speme Or che ceda
la Lilla a me sol preme.
Ceda pur a l'Infante;
purché a sentir l'amante ella s'avvezzi
che la prima caduta
è sempre la difficile Vien Ghitta
Ebben, che c'è di nuovo?

GHITA
Io non ho visto
femmina più ostinata di costei.

CORRADO
Ma la catena?

GHITA
È nulla.

CORRADO
E l'oro?

GHITA
Nulla affatto.

CORRADO
Guarda, figliuola mia, che cervel matto!
Tu però non stancarti,
Ghita mia, di adoprarti.
Donna sollecitata
è mezzo guadagnata;
parla, prega, prometti,
incoraggisci, istruisci, lusinga

GHITA
Ma signore, questa vostra premura
questo foco ci mancherebbe poco
ch'io credessi voi stesso
di Lilla innamorato.

CORRADO
Ah, che ti pare?
Amare un uom par mio?
Corrado amare?

Osserva questo crine,
ch'è fatto omai d'argento,
il curvo collo osserva,
la voce e l'andamento
che indebolisce e snerva
il peso dell'età.
Fui già d'amor seguace
or son d'amor nemico,
amo la bella pace
e la tranquillità.
Conosco i danni miei,
sì pazzo non sarei
di por mai speme in femmina,
ch'un vecchio amar non sa.

(ride)

Malandrina, tu ridesti,
e lo so che tu sapresti
diventar d'un orso amante
per contante o per bontà.

(Ghita sola.)

GHITA
Questi signori in somma
credon coi lor quattrini
di comprar tutto il mondo

(Parte.)

Scena 5

(Atrio terreno. La Regina e il Principe col suo seguito.)

REGINA
E perché non veggio l'usata gioia
rider nel volto dell'amato figlio?

PRINCIPE
Se voi mel permettete,
questa sera vorrei di Lilla e Ghita
veder anch'io le nozze.

REGINA
Andate, o figlio,
tra le gioie innocenti
di quelle buone genti
ritornerà la calma al vostro seno.

(Viene il Podestà coi villani, che portano doni del paese alla Regina.)

PODESTÀ
(Fra sè)
Tornerà, tornerà, lo spero, almeno.

REGINA
Ma qual di cetre e di viole io sento
suonar per l'aria pastoral concento?

CORO
Di campagne, di montagne,
di spelonche, di pendici,
innocenti e abitatrici
vengon ora al regio piè.
Vengon qui per adorarti,
per recarti un picciol dono,
scorte sono da l'amore,
dal candore di lor fè.

PODESTÀ
Perdono, alma Regina,
all'ardir di costoro, al loro affetto,
all'ardente lor brama invan m'opposi,
invano contrastai;
dalla campagna fero appena ritorno
al rustico soggiorno
che chieser di veder la lor Regina,
ed insieme col core offrirle tutti,
poi che meglio non han, fior, latte e frutti.

REGINA
Oh care, i doni accetto,
son grata al vostro affetto; e perché sia
la compiacenza mia nota alla villa
lo rechi il buon Lisargo a Ghita e a Lilla.

PODESTÀ, CORRADO
Che generosità!

REGINA
Voi gite, o figlio, ed insieme con essi
passate pur la notte in festa e in gioco.
La virtù va onorata in ogni loco.

CORO
Di campagne, di montagne, ecc.

(Partono, meno la Regina)

Scena 6

(La Regina sola.)

REGINA
Chi mai diria che
in questi rozzi tetti,
e sotto queste pastorali spoglie
tanta virtù, tanta onestà s'accoglie!
O felici abituri, o piagge amiche,
di riposo e di pace alberghi veri.
Quanto mai volentieri
la vostr'aura io respiro,
e se il destino m'avesse
dato in sorte di vivere a me stessa,
ingrato e vile mi fora ogni altro dono,
e con voi cengerei la reggia e il trono.

Ah, perché formar non lice
ad ogni alma il suo destino,
ch'io per voi vivrei felice
tra i piacer di libertà?
E tra i semplici diletti
dei pastori dell'armento
troverebbe il cor contento
quel riposo ch'or non ha.
Ah, non erano le selve
destinate per le belve!
Là si trova, là si prova
la mortal felicità.

(Parte.)

Scena 7

(Entrano il Principe e Corrado, ambedue con lunghi tabarri)

PRINCIPE
E possibil sarà che una villana
resista ai desir miei, resista a tanti
allettamenti di promesse, e doni?
Ah, tu ben sai ch'io doman
partir debbo. Or che mi resta
da far in una notte?

CORRADO
In una notte
si fan le belle cose

PRINCIPE
Mi raccomando a te.

CORRADO
Dal canto mio, il possibil farò

PRINCIPE
Ma che dirian di me se mi servissi
d'un mezzo così vile?

CORRADO
Un amoroso inganno colpa non è
Andiam un poco alle porte di Lilla;
ivi Signore, qualche cosa accadrà.
Sempre fui persuaso che l'uom
si debba porre in mano al caso.

(Parte.)

PRINCIPE
Oh Ciel che duro passo è mai questo per me!
Sentir mi pare una voce nel cor,
che mi rinfacci la debolezza mia.
Dunque un Infante, un figlio d'Isabella,
da una vile serrana ora è costretto
a mendicare affetto,
e a mendicarlo, ahimè!, con un inganno!
A qual varco mi traggi, amor tiranno.

Seguir degg'io chi fugge?
Chi mi disprezza amar?
Saprò scacciar dal petto
il mio funesto affetto,
saprò aborrir la perfida
che ride al mio penar.
Saprò, ma intanto il core
langue nel suo dolore
e della mia speranza
comincio a dubitar.
Stelle ingrate, avversi Dei!
Che volete ancor da me?
Son confuso, son oppresso,
non intendo più me stesso.
A' miei mali una speranza
pur m'avanza ancora in te.

Scena 8

(Strada, da un lato la casa di Tita, dall'altro alberi. Lilla sola, poi Ghita sulla porta, senza essere veduta.)

LILLA
La notte s'avvicina,
e ancor non veggio il mio sposo venir.
Lubino! In questo giorno
così poco tu brami
di star con lei che t'ama
e tu tant'ami?

GHITA
(fra sè)
Che diavolo vuol dir
che non vien Tita?
Sta a veder che il birbante
avrà trovata una novella amante.

LILLA
(Sospira.)
Ahimè!

GHITA
(Non veduta dalla Lilla.)
Questa è la Lilla:
La conosco ai sospiri.
Lilla, che fai qui sola?

LILLA
Mi diverto.

GHITA
Ma so che meglio si divertiria
se avesse Lubinetto in compagnia.

LILLA
Sì, sì, lasciam gli scherzi.
Or che ne dici di questo lor tardar?

(Si vedono in distanza alcuni pastori.)

GHITA
Infatti vedi tornar dal campo
alcuni pastorelli, chieggiam un po'
se nuova hanno di quelli.

LILLA, GHITA
Villanelle che volgete
lieto il passo al caro tetto,
per pietà non mel tacete
se vedeste il mio diletto,
ahi, ahi, prima d'andar via
ahi, che pena, che dolor!
Brunetto/vermiglio è il suo viso
è nero/biondo il capel,
e un vago sorriso
lo rende più bel.
Ah, tutte sen vanno,
risposta non ho!
Invidia n'avranno di cosa io lo so.

Scena 9

(Entrano il Principe e Corrado. E notte scura)

PRINCIPE
Eccola; al buio ancora
riconosce il mio core il suo tesoro.
Avviciniamci a lei.
Non ammettono indugi i voti miei.

CORRADO
Lasciate fare a me!

LILLA
Ghita mia, ritiriamci,
la notte si fa scura.

GHITA
E di cosa hai paura?

LILLA
Che so io?
Con questo tuo bizzarro Principino
io temo sempre d'inquietar Lubino.

CORRADO
(sottovoce)
Ha seco la cognata.

PRINCIPE
(sottovoce)
Non serve, è nostra amica

(Alterando la voce e nascondendosi col mantello)

Lilla!

CORRADO
(Corrado fa lo stesso.)
Ghita!

LILLA
Questo mi par Lubino.

GHITA
E questo Tita.

CORRADO
(Fra sè)
Secondiamo l'equivoco.

GHITA
(Piano alla Lilla.)
Son essi senza fallo.
Sposo mio!

LILLA
Mio Lubin!

GHITA
Parla!

LILLA
Non ti nascondere!

GHITA, LILLA
Ah tu segui, furbetto,
a non rispondere!

Dammi la cara mano,
abbracciami, mio cor,
tu se' il mio dolce amor,
non mi rispondi?

PRINCIPE, CORRADO
Son/È de' begli occhi tuoi
il fido adorator,
un misero che muor
se nol secondi.

LILLA, GHITA
Cieli! Quest'è l'Infante /Corrado!

PRINCIPE
Non mi fuggir mio bene.

PRINCIPE, CORRADO
Conforto alle mie/sue pene
io/ei spero/a sol da te.

LILLA
Ah, se Lubino or viene!

GHITA
Ah, se mai Tita viene!

LILLA, GHITA
Che mai sarà di me?

(Entrano Lubino e Tita)

TITA
Mi par di sentir gente.

LUBINO
Lilla!

TITA
Ghita!

PRINCIPE, CORRADO, LILLA, GHITA
Gli sposi, oh Dei!

(Le due spose lasciano il Principe e Corrado, e s'accostano ai loro sposi.)

LILLA, GHITA
Son qui ben mio.

LUBINO, TITA
Qui sei? E teco ancor chi v'è?

LILLA, GHITA
Son questi contadini,
che tornan dal lavoro.

(Il Principe e Corrado si allontanano.)

LUBINO, TITA
E a voi così vicini?
Sì uniti a voi perchè?
Barbare gelosie,
la pure gioie mie cessate di turbar.

PRINCIPE, CORRADO
(Stanno di dietro)
(Fra loro)
Mettamci qui in disparte
e stiamo ad osservar.

LILLA, GHITA
Sai che te solo adoro,
di me non dubitar.

PRINCIPE, CORRADO
Ah, nel momento stesso
in cui sperai/sperò ristoro
per sempre il mio/suo tesoro
io vedomi/vedesi involar

LUBINO, TITA
Ah, se m'inganna Lilla/Ghita,
l'idolo del cor mio!
Di chi si deve, o Dio!,
quest'anima fidar?

LILLA, GHITA
Ah, s'io Lubino/se il mio Tita inganno
l'idolo del cor mio!
Di chi deve o Dio
un'anima fidar?

(Partano tutti, meno il Principe.)

Scena 10

PRINCIPE
Di qual rigido marmo
ha dunque il core,
questa barbara tigre in volto umano?
Quanto finora invano e promesse
e lusinghe e querele e sospiri, infelice versai!
Quale strade intentate, o Dio!, lasciai!
Potea per una ingrata avvilirmi di più?
Fuggirmi, odiarmi, rifiutarmi, schernirmi!
Ah, ch'io dovrei, abborrire
quell'empia, e di me stesso
vergognarmi con me
per tale eccesso.

Perchè farla, eterni Dei,
tanto bella agli occhi miei?
O perchè non farla ancor
che capace sia d'amor!
Abborrir vorrei l'ingrata
nè mi sento odio sì forte.
Ma una rea che mi da morte
è la Dea di questo cor.


最終更新:2017年07月04日 17:13