ATTO SECONDO


L’amante

(Alla frontiera fra Siberia e Russia. La Poloo-tappa da Omsk a Kolyan. Appaiono da destra, segnando sulla neve il sentiero, alcuni contadini, alcuni rivenditori, merciaje e babe stranamente coperti con shube, bizzarri cappotti fatti di pelli di capra, e le kottee ai piedi, scarponi di vimini intrecciati)

CONTADINI E RIVENDITORI
Buon dì! Salute a Vostre Signorie!

(I rivenditori presentano al capitano il permesso di rivendita)

IL CAPITANO
Sta bene!

CONTADINI E RIVENDITORI
(al sergente, mentre il capitano osserva i permessi)
La colonna dei forzati
ancora non è giunta?

IL SERGENTE
Non ancora!

I RIVENDITORI E CONTADINI
O santi Pietro e Paolo!

LE CONTADINE
Pensate!
Noi si viene da Narim!

I RIVENDITORI
(lamentosamente)
Noi si viene da Kolyvan!

IL CAPITANO
(restituendo il permesso, con disprezzo, ai rivenditori)
Polacchi ebrei, vi fate ricchi!

(e rientra nella casupola del comando)

I RIVENDITORI
(dietro il capitano, verso la porta)
Noi?!...
Cristiani e battezzati!!! E che per questo?

I CONTADINI
Si vive a stento su dei condannati!

I RIVENDITORI
Magro commercio che ci dà il governo!...

(Il sergente scrolla le spalle, incredulo. Accende la pipa e va ad osservare verso la Wladimirka)

LE MERCIAIE
Verste e verste!... A piè!...
Così noi trainiamo angosciate
ansimate fiacche e pestevite e ceste tutti i dì!...

LE BABE
E noi?
Grame, non pietà qui conduce entro
a scialbe gelide albe senza luce, no; la fame trae qua!

IL SERGENTE
(che è sullo sbocco della Wladimirka, a un tratto ritorna e picchiando alla porta del Comando grida)
Il Corriere d’Omsk arriva!

(Riappare il Capitano e quasi subito infatti sbocca dalla Wladimirka un corriere della Guardia Cosacca a cavallo. Un Cosacco balza di sella, scioglie un sacco di tela cerata attaccato alla sella e lo consegna al sergente, questi lo porta dentro al posto del Comando. Un altro Cosacco intanto scende da cavallo e, preso per la briglia anche l’altro, va alla rimessa)

IL CAPITANO
(al Cosacco)
E la colonna dei forzati?

IL COSACCO
È in via!
La precediam di poco!
Brutto andare sovra la Wladimirka!

I CONTADINI
(borbottando)
Neve e neve!

(Il Sergente ritorna e fa cenno al Capitano che rientra ad esaminare la posta, quasi tutta destinata ai condannati, sottomessa quindi ad una rigorosa esamina)

LE CONTADINE
(lamentose)
E quanta attesa!... O santi Pietro e Paolo!

LA FANCIULLA
(al Cosacco)
Di’ pel nome
di Cristo!... Mi vuoi dire se la catena
vivente vien da Mariink o da Tobolsk?

IL COSACCO
Sì, ben da Tobolsk.

LA FANCIULLA
(con gioia)
Dio ti voglia bene.

IL COSACCO
Ed ora che fai?

LA FANCIULLA
Mio padre è tra i forzati!...

(indicando il bambino)

Ora siam soli!... Affatto!...

(e gli occhi della fanciulla si fermano sul bimbo che si aggrappa intirizzito alle sua gonne)

È mio fratello!...
Poi? Nol vedremo più! Va alle miniere!
Abbiamo fatto lunga lunga via per rivederlo ancora!...
Or io temevod’esser giunti tardi!
M’hai ridatala vita!... Prendi!

(cerca nelle tasche e leva alcune monete stendendole al Cosacco)

IL COSACCO
(Respingendo le monete)
Tienle per tuo padre!...

(Guarda commosso la fanciulla, e l’accompagna nel posto di guardia. Lontano, sulla Wladimirka, verso Omsk, s’avvicina la nenia di un canto lieve, singolare, incerto. Allora tutto un gran movimento anima la poloo-tappa. Dal posto del Comando escono l’Ispettore dei trasporti, il Capo-medico, il Sergente e i soldati. E dalla Wladimirka il canto ormai ben distinto, si avvicina sempre più: È la Catena-Vivente! Sono i condannati!)

LA CATENA-VIVENTE
Malori! Dolori!
Languire! Soffrire!
Penare! Tremare!
Imprecare notte e di’!
Non speranza! Non pietà!
Dolorar sempre, così!
Sol la morte ci darà
carità, libertà!

(La Catena, arrivata alla poloo-tappa, cessa istantaneamente il canto. Sono tutti allineati. La catena è stretta ad entrambe le caviglie e saldata ai fianchi come cintura. Sono tutti rasati barbe e teste a metà verticalmente, che i glengarry, berrettoni senza tese, fortunatamente nascondono)

IL CAPITANO
Il rancio!

(A questo comando la Catena-Vivente si scioglie; i condannati si lasciano cadere come disfatti sopra la neve ammonticchiata)

IL CAPITANO
(al Chirurgo)
A voi, chirurgo, tosto!...

(e accenna di sbrigarsi a far la solita visita. Al Sergente)

Il fabbro!

(Il Sergente fa cenno ad un soldato che si avanza con un’incudine portatile e martello. Onde la due visite, quella del chirurgo ai condannati e quella del fabbro alle catene, son fatte simultaneamente. Esce l’impiegato civile dagli occhiali d’oro, consegna un pacco di lettere aperte al Capitano, mormorandogli qualche cosa a proposito di una lettera. All’apparire delle lettere, molti condannati dimenticano i disagi, il freddo, la fame e stendono, con gli occhi dove si ravvivano tutte le luci affettuose delle anime, le mani trepidanti. Il Capitano pronuncia ad alta voce i numeri; ogni numero si presenta e ricevuta la lettera si apparta stringendosela fra le dita tremanti, il cuore in tumulto. Un giovanetto pallido aspetta, le ansie dell’attesa terribilmente disegnate sul viso)

IL CAPITANO
Novantasei!

(il giovane si avvicina commosso)

Novantasei?

(il giovane senza parole accenna di sì, e stende la mano)

Chi scrive è vostra madre!
Una parola oscura
m’impedisce di darvi la sua lettera!

(e consegna la lettera all’impiegato civile, dicendogli)

Soppressa! Agli Atti! In rango, giovinotto!

(Il giovane si lascia cadere come corpo morto, nascondendo il volto entro il bavero alto del cappotto e vi rimane immoto. Dalla Wladimirka un violento scampanellio di troika, e subito questa appare trascinata da tre focosi piccoli cavalli dell’Ukraina. Ricoperta di pellicce vi sta una donna. È Stephana)

STEPHANA
(al primo soldato che le si affaccia, che è il Cosacco-corriere di Omsk)
La poloo-tappa della steppa di Omsk?

IL COSACCO
Sì, questa!

STEPHANA
Il condannato 107!...

(Il Cosacco a quel tono di comando rimane impacciato)

STEPHANA
(impaziente)
Il Capitano?...

IL CAPITANO
(presentandosi)
Io quello!...

STEPHANA
(porgendogli un foglio)
A voi!

(Il Capitano legge, accenna di sì a Stephana, ma questa, intanto, ritta sulla troika, ha guardato avidamente fra i condannati: eccola gettare un gran grido, discendere rapidamente e correre verso Vassili chiamando)

Vassili!
Io sono!... vedi?...
Qui!... Con te!... Con te...

VASSILI
Stephana?!... Tu?... Con me?...

STEPHANA
(prende la mani di Vassili e le stringe a sé guardandolo, e continua a parlargli tumultuosa, in preda ad una vera e forte esaltazione)
Il nido del piacer, oro, splendore,
dove mi fu gridato
da te la prima volta il nome «Amore!»,
ai poveri ho donato!
Son io! Vedi? Son io!
Qui per voler di cuore,
voler di Dio!
Non più vili
gioje o rossor!
Son qui, Vassili,
sol per l’amore,
pel dolor.

VASSILI
Stephana!... Dio!... Stephana!...
Tu!... Con me!
Pietà santa e divina!... È la clemenza
degli angioli! È la mia mamma là che prega!...
Mia mamma morta, che prega in cielo!...
Che nella somma e cupa mia miseria
mi dà la più profonda e forte ebbrezza!
Con me, tu?... Tu Stephana?… Con me?...

STEPHANA
Per non lasciarti più!

VASSILI
Ma, tu non sai
la sciagurata via!...

STEPHANA
Sarà la mia!

VASSILI
Orride steppe, Torrida l’estate!
Valli cocenti e desolate!
Aspri sentieri di spine e sassi!
Martirii orrendi, sangue sui tuoi passi!
Poi?... Vien la pioggia! Hai la palude intorno
che il piè incatena e interra!
Guarda!... Ovunque ghiacciai!
Al maledetto estate segue il verno!...
Ed il vento atroce, eterno,
che non dà tregua mai;
da le vette, morte guata
bieca, livida, implacata!
Qui giù dalle profonde
caverne dei dirupi
al pianto uman risponde
l’urlo dei lupi!
Questa è la Siberia!
Torva è la miseria!
Bara mesta
di tetri scheletri
maledetta dal ciel!

STEPHANA
È qui con te
il mio destin;
non viltà e non soffrir mi atterrirà.
Niun dolor potrà
fosse morte,
affievolir il mio core!
Io vivo alfin l’amore!
Qui!... Con te!... È il destin!...

VASSILI
Or tutto il ciel viene a me
e divin raggia in te.
Riflette il bel guardo tuo
d’astri d’or il fulgor!
Credea finita...
vita, speme e la fè!
Ah! Ancor fai fulgere
il sol dell’amor!
Ah! S’ingloria il cor!
Trionfale amor
che un destin
affannato da viltà
in divin santo cammin
muta qui la tua pietà,
e il tuo amor!

STEPHANA
Gloria è d’amor!
A te fedel!
Ah! Gloria d’amor
è il bacio tuo, sublime,
che l’anima tutta redime!
Stephana tua redenta è in te!
Gloria è d’amor!

(ma colpita dalla profonda mestizia del canto che i condannati hanno ripreso, interrompe il suo entusiasmo e dice affannata e quasi superstiziosa a Vassili)

Oh il triste canto!

(e intimorita, abbracciandosi stretta a Vassili, gli mormora vinta da una specie di pena superstiziosa)

Le nostre voci
che rassembran baci sono feroci!… Tacciamo!

VASSILI
È vero: taci!

(Il Sergente fa loro cenno di prendere posto, e Vassili e Stephana vicini, stretti, guardandosi, sorreggendosi, seguono muti la Catena-Vivente)
ATTO SECONDO


L’amante

(Alla frontiera fra Siberia e Russia. La Poloo-tappa da Omsk a Kolyan. Appaiono da destra, segnando sulla neve il sentiero, alcuni contadini, alcuni rivenditori, merciaje e babe stranamente coperti con shube, bizzarri cappotti fatti di pelli di capra, e le kottee ai piedi, scarponi di vimini intrecciati)

CONTADINI E RIVENDITORI
Buon dì! Salute a Vostre Signorie!

(I rivenditori presentano al capitano il permesso di rivendita)

IL CAPITANO
Sta bene!

CONTADINI E RIVENDITORI
(al sergente, mentre il capitano osserva i permessi)
La colonna dei forzati
ancora non è giunta?

IL SERGENTE
Non ancora!

I RIVENDITORI E CONTADINI
O santi Pietro e Paolo!

LE CONTADINE
Pensate!
Noi si viene da Narim!

I RIVENDITORI
(lamentosamente)
Noi si viene da Kolyvan!

IL CAPITANO
(restituendo il permesso, con disprezzo, ai rivenditori)
Polacchi ebrei, vi fate ricchi!

(e rientra nella casupola del comando)

I RIVENDITORI
(dietro il capitano, verso la porta)
Noi?!...
Cristiani e battezzati!!! E che per questo?

I CONTADINI
Si vive a stento su dei condannati!

I RIVENDITORI
Magro commercio che ci dà il governo!...

(Il sergente scrolla le spalle, incredulo. Accende la pipa e va ad osservare verso la Wladimirka)

LE MERCIAIE
Verste e verste!... A piè!...
Così noi trainiamo angosciate
ansimate fiacche e pestevite e ceste tutti i dì!...

LE BABE
E noi?
Grame, non pietà qui conduce entro
a scialbe gelide albe senza luce, no; la fame trae qua!

IL SERGENTE
(che è sullo sbocco della Wladimirka, a un tratto ritorna e picchiando alla porta del Comando grida)
Il Corriere d’Omsk arriva!

(Riappare il Capitano e quasi subito infatti sbocca dalla Wladimirka un corriere della Guardia Cosacca a cavallo. Un Cosacco balza di sella, scioglie un sacco di tela cerata attaccato alla sella e lo consegna al sergente, questi lo porta dentro al posto del Comando. Un altro Cosacco intanto scende da cavallo e, preso per la briglia anche l’altro, va alla rimessa)

IL CAPITANO
(al Cosacco)
E la colonna dei forzati?

IL COSACCO
È in via!
La precediam di poco!
Brutto andare sovra la Wladimirka!

I CONTADINI
(borbottando)
Neve e neve!

(Il Sergente ritorna e fa cenno al Capitano che rientra ad esaminare la posta, quasi tutta destinata ai condannati, sottomessa quindi ad una rigorosa esamina)

LE CONTADINE
(lamentose)
E quanta attesa!... O santi Pietro e Paolo!

LA FANCIULLA
(al Cosacco)
Di’ pel nome
di Cristo!... Mi vuoi dire se la catena
vivente vien da Mariink o da Tobolsk?

IL COSACCO
Sì, ben da Tobolsk.

LA FANCIULLA
(con gioia)
Dio ti voglia bene.

IL COSACCO
Ed ora che fai?

LA FANCIULLA
Mio padre è tra i forzati!...

(indicando il bambino)

Ora siam soli!... Affatto!...

(e gli occhi della fanciulla si fermano sul bimbo che si aggrappa intirizzito alle sua gonne)

È mio fratello!...
Poi? Nol vedremo più! Va alle miniere!
Abbiamo fatto lunga lunga via per rivederlo ancora!...
Or io temevod’esser giunti tardi!
M’hai ridatala vita!... Prendi!

(cerca nelle tasche e leva alcune monete stendendole al Cosacco)

IL COSACCO
(Respingendo le monete)
Tienle per tuo padre!...

(Guarda commosso la fanciulla, e l’accompagna nel posto di guardia. Lontano, sulla Wladimirka, verso Omsk, s’avvicina la nenia di un canto lieve, singolare, incerto. Allora tutto un gran movimento anima la poloo-tappa. Dal posto del Comando escono l’Ispettore dei trasporti, il Capo-medico, il Sergente e i soldati. E dalla Wladimirka il canto ormai ben distinto, si avvicina sempre più: È la Catena-Vivente! Sono i condannati!)

LA CATENA-VIVENTE
Malori! Dolori!
Languire! Soffrire!
Penare! Tremare!
Imprecare notte e di’!
Non speranza! Non pietà!
Dolorar sempre, così!
Sol la morte ci darà
carità, libertà!

(La Catena, arrivata alla poloo-tappa, cessa istantaneamente il canto. Sono tutti allineati. La catena è stretta ad entrambe le caviglie e saldata ai fianchi come cintura. Sono tutti rasati barbe e teste a metà verticalmente, che i glengarry, berrettoni senza tese, fortunatamente nascondono)

IL CAPITANO
Il rancio!

(A questo comando la Catena-Vivente si scioglie; i condannati si lasciano cadere come disfatti sopra la neve ammonticchiata)

IL CAPITANO
(al Chirurgo)
A voi, chirurgo, tosto!...

(e accenna di sbrigarsi a far la solita visita. Al Sergente)

Il fabbro!

(Il Sergente fa cenno ad un soldato che si avanza con un’incudine portatile e martello. Onde la due visite, quella del chirurgo ai condannati e quella del fabbro alle catene, son fatte simultaneamente. Esce l’impiegato civile dagli occhiali d’oro, consegna un pacco di lettere aperte al Capitano, mormorandogli qualche cosa a proposito di una lettera. All’apparire delle lettere, molti condannati dimenticano i disagi, il freddo, la fame e stendono, con gli occhi dove si ravvivano tutte le luci affettuose delle anime, le mani trepidanti. Il Capitano pronuncia ad alta voce i numeri; ogni numero si presenta e ricevuta la lettera si apparta stringendosela fra le dita tremanti, il cuore in tumulto. Un giovanetto pallido aspetta, le ansie dell’attesa terribilmente disegnate sul viso)

IL CAPITANO
Novantasei!

(il giovane si avvicina commosso)

Novantasei?

(il giovane senza parole accenna di sì, e stende la mano)

Chi scrive è vostra madre!
Una parola oscura
m’impedisce di darvi la sua lettera!

(e consegna la lettera all’impiegato civile, dicendogli)

Soppressa! Agli Atti! In rango, giovinotto!

(Il giovane si lascia cadere come corpo morto, nascondendo il volto entro il bavero alto del cappotto e vi rimane immoto. Dalla Wladimirka un violento scampanellio di troika, e subito questa appare trascinata da tre focosi piccoli cavalli dell’Ukraina. Ricoperta di pellicce vi sta una donna. È Stephana)

STEPHANA
(al primo soldato che le si affaccia, che è il Cosacco-corriere di Omsk)
La poloo-tappa della steppa di Omsk?

IL COSACCO
Sì, questa!

STEPHANA
Il condannato 107!...

(Il Cosacco a quel tono di comando rimane impacciato)

STEPHANA
(impaziente)
Il Capitano?...

IL CAPITANO
(presentandosi)
Io quello!...

STEPHANA
(porgendogli un foglio)
A voi!

(Il Capitano legge, accenna di sì a Stephana, ma questa, intanto, ritta sulla troika, ha guardato avidamente fra i condannati: eccola gettare un gran grido, discendere rapidamente e correre verso Vassili chiamando)

Vassili!
Io sono!... vedi?...
Qui!... Con te!... Con te...

VASSILI
Stephana?!... Tu?... Con me?...

STEPHANA
(prende la mani di Vassili e le stringe a sé guardandolo, e continua a parlargli tumultuosa, in preda ad una vera e forte esaltazione)
Il nido del piacer, oro, splendore,
dove mi fu gridato
da te la prima volta il nome «Amore!»,
ai poveri ho donato!
Son io! Vedi? Son io!
Qui per voler di cuore,
voler di Dio!
Non più vili
gioje o rossor!
Son qui, Vassili,
sol per l’amore,
pel dolor.

VASSILI
Stephana!... Dio!... Stephana!...
Tu!... Con me!
Pietà santa e divina!... È la clemenza
degli angioli! È la mia mamma là che prega!...
Mia mamma morta, che prega in cielo!...
Che nella somma e cupa mia miseria
mi dà la più profonda e forte ebbrezza!
Con me, tu?... Tu Stephana?… Con me?...

STEPHANA
Per non lasciarti più!

VASSILI
Ma, tu non sai
la sciagurata via!...

STEPHANA
Sarà la mia!

VASSILI
Orride steppe, Torrida l’estate!
Valli cocenti e desolate!
Aspri sentieri di spine e sassi!
Martirii orrendi, sangue sui tuoi passi!
Poi?... Vien la pioggia! Hai la palude intorno
che il piè incatena e interra!
Guarda!... Ovunque ghiacciai!
Al maledetto estate segue il verno!...
Ed il vento atroce, eterno,
che non dà tregua mai;
da le vette, morte guata
bieca, livida, implacata!
Qui giù dalle profonde
caverne dei dirupi
al pianto uman risponde
l’urlo dei lupi!
Questa è la Siberia!
Torva è la miseria!
Bara mesta
di tetri scheletri
maledetta dal ciel!

STEPHANA
È qui con te
il mio destin;
non viltà e non soffrir mi atterrirà.
Niun dolor potrà
fosse morte,
affievolir il mio core!
Io vivo alfin l’amore!
Qui!... Con te!... È il destin!...

VASSILI
Or tutto il ciel viene a me
e divin raggia in te.
Riflette il bel guardo tuo
d’astri d’or il fulgor!
Credea finita...
vita, speme e la fè!
Ah! Ancor fai fulgere
il sol dell’amor!
Ah! S’ingloria il cor!
Trionfale amor
che un destin
affannato da viltà
in divin santo cammin
muta qui la tua pietà,
e il tuo amor!

STEPHANA
Gloria è d’amor!
A te fedel!
Ah! Gloria d’amor
è il bacio tuo, sublime,
che l’anima tutta redime!
Stephana tua redenta è in te!
Gloria è d’amor!

(ma colpita dalla profonda mestizia del canto che i condannati hanno ripreso, interrompe il suo entusiasmo e dice affannata e quasi superstiziosa a Vassili)

Oh il triste canto!

(e intimorita, abbracciandosi stretta a Vassili, gli mormora vinta da una specie di pena superstiziosa)

Le nostre voci
che rassembran baci sono feroci!… Tacciamo!

VASSILI
È vero: taci!

(Il Sergente fa loro cenno di prendere posto, e Vassili e Stephana vicini, stretti, guardandosi, sorreggendosi, seguono muti la Catena-Vivente)


最終更新:2017年08月25日 19:03