ATTO TERZO


L’eroina

(L’interno della Casa di forza nelle miniere del Trans-Baikal. È il Sabato Santo: un sole di primavera intiepidisce un po’ l’aria. L’Ispettore di sezione passeggia, le mani dietro il dorso. Un invalido, zoppo e vecchio, guarda l’Ispettore e la casa N. 107)

LE DONNE
(sulle porte, al sole)
Dalle nuvole ha il cielo snidato fuori
quel rosso globo che par quasi sole
che quasi splende e scalda, come suole,
con quasi raggi e quasi veri ardori.

LE ALTRE
Oggi è Sabato Santo e il ciel fa festa!
Alla vecchia Siberia sonnolenta
un vel di luce pone sulla testa
perché abbellisca... E lei?...

TUTTE
(ridono)
Si riaddormenta!

(Finalmente l’invalido si fa coraggio e colta la buona occasione può avvicinarsi alle donne)

L’INVALIDO
O donne, dite, stracci vecchi avete
per fare la bandiera nazionale?

LE DONNE
Noi? No.

LE ALTRE
(bisbetiche)
Stracci? Per noi.

L’INVALIDO
(finge di volersi rivolgere al n. 107)
Là...

TUTTE
(con intenzione)
Là chiedete!
Là c’è di tutto!

L’INVALIDO
(ride, ma s’avvia dicendo)
Oh lingue sputi-male!

(e s’avvicina a Stephana che è sulla porta, e le parla. Stephana entra e ritorna subito con un cesto di stracci. L’invalido rapidamente, tenendo d’occhio l’Ispettore e le donne, con grande naturalezza trae lontano più che può Stephana come per meglio esaminare e cercare nel cesto)

LE DONNE
Dunque teatro?
– Eccome
– Udite?
– A sera fatta!…
– Dicon meraviglia!
– E c’è il sipario!…
– E una lumiera vera!
– Mosca!
– …il Kremlin!…
– Colle fiamme vermiglie!

(osservano il movimento febbrile al Kazerm e fuori. Forzati intenti ad inchiodare sgorbi di scene, uscire, rientrare. E le donne continuano il loro chiacchierio allegro. Alcune si preparano per andare ad attinger acqua, altre curiosa a guardare il lavoro dei forzati, altre a parlare pel piacere di poter parlare)

– Dite, al fiume venite con me?

(Alcune si staccano dal gruppo e si uniscono la loro)

– Noi restiamo! Attendiam mezzodì!
– Se vedeste che feste all’artel!
– Con scenari dipinti dal ver!
– Per sipario un effetto di ciel!
– Così liete noi pur per un dì!
– Canto e riso noi pur anche qui!
– Per un’ora noi pure obliar!
– Il sollievo d’un’ora al soffrir!
– Tregua santa e crudeli martir!

L’INVALIDO
(fissa Stephana e, a voce bassa)
La bandiera è un pretesto...
Vi chiamate Stephana?

STEPHANA
Sì.

L’INVALIDO
Vi cerca un condannato...
Numero novantotto...

(rovescia a terra il cesto)

STEPHANA
Chi è?
Che vuole?

L’INVALIDO
Parlarvi a solo prima di sera...

STEPHANA
(sorpresa)
No! Io non parlo con alcuno.

L’INVALIDO
Così dirò.

(supplichevole)

Se qualche cosa date...
Son pover’uomo anch’io
e fate bene come vero è Dio...

(Stephana gli dà qualche moneta. L’Invalido prende il danaro. Saluta e si allontana)

E grazie a voi!...

(ripassando davanti alle donne)

Trovato!

(mostra gli stracci bianco-neri)

TUTTE
(ironiche)
Là chiedete!
Là c’è tutto!

(e ridono beffarde. L’Invalido rientra nel Kazerm Stephana col cesto torna verso la casetta, saluta le donne e rientra)

LE DONNE
(guardando dietro a Stephana con disprezzo)
Vedeste come ha fatto a salutare?
– con che superbia guarda! E con quali occhi!
– Siamo sincere: dà l’antipatia!
– Parlar con noi?… La lingua le fa male!
– vedete che alterigia? Strana! Balda!
– E come posa!
– Ancor fa la galante!
– Passa arrogante e nel suo far spavalda!

(le donne si dividono in tre gruppi. I primi due vanno in fondo alla scena ed escono l’uno a destra, l’altro a sinistra, il terzo entra nella capanna a sinistra)

STEPHANA
(inquieta e agitata siede sulla soglia della sua capanna)
Chi mai sarà?

VASSILI
(esce dalla capanna e le si appressa teneramente)
Che ti turba?...

STEPHANA
(volgendosi)
Vassili...

VASSILI
(con affetto, carezzandola)
Mia povera Stephana!
Io vedo ne’ tuoi occhi lo strazio
che ti divora l’anima...
Oh... quando schiuderai l’ala raggiante
sognata libertà!

STEPHANA
La libertà...

VASSILI
(con mite rimprovero)
Questa parola trema
sulla tua bocca con soave spasimo!

STEPHANA
(subito)
No! Non per me! Per te!... Tu mi ritorni
dall’aspro giogo affranto.
E tutti i giorni
hai gli occhi in febbre e in pianto!
Ah questa tua è tortura
che consuma e agghiaccia...

VASSILI
Ed ha fin la mia sciagura
nelle tue care braccia!
Nella tua voce limpida
canta la primavera!
Nei tuoi occhi è il fascino;
la tua bocca è il maggio!
Se tu mi baci io bacio l’acuto odor
di tutti i fior!

STEPHANA
(stringendosi a Vassili)
Arde in noi più puro l’amor
nell’aspro tormento di questo destin.

VASSILI
O mia Stephana!
Pallido fior!
Nel mio cuor è il sorriso!...

STEPHANA
Il sorriso d’amor!

(il suono di una campana si fa sentire)

L’ISPETTORE
(entra e comanda)
Al lavoro! Al lavoro!

(È l’appello per la ripresa del lavoro: l’Ispettore e gli ufficiali di turno comandano la formazione delle Catene: quella della «botte» e quella delle «carriole ». Vassili è aggiogato a una carriola. Echeggiano i comandi per la disposizione delle sotnie e le Catene partono. Appena via le Catene, l’Ispettore, gli ufficiali e gli alti impiegati della Casa di Forza ad un improvviso rullo di tamburi ed al segnale dell’ «attenti», squillato da trombe, si mettono in posizione)

L’ISPETTORE
Sua nobiltà il Governatore. In rango!!

(Gli ufficiali, i soldati si allineano e si dispongono nella posizione dell’«attenti»)

ALCUNE DONNE
(in gran da fare corron fuori e parlano fra loro animatamente)
– La visita di Pasqua!
– La mia casa è linda; e voi?
– È in bell’assetto.
– Dio volesse inspirargli la grazia del riposo!

L’ISPETTORE
(impone silenzio e le donne tacciono)
Silenzio!

(Il governatore appare seguito da funzionari)

IL GOVERNATORE
(all’Ispettore che ad un suo cenno gli si è avvicinato)
Rapporti ai Kazerm?

L’ISPETTORE
(in posizione di saluto militare)
Nobiltà, nessuno!

(Il Governatore passa ispezionando. Le donne si inchinano al sua passaggio. Il Governatore si allontana seguito dall’Ispettore, dagli ufficiali e dai soldati. Le donne si ritraggono. Stephana esce dalla capanna e si avvia verso il fiume con secchi vuoti. Glèby, in tenuta da forzato, appare al Kazerm e le muove incontro)

STEPHANA
(arretra, depone i secchi e si passa una mano sulla fronte come per cacciare l’orrida visione, mormorando)
Glèby?

GLÈBY
Sì, Glèby!
Io pure son caduto nell’abisso!
E ancor sul tuo cammino
mi ha recato la sorte.
Sapevo che eri qui.
Dal vicino villaggio di Jakal
chiesi lavoro in questa miniera.
Ti volli ritrovare.

STEPHANA
(abbattuta)
Che vuoi da me?!

GLÈBY
(guata intorno, e rapidamente)
Stephana: ho modo per fuggire!

(Stephana trasalisce e lo guarda incredula; Glèby continua, a scatti, parlando basso)

GLÈBY
È un segreto.
Affidato me l’ha un condannato morente.

(accennando con circospezione)

Vedi là quel vuoto pozzo?
Il cavo è secco.
Per esso si giunge al recinto
oltre il tiro delle ultime vedette,
e via per la brughiera
a l’isba della Kaja si balza sulla troika
e siamo salvi!

(alenando forte, poi con più calma)

Carponi, stanotte, ho scrutato il cammino.
A breve tratto
m’era la libertà.

(con improvviso scatto)

Ma che vale ora
uscire da un abisso
per gettarmi in un altro senza meta?
Il tuo nome, Stephana,
mi corse come un brivido nell’anima.
Arretrai... Ti volli rivedere.
Stephana: con te,
nel delirio del mondo,
corsi la vita,
con te godetti, con te mi gittai
naufrago nel mar di voluttà...
Se fui vile, con te, per te lo fui.
Il destino ci unisce!

(cerca di attirarla)

STEPHANA
(arretra con forza)
No! No!

(E poiché Glèby le si appressa, ella, con disprezzo)

Non toccarmi!

GLÈBY
Torna con me alla vita:
io ti saprò ridar tutta la gioia.

(arso di desiderio)

Voglio ancora la tua bocca,
le tuo chiome, il tuo seno...

(adescandola)

Ricorda… i tuoi splendori,
le tue feste, i tuoi canti,
e la bellezza tua dominatrice!
Tutto, tutto riavrai, se tu mi segui!

(Ma invano cerca di adescarla e trainarla nel vortice del passato; giù dal fondo dei pozzi e dietro il terrapieno un canto triste e affannoso si fa sentire «Il canto dei condannati»)

VASSILI, CORO
Spremi dal cuor, dall’anima, dal fronte
gocce di sangue, lacrime e sudor!

STEPHANA
(discernendo la voce di Vassili. Tra sé)
Infinito dolore!
Per infinito amore!

(a Glèby)

Qual vergogna tu porti col ricordo
della bellezza mia e del mio splendore.
Tu sei dannato
a non sentire
la dolcezza del pianto e del dolore.
Alla mia vita l’estremo incanto
là splende... Ascolta!
quel pianto è amor!

(E Stephana guarda intorno a sé commossa, allargando le braccia quasi a un immenso abbraccio verso quel cielo, verso la luce di quel sole scialbo, e, illuminato il suo volto ancor bello malgrado i patimenti, il suo bel volto di eroina appassionata esprime tutto quel sentimento di gratitudine femminile a quel luogo ov’essa ha potuto finalmente amare)

A te portai l’anima mia, o Siberia:
tu come mamma a me le braccia hai stese
e doviziosa nella tua miseria
m’hai dato il bene che ad amar m’apprese!
Ond’io qui vivo e sento sole e fiori,
son caldi i tuoi tramonti e le aurore
ed in quest’aere pregno di dolori
io respiro il trionfo dell’amore!

(Un silenzio trepido. Glèby guata fremendo Stephana)

GLÈBY
Così credi sfuggirmi?

STEPHANA
Va! Sei pazzo!

GLÈBY
(felino, frenandosi a stento)
... È per Vassili?

STEPHANA
(fiera)
Sì. Amo Vassili.

GLÈBY
E non mi seguirai?

STEPHANA
No! No!

GLÈBY
(erompendo)
Per Dio!

(fa per lanciarsi su di lei e afferrarla)

STEPHANA
(ribellandosi, ergendosi fiera in tutta la persona)
Se tu mi tocchi io grido!

GLÈBY
Bada!

STEPHANA
Va!

(Gli volge le spalle inorridita e rientra nella sua capanna. Glèby ha un gesto di minaccia crudele. Poi si allontana egli pure)

CORO INTERNO
Spremi dal cuor, dall’anima, dal fronte,
gocce di sangue, lacrime e sudor!

IL GOVERNATORE
(ritornando, all’Ispettore)
Richiamate le ciurme dal lavoro!
Oggi riposo!

(Al segnale del riposo, il coro lontano tace interrotto. Il Governatore si allontana seguito dagli ufficiali e funzionari continuando altrove, ad altra Kazerm, la sua visita. E le Catene-Viventi tornano. Chi torna al Kazerm; chi torna all’isba del «Comando Libero», se è un condannato della Sezione Civile. Vassili siede presso la soglia della capanna. Stephana gli si appressa)

GLÈBY
(appare dal Kazerm, con un gruppo di forzati, e indica Stephana e Vassili)
Or vedrete che scena!

(appressandosi con atteggiamento provocatore)

Strano incontro!

FORZATI
(ridendo)
Attenti!

GLÈBY
(a Stephana)
Una stretta di mano, e… complimenti!

STEPHANA
(fingendo di non ravvisarlo)
Non vi conosco!

GLÈBY
M’ha il governo un po’
troppo, inesperto parrucchiere,
spelato e per metà tosato...
È Glèby sì o no?

(Stephana lo guarda ammutolita: Vassili si è alzato di scatto)

VASSILI
(a Stephana)
Ma che vuole costui?!

GLÈBY
(impertinente, squadrando Vassili)
Ah, voi quell’ufficiale
dunque che fu?...

(Vassili ha un moto di sdegno)

STEPHANA
(timorosa, calmandolo)
No! Non turbarti...
Andiamo!

GLÈBY
(continua impassibile)
Io v’offro l’occasione
d’un invitato all’agape pasquale.

(accennando alla tavola nella capanna di Stephana già preparata)

Là: detto fatto, un altro piatto,
e poi da buoni amici
discorreremo insiem dei dì felici.

VASSILI
(minaccioso)
Voi? Là coi vostri!

GLÈBY
Che modi questi?...

FORZATI
(ridendo)
Ah!... Ah!...
Dramma di famiglia!...

GLÈBY
Capisco!...

(squadra dall’alto in basso Vassili)

Gelosia?...

(ride e rivolgendosi a Stephana)

Ti compiango, Stephana!

(Saluta Stephana e volge impertinente le spalle a Vassili; Stephana riesce a stento a far entrare nella capanna Vassili. Glèby ritorna verso il Nazerm con fare trionfante, ma i forzati, veduto che non gli è riuscito di farsi invitare come prima aveva promesso, lo accolgono ironicamente)

FORZATI
Un altro rifiuto!

LE DONNE
Non ti hanno voluto!

GLÈBY
Quel coso è geloso!
Prometto una festa...

FORZATI
(vedendo Vassili uscire ancora dalla capanna)
Ritorna!

GLÈBY
(ai forzati)
Ne faccio un caprone con tanto di corna!

(Ma i forzati non si lasciano persuadere e, anzi, per eccitarlo lo motteggiano aspramente con risa dapprima, poi con parole di dileggio schernendolo e aizzandolo. Vassili infatti ritorna e si lascia cadere sui gradini, Stephana lo guarda triste, gli occhi in lacrime, poi si rifugia nella capanna)

GLÈBY
(furente degli scherni, si fa largo fra i forzati e comincia a discorrere in modo da farsi udire da Vassili)
La conobbi quand’era fanciulla
aveva una sdrucita corta gonnella
che le copriva.. nulla,
ma quindici anni e un aggettivo «Bella»,
e nello sguardo il furor della vita.
Era preziosa
di bellezza e freschezza,
e, un poco d’ignoranza
e, un resto d’innocenza
le davan la fragranza d’un bocciolo di rosa.
Pur le mancava quello che il gran mondo
definisce: Sapienza!

(fa una gran pausa, poi, presentandosi comicamente, aggiunge)

Modestamente il piccolo difetto
ho un poco corretto!

(I forzati cominciano a divertirsi al giuoco di Glèby, quindi grandi risa, grandi applausi e grandi grida di «Silenzio!» per udir meglio il resto)

GLÈBY
(riprendendo)
Poi?... Feste splendori, amori!
Folli avventure!
Piaceri senza cure!
Pensieri!
Dolori!
Ridde di cuori
e di... valori!
Da mille e mille mani!…
n bacio? Un vezzo?
Gran prezzo!
Confusioni di passioni
dell’ieri e del dimani!
Breve gioir profondo ed infecondo.
Ecco il gran mondo
dov’ella divina e bella
fe’ da regina!
Finchè, farfalla bella,
s’abbruciò l’ale
e presa
da un amante del cuore.

(e a voce forte accenna a Vassili)

lo zotico ufficiale che vi cavò la spesa...

VASSILI
(scattando)
Ah infamia!

(e fa per avventarsi, ma è trattenuto energicamente da Stephana, che pallida e tremante dall’interno della apanna ha sentito)

STEPHANA
(stringendosi a Vassili)
Vassili!

VASSILI
(furibondo)
Lasciatemi! Via!

L’ISPETTORE
(intervenendo)
Che avvenne?

GLÈBY
(con cinismo)
Nulla!...

(Glèby torna a parlare sottovoce coi forzati facendo misteriosamente segno di rientrare nel Kazerm per una certa sua trovata che… E i forzati rientrano con lui)

VASSILI
(con violenza)
Fiele!... Da un’ora!...
Contro te!... Contro me!...
Ma chi è colui per te?

(Stephana si copre il volto colle mani)

Sai tu la mia tortura umana?

(Stephana fa per dire ancora… Ma non può più profferir parola. Vassili la allontana con disgusto, dicendole)

Ti guardo e vedo, e ascolto
tutti i baci che hai dati,
tutti i baci passati
sovra il tuo volto!
Gli occhi con che mi guardi narran baci!
Voluttà!... Spasimi,
che tu ricevi e doni!
Io vedo mille braccia
intorno a te! A miriadi!...
A selve di tentacoli!...
Per seno! Pei capelli!...
Sovra il tuo fronte
tutte l’onte
veggo e la mia viltà!

STEPHANA
No!... Taci!... Taci!...

VASSILI
(disperato)
Io mi credea forte! No, non lo sono
perché bugia è l’oblio!
Eterna è la vergogna!
Torna il passato per voler di Dio
che nega il suo perdono!
Or questa è la mia sorte!
E la sola speranza mia?... La morte!

STEPHANA
(sotto il terribile rimprovero, reagisce. Al nome di Dio proferito contro di lei dal suo amante che il dolore e l’orgoglio snaturano, insorge)
Dio? Tu dici? Tu? Tu?
In questo istante?…
No, falso eroe! No! No, falso amante!
Ah se il fango
della terra tutto in fronte fosse un dì
passato qui, lassù Dio
per questo pianto mio ora perdona…

(ma i singhiozzi non la lasciano dire e prorompe in lacrime balbettando)

Io piango... Io piango!...

VASSILI
(umiliato e pentito colmo il cuore di sdegno per sé, corre a Stephana implorando)
No, Stephana!
Taci!... E, umana
come Dio, tu pur perdona!
T’ho straziata! Taci!

(e le si butta innanzi in ginocchio)

Vedi?
Qui! Nel fango! Stephana pia,
non piangere così!
Nel fango, o fronte mia!
Viltà mia, sì ai tuoi piè! Qui! Qui!
Perdona a me, Stephana!

(Ma, inaspettata e terribile, ecco dal Kazerm la voce beffarda di Glèby ricordare a Stephana le strofe della «Mattinata» eseguita avanti all’uscio della sua camera da letto la mattina del dì di Sant’Alessandro. Però ora non sono più sciabole di eleganti ufficiali che con l’argentino tintinnio vi fanno sotto l’accompagnamento, è il cozzare sinistro delle catene dei condannati che escono fuori dal Kazerm guidati da Glèby unendo alla sua le loro voci ironiche)

STEPHANA
(scatta violenta sotto quella tortura: lascia Vassili, corre dietro a quella ciurma urlando)
Per la croce di Cristo!...

(e rivolgendosi a Vassili)

Tu vuoi sapere?
Ebbene, sia!

(e va minacciosa verso Glèby)

GLÈBY
Bella Stephana...

(e cerca di schermirsi)

STEPHANA
(lo afferra con forza incredibile, lo trascina fuori dal gruppo dei forzati traendolo pel bavero violentemente verso Vassili. A Vassili)
Qui!... Qui!... Tu vuoi saper costui chi è?
Mio primo amante!!!...

(e si rivolge ai forzati)

O voi che avete ucciso
per odio o per amor, rubato per miseria,
giudicatelo voi!

(e ripete)

Mio primo amante!... E m’ha venduta!...

(e grida sempre tenendo stretto Glèby, che tenta invano di sfuggirle)

de’ baci miei? Per lui!
Di mie carezze? Per lui!
Di mie viltà? Per lui!...

(non ride più, si fa triste di una tristezza grandiosa; essa accenna verso Vassili livido e in preda al più profondo abbattimento)

ebbe l’amor pietà di me! Ho amato!...
A questo amor pietoso offrii me stessa!...
Eppur, nel dì del mio martirio santo,
ecco il vile destino della mia vita
tornar qui ancor!... Passarmi sopra l’anima!...
Ma no!... Nulla fra noi!

(scuotendo terribilmente Glèby)

Ti guardo e ti sfido!

(e si rivolge ancora fiera ed energica ai forzati)

Costui chi è?... Il nome suo?...

(Gli strappa il berretto che copre la fronte di Glèby e mostra le stimmate, il marchio del carnefice)

Usura e falso!

(guarda per un momento in faccia Glèby e poi lo respinge sa sé inorridita)

FORZATI
(soggiogati e sorpresi)
Brava la donna! Brava!

(Glèby, per far dimenticare l’incidente un po’troppo umiliante per lui, scrolla le spalle sorridendo con grande filosofia e rientra nel Kazerm. Improvvisi, dai villaggi circostanti, lontani e vicini, a onde per l’aria, echeggiano stormi di allegre campane in tripudio. Preannunziano la notte della Resurrezione, la notte del Sabato santo. È il tramonto, squillano lontano acute le trombe cosacche delle diverse sotnie, rullano i tamburi della fanteria verde; un bisbiglio, dapprima indeciso, poi, a poco a poco, in un crescendo quasi sovrannaturale, un clamore strano e confuso di gioia, si eleva alto, alto, da tutta la casa di pena; istantanee brillano a tutte le capanne le lampade della preparata il luminaria, come per un incanto, come per magia; una profonda esaltazione di indefinibile consolazione traspare in tutti; il viso d’ogni condannato dove la paura, la viltà, il delitto, l’odio hanno solcato rughe feroci, si spiana e rispecchia il sentimento della bontà; da tutti i cuori erompe l’esultanza: le braccia, le anime si elevano al cielo, e un grido immenso scoppia alto)

IL GOVERNATORE
(appare improvvisamente in mezzo ai condannati e solenne dice con affabilità paterna)
Cristo è risorto!

(poi, abbraccia il condannato a lui più vicino, lo bacia. Allora tutto è un sussurro di baci e di bisbigli diversi, in tutti i toni, l’espressione di un sentimento profondo, misterioso, indefinibile, il sentimento della fede: « Cristo è risorto! Cristo è risorto!» E la sera comincia a diffondersi intorno)

GLÈBY
(dal Kazerm)
Orsù, l’orchestra dia principio!

(Una improvvisata orchestra, fatta di sole balalaike si dà a suonare internamente. I forzati rientrano nel Kazerm preoccupandosi ora soltanto della loro rappresentazione. Escono dalla capanna Stephania e Vassili, continuando un discorso sommesso e concitato)

STEPHANA
(accennando)
Il pozzo è là... Fuggiamo!

VASSILI
(trepido)
Se vero non fosse?

STEPHANA
Tentiamo!

(A una finestra del Kazerm, durante il rapido colloquio, una testa è apparsa a spiare. È Glèby che scompare poi subito. Una pattuglia cosacca sbuca dietro il Kazerm. È la ronda che si allontana. Stephana indugia. Ancora vi appare la testa di Glèby alla finestra. Vassili e Stephana intanto si avvicinano al pozzo. Mentre i due penetrano nel pozzo, Glèby scompare. Improvvisamente si odono le grida di «All’armi!». La musica è interrotta! Escono confusamente Glèby, il Governatore, l’Ispettore, alcuni ufficiali e soldati. Gléby addita loro il pozzo. Ed è un incrociarsi rapido di soldati sotto le armi che accorrono, e di lanterne portate in tutti i sensi che illuminano la scena; alle finestre del Kazerm e fuori, tutto intorno, i forzati sorpresi guardano in gran silenzio. E giù rapidi l’Ispettore e i soldati invadono il pozzo! A quel primo momento di confusione e di baccano succede un silenzio profondo pieno di paure e di ansie. Improvvisamente un colpo d’arma da fuoco tuona secco soffocato sotto terra, e insieme un gemito e un grido alto, acuto, straziante. Il gemito di Stephana, il grido di Vassili, e quasi subito ecco l’Ispettore e soldati riapparire. Vassili afferrato, legato, trascinato fuori. Stephana, sorretta, boccheggiante, sanguinosamente dilaniato il petto da una ferita. Glèby si avanza guarda con gli occhi sbarrati, e fugge come ombra paurosa e dannata.)

IL GOVERNATORE
Ah, disgraziata!

STEPHANA
(al Governatore, barcollante e tutta in sangue)
Hanno armi per uccidere i tuoi soldati...

(Non può parlare, Cade)

IL GOVERNATORE
(vedendo Vassili trattenuto dai soldati)
Lasciatelo!

(Vassili corre articolando fra lacrime e gemiti parole senza senso, avvinghia Stephana. Un discorrere sottovoce di pietà, un accoramento generale)

STEPHANA
(sentendo Vassili che piange, stende la mano, gli accarezza la testa e gli sorride affettuosa)
Non piangere!... Sollevami!...
La parola sublime «Libertà»,
mi germoglia nel cuor... ora morendo...

(con voce sempre più fievole)

E muoio felice
di sentirmi redenta, perché t’offro
amore e vita...

(e aiutata da Vassili bacia la terra)

Siberia, terra santa
di lacrime, e d’amore!
Ed ora... sul tuo cuore!

(e posa la testa sul petto di Vassili. Poi chiude gli occhi come per raccogliersi e morire sul suo cuore e nel pensiero del suo amore)

Con te! Qui! Sempre!...

(sentendo le lacrime e i baci di Vassili sulla mano che gli tiene stretta nella sua)

VASSILI
(in un urlo di disperazione)
Stephana! Stephana!

(Lontanissimo si sentono avvicinarsi le voci di una «Catena-Vivente» che arriva. Stephana fa per dire ancora. Ma non può più profferir parola. Il rantolo della morte la soffoca. Un urlo terribile di Vassili. Poi un silenzio profondo tutt’intorno. Sempre più la nenia dei nuovi condannati che si fa sensibile)

L’ISPETTORE
(in posizione di saluto militare sottovoce al Governatore)
I nuovi condannati, Nobiltà!

(e sul saluto aspetta ordini. Il Governatore si scuote, fa un cenno all’Ispettore di seguirlo e muove incontro alla nuova colonna di forzati. Due guardi carcerarie intanto, ad un cenno del caporale di servizio, strappa no Vassili che piange presso il corpo di Stephana, e lo costringono ad entrare nella sua capanna e ne chiudonsi l’uscio separandolo dalla morta, sulla quale un carceriere stende la coperta grigia mortuaria. Il caporale ne trascrive il numero 107)
ATTO TERZO


L’eroina

(L’interno della Casa di forza nelle miniere del Trans-Baikal. È il Sabato Santo: un sole di primavera intiepidisce un po’ l’aria. L’Ispettore di sezione passeggia, le mani dietro il dorso. Un invalido, zoppo e vecchio, guarda l’Ispettore e la casa N. 107)

LE DONNE
(sulle porte, al sole)
Dalle nuvole ha il cielo snidato fuori
quel rosso globo che par quasi sole
che quasi splende e scalda, come suole,
con quasi raggi e quasi veri ardori.

LE ALTRE
Oggi è Sabato Santo e il ciel fa festa!
Alla vecchia Siberia sonnolenta
un vel di luce pone sulla testa
perché abbellisca... E lei?...

TUTTE
(ridono)
Si riaddormenta!

(Finalmente l’invalido si fa coraggio e colta la buona occasione può avvicinarsi alle donne)

L’INVALIDO
O donne, dite, stracci vecchi avete
per fare la bandiera nazionale?

LE DONNE
Noi? No.

LE ALTRE
(bisbetiche)
Stracci? Per noi.

L’INVALIDO
(finge di volersi rivolgere al n. 107)
Là...

TUTTE
(con intenzione)
Là chiedete!
Là c’è di tutto!

L’INVALIDO
(ride, ma s’avvia dicendo)
Oh lingue sputi-male!

(e s’avvicina a Stephana che è sulla porta, e le parla. Stephana entra e ritorna subito con un cesto di stracci. L’invalido rapidamente, tenendo d’occhio l’Ispettore e le donne, con grande naturalezza trae lontano più che può Stephana come per meglio esaminare e cercare nel cesto)

LE DONNE
Dunque teatro?
– Eccome
– Udite?
– A sera fatta!…
– Dicon meraviglia!
– E c’è il sipario!…
– E una lumiera vera!
– Mosca!
– …il Kremlin!…
– Colle fiamme vermiglie!

(osservano il movimento febbrile al Kazerm e fuori. Forzati intenti ad inchiodare sgorbi di scene, uscire, rientrare. E le donne continuano il loro chiacchierio allegro. Alcune si preparano per andare ad attinger acqua, altre curiosa a guardare il lavoro dei forzati, altre a parlare pel piacere di poter parlare)

– Dite, al fiume venite con me?

(Alcune si staccano dal gruppo e si uniscono la loro)

– Noi restiamo! Attendiam mezzodì!
– Se vedeste che feste all’artel!
– Con scenari dipinti dal ver!
– Per sipario un effetto di ciel!
– Così liete noi pur per un dì!
– Canto e riso noi pur anche qui!
– Per un’ora noi pure obliar!
– Il sollievo d’un’ora al soffrir!
– Tregua santa e crudeli martir!

L’INVALIDO
(fissa Stephana e, a voce bassa)
La bandiera è un pretesto...
Vi chiamate Stephana?

STEPHANA
Sì.

L’INVALIDO
Vi cerca un condannato...
Numero novantotto...

(rovescia a terra il cesto)

STEPHANA
Chi è?
Che vuole?

L’INVALIDO
Parlarvi a solo prima di sera...

STEPHANA
(sorpresa)
No! Io non parlo con alcuno.

L’INVALIDO
Così dirò.

(supplichevole)

Se qualche cosa date...
Son pover’uomo anch’io
e fate bene come vero è Dio...

(Stephana gli dà qualche moneta. L’Invalido prende il danaro. Saluta e si allontana)

E grazie a voi!...

(ripassando davanti alle donne)

Trovato!

(mostra gli stracci bianco-neri)

TUTTE
(ironiche)
Là chiedete!
Là c’è tutto!

(e ridono beffarde. L’Invalido rientra nel Kazerm Stephana col cesto torna verso la casetta, saluta le donne e rientra)

LE DONNE
(guardando dietro a Stephana con disprezzo)
Vedeste come ha fatto a salutare?
– con che superbia guarda! E con quali occhi!
– Siamo sincere: dà l’antipatia!
– Parlar con noi?… La lingua le fa male!
– vedete che alterigia? Strana! Balda!
– E come posa!
– Ancor fa la galante!
– Passa arrogante e nel suo far spavalda!

(le donne si dividono in tre gruppi. I primi due vanno in fondo alla scena ed escono l’uno a destra, l’altro a sinistra, il terzo entra nella capanna a sinistra)

STEPHANA
(inquieta e agitata siede sulla soglia della sua capanna)
Chi mai sarà?

VASSILI
(esce dalla capanna e le si appressa teneramente)
Che ti turba?...

STEPHANA
(volgendosi)
Vassili...

VASSILI
(con affetto, carezzandola)
Mia povera Stephana!
Io vedo ne’ tuoi occhi lo strazio
che ti divora l’anima...
Oh... quando schiuderai l’ala raggiante
sognata libertà!

STEPHANA
La libertà...

VASSILI
(con mite rimprovero)
Questa parola trema
sulla tua bocca con soave spasimo!

STEPHANA
(subito)
No! Non per me! Per te!... Tu mi ritorni
dall’aspro giogo affranto.
E tutti i giorni
hai gli occhi in febbre e in pianto!
Ah questa tua è tortura
che consuma e agghiaccia...

VASSILI
Ed ha fin la mia sciagura
nelle tue care braccia!
Nella tua voce limpida
canta la primavera!
Nei tuoi occhi è il fascino;
la tua bocca è il maggio!
Se tu mi baci io bacio l’acuto odor
di tutti i fior!

STEPHANA
(stringendosi a Vassili)
Arde in noi più puro l’amor
nell’aspro tormento di questo destin.

VASSILI
O mia Stephana!
Pallido fior!
Nel mio cuor è il sorriso!...

STEPHANA
Il sorriso d’amor!

(il suono di una campana si fa sentire)

L’ISPETTORE
(entra e comanda)
Al lavoro! Al lavoro!

(È l’appello per la ripresa del lavoro: l’Ispettore e gli ufficiali di turno comandano la formazione delle Catene: quella della «botte» e quella delle «carriole ». Vassili è aggiogato a una carriola. Echeggiano i comandi per la disposizione delle sotnie e le Catene partono. Appena via le Catene, l’Ispettore, gli ufficiali e gli alti impiegati della Casa di Forza ad un improvviso rullo di tamburi ed al segnale dell’ «attenti», squillato da trombe, si mettono in posizione)

L’ISPETTORE
Sua nobiltà il Governatore. In rango!!

(Gli ufficiali, i soldati si allineano e si dispongono nella posizione dell’«attenti»)

ALCUNE DONNE
(in gran da fare corron fuori e parlano fra loro animatamente)
– La visita di Pasqua!
– La mia casa è linda; e voi?
– È in bell’assetto.
– Dio volesse inspirargli la grazia del riposo!

L’ISPETTORE
(impone silenzio e le donne tacciono)
Silenzio!

(Il governatore appare seguito da funzionari)

IL GOVERNATORE
(all’Ispettore che ad un suo cenno gli si è avvicinato)
Rapporti ai Kazerm?

L’ISPETTORE
(in posizione di saluto militare)
Nobiltà, nessuno!

(Il Governatore passa ispezionando. Le donne si inchinano al sua passaggio. Il Governatore si allontana seguito dall’Ispettore, dagli ufficiali e dai soldati. Le donne si ritraggono. Stephana esce dalla capanna e si avvia verso il fiume con secchi vuoti. Glèby, in tenuta da forzato, appare al Kazerm e le muove incontro)

STEPHANA
(arretra, depone i secchi e si passa una mano sulla fronte come per cacciare l’orrida visione, mormorando)
Glèby?

GLÈBY
Sì, Glèby!
Io pure son caduto nell’abisso!
E ancor sul tuo cammino
mi ha recato la sorte.
Sapevo che eri qui.
Dal vicino villaggio di Jakal
chiesi lavoro in questa miniera.
Ti volli ritrovare.

STEPHANA
(abbattuta)
Che vuoi da me?!

GLÈBY
(guata intorno, e rapidamente)
Stephana: ho modo per fuggire!

(Stephana trasalisce e lo guarda incredula; Glèby continua, a scatti, parlando basso)

GLÈBY
È un segreto.
Affidato me l’ha un condannato morente.

(accennando con circospezione)

Vedi là quel vuoto pozzo?
Il cavo è secco.
Per esso si giunge al recinto
oltre il tiro delle ultime vedette,
e via per la brughiera
a l’isba della Kaja si balza sulla troika
e siamo salvi!

(alenando forte, poi con più calma)

Carponi, stanotte, ho scrutato il cammino.
A breve tratto
m’era la libertà.

(con improvviso scatto)

Ma che vale ora
uscire da un abisso
per gettarmi in un altro senza meta?
Il tuo nome, Stephana,
mi corse come un brivido nell’anima.
Arretrai... Ti volli rivedere.
Stephana: con te,
nel delirio del mondo,
corsi la vita,
con te godetti, con te mi gittai
naufrago nel mar di voluttà...
Se fui vile, con te, per te lo fui.
Il destino ci unisce!

(cerca di attirarla)

STEPHANA
(arretra con forza)
No! No!

(E poiché Glèby le si appressa, ella, con disprezzo)

Non toccarmi!

GLÈBY
Torna con me alla vita:
io ti saprò ridar tutta la gioia.

(arso di desiderio)

Voglio ancora la tua bocca,
le tuo chiome, il tuo seno...

(adescandola)

Ricorda… i tuoi splendori,
le tue feste, i tuoi canti,
e la bellezza tua dominatrice!
Tutto, tutto riavrai, se tu mi segui!

(Ma invano cerca di adescarla e trainarla nel vortice del passato; giù dal fondo dei pozzi e dietro il terrapieno un canto triste e affannoso si fa sentire «Il canto dei condannati»)

VASSILI, CORO
Spremi dal cuor, dall’anima, dal fronte
gocce di sangue, lacrime e sudor!

STEPHANA
(discernendo la voce di Vassili. Tra sé)
Infinito dolore!
Per infinito amore!

(a Glèby)

Qual vergogna tu porti col ricordo
della bellezza mia e del mio splendore.
Tu sei dannato
a non sentire
la dolcezza del pianto e del dolore.
Alla mia vita l’estremo incanto
là splende... Ascolta!
quel pianto è amor!

(E Stephana guarda intorno a sé commossa, allargando le braccia quasi a un immenso abbraccio verso quel cielo, verso la luce di quel sole scialbo, e, illuminato il suo volto ancor bello malgrado i patimenti, il suo bel volto di eroina appassionata esprime tutto quel sentimento di gratitudine femminile a quel luogo ov’essa ha potuto finalmente amare)

A te portai l’anima mia, o Siberia:
tu come mamma a me le braccia hai stese
e doviziosa nella tua miseria
m’hai dato il bene che ad amar m’apprese!
Ond’io qui vivo e sento sole e fiori,
son caldi i tuoi tramonti e le aurore
ed in quest’aere pregno di dolori
io respiro il trionfo dell’amore!

(Un silenzio trepido. Glèby guata fremendo Stephana)

GLÈBY
Così credi sfuggirmi?

STEPHANA
Va! Sei pazzo!

GLÈBY
(felino, frenandosi a stento)
... È per Vassili?

STEPHANA
(fiera)
Sì. Amo Vassili.

GLÈBY
E non mi seguirai?

STEPHANA
No! No!

GLÈBY
(erompendo)
Per Dio!

(fa per lanciarsi su di lei e afferrarla)

STEPHANA
(ribellandosi, ergendosi fiera in tutta la persona)
Se tu mi tocchi io grido!

GLÈBY
Bada!

STEPHANA
Va!

(Gli volge le spalle inorridita e rientra nella sua capanna. Glèby ha un gesto di minaccia crudele. Poi si allontana egli pure)

CORO INTERNO
Spremi dal cuor, dall’anima, dal fronte,
gocce di sangue, lacrime e sudor!

IL GOVERNATORE
(ritornando, all’Ispettore)
Richiamate le ciurme dal lavoro!
Oggi riposo!

(Al segnale del riposo, il coro lontano tace interrotto. Il Governatore si allontana seguito dagli ufficiali e funzionari continuando altrove, ad altra Kazerm, la sua visita. E le Catene-Viventi tornano. Chi torna al Kazerm; chi torna all’isba del «Comando Libero», se è un condannato della Sezione Civile. Vassili siede presso la soglia della capanna. Stephana gli si appressa)

GLÈBY
(appare dal Kazerm, con un gruppo di forzati, e indica Stephana e Vassili)
Or vedrete che scena!

(appressandosi con atteggiamento provocatore)

Strano incontro!

FORZATI
(ridendo)
Attenti!

GLÈBY
(a Stephana)
Una stretta di mano, e… complimenti!

STEPHANA
(fingendo di non ravvisarlo)
Non vi conosco!

GLÈBY
M’ha il governo un po’
troppo, inesperto parrucchiere,
spelato e per metà tosato...
È Glèby sì o no?

(Stephana lo guarda ammutolita: Vassili si è alzato di scatto)

VASSILI
(a Stephana)
Ma che vuole costui?!

GLÈBY
(impertinente, squadrando Vassili)
Ah, voi quell’ufficiale
dunque che fu?...

(Vassili ha un moto di sdegno)

STEPHANA
(timorosa, calmandolo)
No! Non turbarti...
Andiamo!

GLÈBY
(continua impassibile)
Io v’offro l’occasione
d’un invitato all’agape pasquale.

(accennando alla tavola nella capanna di Stephana già preparata)

Là: detto fatto, un altro piatto,
e poi da buoni amici
discorreremo insiem dei dì felici.

VASSILI
(minaccioso)
Voi? Là coi vostri!

GLÈBY
Che modi questi?...

FORZATI
(ridendo)
Ah!... Ah!...
Dramma di famiglia!...

GLÈBY
Capisco!...

(squadra dall’alto in basso Vassili)

Gelosia?...

(ride e rivolgendosi a Stephana)

Ti compiango, Stephana!

(Saluta Stephana e volge impertinente le spalle a Vassili; Stephana riesce a stento a far entrare nella capanna Vassili. Glèby ritorna verso il Nazerm con fare trionfante, ma i forzati, veduto che non gli è riuscito di farsi invitare come prima aveva promesso, lo accolgono ironicamente)

FORZATI
Un altro rifiuto!

LE DONNE
Non ti hanno voluto!

GLÈBY
Quel coso è geloso!
Prometto una festa...

FORZATI
(vedendo Vassili uscire ancora dalla capanna)
Ritorna!

GLÈBY
(ai forzati)
Ne faccio un caprone con tanto di corna!

(Ma i forzati non si lasciano persuadere e, anzi, per eccitarlo lo motteggiano aspramente con risa dapprima, poi con parole di dileggio schernendolo e aizzandolo. Vassili infatti ritorna e si lascia cadere sui gradini, Stephana lo guarda triste, gli occhi in lacrime, poi si rifugia nella capanna)

GLÈBY
(furente degli scherni, si fa largo fra i forzati e comincia a discorrere in modo da farsi udire da Vassili)
La conobbi quand’era fanciulla
aveva una sdrucita corta gonnella
che le copriva.. nulla,
ma quindici anni e un aggettivo «Bella»,
e nello sguardo il furor della vita.
Era preziosa
di bellezza e freschezza,
e, un poco d’ignoranza
e, un resto d’innocenza
le davan la fragranza d’un bocciolo di rosa.
Pur le mancava quello che il gran mondo
definisce: Sapienza!

(fa una gran pausa, poi, presentandosi comicamente, aggiunge)

Modestamente il piccolo difetto
ho un poco corretto!

(I forzati cominciano a divertirsi al giuoco di Glèby, quindi grandi risa, grandi applausi e grandi grida di «Silenzio!» per udir meglio il resto)

GLÈBY
(riprendendo)
Poi?... Feste splendori, amori!
Folli avventure!
Piaceri senza cure!
Pensieri!
Dolori!
Ridde di cuori
e di... valori!
Da mille e mille mani!…
n bacio? Un vezzo?
Gran prezzo!
Confusioni di passioni
dell’ieri e del dimani!
Breve gioir profondo ed infecondo.
Ecco il gran mondo
dov’ella divina e bella
fe’ da regina!
Finchè, farfalla bella,
s’abbruciò l’ale
e presa
da un amante del cuore.

(e a voce forte accenna a Vassili)

lo zotico ufficiale che vi cavò la spesa...

VASSILI
(scattando)
Ah infamia!

(e fa per avventarsi, ma è trattenuto energicamente da Stephana, che pallida e tremante dall’interno della apanna ha sentito)

STEPHANA
(stringendosi a Vassili)
Vassili!

VASSILI
(furibondo)
Lasciatemi! Via!

L’ISPETTORE
(intervenendo)
Che avvenne?

GLÈBY
(con cinismo)
Nulla!...

(Glèby torna a parlare sottovoce coi forzati facendo misteriosamente segno di rientrare nel Kazerm per una certa sua trovata che… E i forzati rientrano con lui)

VASSILI
(con violenza)
Fiele!... Da un’ora!...
Contro te!... Contro me!...
Ma chi è colui per te?

(Stephana si copre il volto colle mani)

Sai tu la mia tortura umana?

(Stephana fa per dire ancora… Ma non può più profferir parola. Vassili la allontana con disgusto, dicendole)

Ti guardo e vedo, e ascolto
tutti i baci che hai dati,
tutti i baci passati
sovra il tuo volto!
Gli occhi con che mi guardi narran baci!
Voluttà!... Spasimi,
che tu ricevi e doni!
Io vedo mille braccia
intorno a te! A miriadi!...
A selve di tentacoli!...
Per seno! Pei capelli!...
Sovra il tuo fronte
tutte l’onte
veggo e la mia viltà!

STEPHANA
No!... Taci!... Taci!...

VASSILI
(disperato)
Io mi credea forte! No, non lo sono
perché bugia è l’oblio!
Eterna è la vergogna!
Torna il passato per voler di Dio
che nega il suo perdono!
Or questa è la mia sorte!
E la sola speranza mia?... La morte!

STEPHANA
(sotto il terribile rimprovero, reagisce. Al nome di Dio proferito contro di lei dal suo amante che il dolore e l’orgoglio snaturano, insorge)
Dio? Tu dici? Tu? Tu?
In questo istante?…
No, falso eroe! No! No, falso amante!
Ah se il fango
della terra tutto in fronte fosse un dì
passato qui, lassù Dio
per questo pianto mio ora perdona…

(ma i singhiozzi non la lasciano dire e prorompe in lacrime balbettando)

Io piango... Io piango!...

VASSILI
(umiliato e pentito colmo il cuore di sdegno per sé, corre a Stephana implorando)
No, Stephana!
Taci!... E, umana
come Dio, tu pur perdona!
T’ho straziata! Taci!

(e le si butta innanzi in ginocchio)

Vedi?
Qui! Nel fango! Stephana pia,
non piangere così!
Nel fango, o fronte mia!
Viltà mia, sì ai tuoi piè! Qui! Qui!
Perdona a me, Stephana!

(Ma, inaspettata e terribile, ecco dal Kazerm la voce beffarda di Glèby ricordare a Stephana le strofe della «Mattinata» eseguita avanti all’uscio della sua camera da letto la mattina del dì di Sant’Alessandro. Però ora non sono più sciabole di eleganti ufficiali che con l’argentino tintinnio vi fanno sotto l’accompagnamento, è il cozzare sinistro delle catene dei condannati che escono fuori dal Kazerm guidati da Glèby unendo alla sua le loro voci ironiche)

STEPHANA
(scatta violenta sotto quella tortura: lascia Vassili, corre dietro a quella ciurma urlando)
Per la croce di Cristo!...

(e rivolgendosi a Vassili)

Tu vuoi sapere?
Ebbene, sia!

(e va minacciosa verso Glèby)

GLÈBY
Bella Stephana...

(e cerca di schermirsi)

STEPHANA
(lo afferra con forza incredibile, lo trascina fuori dal gruppo dei forzati traendolo pel bavero violentemente verso Vassili. A Vassili)
Qui!... Qui!... Tu vuoi saper costui chi è?
Mio primo amante!!!...

(e si rivolge ai forzati)

O voi che avete ucciso
per odio o per amor, rubato per miseria,
giudicatelo voi!

(e ripete)

Mio primo amante!... E m’ha venduta!...

(e grida sempre tenendo stretto Glèby, che tenta invano di sfuggirle)

de’ baci miei? Per lui!
Di mie carezze? Per lui!
Di mie viltà? Per lui!...

(non ride più, si fa triste di una tristezza grandiosa; essa accenna verso Vassili livido e in preda al più profondo abbattimento)

ebbe l’amor pietà di me! Ho amato!...
A questo amor pietoso offrii me stessa!...
Eppur, nel dì del mio martirio santo,
ecco il vile destino della mia vita
tornar qui ancor!... Passarmi sopra l’anima!...
Ma no!... Nulla fra noi!

(scuotendo terribilmente Glèby)

Ti guardo e ti sfido!

(e si rivolge ancora fiera ed energica ai forzati)

Costui chi è?... Il nome suo?...

(Gli strappa il berretto che copre la fronte di Glèby e mostra le stimmate, il marchio del carnefice)

Usura e falso!

(guarda per un momento in faccia Glèby e poi lo respinge sa sé inorridita)

FORZATI
(soggiogati e sorpresi)
Brava la donna! Brava!

(Glèby, per far dimenticare l’incidente un po’troppo umiliante per lui, scrolla le spalle sorridendo con grande filosofia e rientra nel Kazerm. Improvvisi, dai villaggi circostanti, lontani e vicini, a onde per l’aria, echeggiano stormi di allegre campane in tripudio. Preannunziano la notte della Resurrezione, la notte del Sabato santo. È il tramonto, squillano lontano acute le trombe cosacche delle diverse sotnie, rullano i tamburi della fanteria verde; un bisbiglio, dapprima indeciso, poi, a poco a poco, in un crescendo quasi sovrannaturale, un clamore strano e confuso di gioia, si eleva alto, alto, da tutta la casa di pena; istantanee brillano a tutte le capanne le lampade della preparata il luminaria, come per un incanto, come per magia; una profonda esaltazione di indefinibile consolazione traspare in tutti; il viso d’ogni condannato dove la paura, la viltà, il delitto, l’odio hanno solcato rughe feroci, si spiana e rispecchia il sentimento della bontà; da tutti i cuori erompe l’esultanza: le braccia, le anime si elevano al cielo, e un grido immenso scoppia alto)

IL GOVERNATORE
(appare improvvisamente in mezzo ai condannati e solenne dice con affabilità paterna)
Cristo è risorto!

(poi, abbraccia il condannato a lui più vicino, lo bacia. Allora tutto è un sussurro di baci e di bisbigli diversi, in tutti i toni, l’espressione di un sentimento profondo, misterioso, indefinibile, il sentimento della fede: « Cristo è risorto! Cristo è risorto!» E la sera comincia a diffondersi intorno)

GLÈBY
(dal Kazerm)
Orsù, l’orchestra dia principio!

(Una improvvisata orchestra, fatta di sole balalaike si dà a suonare internamente. I forzati rientrano nel Kazerm preoccupandosi ora soltanto della loro rappresentazione. Escono dalla capanna Stephania e Vassili, continuando un discorso sommesso e concitato)

STEPHANA
(accennando)
Il pozzo è là... Fuggiamo!

VASSILI
(trepido)
Se vero non fosse?

STEPHANA
Tentiamo!

(A una finestra del Kazerm, durante il rapido colloquio, una testa è apparsa a spiare. È Glèby che scompare poi subito. Una pattuglia cosacca sbuca dietro il Kazerm. È la ronda che si allontana. Stephana indugia. Ancora vi appare la testa di Glèby alla finestra. Vassili e Stephana intanto si avvicinano al pozzo. Mentre i due penetrano nel pozzo, Glèby scompare. Improvvisamente si odono le grida di «All’armi!». La musica è interrotta! Escono confusamente Glèby, il Governatore, l’Ispettore, alcuni ufficiali e soldati. Gléby addita loro il pozzo. Ed è un incrociarsi rapido di soldati sotto le armi che accorrono, e di lanterne portate in tutti i sensi che illuminano la scena; alle finestre del Kazerm e fuori, tutto intorno, i forzati sorpresi guardano in gran silenzio. E giù rapidi l’Ispettore e i soldati invadono il pozzo! A quel primo momento di confusione e di baccano succede un silenzio profondo pieno di paure e di ansie. Improvvisamente un colpo d’arma da fuoco tuona secco soffocato sotto terra, e insieme un gemito e un grido alto, acuto, straziante. Il gemito di Stephana, il grido di Vassili, e quasi subito ecco l’Ispettore e soldati riapparire. Vassili afferrato, legato, trascinato fuori. Stephana, sorretta, boccheggiante, sanguinosamente dilaniato il petto da una ferita. Glèby si avanza guarda con gli occhi sbarrati, e fugge come ombra paurosa e dannata.)

IL GOVERNATORE
Ah, disgraziata!

STEPHANA
(al Governatore, barcollante e tutta in sangue)
Hanno armi per uccidere i tuoi soldati...

(Non può parlare, Cade)

IL GOVERNATORE
(vedendo Vassili trattenuto dai soldati)
Lasciatelo!

(Vassili corre articolando fra lacrime e gemiti parole senza senso, avvinghia Stephana. Un discorrere sottovoce di pietà, un accoramento generale)

STEPHANA
(sentendo Vassili che piange, stende la mano, gli accarezza la testa e gli sorride affettuosa)
Non piangere!... Sollevami!...
La parola sublime «Libertà»,
mi germoglia nel cuor... ora morendo...

(con voce sempre più fievole)

E muoio felice
di sentirmi redenta, perché t’offro
amore e vita...

(e aiutata da Vassili bacia la terra)

Siberia, terra santa
di lacrime, e d’amore!
Ed ora... sul tuo cuore!

(e posa la testa sul petto di Vassili. Poi chiude gli occhi come per raccogliersi e morire sul suo cuore e nel pensiero del suo amore)

Con te! Qui! Sempre!...

(sentendo le lacrime e i baci di Vassili sulla mano che gli tiene stretta nella sua)

VASSILI
(in un urlo di disperazione)
Stephana! Stephana!

(Lontanissimo si sentono avvicinarsi le voci di una «Catena-Vivente» che arriva. Stephana fa per dire ancora. Ma non può più profferir parola. Il rantolo della morte la soffoca. Un urlo terribile di Vassili. Poi un silenzio profondo tutt’intorno. Sempre più la nenia dei nuovi condannati che si fa sensibile)

L’ISPETTORE
(in posizione di saluto militare sottovoce al Governatore)
I nuovi condannati, Nobiltà!

(e sul saluto aspetta ordini. Il Governatore si scuote, fa un cenno all’Ispettore di seguirlo e muove incontro alla nuova colonna di forzati. Due guardi carcerarie intanto, ad un cenno del caporale di servizio, strappa no Vassili che piange presso il corpo di Stephana, e lo costringono ad entrare nella sua capanna e ne chiudonsi l’uscio separandolo dalla morta, sulla quale un carceriere stende la coperta grigia mortuaria. Il caporale ne trascrive il numero 107)


最終更新:2017年08月25日 19:02