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ATTO PRIMO

PARTE PRIMA
(Il Chiostro del Convento di San Giusto.
A destra una cappella illuminata. Vi si vede attraverso ad un cancello dorato la tomba di Carlo V. A sinistra, porta che mena all'esterno. In fondo la porta interna del Chiostro. Giardino con alti cipressi. È l'alba.)


SCENA PRIMA
(Coro di Frati, un Frate, poi Don Carlo. Il Coro salmeggia dalla cappella. Sulla scena un Frate, prostrato innanzi alla tomba, prega sottovoce.)

▼CORO▲
Carlo il sommo imperatore
Non è più che muta polve:
Del celeste suo fattore
L'alma altera or trema al piè.

▼IL FRATE▲
Ei voleva regnare sul mondo
Obblïando Colui che nel ciel
Segna agli astri il cammino fedel.
L'orgoglio immenso fu, fu l'error suo profondo.

▼CORO▲
Carlo il sommo imperatore
Non è più che muta polve:
Del celeste suo fattore
L'alma altera or trema al piè.
Signore, il tuo furor non piombi sul suo cor. Pietà! Signor…

▼IL FRATE▲
Grande è Dio sol - e s'Ei lo vuol.
Fa tremar la terra e il ciel.
Misericorde Iddio,
Pietoso al peccator, all'alma addolorata
Dà requie e dà il perdon, che scendono dal ciel!

(Il giorno spunta lentamente. Don Carlo pallido ed esterrefatto erra sotto le vòlte del chiostro. Si arresta per ascoltare, e si scopre il capo. S'ode suonar una campana. Il Coro dei Frati esce dalla cappella, traversa la scena e si perde nei corridoi del chiostro.)


SCENA SECONDA
(Don Carlo, il Frate tuttora in preghiera)

▼DON CARLO▲
Io l'ho perduta! Oh potenza suprema!
Un altro… ed è mio padre… un altro… e questi è il Re,
Lei che adoro m'ha rapita!
La sposa a me promessa! Ah! quanto puro e bel
Fu il dì senza doman, in cui, ebri di speme,
C'era dato vagar, nell'ombra, soli insieme,
Nel dolce suol di Francia,
Nella foresta di Fontainebleau!
Io la vidi e il suo sorriso
Nuovo un cielo apriva a me!
Ahi! per sempre or m'ha diviso
Da quel core un padre, un Re!
Non promette un dì felice
Di mia vita il triste albor…
M'hai rubato, o incantatrice,
Cor e speme, sogni… amor!

▼IL FRATE▲
(che si è fermato per porgere ascolto ai detti di Don Carlo)
Il duolo della terra
Nel chiostro ancor t'insegue;
Del core sol la guerra
In ciel si calmerà.

(Suona la campana. Il Frate si rimette in cammino)

▼DON CARLO▲
La sua voce!… Il cor mi trema…
Mi pareva… qual terror!
Veder l'Imperator, che nelle lane
Il serto asconde e la lorica d'ôr.
È voce che nel chiostro appaia ancor!

▼IL FRATE▲
(nell'interno, allontanandosi sempre più)
Del cor la guerra in ciel si calmerà.


SCENA TERZA
(Don Carlo, Rodrigo)

▼RODRIGO▲
È lui!… desso… l'Infante!

▼DON CARLO▲
O mio Rodrigo!
Sei tu! sei tu, che stringo al seno?

▼RODRIGO▲
Altezza!
O mio prence e signor!

▼DON CARLO▲
E il ciel che a me t'invia nel mio dolor,
Angiol consolator!

▼RODRIGO▲
L'ora suonò; te chiama il popolo fiammingo!
Soccorrer tu lo dêi; ti fa suo salvator!
Ma che vid'io! quale pallor, qual pena!…
Un lampo di dolor sul ciglio tuo balena!
Muto sei tu!… Sospiri! Hai tristo il cor!
(Con trasporto d'affetto)
Carlo mio, con me dividi
Il tuo pianto, il tuo dolor!

▼DON CARLO▲
Mio salvator, mio fratel, mio fedele,
Lascia ch'io pianga in seno a te!

▼RODRIGO▲
Versami in cor il tuo strazio crudele,
L'anima tua non sia chiusa per me!
Parla!

▼DON CARLO▲
Il vuoi tu? La mia sventura apprendi,
E qual orrendo strale
Il cor mi trapassò!
Amo… d'insano amor… Elisabetta!

▼RODRIGO▲
(inorridito)
Tua madre! Giusto ciel!

▼DON CARLO▲
Quale pallor!
Lo sguardo chini al suol!
Ahi! tristo me,
Tu stesso, o mio Rodrigo,
T'allontani da me?

▼RODRIGO▲
No!… no, Rodrigo
Ancora t'ama! Io tel posso giurar.
Soffri? per me l'universo dispar!
Questo arcano dal Re non fu
sorpreso ancora?

▼DON CARLO▲
No.

▼RODRIGO▲
Ottien dunque da lui di partir per la Fiandra.
Taccia il tuo cor, - degna di te
Opra farai, - apprendi omai
In mezzo a gente oppressa a divenir un Re!

▼DON CARLO▲
Ti seguirò, fratello.

▼RODRIGO▲
(odesi il suono d'una campana)
Ascolta! il santo asil s'apre già; qui verranno
Filippo e la Regina.

▼DON CARLO▲
Elisabetta!

▼RODRIGO▲
Rinfranca accanto a me lo spirto che vacilla!
Serena ancor tua stella in alto brilla.
Domanda al ciel dei forti la virtù!

▼DON CARLO E RODRIGO▲
Dio che
nell'alma infondere
Amor volesti e speme,
Desio nel core accendere
Tu déi di libertà.
Giuriam insiem di vivere
E di morire insieme;
In terra, in ciel congiungere
Ci può la tua bontà.

▼RODRIGO▲
S'inoltrano.

▼DON CARLO▲
Oh terror! Al sol vederla io tremo!

(Filippo, conducendo Elisabetta, appare in mezzo ai Frati. Rodrigo s'è allontanato da Don Carlo che s'inchina innanzi al Re cupo e sospettoso. Egli cerca di frenar la sua emozione. Elisabetta trasale nel riveder Don Carlo. Il Re e la Regina si avanzano, e vanno verso la cappella ov'é la tomba di Carlo V, dinanzi alla quale Filippo s'inginocchia per un istante a capo scoperto; quindi prosegue il suo cammino colla Regina)

▼IL CORO▲
(di dentro nel mentre passa il Re)
Carlo il sommo imperatore
Non è più che muta polve:
Del celeste suo fattore
L'alma altera or trema al piè.

▼RODRIGO▲
Coraggio!

▼DON CARLO▲
Ei la fe' sua! Sventura!
Io l'ho perduta!

▼RODRIGO▲
Vien presso a me; più forte il core avrai!

▼DON CARLO E RODRIGO▲
(con entusiasmo)
Insiem vivremo, e moriremo insieme!

(Partono)


PARTE SECONDA
(Un sito ridente alle Porte del Chiostro di S. Giusto. Una fontana; sedili di zolle; gruppi d'aranci, di pini e di lentischi. All'orizzonte le montagne azzurre dell'Estremadura. In fondo a destra, la porta del Convento. Vi si ascende per qualche gradino.)

SCENA PRIMA
(La Principessa d'Eboli, Tebaldo, la Contessa d'Aremberg, Dame della Regina, Paggi)
(Le Dame sono assise sulle zolle intorno alla fonte. I Paggi sono in piedi intorno ad esse. Un paggio tempra una mandolina.)


▼CORO▲
Sotto ai folti, immensi abeti,
Che fan d'ombre e di quieti
Mite schermo al sacro ostel,
Ripariamo e a noi ristori
Dieno i rezzi ai vivi ardori,
Che su noi dardeggia il ciel!

▼TEBALDO▲
(entra in scena colla Principessa d'Eboli)
Di mille fior covresi il suolo,
Dei pini s'ode - il susurrar,
E sotto l'ombra - aprir il volo
Qui l'usignolo - più lieto par.

▼CORO▲
Bello è udire in fra le piante
Mormorar la fonte amante
Stilla a stilla, i suoi dolor!
E, se il sole è più cocente,
Bello è l'ore far men lente
In fra l'ombre e in mezzo ai fior!.

▼EBOLI▲
Tra queste mura pie la Regina di Spagna
Può sola penetrar.
Volete voi, compagne, già che le stelle in ciel
Spuntate ancor non son,
Cantare una canzon?

▼CORO▲
Seguir vogliam il tuo capriccio,
O principessa: attente udrem.

▼EBOLI▲
(a Tebaldo)
A me recate la mandolina:
E cantiam tutte insiem.
Cantiam la canzon saracina,
Quella del Velo, propizia all'amor.

Canzone del velo
(il Paggio l'accompagna sulla mandolina)

▼EBOLI▲
Nei giardin - del bello
Saracin - ostello,
All'olezzo, - al rezzo
Degli allòr - dei fior
Una bella - almèa,
Tutta chiusa in vel,
Contemplar parea
Una stella in ciel.
Mohammed, re moro,
Al giardin sen va;
Dice a lei: “t'adoro,
O gentil beltà;
Vien', a sé t'invita
Per regnar il re;
La regina ambita
Non è più da me”.

▼CORO▲
Tessete i veli,
Vaghe donzelle,
Mentr'è nei cieli
L'astro maggior.
Sono i veli, al brillar delle stelle,
Sono i veli più cari all'amor.

▼EBOLI▲
“Ma discerno appena,
(Chiaro il ciel non è)
I capelli - belli,
La man breve, il piè.
Deh! solleva il velo
Che t'asconde a me;
Esser come il cielo
Senza vel tu de'”.

Se il tuo cor vorrai
A me dar in don,
Il mio trono avrai,
Ché sovrano io son.
Tu lo vuoi? t'inchina,
Appagar ti vo'.
Allah! la regina!”.
Mohammed sclamò.

▼CORO▲
Tessete i veli,
Vaghe donzelle,
Finch'è nei cieli
L'astro maggior.
Sono i veli, al brillar delle stelle,
Sono i veli più cari all'amor.


SCENA SECONDA
(Detti, Elisabetta, uscendo dal Convento)

▼CORO▲
La Regina!

▼EBOLI▲
(fra sé)
(Un'arcana
Mestizia sul suo core pesa ognora).

▼ELISABETTA▲
(sedendo presso il fonte)
Una canzon qui lieta risuonò.
(Tra sé)
(Ahimè! spariro i dì che lieto era il mio core!)


SCENA TERZA
(Detti e Rodrigo)
(Rodrigo appare nel fondo. Tebaldo s'avanza verso di lui, gli parla un momento a voce bassa, poi torna alla Regina)

▼TEBALDO▲
(presentando Rodrigo)
Il marchese di Posa, grande di Spagna.

▼RODRIGO▲
(inchinandosi alla Regina, poi covrendosi)
Donna!
Per Vostra Maestà, l'augusta madre un foglio
Mi confidò in Parigi.
(Porge la lettera alla Regina; poi aggiunge sottovoce, dandole un biglietto insieme al real foglio)
(Leggete in nome della grazia eterna!)
(Mostrando la lettera alle Dame)
Ecco il regal suggello, i fiordalisi d'or.

(Elisabetta rimane un momento confusa, immobile, mentre Rodrigo si avvicina alla Principessa d'Eboli)

▼EBOLI▲
(a Rodrigo)
Che mai si fa nel suol francese,
Così gentil, così cortese?

▼RODRIGO▲
(ad Eboli)
D'un gran torneo si parla già,
E del torneo il Re sarà.

▼ELISABETTA▲
(guardando il biglietto, fra sé)
(Ah! non ardisco - aprirlo ancor;
Se il fo, tradisco - del Re l'onor.
Perché tremo! Quest'alma è pura ancor.
Iddio mi legge in cor).

▼EBOLI▲
(a Rodrigo)
Son le Francesi gentili tanto
E d'eleganza, di grazia han vanto.

▼RODRIGO▲
(ad Eboli)
In voi brillare sol si vedrà
La grazia insieme alla beltà.

▼EBOLI▲
(a Rodrigo)
È mai ver che alle feste regali
Le Francesi hanno tali beltà,
Che nel cielo sol trovano rivali?

▼RODRIGO▲
(ad Eboli)
La più bella mancar lor potrà.

▼ELISABETTA▲
(fra sé leggendo il biglietto)
(Per la memoria che ci lega, in nome
D'un passato a me caro,
V'affidate a costui, ven prego.CARLO).

▼EBOLI▲
(a Rodrigo)
Nei balli a Corte, pei nostri manti
La seta e l'oro sono eleganti?

▼RODRIGO▲
(ad Eboli)
Tutto sta bene allor che s'ha
La vostra grazia e la beltà.

▼ELISABETTA▲
(a Rodrigo)
Grata io son - Un favor chiedete alla Regina.

▼RODRIGO▲
(vivamente)
Accetto e non per me.

▼ELISABETTA▲
(tra sé)
(Io mi sostengo appena!)

▼EBOLI▲
(a Rodrigo)
Chi più degno di voi può sue brame veder
Appagate?

▼ELISABETTA▲
(tra sé)
(Oh terror!)

▼EBOLI▲
Ditelo! Chi?

▼ELISABETTA▲
Chi mai?

▼RODRIGO▲
Carlo, ch'è sol - il nostro amore,
Vive nel duol - su questo suol.
E nessuna sa - quanto dolore
Del suo bel cor - fa vizzo il fior.
In voi la speme - è di chi geme;
S'abbia la pace ed il vigor.
Dato gli sia - che vi riveda,
Se tornerà - salvo sarà.

▼EBOLI▲
(tra sé)
(Un dì che presso alla sua madre io stava
Vidi Carlo tremar… Amor avria per me?…)

▼ELISABETTA▲
(tra sé)
(La doglia in me si aggrava,
Rivederlo è morir!)

▼EBOLI▲
(tra sé)
(Perché celarlo a me?)

▼RODRIGO▲
Carlo del Re - suo genitore
Rinchiuso il core - ognor trovò,
Eppur non so - chi dell'amore
Saria più degno - ah, inver no'l so.
Un solo, un sol - detto d'amore
Sparire il duol - faria dal core;
Dato gli sia - che vi riveda,
Se tornerà - salvo sarà.

▼ELISABETTA▲
(con dignità e risoluzione a Tebaldo che s'è avvicinato)
Va, pronta io sono il figlio a riveder.

▼EBOLI▲
(fra sé agitata)
(Oserà mai?… potesse aprirmi il cor!)

(Rodrigo prende la mano della principessa d'Eboli e s'allontana con lei parlando sottovoce)


SCENA QUARTA
(Detti, e Don Carlo)

(Don Carlo si mostra condotto da Tebaldo. Rodrigo parla sommesso a Tebaldo che entra nel convento. Don Carlo s'avvicina lentamente ad Elisabetta e s'inchina senza alzar lo sguardo su di lei. Elisabetta, contenendo a fatica la sua emozione, ordina a Don Carlo di avvicinarsi. Rodrigo ed Eboli scambiano dei cenni con le Dame, si allontanano, e finiscono per disperdersi tra gli alberi. La Contessa d'Aremberg e le due Dame restano sole in piedi, a distanza, impacciate del contegno che debbono avere. A poco a poco la Contessa e le Dame vanno di cespuglio in cespuglio cogliendo qualche fiore, e si allontanano.)

▼DON CARLO▲
(prima con calma, poi animandosi gradatamente)
Io vengo a domandar grazia alla mia Regina.
Quella che in cor del Re tiene il posto primiero
Potrà solo ottener questa grazia per me.
Quest'aura m'è fatal, m'opprime, mi tortura,
Come il pensier d'una sventura,
Ch'io parta! Egli è mestier! Andar mi faccia il Re.
Nelle Fiandre.

▼ELISABETTA▲
(commossa)
Mio figlio!

▼DON CARLO▲
(con veemenza)
Tal nome no; ma quel
D'altra volta!…
(Elisabetta vuol allontanarsi, Don Carlo supplichevole l'arresta)
Infelice! più non reggo.
Pietà! Soffersi tanto; pietà! chè avaro il ciel
Un giorno sol mi diè, e poi rapillo a me!

(Rodrigo ed Eboli attraversano la scena con versando)

▼ELISABETTA▲
(con un'emozione frenata)
Prence, se vuole Filippo udire
La mia preghiera, verso la Fiandra
Da lui rimessa in vostra man
Ben voi potrete partir doman.

(Rodrigo ed Eboli sono partiti. Elisabetta fa un cenno d'addio a Don Carlo e vuole allontanarsi)

▼DON CARLO▲
Ciel! non un sol, un solo accento
Per un meschino ch'esul sen va!
Ah! perché mai parlar non sento
Nel vostro core qualche pietà!
Ahimè! quest'alma è nel martirio,
Ho in core un gel…
Insan! piansi, pregai nel mio delirio,
Mi volsi a un gelido marmo d'avel.

▼ELISABETTA▲
(commossa)
Perché,
perché accusar il cor d'indifferenza?
Capir dovreste il nobil mio silenzio.
Il dover, come un raggio al guardo mio brillò.
Guidata da quel raggio io moverò.
La speme pongo in Dio, nell'innocenza!

▼DON CARLO▲
(con voce morente)
Perduto ben - mio sol tesor,
Tu splendor - di mia vita!
Udire almen - ti possa ancor.
Quest'alma ai detti tuoi schiuder si vede il ciel!

▼ELISABETTA▲
Clemente Iddio, - così bel cor
Acqueti il suo duol nell'obblio;
O Carlo, addio, - su questa terra
Vivendo accanto a te mi crederei nel ciel!

▼DON CARLO▲
(con esaltazione)
O prodigio! Il mio cor s'affida, si consola;
Il sovvenire del dolor s'in vola,
Il ciel pietà sentì di tanto duol.
Isabella, al tuo piè morir io vo' d'amor…
(Cade privo di sensi al suolo)

▼ELISABETTA▲
(reclinata su Don Carlo)
Clemente Iddio, la vita manca
Nell'occhio suo che lagrimò.
Bontà celeste, deh! tu rinfranca
Quel nobile core che sì penò.
Ahimè! l'uccide il rio dolore,
Tra le mie braccia io lo vedrò
Morir d'affanno, morir d'amore…
Colui che il cielo mi destinò!…

▼DON CARLO▲
(nel delirio)
Qual voce a me dal ciel scende a parlar d'amore?…
Elisabetta! tu… sei tu, bell'adorata,
Assisa accanto a me come ti vidi un dì!…
Ah! il ciel s'illuminò, la selva rifiorì!…

▼ELISABETTA:▲
O delirio! o terror!

▼DON CARLO▲
(rinvenendo)
Alla mia
tomba, Al sonno dell'avel
Sottrarmi perché vuoi, spietato ciel!

▼ELISABETTA▲
Carlo!

▼DON CARLO▲
Sotto il mio piè
dischiudasi la terra,
Sia pure il capo mio dal fulmine colpito,
Io t'amo, Elisabetta!… Il mondo è a me sparito!
(La prende tra le braccia)

▼ELISABETTA▲
(scostandosi con violenza)
Compi l'opra a svenar corri il padre,
Ed allor del suo sangue macchiato
All'altar puoi menare la madre.

▼DON CARLO▲
(retrocedendo atterrito e fuggendo disperato)
Ahi! maledetto io son!

▼ELISABETTA▲
(cadendo in ginocchio)
Iddio su noi vegliò!


SCENA QUINTA
(Filippo, Elisabetta, Tebaldo, la Contessa d'Aremberg, Rodrigo, Eboli, Coro, Paggi, entrando successivamente)

▼TEBALDO▲
(uscendo precipitosamente dal chiostro)
Il Re!

▼FILIPPO▲
(ad Elisabetta)
Perché qui sola è la Regina?
Non un dama almeno presso di voi serbaste?
Nota non v'è la legge mia regal?
Quale dama d'onor esser dovea con voi?

(La Contessa d'Aremberg esce tremante dalla calca e si presenta al Re)

▼FILIPPO▲
(alla contessa)
Contessa, al nuovo sol in Francia tornerete.

(La Contessa d'Aremberg scoppia in lacrime. Tutti guardano la Regina con sorpresa)

▼CORO▲
(La regina egli offende!)

▼ELISABETTA▲
Non pianger, mia compagna,
Lenisci il tuo dolor.
Bandita sei di Spagna
Ma non da questo cor
Con te del viver mio
L'alba fu lieta ancor:
Ritorna al suoi natio,
Ti seguirà il mio cor.
(dà un anello alla Contessa)
Ricevi estremo pegno
Di tutto il mio favor.
Cela l'oltraggio indegno
Onde arrossisco ancor.
Non dir del pianto mio,
Del crudo mio dolor;
Ritorna al suol natio,
Ti seguirà il mio cor.

▼CORO E RODRIGO▲
Spirto gentile e pio,
Acqueta il tuo dolor.

▼FILIPPO▲
(tra sé)
(Come ai cospetto mio
Infinge un nobil cor!)

(La Regina si separa piangendo dalla Contessa ed esce sorreggendosi alla Principessa d'Eboli. Il Coro la segue)



SCENA SESTA
(Filippo e Rodrigo, poi il Conte di Lerma e alcuni Signori)

▼FILIPPO▲
(A Rodrigo che vuol uscire)
Restate!
(Rodrigo pone un ginocchio a terra; Poi s'avvicina al Re e si covre il capo senz'alcun impaccio)
Presso della mia persona
Perché d'esser ammesso voi non chiedeste ancor?
Io so ricompensar tutt'i miei difensor;
Voi serviste, lo so, fido alla mia corona.

▼RODRIGO▲
Sperar che mai potrei dal favore dei Re?
Sire, pago son io, la legge è scudo a me.

▼FILIPPO▲
Amo uno spirto altier. L'audacia la perdono…
Non sempre… Voi lasciaste della guerra il mestier;
Un uomo come voi, soldato d'alta stirpe
Inerte può restar?

▼RODRIGO▲
Ove alla Spagna una spada bisogni,
Una vindice man, un custode all'onor,
Bentosto brillerà la mia di sangue intrisa!

▼FILIPPO▲
Ben lo so… ma per voi che far poss'io?

▼RODRIGO▲
Nulla per me, ma per altri…

▼FILIPPO▲
Per altri?
Che vuoi tu dir?

▼RODRIG▲
Io parlerò, se grave,
Sire, non v'è.

▼FILIPPO▲
Favella!

▼RODRIGO▲
O signor, di Fiandra arrivo,
Quel paese un dì sì bel;
D'ogni luce or fatto privo
Spira orror, par muto avel!
L'orfanel che non ha un loco
Per le vie piangendo va;
Tutto struggon ferro e foco,
E bandita la pietà.
La riviera che rosseggia
Scorrer sangue al guardo par;
Della madre il grido echeggia
Pei figliuoli che spirar.
Sia benedetto Iddio,
Che narrar lascia a me
Quest'agonia crudel,
Perché sia nota al Re.

▼FILIPPO▲
Col sangue sol potei la pace aver del mondo;
Il brando mio calcò l'orgoglio ai novator'
Che illudono le genti con sogni mentitor'…
La morte in questa man ha un avvenir fecondo.

▼RODRIGO▲
Che! voi pensate, seminando morte,
Piantar per gli anni eterni?

▼FILIPPO▲
Volgi un guardo alle Spagne!
L'artigian cittadin, la plebe alle campagne
A Dio fedele e al Re un lamento non ha!
La pace istessa io dono alle mie Fiandre!

▼RODRIGO▲
(con impeto)
Orrenda,
orrenda pace! La pace è dei sepolcri!
O Re, non abbia mai
Di voi l'istoria a dir: Ei fu Neron!
Questa è la pace che voi date al mondo?
Desta tal don terror, orror profondo!
È un carnefice il prete, un bandito ogni armier!
Il popol geme e si spegne tacendo,
È il vostro imper deserto immenso, orrendo,
S'ode ognun a Filippo maledir!
Come un Dio redentor, l'orbe inter rinnovate,
V'ergete a voi sublime, sovra d'ogn'altro re!
Per voi si allieti il mondo! Date la libertà!

▼FILIPPO▲
Oh strano sognator!
Tu muterai pensier, se il cor dell'uomo
Conoscerai, qual Filippo, il conosce!
Ed or… non più!… Ha nulla inteso il
Re… No - non temer!
Ma ti guarda dal grande Inquisitor!

▼RODRIGO▲
Sire!

▼FILIPPO▲
Tu resti in mia regal presenza
E nulla ancora hai domandato al Re?
Io voglio averti a me daccanto!…

▼RODRIGO▲
Sire!
Quel ch'io son vo' restar…

▼FILIPPO▲
Sei troppo altier!
Osò lo sguardo tuo penetrar il mio soglio…
Del capo mio, che grava la corona,
L'angoscia apprendi e il duol!
Guarda dentro alla reggia! l'affanno la circonda,
Sgraziato genitor! sposo più triste ancor!

▼RODRIGO▲
Sire, che dite mai?

▼FILIPPO▲
La Regina… un sospetto mi tortura…
Mio figlio!…

▼RODRIGO▲
(con impeto)
Fiera ha l'alma insiem e pura!

▼FILIPPO▲
(con esplosione di dolore)
Nulla val sotto al ciel il ben ch'ei tolse a me!
(Rodrigo, spaventato, guarda Filippo, senza nspondere)
Il lor destino affido a te!
Scruta quei cor, che un folle amor trascina!
Sempre lecito è a te di scontrar la Regina!
Tu, che sol sei un uom, in questo stuolo uman,
Ripongo il cor nella leal tua man!

▼RODRIGO▲
(a parte, con trasporto di gioia)
Inaspettata aurora in ciel appar!
S'aprì quel cor, che niuno osò scrutar!

▼FILIPPO▲
Possa cotanto dì la pace a me tornar!

▼RODRIGO▲
Oh sogno mio divin! oh gloriosa speme!

(Il Re stende la mano a Rodrigo, che piega il ginocchio e gliela bacia)

(La tela cade rapidamente)
ATTO PRIMO

PARTE PRIMA
Il Chiostro del Convento di San Giusto.
A destra una cappella illuminata. Vi si vede attraverso ad un cancello dorato la tomba di Carlo V. A sinistra, porta che mena all'esterno. In fondo la porta interna del Chiostro. Giardino con alti cipressi. È l'alba.


SCENA PRIMA
Coro di Frati, un Frate, poi Don Carlo. Il Coro salmeggia dalla cappella. Sulla scena un Frate, prostrato innanzi alla tomba, prega sottovoce.

CORO
Carlo il sommo imperatore
Non è più che muta polve:
Del celeste suo fattore
L'alma altera or trema al piè.

IL FRATE
Ei voleva regnare sul mondo
Obblïando Colui che nel ciel
Segna agli astri il cammino fedel.
L'orgoglio immenso fu, fu l'error suo profondo.

CORO
Carlo il sommo imperatore
Non è più che muta polve:
Del celeste suo fattore
L'alma altera or trema al piè.
Signore, il tuo furor non piombi sul suo cor. Pietà! Signor…

IL FRATE
Grande è Dio sol - e s'Ei lo vuol.
Fa tremar la terra e il ciel.
Misericorde Iddio,
Pietoso al peccator, all'alma addolorata
Dà requie e dà il perdon, che scendono dal ciel!

Il giorno spunta lentamente. Don Carlo pallido ed esterrefatto erra sotto le vòlte del chiostro. Si arresta per ascoltare, e si scopre il capo. S'ode suonar una campana. Il Coro dei Frati esce dalla cappella, traversa la scena e si perde nei corridoi del chiostro.


SCENA SECONDA
Don Carlo, il Frate tuttora in preghiera

DON CARLO
Io l'ho perduta! Oh potenza suprema!
Un altro… ed è mio padre… un altro… e questi è il Re,
Lei che adoro m'ha rapita!
La sposa a me promessa! Ah! quanto puro e bel
Fu il dì senza doman, in cui, ebri di speme,
C'era dato vagar, nell'ombra, soli insieme,
Nel dolce suol di Francia,
Nella foresta di Fontainebleau!
Io la vidi e il suo sorriso
Nuovo un cielo apriva a me!
Ahi! per sempre or m'ha diviso
Da quel core un padre, un Re!
Non promette un dì felice
Di mia vita il triste albor…
M'hai rubato, o incantatrice,
Cor e speme, sogni… amor!

IL FRATE
che si è fermato per porgere ascolto ai detti di Don Carlo
Il duolo della terra
Nel chiostro ancor t'insegue;
Del core sol la guerra
In ciel si calmerà.

Suona la campana. Il Frate si rimette in cammino

DON CARLO
La sua voce!… Il cor mi trema…
Mi pareva… qual terror!
Veder l'Imperator, che nelle lane
Il serto asconde e la lorica d'ôr.
È voce che nel chiostro appaia ancor!

IL FRATE
nell'interno, allontanandosi sempre più
Del cor la guerra in ciel si calmerà.


SCENA TERZA
Don Carlo, Rodrigo

RODRIGO
È lui!… desso… l'Infante!

DON CARLO
O mio Rodrigo!
Sei tu! sei tu, che stringo al seno?

RODRIGO
Altezza!
O mio prence e signor!

DON CARLO
E il ciel che a me t'invia nel mio dolor,
Angiol consolator!

RODRIGO
L'ora suonò; te chiama il popolo fiammingo!
Soccorrer tu lo dêi; ti fa suo salvator!
Ma che vid'io! quale pallor, qual pena!…
Un lampo di dolor sul ciglio tuo balena!
Muto sei tu!… Sospiri! Hai tristo il cor!
Con trasporto d'affetto
Carlo mio, con me dividi
Il tuo pianto, il tuo dolor!

DON CARLO
Mio salvator, mio fratel, mio fedele,
Lascia ch'io pianga in seno a te!

RODRIGO
Versami in cor il tuo strazio crudele,
L'anima tua non sia chiusa per me!
Parla!

DON CARLO
Il vuoi tu? La mia sventura apprendi,
E qual orrendo strale
Il cor mi trapassò!
Amo… d'insano amor… Elisabetta!

RODRIGO
inorridito
Tua madre! Giusto ciel!

DON CARLO
Quale pallor!
Lo sguardo chini al suol!
Ahi! tristo me,
Tu stesso, o mio Rodrigo,
T'allontani da me?

RODRIGO
No!… no, Rodrigo
Ancora t'ama! Io tel posso giurar.
Soffri? per me l'universo dispar!
Questo arcano dal Re non fu
sorpreso ancora?

DON CARLO
No.

RODRIGO
Ottien dunque da lui di partir per la Fiandra.
Taccia il tuo cor, - degna di te
Opra farai, - apprendi omai
In mezzo a gente oppressa a divenir un Re!

DON CARLO
Ti seguirò, fratello.

RODRIGO
odesi il suono d'una campana
Ascolta! il santo asil s'apre già; qui verranno
Filippo e la Regina.

DON CARLO
Elisabetta!

RODRIGO
Rinfranca accanto a me lo spirto che vacilla!
Serena ancor tua stella in alto brilla.
Domanda al ciel dei forti la virtù!

DON CARLO E RODRIGO
Dio che
nell'alma infondere
Amor volesti e speme,
Desio nel core accendere
Tu déi di libertà.
Giuriam insiem di vivere
E di morire insieme;
In terra, in ciel congiungere
Ci può la tua bontà.

RODRIGO
S'inoltrano.

DON CARLO
Oh terror! Al sol vederla io tremo!

Filippo, conducendo Elisabetta, appare in mezzo ai Frati. Rodrigo s'è allontanato da Don Carlo che s'inchina innanzi al Re cupo e sospettoso. Egli cerca di frenar la sua emozione. Elisabetta trasale nel riveder Don Carlo. Il Re e la Regina si avanzano, e vanno verso la cappella ov'é la tomba di Carlo V, dinanzi alla quale Filippo s'inginocchia per un istante a capo scoperto; quindi prosegue il suo cammino colla Regina

IL CORO
di dentro nel mentre passa il Re
Carlo il sommo imperatore
Non è più che muta polve:
Del celeste suo fattore
L'alma altera or trema al piè.

RODRIGO
Coraggio!

DON CARLO
Ei la fe' sua! Sventura!
Io l'ho perduta!

RODRIGO
Vien presso a me; più forte il core avrai!

DON CARLO E RODRIGO
con entusiasmo
Insiem vivremo, e moriremo insieme!

Partono


PARTE SECONDA
Un sito ridente alle Porte del Chiostro di S. Giusto. Una fontana; sedili di zolle; gruppi d'aranci, di pini e di lentischi. All'orizzonte le montagne azzurre dell'Estremadura. In fondo a destra, la porta del Convento. Vi si ascende per qualche gradino.

SCENA PRIMA
La Principessa d'Eboli, Tebaldo, la Contessa d'Aremberg, Dame della Regina, Paggi
Le Dame sono assise sulle zolle intorno alla fonte. I Paggi sono in piedi intorno ad esse. Un paggio tempra una mandolina.


CORO
Sotto ai folti, immensi abeti,
Che fan d'ombre e di quieti
Mite schermo al sacro ostel,
Ripariamo e a noi ristori
Dieno i rezzi ai vivi ardori,
Che su noi dardeggia il ciel!

TEBALDO
entra in scena colla Principessa d'Eboli
Di mille fior covresi il suolo,
Dei pini s'ode - il susurrar,
E sotto l'ombra - aprir il volo
Qui l'usignolo - più lieto par.

CORO
Bello è udire in fra le piante
Mormorar la fonte amante
Stilla a stilla, i suoi dolor!
E, se il sole è più cocente,
Bello è l'ore far men lente
In fra l'ombre e in mezzo ai fior!.

EBOLI
Tra queste mura pie la Regina di Spagna
Può sola penetrar.
Volete voi, compagne, già che le stelle in ciel
Spuntate ancor non son,
Cantare una canzon?

CORO
Seguir vogliam il tuo capriccio,
O principessa: attente udrem.

EBOLI
a Tebaldo
A me recate la mandolina:
E cantiam tutte insiem.
Cantiam la canzon saracina,
Quella del Velo, propizia all'amor.

Canzone del velo
il Paggio l'accompagna sulla mandolina

EBOLI
Nei giardin - del bello
Saracin - ostello,
All'olezzo, - al rezzo
Degli allòr - dei fior
Una bella - almèa,
Tutta chiusa in vel,
Contemplar parea
Una stella in ciel.
Mohammed, re moro,
Al giardin sen va;
Dice a lei: “t'adoro,
O gentil beltà;
Vien', a sé t'invita
Per regnar il re;
La regina ambita
Non è più da me”.

CORO
Tessete i veli,
Vaghe donzelle,
Mentr'è nei cieli
L'astro maggior.
Sono i veli, al brillar delle stelle,
Sono i veli più cari all'amor.

EBOLI
“Ma discerno appena,
(Chiaro il ciel non è)
I capelli - belli,
La man breve, il piè.
Deh! solleva il velo
Che t'asconde a me;
Esser come il cielo
Senza vel tu de'”.

Se il tuo cor vorrai
A me dar in don,
Il mio trono avrai,
Ché sovrano io son.
Tu lo vuoi? t'inchina,
Appagar ti vo'.
Allah! la regina!”.
Mohammed sclamò.

CORO
Tessete i veli,
Vaghe donzelle,
Finch'è nei cieli
L'astro maggior.
Sono i veli, al brillar delle stelle,
Sono i veli più cari all'amor.


SCENA SECONDA
Detti, Elisabetta, uscendo dal Convento

CORO
La Regina!

EBOLI
fra sé
(Un'arcana
Mestizia sul suo core pesa ognora).

ELISABETTA
sedendo presso il fonte
Una canzon qui lieta risuonò.
Tra sé
(Ahimè! spariro i dì che lieto era il mio core!)


SCENA TERZA
Detti e Rodrigo
Rodrigo appare nel fondo. Tebaldo s'avanza verso di lui, gli parla un momento a voce bassa, poi torna alla Regina

TEBALDO
presentando Rodrigo
Il marchese di Posa, grande di Spagna.

RODRIGO
inchinandosi alla Regina, poi covrendosi
Donna!
Per Vostra Maestà, l'augusta madre un foglio
Mi confidò in Parigi.
Porge la lettera alla Regina; poi aggiunge sottovoce, dandole un biglietto insieme al real foglio
(Leggete in nome della grazia eterna!)
Mostrando la lettera alle Dame
Ecco il regal suggello, i fiordalisi d'or.

Elisabetta rimane un momento confusa, immobile, mentre Rodrigo si avvicina alla Principessa d'Eboli

EBOLI
a Rodrigo
Che mai si fa nel suol francese,
Così gentil, così cortese?

RODRIGO
ad Eboli
D'un gran torneo si parla già,
E del torneo il Re sarà.

ELISABETTA
guardando il biglietto, fra sé
(Ah! non ardisco - aprirlo ancor;
Se il fo, tradisco - del Re l'onor.
Perché tremo! Quest'alma è pura ancor.
Iddio mi legge in cor).

EBOLI
a Rodrigo
Son le Francesi gentili tanto
E d'eleganza, di grazia han vanto.

RODRIGO
ad Eboli
In voi brillare sol si vedrà
La grazia insieme alla beltà.

EBOLI
a Rodrigo
È mai ver che alle feste regali
Le Francesi hanno tali beltà,
Che nel cielo sol trovano rivali?

RODRIGO
ad Eboli
La più bella mancar lor potrà.

ELISABETTA
fra sé leggendo il biglietto
(Per la memoria che ci lega, in nome
D'un passato a me caro,
V'affidate a costui, ven prego.CARLO).

EBOLI
a Rodrigo
Nei balli a Corte, pei nostri manti
La seta e l'oro sono eleganti?

RODRIGO
ad Eboli
Tutto sta bene allor che s'ha
La vostra grazia e la beltà.

ELISABETTA
a Rodrigo
Grata io son - Un favor chiedete alla Regina.

RODRIGO
vivamente
Accetto e non per me.

ELISABETTA
tra sé
(Io mi sostengo appena!)

EBOLI
a Rodrigo
Chi più degno di voi può sue brame veder
Appagate?

ELISABETTA
tra sé
(Oh terror!)

EBOLI
Ditelo! Chi?

ELISABETTA
Chi mai?

RODRIGO
Carlo, ch'è sol - il nostro amore,
Vive nel duol - su questo suol.
E nessuna sa - quanto dolore
Del suo bel cor - fa vizzo il fior.
In voi la speme - è di chi geme;
S'abbia la pace ed il vigor.
Dato gli sia - che vi riveda,
Se tornerà - salvo sarà.

EBOLI
tra sé
(Un dì che presso alla sua madre io stava
Vidi Carlo tremar… Amor avria per me?…)

ELISABETTA
tra sé
(La doglia in me si aggrava,
Rivederlo è morir!)

EBOLI
tra sé
(Perché celarlo a me?)

RODRIGO
Carlo del Re - suo genitore
Rinchiuso il core - ognor trovò,
Eppur non so - chi dell'amore
Saria più degno - ah, inver no'l so.
Un solo, un sol - detto d'amore
Sparire il duol - faria dal core;
Dato gli sia - che vi riveda,
Se tornerà - salvo sarà.

ELISABETTA
con dignità e risoluzione a Tebaldo che s'è avvicinato
Va, pronta io sono il figlio a riveder.

EBOLI
fra sé agitata
(Oserà mai?… potesse aprirmi il cor!)

Rodrigo prende la mano della principessa d'Eboli e s'allontana con lei parlando sottovoce


SCENA QUARTA
Detti, e Don Carlo

Don Carlo si mostra condotto da Tebaldo. Rodrigo parla sommesso a Tebaldo che entra nel convento. Don Carlo s'avvicina lentamente ad Elisabetta e s'inchina senza alzar lo sguardo su di lei. Elisabetta, contenendo a fatica la sua emozione, ordina a Don Carlo di avvicinarsi. Rodrigo ed Eboli scambiano dei cenni con le Dame, si allontanano, e finiscono per disperdersi tra gli alberi. La Contessa d'Aremberg e le due Dame restano sole in piedi, a distanza, impacciate del contegno che debbono avere. A poco a poco la Contessa e le Dame vanno di cespuglio in cespuglio cogliendo qualche fiore, e si allontanano.

DON CARLO
prima con calma, poi animandosi gradatamente
Io vengo a domandar grazia alla mia Regina.
Quella che in cor del Re tiene il posto primiero
Potrà solo ottener questa grazia per me.
Quest'aura m'è fatal, m'opprime, mi tortura,
Come il pensier d'una sventura,
Ch'io parta! Egli è mestier! Andar mi faccia il Re.
Nelle Fiandre.

ELISABETTA
commossa
Mio figlio!

DON CARLO
con veemenza
Tal nome no; ma quel
D'altra volta!…
Elisabetta vuol allontanarsi, Don Carlo supplichevole l'arresta
Infelice! più non reggo.
Pietà! Soffersi tanto; pietà! chè avaro il ciel
Un giorno sol mi diè, e poi rapillo a me!

Rodrigo ed Eboli attraversano la scena con versando

ELISABETTA
con un'emozione frenata
Prence, se vuole Filippo udire
La mia preghiera, verso la Fiandra
Da lui rimessa in vostra man
Ben voi potrete partir doman.

Rodrigo ed Eboli sono partiti. Elisabetta fa un cenno d'addio a Don Carlo e vuole allontanarsi

DON CARLO
Ciel! non un sol, un solo accento
Per un meschino ch'esul sen va!
Ah! perché mai parlar non sento
Nel vostro core qualche pietà!
Ahimè! quest'alma è nel martirio,
Ho in core un gel…
Insan! piansi, pregai nel mio delirio,
Mi volsi a un gelido marmo d'avel.

ELISABETTA
commossa
Perché,
perché accusar il cor d'indifferenza?
Capir dovreste il nobil mio silenzio.
Il dover, come un raggio al guardo mio brillò.
Guidata da quel raggio io moverò.
La speme pongo in Dio, nell'innocenza!

DON CARLO
con voce morente
Perduto ben - mio sol tesor,
Tu splendor - di mia vita!
Udire almen - ti possa ancor.
Quest'alma ai detti tuoi schiuder si vede il ciel!

ELISABETTA
Clemente Iddio, - così bel cor
Acqueti il suo duol nell'obblio;
O Carlo, addio, - su questa terra
Vivendo accanto a te mi crederei nel ciel!

DON CARLO
con esaltazione
O prodigio! Il mio cor s'affida, si consola;
Il sovvenire del dolor s'in vola,
Il ciel pietà sentì di tanto duol.
Isabella, al tuo piè morir io vo' d'amor…
Cade privo di sensi al suolo

ELISABETTA
reclinata su Don Carlo
Clemente Iddio, la vita manca
Nell'occhio suo che lagrimò.
Bontà celeste, deh! tu rinfranca
Quel nobile core che sì penò.
Ahimè! l'uccide il rio dolore,
Tra le mie braccia io lo vedrò
Morir d'affanno, morir d'amore…
Colui che il cielo mi destinò!…

DON CARLO
nel delirio
Qual voce a me dal ciel scende a parlar d'amore?…
Elisabetta! tu… sei tu, bell'adorata,
Assisa accanto a me come ti vidi un dì!…
Ah! il ciel s'illuminò, la selva rifiorì!…

ELISABETTA:
O delirio! o terror!

DON CARLO
rinvenendo
Alla mia
tomba, Al sonno dell'avel
Sottrarmi perché vuoi, spietato ciel!

ELISABETTA
Carlo!

DON CARLO
Sotto il mio piè
dischiudasi la terra,
Sia pure il capo mio dal fulmine colpito,
Io t'amo, Elisabetta!… Il mondo è a me sparito!
La prende tra le braccia

ELISABETTA
scostandosi con violenza
Compi l'opra a svenar corri il padre,
Ed allor del suo sangue macchiato
All'altar puoi menare la madre.

DON CARLO
retrocedendo atterrito e fuggendo disperato
Ahi! maledetto io son!

ELISABETTA
cadendo in ginocchio
Iddio su noi vegliò!


SCENA QUINTA
Filippo, Elisabetta, Tebaldo, la Contessa d'Aremberg, Rodrigo, Eboli, Coro, Paggi, entrando successivamente

TEBALDO
uscendo precipitosamente dal chiostro
Il Re!

FILIPPO
ad Elisabetta
Perché qui sola è la Regina?
Non un dama almeno presso di voi serbaste?
Nota non v'è la legge mia regal?
Quale dama d'onor esser dovea con voi?

La Contessa d'Aremberg esce tremante dalla calca e si presenta al Re

FILIPPO
alla contessa
Contessa, al nuovo sol in Francia tornerete.

La Contessa d'Aremberg scoppia in lacrime. Tutti guardano la Regina con sorpresa

CORO
(La regina egli offende!)

ELISABETTA
Non pianger, mia compagna,
Lenisci il tuo dolor.
Bandita sei di Spagna
Ma non da questo cor
Con te del viver mio
L'alba fu lieta ancor:
Ritorna al suoi natio,
Ti seguirà il mio cor.
dà un anello alla Contessa
Ricevi estremo pegno
Di tutto il mio favor.
Cela l'oltraggio indegno
Onde arrossisco ancor.
Non dir del pianto mio,
Del crudo mio dolor;
Ritorna al suol natio,
Ti seguirà il mio cor.

CORO E RODRIGO
Spirto gentile e pio,
Acqueta il tuo dolor.

FILIPPO
tra sé
(Come ai cospetto mio
Infinge un nobil cor!)

La Regina si separa piangendo dalla Contessa ed esce sorreggendosi alla Principessa d'Eboli. Il Coro la segue



SCENA SESTA
Filippo e Rodrigo, poi il Conte di Lerma e alcuni Signori

FILIPPO
A Rodrigo che vuol uscire
Restate!
Rodrigo pone un ginocchio a terra; Poi s'avvicina al Re e si covre il capo senz'alcun impaccio
Presso della mia persona
Perché d'esser ammesso voi non chiedeste ancor?
Io so ricompensar tutt'i miei difensor;
Voi serviste, lo so, fido alla mia corona.

RODRIGO
Sperar che mai potrei dal favore dei Re?
Sire, pago son io, la legge è scudo a me.

FILIPPO
Amo uno spirto altier. L'audacia la perdono…
Non sempre… Voi lasciaste della guerra il mestier;
Un uomo come voi, soldato d'alta stirpe
Inerte può restar?

RODRIGO
Ove alla Spagna una spada bisogni,
Una vindice man, un custode all'onor,
Bentosto brillerà la mia di sangue intrisa!

FILIPPO
Ben lo so… ma per voi che far poss'io?

RODRIGO
Nulla per me, ma per altri…

FILIPPO
Per altri?
Che vuoi tu dir?

RODRIG
Io parlerò, se grave,
Sire, non v'è.

FILIPPO
Favella!

RODRIGO
O signor, di Fiandra arrivo,
Quel paese un dì sì bel;
D'ogni luce or fatto privo
Spira orror, par muto avel!
L'orfanel che non ha un loco
Per le vie piangendo va;
Tutto struggon ferro e foco,
E bandita la pietà.
La riviera che rosseggia
Scorrer sangue al guardo par;
Della madre il grido echeggia
Pei figliuoli che spirar.
Sia benedetto Iddio,
Che narrar lascia a me
Quest'agonia crudel,
Perché sia nota al Re.

FILIPPO
Col sangue sol potei la pace aver del mondo;
Il brando mio calcò l'orgoglio ai novator'
Che illudono le genti con sogni mentitor'…
La morte in questa man ha un avvenir fecondo.

RODRIGO
Che! voi pensate, seminando morte,
Piantar per gli anni eterni?

FILIPPO
Volgi un guardo alle Spagne!
L'artigian cittadin, la plebe alle campagne
A Dio fedele e al Re un lamento non ha!
La pace istessa io dono alle mie Fiandre!

RODRIGO
con impeto
Orrenda,
orrenda pace! La pace è dei sepolcri!
O Re, non abbia mai
Di voi l'istoria a dir: Ei fu Neron!
Questa è la pace che voi date al mondo?
Desta tal don terror, orror profondo!
È un carnefice il prete, un bandito ogni armier!
Il popol geme e si spegne tacendo,
È il vostro imper deserto immenso, orrendo,
S'ode ognun a Filippo maledir!
Come un Dio redentor, l'orbe inter rinnovate,
V'ergete a voi sublime, sovra d'ogn'altro re!
Per voi si allieti il mondo! Date la libertà!

FILIPPO
Oh strano sognator!
Tu muterai pensier, se il cor dell'uomo
Conoscerai, qual Filippo, il conosce!
Ed or… non più!… Ha nulla inteso il
Re… No - non temer!
Ma ti guarda dal grande Inquisitor!

RODRIGO
Sire!

FILIPPO
Tu resti in mia regal presenza
E nulla ancora hai domandato al Re?
Io voglio averti a me daccanto!…

RODRIGO
Sire!
Quel ch'io son vo' restar…

FILIPPO
Sei troppo altier!
Osò lo sguardo tuo penetrar il mio soglio…
Del capo mio, che grava la corona,
L'angoscia apprendi e il duol!
Guarda dentro alla reggia! l'affanno la circonda,
Sgraziato genitor! sposo più triste ancor!

RODRIGO
Sire, che dite mai?

FILIPPO
La Regina… un sospetto mi tortura…
Mio figlio!…

RODRIGO
con impeto
Fiera ha l'alma insiem e pura!

FILIPPO
con esplosione di dolore
Nulla val sotto al ciel il ben ch'ei tolse a me!
Rodrigo, spaventato, guarda Filippo, senza nspondere
Il lor destino affido a te!
Scruta quei cor, che un folle amor trascina!
Sempre lecito è a te di scontrar la Regina!
Tu, che sol sei un uom, in questo stuolo uman,
Ripongo il cor nella leal tua man!

RODRIGO
a parte, con trasporto di gioia
Inaspettata aurora in ciel appar!
S'aprì quel cor, che niuno osò scrutar!

FILIPPO
Possa cotanto dì la pace a me tornar!

RODRIGO
Oh sogno mio divin! oh gloriosa speme!

Il Re stende la mano a Rodrigo, che piega il ginocchio e gliela bacia

La tela cade rapidamente
最終更新:2023年03月10日 18:01