ATTO PRIMO
Scena Prima
Gli appartamenti di Vitellia nel palazzo imperiale con veduta sopra il Tevere
Recitativo
VITELLIA
Ma che?
Sempre l'istesso,
Sesto, a dirmi verrai?
So, che sedotto fu Lentulo da te;
che i suoi seguaci
son pronti già, che il Campidoglio acceso
darà moto a un tumulto.
Io tutto questo già mille volte udii,
la mia vendetta mai non veggo pero.
S'aspetta forse che Tito a Berenice
in faccia mia offra d'amor insano
l'usurpato mio soglio, e la sua mano?
Parla, dì, che s'attende?
SESTO
Oh Dio!
VITELLIA
Sospiri!
SESTO
Pensaci meglio, oh cara,
pensaci meglio.
Ah non togliamo in Tito
la sua delizia al mondo,
il Padre a Roma, l'amico a noi.
Fra le memorie antiche
trova l'egual, se puoi.
Fingiti in mente eroe più generoso,
e più clemente.
Parlagli di premiar;
poveri a lui sembran gli erari suoi.
Parlagli di punir;
scuse al delitto cerca in ognun;
chi all'inesperta ei dona
chi alla canuta età.
Risparmia in uno l'onor del sangue illustre;
il basso stato compatisce nell'altro.
Inutil chiama, perduto il giorno ei dice,
in cui fatto non ha qualcun felice.
VITELLIA
Dunque a vantarmi in faccia
venisti il mio nemico?
E più non pensi che questo eroe clemente
un soglio usurpa dal suo tolto al mio padre?
Che m'inganno, che mi sedusse,
(e questo e il suo fallo maggior)
quasi ad amarlo.
E poi, perfido! e poi di nuovo al Tebro
richiamar Berenice!
Una rivale avesse scelto almeno
degna di me
fra la beltà di Roma.
Ma una barbara, Sesto,
un'esule antepormi,
una regina!
SESTO
Sai pur che Berenice
volontaria tornò.
VITELLIA
Narra a fanciulli codeste fole.
Io so gli antichi amori;
so le lacrime sparse allor
che quindi l'altra volta parti;
so come adesso l'accolse, e l'onorò
chi non lo vede?
Il perfido l'adora
SESTO
Ah principessa, tu sei gelosa.
VITELLIA
Io!
SESTO
Sì.
VITELLIA
Gelosa io sono,
se non soffro un disprezzo.
SESTO
Eppur...
VITELLIA
Eppure non hai cor
d'acquistarmi.
SESTO
Io son...
VITELLIA
Tu sei sciolto d'ogni promessa.
A me non manca più degno esecutor
dell'odio mio.
SESTO
Sentimi!
VITELLIA
Intesi assai.
SESTO
Fermati!
VITELLIA
Addio.
SESTO
Ah, Vitellia, ah mio Nume, non partir!
dove vai? perdonami, ti credo,
io m'ingannai.
No. 1 - Duetto
SESTO
Come ti piace imponi:
Regola i moti miei.
Il mio destin tu sei,
Tutto faro per te.
VITELLIA
Prima che il sol tramonti,
Estinto io vo l'indegno.
Sai ch'egli usurpa un regno,
Che in sorte il ciel mi diè.
SESTO
Già il tuo furor m'accende.
VITELLIA
Ebben, che più s'attende?
SESTO
Un dolce sguardo almeno
Sia premio alla mia fe!
VITELLIA, SESTO
Fan mille affetti insieme
battaglia in me spietata.
Un'alma lacerata
più della mia non v'è.
Recitativo
ANNIO
(Entrando, a Sesto)
Amico, il passo affretta;
Cesare a se ti chiama.
VITELLIA
Ah, non perdete
questi brevi momenti,
a Berenice Tito gli usurpa.
ANNIO
Ingiustamente oltraggi,
Vitellia, il nostro Eroe.
Tito ha l'impero
e del mondo, e di se.
Già per suo cenno
Berenice parti.
SESTO
Come?
VITELLIA
Che dici?
ANNIO
Voi stupite a ragion.
Roma ne piange,
di maraviglia, e di piacere.
Io stesso quasi nol credo:
ed io fui presente, o Vitellia,
al grande addio.
VITELLIA
(Fra sè)
Oh speranze!
SESTO
O, virtù!
VITELLIA
Quella superba,
o, come volontieri udita avrei
esclamar contro Tito.
ANNIO
Anzi, giammai più tenera non fu.
Partì, ma vide che adorata partiva,
e che al suo caro men che a lei
non costava il colpo amaro.
VITELLIA
Ognun può lusingarsi
ANNIO
Eh, si conobbe, che bisognava a Tito
tutto l'Eroe per superar l'amante;
vinse, ma combatté;
non era oppresso,
ma tranquillo non era;
de in quel volto
(dicasi per sua gloria)
si vedeva la battaglia, e la vittoria.
VITELLIA
(Fra sè)
Eppur forse con me, quanto credei
Tito ingrato non è.
(a Sesto, da parte)
Sesto, sospendi
d'eseguire i miei cenni;
il colpo ancora non è maturo.
SESTO
E tu non vuoi ch'io vegga!...
ch'io mi lagni, oh crudele!...
VITELLIA
Or che vedesti?
di che ti puoi lagnar?
SESTO
Di nulla.
(fra sè)
Oh Dio!
Chi provo mai
tormento eguale al mio.
No. 2 - Aria
VITELLIA
Deh se piacer mi vuoi,
Lascia i sospetti tuoi;
Non mi stancar con questo
Molesto dubitar.
Chi ciecamente crede,
impegna a serbar fede;
Chi sempre inganni aspetta
Aletta ad ingannar.
(parte)
Recitativo
ANNIO
Amico, ecco il momento
di rendermi felice.
All'amor mio Servilia promettesti.
Altro non manca
che d'Augusto l'assenso. Ora da lui
impetrarlo potresti.
SESTO
Ogni tua brama,
Annio, m'è legge. Impaziente anch'io
questo nuovo legame, Annio, desto.
No. 3 - Duettino
ANNIO, SESTO
Deh prendi un dolce amplesso,
Amico mio fedel;
E ognor per me lo stesso
Ti serbi amico il ciel.
(partono)
Scena Seconda
"Parte del Foro Romano magnificamente adornato d'archi, obelischi, e trofei; in faccia aspetto esteriore del Campidoglio,magnifica strada, per cui vi ci ascende. Publio, senatori romani, e i legati delle province soggette, destinati a presentare al senato gli annui imposti tributi. Mentre Tito, seguito da pretoriani, e circondato da numeroso popolo, scende dal Campidoglio, cantassi il seguente"
No. 4 - Marcia
No. 5 - Coro
POPOLO ROMANO
Serbate, oh Dei custodi
Della romana sorte,
In Tito il giusto, il forte,
L'onor di nostra età.
Recitativo
PUBLIO
Te della patria il Padre
oggi appella il senato:
e mai più giusto non fu ne' suoi decreti,
o invitto Augusto
ANNIO
Nè padre sol, ma sei
suo Nume tutelar.
Più che mortale
giacché altrui ti dimostri
a' voti altrui comincia al avvezzarti.
Eccelso tempio ti destina il senato;
e là si vuole, che fra divini onori
anche il Nume di Tito il Tebro adori.
PUBLIO
Quei tesori, che vedi,
delle serve province annui tributi,
all'opera consacriam.
Tito, non sdegni
questi del nostro amor pubblici segni.
TITO
Romani, unico oggetto è de' voti di Tito
il vostro amore;
ma il vostro amor non passi tanto i confini
suoi, che debbano arrossirne e Tito, e voi.
Quegli offerti tesori non ricuso però.
Cambiarne solo l'uso pretendo.
Udite: oltre l'usato
terribile il Vesevo ardenti fumi
dalle fauci eruttò;
scosse le rupi; riempie di ruine
i campi intorno, e le città vicine.
Le desolate genti fuggendo van;
ma la miseria opprime
quei che al foco avanzar.
Serva quell'oro di tanti affitti
a riparar lo scempio.
Questo, o Romani,
è fabbricarmi il tempio.
ANNIO
O, vero Eroe!
PUBLIO
Quanto di te minori tutti i premi son mai,
tutte le lodi!
TITO
Basta, basta, oh miei fidi.
(Entra nell'atrio, dove Sesto e Annio lo stanno aspettando)
Sesto a me s'avvicini;
Annio non parta.
Ogn'altro s'allontani.
(Tutti obbediscono)
(No. 4 - Marcia)
Recitativo
ANNIO
(Da parte, a Sesto)
Adesso, oh Sesto, parla per me.
SESTO
Come, Signor,
potesti la tua bella regina?...
TITO
Ah, Sesto, amico,
che terribil momento!
Io non credei...
basta; ho vinto; parti.
Tolgasi adesso a Roma ogni sospetto
di vederla mia sposa.
Una sua figlia vuol veder sul mio soglio,
a appagarla convien.
Giacchè l'amore scelse invano a miei lacci,
io vo', che almeno l'amicizia li scelga.
Al tuo s'unisca, Sesto, il cesareo sangue.
Oggi mia sposa sarà la tua germana.
SESTO
Servilia!
TITO
Appunto!.
ANNIO
(fra sè)
Oh me infelice!
SESTO
(fra sè)
Oh Dei! Annio e perduto.
TITO
(A Sesto)
Udisti?
che dici? non rispondi?
SESTO
E chi potrebbe risponderti, Signor?
M'opprime a segno la tua bontà.
Che non ho cor...
vorrei...
ANNIO
(Fra sè)
Sesto e in pena per me.
TITO
Spiegati. Io tutto
faro per tuo vantaggio.
SESTO
(Fra sè)
(Ah si serva l'amico.)
ANNIO
(Fra sè)
Annio, coraggio.
SESTO
Tito...
ANNIO
Augusto, conosco di Sesto il cor.
Fin dalla cuna insieme
tenero amor ne strinse.
Ei di stesso modesto estimator,
teme, che sembri sproporzionato il dono;
e non s'avvede ch'ogni distanza eguaglia
Cesare il favor.
Ma tu consiglio da lui prender non dei.
Come potresti sposa elegger
più degna dell'imperio, e di te?
Virtù, bellezza,
tutto è in Servilia.
Io le conobbi in volto
ch'era nata a regnar.
De'miei presagi
l'adempimento è questo.
SESTO
(Fra sè)
Annio parla cosi?
Sogno, o son desto?
TITO
Ebben, recane a lei, Annio,
tu la novella.
E tu mi segui, amato Sesto;
e queste tue dubbiezze deponi.
Avrai tal parte tu ancor nel soglio,
e tanto t'innalzerò,
che resterà ben poco
dello spazio infinito,
che frapposer gli Dei fra Sesto, e Tito.
SESTO
Questo è troppo, O Signor.
Modera almeno,
se ingrati non ci vuoi Augusto,
i benefici tuoi.
TITO
Ma chè?
Se mi niegate che beneficio io sia,
che mi lasciate?
No. 6 - Aria
TITO
Del più sublime soglio
L'unico frutto è questo;
Tutto è tormento il resto,
E tutto è servitù.
Che avrei, se ancor perdessi
Le sole ore felici,
Ch'ho nel giovar gli oppressi,
Nel sollevar gli amici;
Nel dispensar tesori
Al merto, e alla virtù?
Del più sublime soglio...
(parte con Sesto)
Recitativo
ANNIO
(Solo)
Non ci pentiam.
D'un generoso amante
era questo il dover.
Mio cor, deponi
le tenerezze antiche;
e tua sovrana
chi fu l'idolo tuo.
Cambiar conviene
in rispetto l'amore.
Eccola. Oh Dei!
mai non parve sì bella
agli occhi miei.
SERVILIA
(entrando)
Mio ben...
ANNIO
Taci, Servilia. Ora e delitto
il chiamarmi cosi.
SERVILIA
Perché?
ANNIO
Ti scelse Cesare
(che martir!)
per sua consorte.
A te
(morir mi sento!)
A te m'impose
di recarne l'avviso,
(O pena!)
Ed io...
Io fui...
(parlar non poso)
Augusta, addio!
SERVILIA
Come? Fermati!
Io sposa di Cesare?
E perché?
ANNIO
Perché non trova
beltà, virtù, che sia
più degna d'impero, anima...
oh stelle! che dirò?
Lascia, Augusta, deh lasciami partir.
SERVILIA
Cosi confusa abbandonarmi vuoi?
Spiegati; dimmi, come fu?
Per qual via?...
ANNIO
Mi perdo, s'io non parto,
anima mia.
No. 7 - Duetto
ANNIO
Ah perdona al primo affetto
Questo accento sconsigliato;
Colpa fu del labbro usato
A cosi chiamarti ognor.
SERVILIA
Ah tu fosti il primo oggetto,
Che finor fedel' amai;
E tu l'ultimo sarai
Ch'abbia nido in questo cor.
ANNIO
Cari accenti del mio bene!
SERVILIA
Oh mia dolce, cara speme!.
SERVILIA, ANNIO
Più che ascolto i sensi tuoi,
in me cresce più l'ardor.
Quando un'alma e all'altra unita,
Qual piacer un cor risente!
Ah si tolga dalla vita
Tutto quel che non è amor.
(partono)
Scena Terza
Ritiro delizioso nel soggiorno imperiale sul colle Palatino. Tito, che riceve da Publio, il capitano della guardia pretoriana, una carta
Recitativo
TITO
Che mi rechi in quel foglio?
PUBLIO
In nomi ei chiude
d'rei che osar con temerari accenti
de'Cesare gia spenti
la memoria oltraggiar.
TITO
Barbara inchiesta,
che agli estinti non giova,
e somministra
mille strade alla frode
d'insidiar gl'innoncenti.
PUBLIO
Ma v'è, Signor, chi lacerare
ardisce anche il tuo nome.
TITO
E che perciò?
Se il mosse leggerezza;
nol curo;
se follia; Io compiango;
se ragion; gli son grato!
e se in lui sono
impeti di malizia;
io gli perdono.
PUBLIO
Almen...
(Servilia, entrando frettolosamente
si getta ai piedi di Tito)
SERVILIA
Di Tito al piè...
TITO
Servilia! Augusta!
SERVILIA
Ah Signor, sì gran nome
non darmi ancora. Odimi prima.
Io deggio palesarti un arcan.
TITO
Publio, ti scosta; ma non partir.
(Publio si ritira qualche passo)
SERVILIA
Che del cesareo alloro
me fra tante più degne,
generoso Monarca, inviti a parte,
e dono tal, che destaria tumulto
nel più stupido cor...
Ma...
TITO
Parla...
SERVILIA
Il core, Signor, non è più mio.
Già da gran tempo Annio me lo rapi.
Valor che basti,
non ho per l'obliarlo.
Anche dal trono
il solito sentiero
farebbe a mio dispetto
il mio pensiero.
So che oppormi è delitto
d'un Cesare le voler
ma tutto, almeno,
sia noto al mio sovrano;
poi, se mi vuol sposa,
ecco la mano.
TITO
Grazie, o Numi del ciel.
Pur si ritrova chi s'avventuri
a dispiacer col vero.
Alla grandezza tua
la propria pace Annio pospone!
Tu ricusi un trono per essergli fedele!
Ed io dovrei turbar fiamme sì belle!
Ah, non produce sentimenti sì rei
di Tito il core.
Sgombra ogni tema.
lo voglio stringer nodo sì degno,
e n'abbia poi cittadini la patria
eguali a voi.
SERVILIA
O Tito! O Augusto!
O vera delizia de' mortali!
Io non saprei come il grato mio cor...
TITO
Se grata appieno esser mi vuoi, Servilia,
agli altri inspira il tuo candor.
Di pubblicar procura, che grato a me si rende,
più del falso che piace, il ver che offende.
No. 8 - Aria
TITO
Ah, se fosse intorno al trono
Ogni cor così sincero!,
non tormento un vasto impero,
Ma saria felicità.
Non dovrebbero i regnanti
Tollerar sì grave affanno,
Per distinguer dall'inganno
l'insidiata verità...
(parte)
Recitativo
SERVILIA
Felice me!
VITELLIA
(Che entra)
Posso alla mia sovrana
offrir del mio rispetto
i primi omaggi?
posso adorar quel volto,
per cui d'amor ferito,
ha perduto il riposo
il cor di Tito?
SERVILIA
Non esser meco irata;
forse la regia destra
è a te serbata.
(parte)
VITELLIA
Ancora mi schernisce?
Questo soffrir degg'io
vergognoso disprezzo?
Ah, con qual fasto
qui mi lascia costei!
Barbaro Tito, il parea dunque poco
Berenice antepormi?
Io dunque sono
l'ultima de'viventi.
Ah, trema ingrato,
trema d'avermi offesa.
Oggi il tuo sangue...
SESTO
(Avvicinandosi a lei)
Mia vita.
VITELLIA
Ebben, che rechi?
il Campidoglio è acceso?
è incenerito?
Lentulo dove sta?
Tito è punito?
SESTO
Nulla intrapresi ancor.
VITELLIA
Nulla! e sì franco mi torni innanzi?
E con qual merto ardisci
di chiamarmi tua vita?
SESTO
È tuo comando
il sospender il colpo.
VITELLIA
E non udisti
i miei novelli oltraggi?
Un altro cenno aspetti ancor?
dimmi, come pretende,
se così poco i miei pensieri intendi?
SESTO
Se una ragion
potesse almen giustificarmi?
VITELLIA
Una ragione! mille n'avrai,
qualunque sia l'affetto,
sa cui prenda il tuo cor regola, e moto.
È la gloria il tuo voto?
Io ti propongo la patria a liberar.
Sei d'un illustre ambizione capace?
Eccoti aperta una strada all'impero.
Renderti fortunato può la mia mano?
Corri, mi vendica, e son tua.
D'altri stimoli hai d'uopo?
Sappi che Tito amai,
che del mio cor l'acquisto
ei t'impedi;
che, se rimane in vita,
si può pentir;
ch'io ritornar potrei
non mi fido di me -
forse, ad amarlo,
Or va, se non ti muove
desio di gloria, ambizione, amore,
se tolleri un rivale,
che usurpò, che contrasta,
che involarti potrà gli affetti miei,
degli uomini il più vil dirò che sei.
SESTO
Quante vie d'assalirmi!
Basta, basta non più,
già m'inspirasti, Vitellia, il tuo furor.
Arder vedrai fra poco il Campidoglio,
e quest'acciaro nel sen di Tito...
(Fra sè)
Ah, sommi Dei! Qual gelo
mi ricerca le vene...
VITELLIA
Ed or che pensi?
SESTO
Ah, Vitellia!
VITELLIA
Il previdi, tu pentito già sei
SESTO
Non sono pentito, ma...
VITELLIA
Non stancarmi più,
Conosco, ingrato,
che amor non hai per me.
Folle, ch'io fui!
Già ti credea; già mi piacevi
e, quasi, cominciavo ad amarti.
Agli occhi miei involati per sempre
e scordati di me.
SESTO
Fermati, io cedo.
Io già volo a servirti.
VITELLIA
Eh, non ti credo;
m'ingannerai di nuovo.
In mezzo all'opra, ricorderai...
SESTO
No; mi punisca amore,
se penso ad ingannarti.
VITELLIA
Dunque corri; che fai?
Perché non parti?
No. 9 - Aria
SESTO
Parto, parto, ma tu ben mio,
Meco ritorna in pace;
Sarò qual più ti piace;
Quel che vorrai farò.
Guardami, e tutto oblio,
E a vendicarti io volo;
A questo sguardo solo
Da me si penserà.
Parto, ma tu...
Ah qual poter, oh Dei!
Donaste alla beltà.
(parte)
Recitativo
VITELLIA
Vedrai, Tito, vedrai, che alfin
sì vile questo volto non è.
Basta a sedurti gli amici almen,
se ad invaghirti e poco.
Ti pentirai...
PUBLIO
(Entrando)
Tu qui, Vitellia?
Ah corri, va Tito alle tue stanze.
ANNIO
(Che entra)
Vitellia, il passo affretta,
Cesare di te cerca.
VITELLIA
Cesare!
PUBLIO
Ancor nol sai?
sua consorte t'elesse.
ANNIO
Tu sei la nostra Augusta;
e il primo omaggio
già da noi ti si rende.
PUBLIO
Ah, principessa, andiam;
Cesare attende.
No. 10 - Terzetto
VITELLIA
Vengo...aspettate...
(fra sè)
Sesto!...
Ahimè!...Sesto!...è partito?...
Oh sdegno mio funesto!
Oh insano mio furor!
Che angustia, che tormento!
Io gelo, oh Dio! d'orror.
PUBLIO, ANNIO
Oh come un gran contento,
Come confonde un cor...
(partono)
VITELLIA
O sdegno mio funesto!
O insano mio furor!...
Scena Quarta
(La piazza davanti al Campidoglio, come prima.)
No. 11 - Recitativo accompagnato
SESTO
Oh Dei, che smania è questa,
che tumulto ho nel cor!
Palpito, agghiaccio,
m'incammino, m'arresto;
ogn'aura, ogn'ombra
mi fa tremare.
Io non credea, che fosse
sì difficile impresa esser malvagio.
Ma compirla convien.
Almen si vada con valor e perir.
Valore?
E come può averne un traditor?
Sesto infelice! tu traditor!
Che orribil nome!
Eppure t'affretti a meritarlo.
E chi tradisci?
il più grande, il più giusto,
il più clemente Principe della terra,
a cui tu devi quanto puoi, quanto sei.
Bella mercede gli rendi in vero.
Ei t'innalzo per fati il
carnefice suo.
M'inghiotta il suolo
prima ch'io tal divenga.
Ah non ho core, Vitellia,
a secondar gli sdegni tuoi.
Morrei prima del colpo
in faccia a lui.
(Si desta nel Campidoglio un incendio che a poco a poco va crescendo.)
S'impedisca...ma come?
arde già il Campidoglio!
Un gran tumulto io sento
d'armi, e d'armati:
ahi! tardo è il pentimento.
No. 12 - Quintetto con coro
SESTO
Deh, conservate, oh Dei,
A Roma il suo splendor,
O almeno i giorni miei
Coi suoi troncate ancor.
ANNIO
(accorrendo)
Amico, dove vai?
SESTO
Io vado, io vado...lo saprai.
Oh Dio, per mio rossor.
(Ascende frettoloso nel Campidoglio.)
ANNIO
Io Sesto non intendo...
Ma qui Servilia viene.
SERVILIA
(entrando)
Ah che tumulto orrendo!
ANNIO
Fuggi di qua mio bene!
SERVILIA
Si teme che l'incendio
Non sia dal caso nato,
Ma con peggior disegno
Ad arte suscitato.
(Una folla comincia formassi di gente che si lamenta, spaventata)
FOLLA
(Ripetutamente)
Ah!...
PUBLIO
(entrando)
V'è in Roma una congiura,
Per Tito ahimè pavento;
Di questo tradimento
Chi mai sarà l'autor.?
SERVILIA, ANNIO, PUBLIO
Le grida ahimè ch'io sento
Mi fan gelar d'orror.
(Vitellia entra.)
FOLLA
Ah!...
VITELLIA
Chi per pietade oh Dio!
M'addita dov'è Sesto?
(fra sè)
in odio a me son' io
Ed ho di me terror.
SERVILIA ANNIO, PUBLIO
Di questo tradimento
Chi mai sarà l'autor.
FOLLA
Ah!...ah!...
SESTO
(Tornando)
(Ah dove mai m'ascondo?
Apriti, oh terra, inghiottimi,
E nel tuo sen profondo
Rinserra un traditor.)
VITELLIA
Sesto!
SESTO
Da me che vuoi?
VITELLIA
Quai sguardi vibri intorno?
SESTO
Mi fa terror il giorno.
VITELLIA
Tito!
SESTO
La nobil alma versò
dal sen trafitto!
SERVILIA, ANNIO, PUBLIO
Qual destra rea macchiarsi poté
d'un tal delitto?
SESTO
Fu l'uom più scellerato,
L'orror della natura,
fu... fu...
VITELLIA
(a parte, trattenendolo)
Taci forsennato,
deh non ti palesar.
VITELLIA, SERVILIA, SESTO, ANNIO, PUBLIO
Ah! dunque l'astro è spento,
è spento di pace apportator.
TUTTI
Oh nero tradimento!
Oh giorno di dolor!