ATTO SECONDO
Scena Prima
I giardini imperiali
Recitativo
ANNIO
Sesto, come tu credi, Augusto non peri.
Calma il tuo duolo;
in questo punto ei torna
illeso dal tumulto.
SESTO
Eh! tu m'inganni....Io stesso lo mirai
cader trafitto da scellerato acciaro.
ANNIO
Dove?
SESTO
Nel varco angusto, onde si ascende
quinci presso al Tarpeo.
ANNIO
No, travedesti.
Tra il fumo, e tra il tumulto
altri Tito ti parve.
SESTO
Altri! e chi mai delle cesaree vesti
ardirebbe adornarsi?
Il sacro alloro,
l'augusto ammanto...
ANNIO
Ogni argomento è vano,
vive Tito, ed è illeso.
In questo istante io da lui mi divido
SESTO
Oh Dei pietosi!
Oh caro prence!
Oh dolce amico!
Ah, lascia che a questo sen...
Ma non m'inganni?
ANNIO
Io merto sì poco fè?
Dunque tu stesso a lui corri,
e'l vedrai.
SESTO
Ch'io mi presenti a Tito
dopo averlo tradito?
ANNIO
Tu la tradisti?
SESTO
Io del tumulto,
io sono il primo autor.
ANNIO
Come? perché?
SESTO
Non posso dirti di più.
ANNIO
Sesto è infedele!
SESTO
Amico, m'ha perduto un instante.
Addio! M'involo
alla patria per sempre.
Ricordati di me.
Tito difendi da nuove insidie.
Io vo ramingo, afflitto,
a pianger fra le selve il mio delitto.
ANNIO
Fermati; oh Dei! pensiamo...
incolpa molti di questo incendio
il caso; e la congiura
non è certa finora...
SESTO
Ebben, chè vuoi?
ANNIO
Che tu non parta ancora.
No. 13 - Aria
ANNIO
Torna di Tito a lato;
Torna e l'error passato
Con replicate emenda
Prove di fedeltà.
L'acerbo tuo dolore
È segno manifesto,
Che di virtù nel core
L'immagine ti sta.
Torna...
(parte)
Recitativo
SESTO
Partir deggio, o restar?
Io non ho mente
per distinguer consigli.
VITELLIA
(Che entra)
Sesto, fuggi, conserva
la tua vita, e'l mio onor.
Tu sei perduto,
se alcun ti scopre,
e se scoperto sei,
pubblico è il mio segreto.
SESTO
In questo seno sepolto resterà.
Nessuno il seppe,
tacendolo, morrò.
VITELLIA
Mi fiderei se minor tenerezza
per Tito in te vedessi.
Il suo rigore non temo già;
la sua clemenza io temo.
Questa ti vincerà.
PUBLIO
(Entrando con guardie)
Sesto!
SESTO
Che chiedi?
PUBLIO
La tua spada.
SESTO
E perché?
PUBLIO
Colui, che cinto delle spoglie regali
agli occhi tuoi
cadde trafitto al suolo,
ed ingannato dalla apparenza
tu credesti Tito, era Lentulo.
Il colpo la vita a lui non tolse;
il resto intendi. Vieni.
VITELLIA
(fra sè)
Oh colpo fatale!
SESTO
(da la spada)
Al fin, tiranna...
PUBLIO
Sesto, partir conviene.
E già raccolto per udirti il senato;
e non poss'io differir di condurti.
SESTO
(a Vitellia)
Ingrata, addio!
No. 14 - Terzetto
SESTO
Se al volto mai ti senti
Lieve aura che s'aggiri,
Gli estremi miei sospiri
Quell'alito sarà.
VITELLIA
(fra sè)
Per me vien tratto a morte:
Ah dove mai s'ascondo!
Fra poco noto al mondo
Il fallo mio sarà.
PUBLIO
(a Sesto)
Vieni...
SESTO
(a Publio)
Ti seguo...
(a Vitellia)
addio.
VITELLIA
(a Sesto)
Senti...mi perdo...Oh Dio!
PUBLIO
(a Sesto)
Vieni
VITELLIA
(A Publio)
Che crudeltà!
SESTO
(a Vitellia, in atto di partire)
Rammenta chi t'adora
In questo stato ancora.
Mercede al mio dolore
Sia almeno la tua pietà.
VITELLIA
Mi laceran il core
rimorso, orror, spavento!
Quel che nell'alma io sento
Di duol morir mi fa...
Che crudeltà! O dio!
PUBLIO
L'acerbo amaro pianto,
che da' suoi lumi piove,
L'anima mi commove,
ma vana e la pietà!
(a Sesto)
Vieni! Vieni!
SESTO
(a Vitellia)
Rammenta chi t'adora...
Addio!
VITELLIA, SESTO
Che crudeltà! Che crudeltà!
(Publio e Sesto partono con le guardie, e Vitellia dalla parte opposta)
Scena Seconda
Gran sala destinata alle pubbliche udienze affollata di patrizi, pretoriani e popolo. Entrano Tito e Publio
No. 15 - Coro
CORO
Ah grazie si rendano
Al sommo fattor,
Che in Tito de trono
Salvò lo splendor.
TITO
Ah no, sventurato
Non sono cotanto,
Se in Roma il mio fato
Si trova compianto,
Se voti per Tito
Si formano ancor.
CORO
Ah grazie si rendano,
Al sommo fattor,
Che in Tito del trono
Salvò lo splendor.
(Patrizi, pretoriani e popolo partono)
Recitativo
PUBLIO
Già de' pubblici giuochi, Signor,
l'ora trascorre,
il dì solenne, sai che non soffre
il trascurargli.
È tutto colà d'intorno alla festiva arena
il popolo raccolto; e non s'attende
che la presenza tua.
Ciascun sospira dopo il noto periglio
di rivederti salvo.
Alla tua Roma non differir sì bel contento.
TITO
Andremo, Publio, fra poco.
Io non avrei riposo,
se di Sesto il destino
pria non sapessi.
Avrà il Senato omai
le sue discolpe udite;
avrà scoperto, vedrai,
ch'egli è innocente;
e non dovrebbe
tardar molto l'avviso.
PUBLIO
Ah, troppo chiaro Lentulo favellò!
TITO
Lentulo forse
cerca al fallo un compagno
per averlo al perdono.
Ei non ignora quanto Sesto m'è caro.
Arte comune questa è de'rei.
Pur dal Senato ancora non torna alcun!
Che mai sarà?
Va, chiedi
che si fa, che si attende,
io tutto voglio saper pria di partir.
PUBLIO
Vado, ma temo di non tornar
nunzio felice.
TITO
E puoi creder Sesto infedele?
Io dal mio core il suo misuro ;
e un impossibil parmi
ch'egli m'abbia tradito.
PUBLIO
Ma, Signor,
non han tutti il cor di Tito.
No. 16 - Aria
PUBLIO
Tardi s'avvede
D'un tradimento
Chi mai di fede
Mancar non sa.
Un cor verace
Pieno d'onore
Non è portento
Se ogn'altro core
Crede incapace
D'infedeltà.
Tardi s'avvede...
(parte)
Recitativo
TITO
(solo)
No, così scellerato
il mio Sesto non credo.
io l'ho veduto
non sol fido de amico,
ma tenero per me.
Tanto cambiarsi
un'alma non potrebbe.
(Entra Annio)
Annio, che rechi?
L'innocenza di Sesto?
Consolami!
ANNIO
Signor! pietà per lui
ad implorar io vengo.
PUBLIO
(Rientrando con in mano un foglio)
Cesare, nol diss'io. Sesto è l'autore
della trama crudel.
TITO
Publio, ed è vero?
PUBLIO
Purtroppo; ei di sua bocca
tutto affermò.
Co' complici il senato
alle fiere il condanna.
(Recando il foglio a Tito)
Ecco il decreto
terribile, ma giusto;
né vi manca, o Signor,
che il nome augusto.
TITO
Onnipotenti Dei!
ANNIO
Ah, pietoso, monarca...
TITO
Annio, per ora lasciami in pace.
PUBLIO
Alla gran pompa unite
sai che le genti omai...
TITO
Lo so partite!
ANNIO
Deh, perdona, s'io parlo
in favor d'un insano
Dalla mia cara sposa
egli è germano.
No. 17 - Aria
ANNIO
Tu fosti tradito;
Ei degno è di morte,
Ma il core di Tito
Pur lascia sperar.
Deh! prendi consiglio,
Signor, dal tuo core:
Il nostro dolore
Ti degna mirar.
Tu fosti tradito...
(Publio ed Annio partono.)
Recitativo accompagnato
TITO
(Solo)
Che orror! che tradimento!
Che nera infedeltà!
Fingersi amico!
essermi sempre al fianco:
ogni momento
esiger dal mio core
qualche prova d'amore;
e starmi intanto preparando la morte!
Ed io sospendo ancor la pena?
e la sentenza ancora non segno?
Ah si, lo scellerato morrà!
(Prende la penna per sottoscrivere, poi, s'arresta)
Morrà?...
ma senza udirlo
mando Sesto a morir?
Sì: già l'intese abbastanza il senato.
E s'egli avesse
qualche arcano a svelarmi?
(Chiama)
Olà!
S'ascolti,
a poi vada al supplizio.
(alla guardia che entra)
A me si guidi Sesto.
(La guardia parte.)
E pur di chi regna
infelice il destino!
A noi si nega ciò
che a' più bassi è dato.
In mezzo al bosco
quel villanel mendico,
a cui circonda
ruvida lana il rozzo fianco,
a cui e mal fido riparo
dall'ingiurie del ciel
tugurio informe,
placido i sonni dorme,
passa tranquillo i dì.
molto non brama:
sa chi l'odia, e chi l'ama:
unito o solo torna sicuro
alla foresta, al monte;
e vede il core ciascheduno in fronte.
Noi fra tante ricchezze
sempre incerti viviam;
che in faccia a noi la speranza, e il timore
sulla fronte d'ognun trasforma il core.
Chi dall'infido amico...
(Chiamando verso il fondo)
Olà!
...chi mai questo temer dovea?
Ma, Publio, ancora Sesto non viene?
PUBLIO
Ad eseguire il cenno già volaro i custodi
TITO
Io non comprendo un sì lungo tardar.
PUBLIO
Pochi momenti sono scorsi, o Signor.
TITO
Vanne tu stesso; affrettalo.
PUBLIO
Ubbidisco...
i tuoi littori veggonsi comparir.
Sesto dovrebbe non molto esser lontano.
Eccolo.
TITO
Ingrato!
All'udir che s'appressa,
già mi parla a suo pro l'affetto antico.
Ma no; trovi il suo prence, e non l'amico.
(Sesto, fra custodi de accompagnato da Publio, entra e si ferma sulla soglia)
No. 18 - Terzetto
SESTO
(fra sè)
Quello di Tito e il volto?
Ah dove oh stelle! è andata
la sua dolcezza usata?
Or ei mi fa tremar!
TITO
(fra sè)
Eterni Dei! di Sesto dunque
il sembiante è questo?
O come può un delitto
un volto trasformar!
PUBLIO
(fra sè)
Mille diversi affetti
In Tito guerra fanno.
S'ei prova un tale affanno,
lo seguita ad amar.
TITO
Avvicinati!
SESTO
(fra sè)
Oh! voce Che piombami sul core!.
TITO
Non odi?
SESTO
(fra sè)
Di sudore mi sento, o Dio, bagnar!
TITO
Avvicinati!
SESTO
(fra sè)
O voce!
TITO
Non odi?
SESTO
(fra sè)
O Dio!
Non può chi more
di più penar.
TITO, PUBLIO
Palpita il traditore,
né gli occhi ardisce alzar...
SESTO
(fra sè)
O Dio! Non può chi more...
Recitativo
TITO
(fra sè)
E pur mi fa pietà.
(a Publio)
Publio, custodi, lasciatemi con lui.
(Publio e le guardie partono.)
SESTO
(Fra sè)
No, di quel volto non ho costanza
a sostener l'impero.
TITO
Ah, Sesto, dunque è vero?
Dunque vuoi la mia morte?
In che t'offense il tuo Prence,
il tuo Padre, il tuo Benefattor?
Se Tito Augusto hai potuto obliar,
di Tito amico come non ti sovvenne?
Il premio è questo della tenera cura,
ch'ebbi sempre di te?
Di chi fidarmi in avvenir porrò,
se giunse, O Dei! anche Sesto a tradirmi?
E lo potesti?
E il cor te lo sofferse?
SESTO
(Inginocchiandosi)
Ah, Tito, ah, mio clementissimo Prence,
non più, non più;
se tu veder potessi questo misero cor;
spergiuro, ingrato, pur ti farei pietà.
Tutte ho sugli occhi, tutte le colpe mie;
tutti rammento i benefici tuoi;
soffrir non posso, né l'idea di me stesso,
né la presenza tua.
Quel sacro volto, la voce tua,
la tua clemenza istessa
diventò mio supplizio.
Affretta almeno, affretta il mio morir.
Toglimi presto questa vita infedel
lascia ch'io versi,
se pietoso esser vuoi,
questo perfido sangue ai piedi tuoi.
TITO
Sorgi, infelice.
(Fra sè)
Il contenersi è pena
a quel tenero pianto.
(a Sesto)
Or vedi a quale lacrimevole stato
un delitto riduce,
una sfrenata avidità d'impero!
E che sperasti di trovar mai nel trono?
Il sommo forse d'ogni contento?
Ah, sconsigliato!
osserva, quai frutti io en raccolgo,
e bramalo, se puoi.
SESTO
No, questo brama non fu, che mi sedusse.
TITO
Dunque che fu?
SESTO
La debolezza mia, la mia fatalità!
TITO
Più chiaro almeno spiegati.
SESTO
O Dio! non posso.
TITO
Odimi, o Sesto!;
Siam soli; il tuo sovrano
non è presente.
Apri il tuo core a Tito;
confidati all'amico:
io ti prometto,
che Augusto nol saprà.
Del tuo delitto
di la prima cagion.
Cerchiamo insieme
una via scusarti.
Io ne sarei
forse di te più lieto.
SESTO
Ah, la mia colpa non ha difesa.
TITO
In contraccambio almeno
d'amicizia lo chiedo.
Io non celai
alla tua fede i più gelosi arcani:
merito ben che Sesto
mi fidi un suo segreto.
SESTO
(fra sè)
Ecco una nuova specie di pena!
O dispiacere a Tito
o Vitellia accusar!
TITO
Dubiti ancora?
Ma Sesto, mi ferisci
nel più vivo del cor.
Vedi, che troppo
tu l'amicizia oltraggi
con questo diffidar.
Pensaci, appaga
il mio giusto desio.
SESTO
(fra sè)
Ma qual astro splendeva
al nascer mio!
TITO
E taci? E non rispondi?
Ah, già che puoi
tanto abusar di mia pietà.
SESTO
Signore...sappi dunque...
(fra sè)
che fo?
TITO
Siegui.
SESTO
(fra sè)
Ma quando finirò di penar?
TITO
Parla una volta:
che mi volevi dir?
SESTO
Ch'io son l'oggetto
dell'ira Dei;
che la mia sorte
non ho più forza a tollerar;
ch'io stesso
traditor mi confesso,
empio mi chiamo;
ch'io merito la morte,
e ch'io la bramo.
TITO
Sconoscente! e l'avrai.
(alle guardie che rientrano)
Custodi, il reo
toglietemi dinanzi!
SESTO
(Mentre la guardie l'afferrano)
Il bacio estremo
su quella invitta man!
TITO
(senza guardarlo)
Parti; non e più tempo,
or tuo giudice sono.
SESTO
Ah, sia questo, Signor,
l'ultimo dono.
No. 19 - Rondò
SESTO
Deh per questo istante solo
Ti ricorda il primo amor.
Che morir mi fa di duolo
Il tuo sdegno il tuo rigor.
Di pietade indegno è vero,
sol spirar io deggio orror.
pur saresti men severo,
Se vedessi questo cor.
Deh per questo istante, ....
Disperato vado a morte;
Ma il morir non mi spaventa;
il pensiero mi tormenta
Che fui teco un traditor!
(fra sè)
Tanto affanno soffre un core,
Né si more di dolor!
Di pietade indegno...
(parte fra le guardie)
Recitativo
TITO
Ove s'intese mai
più contumace infedeltà?
Deggio alla mia negletta disprezzata
clemenza una vendetta.
Vendetta!...
Il cor di Tito tali sensi produce?...
Eh viva...
invano parlan dunque le leggi?
Io, lor custode, l'eseguisco così?
Di Sesto amico non sa Tito scordarsi?...
Ogn'altro affetto d'amicizia, e pietà
taccia per ora.
Sesto è reo; Sesto mora.
(Sottoscrive)
Eccoci aspersi di cittadino sangue,
e s'incomincia dal sangue d'un amico.
Or che diranno i posteri di noi?
Diran, che in Tito si stancò la clemenza,
come in Silla, e in Augusto la crudeltà,
che Tito era l'offeso, e che le proprie offese,
senza ingiuria del giusto,
ben poteva obliar.
Ma dunque faccio
sì gran forza al mio cor.
Né almen sicuro sarò
ch'altri l'approvi?
Ah, non si lasci
il solito cammin...
(Lacera il foglio)
Viva l'amico!
benché infedele.
E se accusarmi il mondo vuol
pur di qualche errore,
m'accusi di pietà,
(Getta il foglio lacerato)
non di rigore.
Publio!
PUBLIO
(Entrando)
Cesare!.
TITO
Andiamo al popolo, che attende.
PUBLIO
E Sesto?
TITO
E Sesto, venga, all'arena ancor.
PUBLIO
Dunque il suo fato?...
TITO
Sì, Publio, è già deciso.
PUBLIO
(fra sè)
O, sventurato!
No. 20 - Aria
TITO
Se all'impero, amici Dei,
Necessario è un cor severo;
O togliete a me l'impero,
O a me date un altro cor.
Se all'impero...
Se la fè de' regni miei
con l'amor non assicuro:
D'una fede non mi curo,
Che sia frutto del timor.
Se all'impero...
(Usce. Vitellia, uscendo dalla porta opposta, richiama Publio che seguita Tito)
Recitativo
VITELLIA
Publio, ascolta!
PUBLIO
Perdona, deggio a Cesare appresso andar.
VITELLIA
Dove?
PUBLIO
All'arena.
VITELLIA
E Sesto?
PUBLIO
Anch'esso.
VITELLIA
Dunque morrà?
PUBLIO
Purtroppo.
VITELLIA
(fra sè)
Ohimè!
(a Publio)
Con Tito Sesto ha parlato?
PUBLIO
E lungamente.
VITELLIA
E sai quel ch'ei dicesse?
PUBLIO
No; solo con lui restar Cesare volle;
escluso io fui
(Parte)
VITELLIA
Non giova lusingarsi;
Sesto già mi scoperse.
A Publio istesso si conosce sul volto.
Ei non fu mai con me si ritenuto.
Ei fugge; ei teme di restar meco.
Ah, secondato avessi
gl'impulsi del mio cor.
Per tempo a Tito dovea svelarmi,
e confessar l'errore.
Sempre in bocca d'un reo che la detesta,
scema d'orror la colpa.
Or questo ancora tardi saria.
Seppe il delitto Augusto, e non da me.
Questa ragione istessa fa più grave...
(Servilia entra con Annio)
SERVILIA
Ah, Vitellia!
ANNIO
Ah, principessa!
SERVILIA
Il misero germano...
ANNIO
Il caro amico....
SERVILIA
...E condotto a morir!
ANNIO
Fra poco in faccia
di Roma spettatrice,
delle fiere sarà pasto infelice.
VITELLIA
Ma che posso per lui?
SERVILIA
Tutto, a' tuoi prieghi
Tito lo donerà.
ANNIO
Non può negarlo alla novella Augusta.
VITELLIA
Annio, non sono Augusta ancor.
ANNIO
Pria che tramonti il sole
Tito sarà tuo sposo.
Or, me presente,
per le pompe festive il cenno ei diede.
VITELLIA
(fra sè)
Dunque Sesto ha taciuto!
O amore! O fede!
(a Annio)
Annio, Servilia, andiam.
(fra sè)
Ma dove corro così senza pensar?
(a Annio)
Partire, amici, vi seguirò.
ANNIO
Ma se d'un tardo aiuto
Sesto fidar si dee,
Sesto è perduto
(parte)
SERVILIA
Andiam; quell'infelice
t'ama più di sè stesso;
avea fra il labbri sempre il tuo nome;
impallidia qualora si parlava di te.
Tu piangi!
VITELLIA
Ah parti!
SERVILIA
Ma tu perché restar?
Vitellia, ah parmi...
VITELLIA
Oh, Dei! Parti, verrò;
non tormentarmi.
No. 21 - Aria
SERVILIA
S'altro che lacrime
Per lui non tenti,
Tutto il tuo piangere
Non gioverà.
A questa inutile
Pietà che senti,
Oh quanto è simile
La crudeltà!...
(parte)
No. 22 - Recitativo accompagnato
VITELLIA
(Sola)
Ecco il punto, o Vitellia,
d'esaminar la tua costanza.
Avrai valor che basti
a rimirare esangue
il tuo Sesto fedel?
Sesto, che t'ama
più della vita sua?
Che per tua colpa divenne reo?
Che t'ubbidì crudele?
Che ingiusta t'adorò?
che in faccia a morte
si gran fede ti serba?
E tu frattanto
non ignota a te stessa,
andrai tranquilla
al talamo d'Augusto?
Ah! Mi vedrei
sempre Sesto d'intorno;
e l'aure, e i sassi
temerei che loquaci
mi scoprissero a Tito.
A' piedi suoi
vadasi il tutto a palesar.
Si scemi il delitto di Sesto,
se scusar non si può, col fallo mio.
D'impero e d'imenei, speranze, addio.
No. 23 - Rondò
VITELLIA
Non più di fiori vaghe catene
discenda Imene ad intrecciar.
Stretta fra barbare aspre ritorte
Veggo la morte ver me avanzar.
Non più di fiori vaghe catene...
Infelice! Qual orrore!
Ah! Di me che si dirà?
Chi vedesse il mio dolore,
pur avria di me pietà?
Non più di fiori vaghe catene...
(parte)
Scena Terza
Luogo magnifico, che introduce a vasto anfiteatro, da cui per diversi archi scopersi la parte interna. Si vedranno già nell'arena i complici della congiura condannati alle fiere Preceduto da littori e circondato da pretoriani, Tito entra, e dopo Annio e Servilia da diversi parti
No. 24 - Coro
SENATORI, PATRIZI, POPOLO
Che del ciel, che degli Dei
tu il pensier, l'amor tu sei;
grand'Eroe, nel giro angusto
si mostrò di questo dì:
ma cagion di maraviglia
non è già, felice Augusto,
Che gli Dei chi lor somiglia,
Custodiscano così.
Recitativo
TITO
Pria che principio a' lieti spettacoli si dia,
custodi, innanzi conducetemi il reo.
(Fra sè)
Più di perdono speme ei non ha:
quanto aspettato meno,
più caro essergli dee.
ANNIO
Pietà, Signore!
SERVILIA
Signore, pietà!
TITO
Se a chiederla venite per Sesto,
è tardi.
È il suo destin deciso.
ANNIO
E si tranquillo in viso
lo condanni a morir?
SERVILIA
Di Tito il core
come il dolce perdé costume antico?
TITO
Ei s'appressa; tacete
SERVILIA
O Sesto!
ANNIO
O Amico!
(Sesto viene condotto davanti a Tito)
TITO
Sesto, de' tuoi delitti
tu sai la serie, e sai
qual pena ti si dee.
Roma sconvolta,
l'offesa maestà,
le leggi offese,
l'amicizia tradita,
il mondo, il cielo
voglion la morte tua.
De'tradimenti sai pur
ch'io son l'unico oggetto.
Or senti.
VITELLIA
(Entrando frettolosa)
Eccoti, eccelso Augusto,
eccoti al piè la più confusa...
(s'inginocchia)
TITO
Ah sorgi,
Che fai?
Che brami?
VITELLIA
Io ti conduco innanzi
l'autor dell'empia trama.
TITO
Ov'è? Che mai preparò
tante insidie al viver mio?
VITELLIA
Nol crederai.
TITO
Perchè?
VITELLIA
Perché son io.
TITO
Tu ancora!
SESTO, SERVILIA
O stelle!
ANNIO, PUBLIO
O numi!
TITO
E quanti mai,
quanti siete a tradirmi?
VITELLIA
Io la più rea son di ciascuno:
io meditai la trama;
il più fedele amico io ti sedussi;
io del suo cieco amore abusai.
TITO
Ma del tuo sdegno chi fu cagion?
VITELLIA
La tua bontà.
Credei che questa fosse amor.
La destra e il trono
da te sperava in dono;
e poi negletta restai più volte,
e procurai vendetta.
No. 25 - Recitativo accompagnato
TITO
Ma che giorno è mai questo?
Al punto stesso
che assolvo un reo, ne scopro un altro.
E quando troverò, giusti Numi,
un'anima fedel?
Congiuran gli astri
cred'io, per obbligarmi
a mio dispetto a diventar crudel.
No: non avranno questo trionfo.
A sostener la gara,
già m'impegnò la mia virtù.
Vediamo, se più costante sia
l'altrui perfidia, o la clemenza mia;
Olà! Sesto si sciolga;
abbian di nuovo Lentulo,
e suoi seguaci e vita, e libertà.
Sia noto a Roma,
ch'io son lo stesso, e ch'io
tutto so, tutti assolvo, e tutto oblio.
No. 26 - Sestetto con coro
SESTO
Tu, è ver, m'assolvi, Augusto.
Ma non m'assolve il core,
Che piangerà l'errore,
finché memoria avrà.
TITO
Il vero pentimento,
Di cui tu sei capace,
Val più d'una verace
Costante fedeltà.
VITELLIA, SERVILIA, ANNIO
Oh generoso! oh grande!
A chi mai giunse a tanto?
Mi trae dagli occhi il pianto
L'eccelsa sua bontà.
TUTTI
(Tranne Tito)
Eterni Dei, vegliate
Sui sacri giorni suoi,
A Roma in lui serbate
La sua felicità.
TITO
Troncate, eterni Dei,
Troncate i giorni miei,
Quel dì che il ben di Roma
Mia cura non sarà.
TUTTI
Eterni Dei, vegliate
Sui sacri giorni suoi,
A Roma in lui serbate
La sua felicità